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Autore: Black Wolf    09/02/2007    0 recensioni
Questa non è una poesia, ma bensì una riflessione molto complicata (almeno per me, scrittrice). Il tutto si svolge in una dimensione quasi finta, fatta di sfumature nere, in cui mi trovo a dover affrontare entrambe le mie personalità, una riflessa in uno specchio e l'altra che mi urla nella testa. La discussione è colma delle paure e tensioni che vivo da qualche anno, del dolore che mi ritrovo a dover sopportare e a tutto ciò che si può provare di spiacevole.
Genere: Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa non è una poesia, ma bensì una riflessione molto complicata (almeno per me, scrittrice).
Il tutto si svolge in una dimensione quasi finta, fatta di sfumature nere, in cui mi trovo a dover affrontare entrambe le mie personalità, una riflessa in uno specchio e l'altra che mi urla nella testa. La discussione è colma delle paure e tensioni che vivo da qualche anno, del dolore che mi ritrovo a dover sopportare e a tutto ciò che si può provare di spiacevole.
Le parti scritte in corsivo sono quelle della mia personalità più fragile, che non ha mai avuto spazio nella mia vita, se non per alcuni anni addietro.
Quelle colorate rappresentano la voce dei miei dolori e affanni, che da molti anni mi perseguitano, sempre appostati dietro l'angolo, pronti a farmi lo sgambetto.
Il resto, scritto normalmente, è la mia personalità dominante: fredda, riflessiva e malinconica, che prevale in ogni situazione.

Vi lascio alla lettura di questo componimento malato.
Black Wolf.
******
Il buio di questa strana stanza, quasi rassicurante, e il silenzio perpetuo, scandito dolcemente dal respiro che mi esce debole dalle labbra socchiuse.
Allungo una mano verso la lampadina al neon, sopra lo specchio, coperto da una specie di protezione in plastica bianca.
Non voglio farlo…so che c'è qualcosa oltre quel buio che mi accoglie…so che non devo accendere quella maledetta luce, distruggerà la concentrazione momentanea del mio mondo e brucerà i miei occhi per alcuni istanti che mi parranno infiniti.
Lo schiocco secco dell'interruttore sembra schernirmi in un eco impertinente.
La luce tremola, giallastra e morta, si accende e si spegne come in un film horror… tutto sembra fermarsi, andare a rallentatore.
Perché non si accende? Perché continua questa dolorosa attesa? Non sono curiosa di natura, ma quello che c'è oltre la cortina nera mi attrae.
Il tremolante lume si stabilizza e la sua luce sbiadita mi acceca… le pupille si restringono velocemente, troppo celermente, provo quasi dolore, e rimango accecata per molto, nonstante i miei occhi siano celati sotto le palpebre.
Una copertura così sottile di pelle che può schermare il nostro occhio da fonti di luce troppo intensi… che meravigliosa invenzione.
Quando mi riprendo, sono stordita ma vedo quello che sta accadendo…
Il lavandino bianco, sotto lo specchio, è ricolmo di sangue, che cola lento sul pavimento inesistente, e tra il vischioso liquido rubino si percepiscono la presenza ed il barluccichio di forbici appuntaite e lamentte taglienti.
Cosa succede? Voglio spegnere la luce, o per lo meno chiudere gli occhi e scappare lontana da tutto questo… ma non ci riesco! Perché mi tieni ancora qui? Di chi è il sangue? Chi si è tagliato?
Lo sguardo si alza.
Davanti a me vi è il grande specchio quadrato… un riflesso o una realtà?
No, è tutto vero.
Una giovane… capelli bianchi lunghissimi, che escono dalla superficie vetrosa per immergersi direttamente nel sangue.
Le sue mani sono immerse nel lavandino e sembrano giocherellare felici in mezzo a quelle pericolose lame.
Il suo viso si alza e mi guarda…
So chi è… basta, basta! Tutto questo è solo uno scherzo di cattivo gusto… adesso chiuderò cli occhi e mi sveglierò tra le tende bordeaux del mio letto.
Io non posso essere quella!!
Io impazzisco… non sono pazza… basta… allontanatela!
Voglio urlare… basta!
Continuo a guardarla, impassibile… lei mi osserva, impassibile!
Guardo quella strana me stessa riflessa nello specchio… non ho paura, non mi fa ribrezzo… non sento nulla di spiacevole, se non la solita triste malinconia, e un sospiro sulle labbra.
E' sciupata, morta e sangue ovunque…
Ride… forse sente male nel ridere…
Vuole saltarmi al collo, e uccidermi, ma soffre.
Che malattia la prende? Quale segreto nasconde in quegli occhi malvagi?
Trema, nello spasmo della risata.
Alza le mani verso di me, bianche, scarne, morte e ovunque sangue…
Cosa vuole? Perché mi vuole? Io non sono sua! E' malata ed il suo cuore è putrescente… allontanati mostro!
Nel sangue dovremmo affogarti…

