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Autore: MeMedesima    26/07/2012    6 recensioni
«Blaine», la sua voce aveva assunto una sfumatura preoccupata, suo malgrado. «Non dirmi che quel tizio seduto dietro di noi è Jeremiah della GAP».
Il mondo è piccolo. La Grande Mela lo è ancora di più.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When I get you again
Ovvero, la storia di come due ragazzi non andarono in bianco

La maggior parte dei clienti in quel bar erano un’habitué: certo, un po’ strano per un caffè nel centro di Manhattan, ma per quel piccolo locale schiacciato fra la Diciottesima e la Quinta Avenue era perfettamente normale. Il bel ragazzo moro non faceva eccezione: da quasi un anno era un cliente regolare e lo si vedeva spesso sorseggiare un cappuccino, seduto allo stesso tavolo vicino alla finestra, sempre in compagnia della stessa persona.
Anche quel giorno aveva occhi solo per lui, naturalmente. La commessa del martedì mattina – il cartellino diceva Katharine ma per tutti era solo Little Kathy – si lasciò sfuggire un sorrisetto mentre il bel moro osservava il suo compagno accavallare le gambe, ravviarsi una ciocca di capelli; fu addirittura costretta a girarsi per non ridacchiare ad alta voce quando questi alzò gli occhi blu dalla rivista che stava leggendo e arrossì. Sempre la stessa storia, con quei due.
Il ragazzo riabbassò gli occhi sulla sua rivista. «Smettila di fare lo stalker», borbottò, «e mangia la tua brioche». Il sorriso dell’altro si allargò ancora di più.
«Sono seduto di fronte ad un ragazzo che sembra uscito dalla pubblicità di Abercrombie», scherzò, «secondo te come faccio a concentrarmi sul cibo?».
L’altro rialzò il volto, la tipica espressione di chi ha una risposta già pronta sulla lingua, ma prima che potesse parlare lo sguardo gli scivolò su un punto dietro le spalle del compagno e sbiancò improvvisamente.
«J? Tutto bene?», il moro fece per girarsi, ma l’altro lo fermò precipitosamente.
«No! No fermo, non girarti finché non te lo dico io!».

