Epistole
all’amasia
“Ancora
venti miglia per Titalia”, questa la frase incisa nella pietra,
una freccia che punta verso la città nominata. Tolomeo
annuisce, comprendendo di stare percorrendo il corretto tragitto.
Non era semplice ambientarsi dopo il cataclisma mondiale e
nessuno era ancora riuscito, dai soli quattro mesi che lo zanni s’era
elevato a divinità, a disegnare una carta topografica decisa.
Storie di viandanti e teorie erano gli unici indizi sulla nuova
geografia globale.
"Il
cielo, per lo meno, non è ineguale" – notificò
Tolomeo.
Il
sole e le stesse: grande aiuto per queste vaste, indeiscenti pianura
senza strade o segnali. La tormenta mondiale ha distrutto tutto –
solo quelle rocciose e più solide sono rimaste salde.
Tolomeo si accorse di alcuni pietroni nelle vicinanze e si
avvicinò. Come sospettava, c’era spazio sufficiente tra
i pietroni per sostare la notte. Il guerriero Domenicano aveva con se
una tenda e la fenditura tra i due pietroni avrebbe evitato che il
ponentemastro trascinasse via la tenda. Le notti nelle pianure erano
glaciali. Non fredde come le pianure nordiche, non umide come le
caverne sotterranee, ma asciutte e claustrali, come morte. Le
giornate, invece, torrefacenti, rubie e stancanti. Poco, nel mondo
come era diventato, aveva senso, e il clima era tra quelle assurdità.
Dopo
aver accavigliato della legna secca il guerriero si accese un bivacco
e si preparò una sistemazione confortevole.
Rimosse gli
stivali e massaggiò i piedi stremati e smaniava un bagno
caldo.
Si era lavato l’ultima volta a Doroji – il
possidente dell’albergo neanche gli permise di affittare una
camera se non dopo un bagno completo. Nonostante le circostante, i
Dorojiani ancora erano asseverativi, sebbene molto meno rispetto a
come erano prima della scopa.
Tolomeo rimase a lungo svenuto
per i mesi precedenti e se è ancora vivo è grazie ad
una coppia anziana di sopravvissuti nelle vicinanze di Dnaram,
possidenti di uno stabbiolo, che lo accudì finché si
riprese. Per ripagarli della cortesia decise di proteggerli sino a
che avessero raggiunto Dnaram, siccome la loro fattoria, ormai, era
in deperimento, gli animali stavano transendo per la debilitazione
continua e le piante, per mancanza di acqua, procombevano.
Da
Dnaram fino alla Casa dell’Opera, sino a Doroji, quindi fino a
Titalia... e ancora nessuna traccia dei suoi soci.
"Sii
speranzoso”, espresse al bivacco, ricevendo nessuna risposta in
cambio.
L’alba, nuovamente in cammino: avrebbe
circonfletto attorno le montagne occidentali di dirigersi
direttamente nella città, l’ultimo desiderio del ronin
era quello di essere derubato da qualche lesto ladro. Questo tragitto
alternativo lo avrebbe condotto a Khingen e al deserto di Forgia,
dove avrebbe, probabilmente, rincontrato i suoi amistà. Dopo
due giorni di cammino notò di essere lontano dalla costa
marittima, ma c’era un largo corso d’acqua innanzi a lui.
Si chiese se avesse commesso qualche errore a causa della
topografia differente delle terre. Scoprì una guglia conserta.
Giurava di aver gustato l’odore del mare. E, infatti, c’era.
Si bagnò nelle acque fredde ma pure del mare e si sedette
sulla spiaggia, osservando le onde e cantando un’aria delle sue
terre.
"Avanti, figlio di Domenica, ella attende,
attendono la dolcezza della sua finestra e il calore del suo ventre.."
"Sono in atroce bisogno di un altro posto per meglio sistemarsi” – disse tra sé Tolomeo una settimana dopo. Non poteva sostenere oltre la camera in costante rischio di furto o assalto. Non solo i residenti cercavano di privarlo dei suoi beni, anche i più scarsi, ma il giorno precedente un colosso aveva inserito la propria mano nella sua finestra, prontamente perforata dalla katana adamantina del guerriero. Sempre la stessa Titalia.