Ride più forte, forse ha sentito l'altra me… è squassata nel corpo da un tremore malsano, e il vetro stesso dello specchio vibra, pronto a rompersi.
Volta i polsi verso di me… la pelle è lacera, come morsicata a forza, senza provare un minimo di dolore in quell'atto.
Alcune vene pendono inermi dai polsi, simili a lunghe liane sanguigne, tendini e ossa sono messe a nudo, oltre la carne massacrata, quasi masticata crudelmente… quale dolore indescrivibile per quella creatura.
Silenzio… nienete risate e tremori, solo il ticchettio irregolare del sangue nel lavandino.
Ho aquietato la voce dentro la mia testa e parlo con l'altra me stessa.
- Cosa vuoi da me?
Quello che tu stessa vuoi da me, no!
La sua voce, afona e straziante, rimbomba pazzamente attorno… non ho paura!
Sento solo il suo stesso male, la sua sofferenza e il vuoto.
Guarda quella che sono, sorella mia!
Io non sento niente… solo tu percepisci quello che dovrebbe essere il dolore!
Ma qui non c'è nient, né bene né male, né dolore o piacere… solo calma e vuoto… molto vuoto!
Ride più forte, stridula… la sua voce è pazza e piena di amarezze, fatta di soli dolori muti, costretti in un corpo maciullato da ogni maledizione scagliata negli anni.
- Perché, nonstante respiri l'aria dei morti, continui a camminare nella terra dei vivi?
I morti hanno imparato ad apprezzarmi più dei vivi… e ricordo alle persone, che stanno su questa terra, quanto dolore può esistere.
Lei continua a fissarmi con quei suoi occhi spenti, ricolmi di tanta disperazione da far accapponare la pelle, i polsi rivolti verso di me, come a ricordarmi una sorte imminenete, uguale alla sua.
- Da cosa dipende il tuo dolore?
Mi guarda stranita, come se non si fosse mai aspettata una domanda simile… forse era convinta che non avrei cercato di scavare in qualche recondito recesso della sua pazza mente.
Lacrime… lacrime che non ho mai pianto! E che ora… solamente ora, mi ritrovo a versare su un lago di sangue… e quel sangue continua a fluire sempre dai miei polsi, in una danza infinita che non si ferma mai.
La sua voce è strana, lontana e lamentosa; forse ho percepito anche una sfumatura triste nella sua voce impertinente.
Abbassa lentamente la testa, quasi a volerla immergere nel sangue, contenuto nel lavandino, e osserva la sua immagine sulla superficie.
Mi hanno spezzato il cuore… E tu, sorella mia, sembri parlare di perdono, ma come si può perdonare chi ha fatto male… così tanto male?
- Ogni cosa può essere perdonata se seguita da una buona causa.
Un leggero sorriso sfiora le labbra di quella fragile e, allo stesso tempo, imponente figura, che si erge nuovamente davanti a me… l'altra mia parte recalcita impazziata all'interno della mia testa, come a voler uscire prepotentemente.
- Allora perché non dai sfogo alle tue lacrime?
Sai, sorella mia… quando il tuo cuore è diventato di pietra, per il troppo dolore, allora non c'è lacrima amara che possa lenire la tristezza…. Quando il tuo pensiero è tramutato in un contorto ammasso di incertezze, dispiaceri ed amarezze, non c'è parola dolce, che possa illuminare il rifiuto…. E quando anche, infine l'anima, sarà marcia, a tal punto da non poter più dare consigli, nessuna gentilezza, lacrima o dolore, nulla più può intaccare l'oscurità che prende.
- Nulla di tutto ciò può accadere!
Quanto tempo credi che ti rimanga? Tutto è inesorabilmente perso! Il tempo, le cose, le persone… tutto è inesorabilmente perso.
Mi chino sul lavandino, incurante dell'urlo schifiltoso della mia parte fragile, che mi ha quasi fracassato la testa, ho sorseggiato quel sangue rubino, e baciato i polsi laceri dell'altra mia parte.
- continua a soffrire per il mio bene, sorella.
Ella mi sorride maligna, alza entrambi i polsi e scrive, in grandi lettere sanguigne, il mio nome sulla superficie vetrosa dello specchio.
Ricordati che io ti stò a spettando… e non tarderai molto a raggiungermi.
La luce si spegne, non c'è il tremolio, il ronzio confuso del neon, la ragazza dai capelli bianchi e i polsi maciullati, è scomparso il lavandino ricolmo di sangue, lamette e forbici, la parte fragile si è aquietata.
Ora c'è solo il buio di questa strana stanza, quasi rassicurante, e il silenzio perpetuo, scandito dolcemente dal respiro che mi esce debole dalle labbra socchiuse, per non farmi scordare quello che ho appena visto.

  
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