«Non so perché non siamo mai entrati prima in questo posto», dichiarò Kurt sedendosi su un pouf rosso scuro. «È davvero incantevole».
«Ed è anche vicino alle nostre università…», aggiunse Blaine, poggiando lo zaino a terra e sistemandosi vicino a lui.
«Il che è un bene perché quel bar vicino alla Parsons costa un occhio della testa e lo Starbucks di fronte alla NYU è gestito da tre pivellini che credono di sapere cos’è un vero caffè», borbottò Kurt, togliendosi i guanti e poggiandoli sul tavolino. «Non avrei mai pensato di rimpiangere il buon vecchio Lima Bean».
«Siamo nervosi oggi», scherzò Blaine mentre gli porgeva la sua tazza.
L’altro sbuffò, cercando di riavviarsi il ciuffo nel riflesso della vetrina. «Il mio relatore è un vero incompetente e Cheryl mi sta facendo impazzire. E ho già detto che la nuova stagione di Project Runway fa schifo?».
Blaine sorseggiò distrattamente il suo caffè, «Circa tre volte nell’ultima settimana».
Kurt si arrese, lasciando perdere i suoi capelli. «Scusa, lo so che sono insopportabile ultimamente». Blaine gli lanciò uno sguardo comprensivo. «Ma appena questo progetto sarà finito mi farò perdonare, giuro», dichiarò. Lanciò uno sguardo colpevole al bancone dei dolci. «Per ora ho solo bisogno di zuccheri, e la dieta può andare a farsi fottere. Blaine, tu vuoi qualcosa?». Nessuna risposta. Kurt spostò lo sguardo sul suo ragazzo: «Blaine?».
Blaine stava fissando un punto leggermente sopra le sue spalle, le sopracciglia aggrottate e uno sguardo poco felice.
«Che cosa-».
«No, fermo! Non girarti finché non te lo dico io!».
Kurt sospirò, sentendo la schiena e le spalle improvvisamente rigide. «Blaine, non siamo alle superiori, siamo a New York. La gente entra in metropolitana in pigiama, non credo che-».
«Prima devo essere sicuro», lo interruppe l’altro, senza nemmeno ascoltarlo.
«Ma di che cosa?».
«Ssssh!», bisbigliò Blaine, continuando a sbirciare con aria insicura. All’improvviso sgranò gli occhi e impallidì, «Oh mio Dio, è lui».
«Lui chi?». Kurt tentò di sbirciare a sua volta, ma fu di nuovo bloccato da Blaine.
«No no no no no, pessima mossa. Rimani fermo. Immobile», gli ordinò il suo ragazzo. Poi si portò le mani al viso, gemendo piano: «Non è possibile, non posso credere che sia davvero lui…».
A quel punto Kurt iniziava davvero a non avere idea di ciò che stava succedendo, e lui odiava stare nelle retrovie. «Tesoro vuoi spiegarmi perché stai sclerando, di grazia? O devo presumere che ci sia Neil Patrick Harris seduto dietro di me mentre tu hai una crisi isterica da fanboy dodicenne?».
«Okay, okay, non c’è bisogno di essere acidi. Non so se l’hai notato, ma io sto iperventilando». Kurt alzò gli occhi al cielo, mentre Blaine scivolò più in basso nella sua sedia, borbottando: «Non ancora, non ancora… ora!».
Kurt si girò con nonchalance, facendo finta di controllare il contenuto di una delle tasche della sua tracolla di Gucci, e lanciò un’occhiata discreta al locale. Era quasi vuoto quella mattina, e decisamente nessuno degli avventori era Mister Perfezione Harris, purtroppo – l’aveva ammesso solo con Blaine ma aveva una piccola cotta per quell’uomo.
Le uniche persone sedute dietro di loro erano due ragazzi immersi in una fitta conversazione. Uno dei due era alto, moro e girato di spalle rispetto a lui; l’altro era più basso e magro, i capelli color biondo cenere e-
E stava alzando lo sguardo. Kurt si girò il più velocemente possibile, incontrando gli occhi di Blaine – che in quel momento erano tanto spalancati da ricordargli parecchio quelli di un cerbiatto sorpreso dai fanali di una macchina.
«Tesoro calmati, altrimenti ti farai venire un infarto», bisbigliò prima di voltarsi di nuovo. «Non capisco cos’hai da strillare tanto. A me sembra di non cono-». Si interruppe a metà frase, stringendo gli occhi. Quei capelli erano vagamente familiari… sembravano quasi… ma no, non poteva essere!
«Blaine», la sua voce aveva assunto una sfumatura preoccupata, suo malgrado. «Non dirmi che quel tizio è Jeremiah della GAP».
Blaine si limitò ad annuire piano, lanciando un’altra cauta occhiata sopra le sue spalle con quegli occhi da cerbiatto accecato. Poi prese un respiro profondo e lo guardò negli occhi.
«Spero che tu abbia già finto il tuo caffè. Perché dobbiamo scappare».

