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Autore: Abstract Joy    26/07/2012    3 recensioni
Sentirsi soli, persi.
Trovare conforto nelle piccole cose, un buon piatto, della musica, le parole di un amico speciale.
Damon ed Elena, nella loro quotidianità.
Missing moments della terza stagione.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera le sembrò che anche il suono della chiave nella serratura potesse diventare la migliore delle melodie. 
Familiare, accogliente, normale. 
La chiave girava una, due, tre volte, la porta si apriva. Nessun imprevisto, nessun rischio, nessun pericolo. La porta si apriva e lei poteva entrare, respirare il famigliare odore della casa per un secondo, accendere la luce e buttarsi sul divano. 
Elena chiuse gli occhi e si cullò in quella normalità, ma il sollievo durò poco.
La casa era vuota, terribilmente, tristemente, completamente vuota.
La confusione delle sue giornate la distraeva, i piani improbabili nascondevano il dolore, perfino il pericolo ovattava la solitudine. Sentì l’irrefrenabile voglia di prendere il telefono e chiamare Stefan per chiedergli di uscire.
Si odiò per quel pensiero così triste ed irrealizzabile. 
Un rumore, improvvisamente, la fece sobbalzare. Si rese conto sorridendo che si trattava del suo stomaco: anche quel giorno si era dimenticata di mangiare.
Si trascinò fino al frigorifero. Un cartone di latte, qualche zucchina e una bottiglia mezza vuota di birra lasciata da Alaric. Lo stomaco si contrasse, tra la fame e la disperazione.
Afferrò le zucchine e le tagliò lentamente non sapendo esattamente cosa farci.
Da un po’ di tempo il gas stentava a funzionare, avrebbe dovuto chiamare qualcuno... Lottava con i fornelli da qualche minuto quando una folata di vento attraversò la casa.
-Hai deciso di far saltare in aria tutto il quartiere?-
Oramai conosceva più vampiri che umani, avrebbe dovuto abituarsi. Eppure sobbalzò spaventata, come ogni volta.
-Damon!-
-Mi hai chiamato ed io sono arrivato a tenerti compagnia, puntuale come sempre.-
-Non ti ho chiamato, Damon.-
Il vampiro la ignorò consapevolmente, spostando l’attenzione sulla cucina. 
Elena, sotto l’apparente aria offesa, fu incredibilmente grata al vampiro per esserci, anche quella volta.
-Cosa c’è nel menù? Zucchine con zucchine con contorno di zucchine ripiene di zucchine?-
-Non importa, non ho particolarmente fame.-
- E tu saresti la ragazza che vuole imparare a combattere i vampiri? Elena Gilbert, 35 kg di forza assassina. Mi tremano le gambe.-
La ragazze storse la bocca, trattenne un sorriso. Era quello che faceva meglio: trattenersi. 
-Sono stanca, Damon. Vorrei solo andare a dormire ed arrivare a domani.-
Nessuna risposta. Il vampiro apriva cassetti qua e là, con aria concentrata.
-Posso sapere cosa cerchi?-
Ancora una volta, le sue parole si persero nel vuoto.
-Damon… Oh, va al diavolo!-
Prese una sedia, la voltò e vi si sedette a cavalcioni, con i gomiti puntati sul tavolo. Fece sprofondare la testa tra le mani e si limitò ad osservarlo.
Il vampiro non si fece problemi a mostrare un sorriso vittorioso.
Sparì per un secondo, il tempo di far svolazzare i lunghi capelli di lei e tornare in cucina con due enormi buste bianche.
-Hai fatto la spesa?!-
- Lo so, lo so. Sono l’uomo perfetto,vorresti sposarmi . Non ringraziarmi.-
Non lo ringraziò. Gli riservò solamente un sopracciglio alzato dal fare interrogativo. Lui fece finta di niente.
-Spero ti piaccia la pasta.-
- Adoro la pasta.-
- Peccato che tu non ne abbia mai mangiata...-
-Ti ho appena detto che la adoro.-
- Ascolta, ragazzina, fino a che non si assaggia la pasta di Damon Salvatore è come non averne assaggiata affatto. –
Elena alzò gli occhi al cielo.
-Di nuovo, non c’è bisogno di ringraziarmi.-
Non lo fece. Questa volta aveva in serbo per lui solamente una smorfia dubbiosa.
Continuò ad osservarlo muoversi a velocità da capogiro tra le dispense della piccola cucina bianca. Osservò le mani pallide condire e sminuzzare, osservò la fronte aggrottarsi e gli occhi socchiudersi nella concentrazione.