Parlò
successivamente ad un mercante al pub – l’unico onesto in
tutta la città. Il suo unico crimine, banalissimo, era il
rincaro dei prezzi delle merci provenienti dalle città vicine,
ma era normale, con la crisi immensa, era già tanto se fossero
disponibili le mercanzie.
“perché non andare lassù,
sulla guglia della montagna?
Nessuno la scalerà, gli
spiriti maligni sono peggio dei ladri, ma, siccome lei è
riuscito a gestirsi per ben una camera in perfetto ordine, e per una
settima, a Titalia, sono certo che sarà nulla la presenza
delle entità malvagie li sopra. Ho tutto quello che le
serve.”
“Bene, mi trasferirò domani”,
disse Tolomeo, sbevicchiando il suo cordiale. Alcuni giorni dopo capì
che era stata un’idea saggia. Sul Monte Titalia si viveva
benissimo, libero da ladri ed altri disturbi, inoltre il panorama era
degno di essere effinto.
"Ne
sarebbe entusiasta, la signorina Merl,"
accennò contento Tolomeo. Qualcos’altro, però, lo
interessò, un essere volante, piccolo ed eburneo. Un piccione
viaggiatore. La caverna sulla roccia era un luogo di riposo per i
piccioni della regione. L’uccellino era esausto e lo yojimbo ne
approfittò per leggere il messaggio del bigliettino legato al
rampone dell’uccellino, dopo averlo attirato con acqua e
becchime.
La lettera era stata scritta da una giovane
fanciulla, Loa, cittadina di Ramandan. Tolomeo si ricordò
colei che tanto era ansiosa per la sorte del suo amato, soldato di
ventura, degente in un letto a Lizomb, completamente rasa al suolo
dallo zanni preternaturale.
Preoccupato per la ragazza, Tolomeo zittì la coscienza di gentiluomo con il suo sbirciare negli affari altrui e cominciò a decifrare la grafia curva.
"Caro Cyan,
tutto
bene? Non ho ricevuto più lettere da te da così tanto
tempo. Non smetto mai di pensarti. Da quando il terremoto c’è
stato, non so più se crederti vivo o morto. Ho persino perduto
lo scartafaccio che ho sistemato, aggiungendo in continuazione le tue
novelle.
Ti prego, scrivimi. Non posso vivere senza te.
T’amerò
sempre,
tua Loa”
La
lacrima bagnò la lettera e le parole spontanee e frettoloso
aggiungevano enfasi al significato, assai più quieto. Tolomeo
lesse la lettera più volte, raggiunse uno stato di trance, si
sedette sulla sedia – uno dei pochi lussi della sua vita
ascetica attuale – ed iniziò a stilare lui stesso una
lettera con il taccuino che gli aveva procurato il mercante onesto a
Titalia città.
"Cara Loa,
mi
spiace per le tue preoccupazioni e per il tuo cordoglio.
Il
cataclisma ha causato terrore a Lizomb, ma riusciremo a risolvere la
situazione, prima o poi. Presto guarirò, non temere per le mie
condizioni, ti scriverò continuamente fino a che ci
incontreremo.
Per sempre nella mia mente,
Cyan
Tolomeo imbustò la lettera, la indirizzò per Ramadan e lo legò intorno la zampetta del piccione viaggiatore, che svolazzo via, lasciando qualche piuma dietro.
Una
risposta giunse in tre giorni, assai più lunga e felice della
prima lettera, piena di dichiarazioni sentimentali, amorevoli e anche
di rimprovero per la lunga attesa. Tolomeo ridacchiò e afferrò
delicatamente il piccione tra le sue mani callose: da quanto tempo
non era così contento con se stesso.
"Ne sei
proprio sicuro? Guarda che io non agisco gratuitamente” - il
mercante Zitalico si espresse scettico, osservando la lista in mano
incredulo. Tolomeo, serio, porse i soldi innanzi il mercante.
"Non
è il denaro a mancarmi"
"Quello con i soldi sei
tu. Ma davvero vuoi inchiostro bluette e carta sericea?”
"La
mia madrepatria era un luogo dove la calligrafia era una tradizione
tramandata nei secoli"
Il mercante non era convinto ma i
soldi lo motivarono a spicciarsi: i soldi ottenuti dalla vendita
delle pregiate pelle degli orsi spiritici aveva fruttato molto denaro
a Tolomeo e ciò bastava come assicurazione.