Cinque minuti dopo i due ragazzi si affrettavano per uscire dal locale, mentre Jeremiah e il suo compagno – Amico? Ragazzo? – pagavano il conto.
«Via via via!». Una volta uscito dalla porta principale del bar, Blaine si mise a correre e svoltò l’angolo dell’isolato sulla Quinta Avenue. Kurt lo seguì con calma, prendendosi il tempo per osservare i ragazzi da cui stavano fuggendo. Jeremiah era praticamente nascosto da una grossa pianta ornamentale, ma il suo ragazzo era ben in vista, e suo malgrado Kurt dovette ammettere che no, non era affatto male. Alto e atletico, carnagione chiara e due sottili occhi verdi. E bravo Jeremiah…
Raggiunse Blaine, che con la schiena poggiata al muro e una mano spalmata sul viso era la perfetta immagine della sconfitta. Per un momento fu tentato di ricordargli che la giacca che indossava era di Cavalli – un vero pezzo vintage sgraffignato dagli straripanti laboratori della Parsons – ma decise di lasciar perdere quando dalle dita di Blaine fecero capolino i suoi famosi occhi da cucciolo.
«Oh avanti, non fare quella faccia», lo blandì, appoggiandosi vicino a lui e tirandogli una leggera spallata. «Non è mica morto nessuno».
«Vorrei vedere la tua faccia se i tuoi incubi adolescenziali tornassero a farti visita», grugnì Blaine. «Speriamo solo che non ci abbia notato…».
«Io non ho incubi adolescenziali», sbuffò Kurt. Blaine rispose con un lamento che, con molta fantasia, poteva essere interpretato come un segno di disapprovazione.
«Comunque non credo ci abbiano visto», affermò l’altro, con aria incoraggiante. «Forza, alzati da quel muro e prendiamo la metropolitana, dobbiamo essere da Rachel fra mezz’ora. Cerca di non pensarci e ti prometto che stanotte provvederò io a farti scordare del tutto di Jeremiah». Gli stampò un bacio sulla guancia, proprio dove era appena arrossito, lo prese per mano e svoltarono l’angolo.
O almeno, provarono a svoltare l’angolo.
Prima di andare quasi a sbattere contro il biondo ex commesso e il suo bel consorte.
Nonostante la drammaticità della situazione a Kurt sarebbe piaciuto poter scattare una foto: gli occhi di Blaine e di Jeremiah erano tanto spalancati da essere quasi comici – anche se non erano comiche le loro espressioni di assoluto terrore. La cosa più divertente, comunque, era il ragazzo moro al braccio di Jeremiah: evidentemente ignaro dei precedenti di Blaine, spostava lo sguardo fra i due ragazzi con un’aria leggermente confusa.
Il silenzio si protrasse per alcuni secondi: nessuno accennava a muoversi e la tensione era tanta che Kurt avrebbe potuto giurare di sentir aleggiare nell’aria le note di una certa canzone. Allucinazioni uditive o semplice sfiga? In entrambi i casi, era il momento che Kurt Hummel prendesse in mano la situazione.
«Jeremiah», esclamò. Il ragazzo staccò gli occhi da Blaine e li puntò verso di lui, un’inconfondibile espressione da “Chi cavolo sei”. «Ti trovo bene», continuò Kurt, tendendogli una mano, imperturbabile. «Kurt, sono… l’amico di Blaine».
«Oh», Jeremiah gli strinse la mano, e Kurt poté quasi vedere un interruttore che scattava sulla sua tempia, mentre lui si ricordava improvvisamente del liceale impertinente che aveva più o meno insultato i suoi capelli. «Oh».
Non era cambiato molto, constatò Kurt. Sempre alto, ricci color biondo cenere un po’ informi, anche se portati più corti di qualche anno prima.
“Sembra lo stesso un fottuto modello, però”. Kurt riconobbe con sorpresa una familiare scintilla di gelosia mentre Jeremiah tendeva la mano verso il suo ragazzo.
«Blaine. Come stai?». Blaine borbottò qualcosa di poco comprensibile, ma l’altro non sembrò farci caso. Gli strinse la mano, per poi intrecciarla con quella del moro al suo fianco. «Questo è Andy, il mio ragazzo. Andy, loro sono Kurt e Blaine, dei… delle mie vecchie conoscenze di Lima». Andy offrì a tutti un sorriso scintillante e totalmente ignaro.
«È incredibile quante persone si trasferiscano nella Grande Mela, vero? Io vengo dal Massachusetts e ho incontrato J proprio qui!», gli mise un braccio attorno alla vita. «Il commesso più affascinante che Prada potesse desiderare!».
Blaine vide distintamente Kurt arricciare il naso, mentre cercava di non mostrare dolore al pensiero di tutti quei maglioncini piegati storti.
«E quindi anche voi venite dall’Ohio?», il sorriso entusiasta di Andy non faceva che peggiorare la situazione.
«Già. Io da Lima e lui da Westerville», disse Kurt mentre tentava di riscuotere Blaine dal suo mutismo temporaneo a forza di calcetti sugli stinchi – tecnica che peraltro sembrava non funzionare.
«E cosa fate di bello?». Diamine, se quel ragazzo era duro di comprendonio!
«Musica  e composizione, alla NYU» borbottò Blaine. Kurt sospirò. Beh, se non altro lui sembrava essere tornato tra i vivi, anche se a giudicare dalla sua faccia ora era a rischio infarto.
«E io invece studio alla Parsons».
«Come hair stylist, scommetto», commentò Jeremiah con un pizzico di veleno perfettamente distinguibile.
“Cavolo, allora si ricorda dei capelli!”.
«Kurt, Blaine» lo sguardo di Jeremiah si soffermò un po’ più a lungo su quest’ultimo. «È stato un piacere incontrarvi, davvero. Ma ora io e Andy dobbiamo proprio andare».
«J deve iniziare il suo turno».
«Ma certo». Ci fu un altro giro di strette di mano, poi i due ragazzi si allontanarono.
Kurt cinse con un braccio la vita di Blaine, strofinandogli il fianco con una mano. «Su, su. È tutto finito ora».
«Incubo», mormorò l’altro.
«Come?».  
«È un fottuto incubo!» ripetè, a voce più alta. «Ma ti rendi conto? Jeremiah è a New York! È il commesso di Prada!».
«Già. Ringraziamo Dio che non l’abbiano preso da Marc Jacobs», commentò Kurt con trasporto.
Blaine lanciò al ragazzo un’occhiata malevola. «Kurt Hummel. È dei miei incubi adolescenziali che stiamo parlando. Sai bene come mi sento in questo momento!».
«Non potrei nemmeno se volessi, honey, come ho già detto prima io non ho incubi adolescenziali». Kurt si sistemò gli occhiali da sole sul naso, «Non ho mai cantato una serenata in mezzo ad un negozio GAP».
«Però hai cantato Mellenkamp».
Gli occhiali da sole bloccarono il tipico sguardo assassino marchiato Hummel.
«Qualcuno vuole andare in bianco, stasera».
Blaine, che stava iniziando a riprendersi proprio in quel mentre, spalancò la bocca con aria scandalizzata.
«Assolutamente nessuno vuole andare in bianco, qui!».