Infine prese da un cassetto la tovaglia migliore (come diavolo sapeva che era lì?) e si spostò in sala da pranzo. Elena si alzò dalla sedia e lo seguì. 
Avrebbe voluto sgranare gli occhi dalla meraviglia, ma si trattenne.
L’argenteria era perfettamente posizionata e al centro del tavolo spuntava una delicata candela rossa, accesa. Qua e là erano sparse delle rose, rosse a loro volta. Un contrasto delizioso e terribile con la tovaglia immacolata. 
Era così… Da Damon.
Lui, senza aggiungere niente, spostò la sedia e le fece segno di accomodarsi.
La cena passò nel silenzio. Il vampiro lanciava qua e là battutine inappropriate, lei si limitava a mandare giù più cibo possibile, attenta a non lasciarsi sfuggire alcun complimento.
Non c’erano dubbi, però: erano i piatti migliori che avesse mai mangiato.
-Sai- esordì il vampiro, con aria solenne- non capisco cosa ci trovino tutti in te, Elena.
Questa volta lei non poté ignorarlo.
-Come scusa?-
Lui rise, di gusto.
-Vedi, non hai senso dell’umorismo. Non sai mandare avanti una conversazione. Sei praticamente incapace di lasciarti aiutare. Per non parlare della testardaggine cronica e dei piani idioti che escono dalla tua testa. Eppure tutto il mondo sembra avere un debole per te.-
Le sembrò che parlasse a se stesso, più che a lei. Questa volta, fu Elena a ridere, di gusto.
-Sai, una volta qualcuno mi disse che in fondo non sono la peggiore compagnia del mondo.-
- Quel qualcuno doveva essere ubriaco.-
- Non è da escludere. –
Per tutta risposta, Damon si versò da bere.
-Oh, al diavolo!-
Il vampiro alzò lo sguardo, stupito. Elena aveva afferrato la bottiglia e stava bevendo direttamente da essa.
-Ehi, ehi, ehi, bimba, vacci piano!-
-Perché? Non posso essere divertente anche io?-
Damon sorrise, ma i suoi occhi erano seri.
-Certo che puoi, idiota. Ma non hai bisogno di questa.-
Si alzò, sparì per un secondo e quando tornò davanti a lei si portava dietro la scia di una musica ritmata. Elena non ricordava neanche di avere uno stereo, in casa.
La prese per mano e la face alzare, trascinandola in mosse stravaganti.
Ed Elena, per la prima volta da mesi, non si trattenne. Sorrise, sinceramente.
Cominciò a muoversi anche lei, in modo buffo, scordinato, decisamente poco attraente. Eppure, agli occhi di Damon non era mai stata così bella. 
La guardò sorridere, mentre ad occhi chiusi scandiva il ritmo del ritornello muovendo i fianchi,e capì. In quel momento esatto, decise che era quello, ciò che voleva. Vederla ridere, ad ogni costo, contro tutti. Tutto il resto, non contava niente.
-Non ho mai visto nessuno ballare così male, davvero.-
Lei gli fece la lunguaccia e, senza preavviso, afferrò un bicchiere d’acqua dal tavolo e glielo rovesciò addosso.
-Così impari, cafone.-
Damon non era in vena di maturità, quella sera. Le versò sulla testa l’intera bottiglia. Cercò di non soffermarsi troppo su come i vestiti le aderissero al corpo, facendola apparire fragile e terribilmente desiderabile.
Continuarono così, per tutta la sera, come due bambini. La musica a palla, i passi scoordinati, qualche scherzo e non pochi insulti. 
Senza sapere come, si ritrovarono a ballare un lento, stretti l’uno all’altra. Bagnati, stanchi, felici.
-Allora, ammettilo.- disse lei.
- Cosa?-
-Che anche Elena Gilbert può essere divertente.-
- Già.. Forse.-
- Mi accontento. Ma questa volta sono sicura che tu sia sobrio.-
Continuarono così, abbracciati, i corpi vicini, qualche passo lento. La musica si stoppò, ma loro non si mossero. Il capo di lei, appoggiato delicatamente al petto del vampiro, sembrava aver trovato un rifugio perfetto.
Qualche ora dopo, Damon la osservava dormire. Piccola, fragile e indifesa. Era crollata dalla stanchezza non appena Damon l’aveva presa in braccio, per portarla di sopra. 
Il suo volto era sereno, si intravedeva l’accenno di un sorriso. Damon sorrise a sua volta e scivolò silenziosamente via dalla finestra.
Quel giorno era riuscito nel suo compito, renderla felice.
  
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