Appena un isolato più in là, Andy osservava Jeremiah con aria preoccupata.
«J? Tutto bene?».
«Sì, sì, tutto okay», il biondo alzò lo sguardo sul suo ragazzo. «Ma sul serio. Ti rendi conto di chi abbiamo appena incontrato?».  Andy si voltò, osservando le figure degli altri sue ragazzi che si allontanavano.
«Emh… no?».
«Quel tipo, Blaine. È il ragazzo di GAP!».
«No!». Andy spalancò gli occhi con aria incredula. «Stai scherzando».
«Mai stato più serio».
Svoltarono l’angolo mentre Jeremiah scuoteva la testa. «Dio, che imbarazzo! Per fortuna non è solito fare compere da Prada».
«Puoi ben dirlo, se andava da GAP!» commentò Andy, scoccando un’occhiata colma di desiderio alle sue spalle. «Però potevi dirmelo prima chi era! Orami è diventato leggenda e volevo dargli un’occhiatina». Jeremiah si sbatté una mano sulla fronte. Con un po’ più di forza del previsto, a dir la verità.
«Io voglio vederlo! Dai, torniamo indietro», propose Andy.
«No!».
«Paura di una serenata nel bel mezzo di Wall Street?».
Jeremiah gli lanciò un’occhiata di fuoco.
«Chi è che vuole andare in bianco, stasera?».


A/N:
Non si sa mai chi puoi incontrare nella Grande Mela, vero?:)
Dopo la Lunga Assenza causa esami di maturità - ormai passati ma non dimenticati - e piccolo blocco dello scrittore, eccomi ritornata con la mia seconda OS su Glee :)
Prima che qualcuno me lo chieda, sì, nel mio headcanon Jeremiah non sa piegare i maglioni - non so se avete isto come stava maltrattando quel povero cardigan su Silly Love Songs.
E permettetemi di dirvi un'altra cosa: cosa diavolo hanno in testa i truccatori di Glee?
Oltre a pucciare la magnifica testa di Darren Criss nel gel riescono a ridurre quel figone di Alexander Nifong in un Jeremiah qualunque! Ma nemmeno Anne Hathaway ne Il Diavolo Veste Prada!
Googlate Alexander Nifong e unitevi al mio disdegno. Quel ragazzo è stupendo!
- COSE CHE C'ENTRANO POCO -
Ho un'altra os e una mini-long-come-diavolo-si-dice in lavorazione.
Vacanze e test universitari permettendo, ci risentiremo!
Stay tuned :)
- COSE CHE NON C'ENTRANO NULLA -
Avete mai visto questo video?
Holy Crap!!
Perchè non hanno mai fatto fare a Blaine un duetto con Wes?
E perchè Hunter Parrish non è un Warbler?
Ugh.

Baci a tutti!!
MM
  
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