"Caro
Cyan, c’è luna piena e non riesco a dormire. Mi manchi
tanto.
E’ passato un anno da quando ci siamo separati.
Ricordi?
Il giardino rigoglioso, tanta varietà floreale,
tanta varietà onirica... Ora niente cresce più, la
terra si è imputridita.
Oh, perché tanto
melanconica sono? Non voglio rattristarti, starai anche tu,
sicuramente, combattendo. Delle volte non riesco proprio a
mantenerla, la speranza. Voglio leggere le tue parole ancora.
Con
amore eterno,
tua Loa.”
Tolomeo
aggrottò il volto. Loa sembrava depressa. Si inginocchiò
innanzi il baule richiesto al mercante, colmo di cibo per piccioni –
Tolomeo era già amico di tre piccioni usati da Loa -,
strumenti per scrivere, riviste di meccanica – Tolomeo odiava
quei congegni ed ambiva a combattere il fuoco col fuoco. Tolomeo
provvide a nutrire il piccione e si mise a dormire, rimuginando su
come felicitare la sua non-donna.
Quando Elena era infastidita per qualcosa, le regalava una primula. Manteneva freschi i fiori in vasi adorni nella camera da letto e tendeva a adornare con essi i propri capelli ondulati. I tre, assieme, con i fiori, avrebbero creato immagini colorate. Elena li avrebbe avvicinati al suo volto per poter ammettere che entrambi profumavano di fiori selvatici, e Oswin avrebbe protestato. I momenti familiari sono quelli che rendono più fervente lo spirito di un uomo.
Perso nella nostalgia, Tolomeo incartò fiori tutto il giorno: tanto delicate, quelle rose rubie, il materiale sericeo attentamente elaborato. Finalmente avvolse i fiori con quel risultato della sua fatica e ci fece un bouquet, accompagnato da una lettera.
"Cara
Loa,
non affogare il cuore nell’oblianza!! Questa stessa
luna sei stata a dardeggiare, proprio come me, sotto lo stesso cielo.
Possa quella una sprigionare risi speranzosi su di te. Questi fiori
son biribissi, non appassiranno mai. Non annaffiarli con lacrime ma
con sorrisi.
Sempre
fedele,
tuo Cyan"
Tolomeo
legò il bouquet al piccione. La razza Radamandana era la
migliore, riuscivano a portarsi appresso pesi molto elevati –
per un piccione. Si levò in volo e giunse sin dall’amata.
“Cara
Loa...
Era
così difficile continuare le lettere successive, dopo il
saluto iniziale.
Come
viveva ora gli bastava: leggeva, meditava, dipingeva lo scenario con
i colori offertigli dalla natura – sangue di animali e bacche
varie –e stendeva il nero su bianco sulle lettere per Loa.
Saltuariamente scendeva sino a Titalia per stare nella taverna,
parlando con il mercante (sebbene avesse imparato a farsi rispettare
anche dagli altri cittadini col tempo) per sapere le ultime nuove.
Una vita tranquilla.
Eppure, quel sentimento, quelle parole
innocenti, quella gentilezza che Loa gli concedeva, lo deprimevano,
non lo rasserenavo come all’inizio.
Sapeva
bene del dolore che si prova quando muore chi vuoi bene. Elena ed
Oswin erano state trasportate da quello stesso traghettatore che
aveva tentato di fermare, seguendo gli spiriti di moglie e figlio
fino agli inferi. Loa doveva essere come lui: anche lei si convinceva
di un’utopia che sarà tale fino alla fine dei loro
giorni.
Sperava, comunque, di salvarla dal dolore che avrebbe
dovuto affrontare, ma non stava, comunque, ritardando l’inevitabile?
La ragazza non riceveva false speranza, leggendo quelle parole
ipocrite?
Un
intero anno passò sin dall’inizio del cataclisma.
"Tolomeo? Sei tu!”
Tolomeo
voltorò, sentendosi chiamata dalla voce familiare. Stava
ammirando il panorama un’ennesima volta, riflettendo sul
passato, non si aspettava, come al solito, quella visita.
Tutti
si aspettava, comunque, meno che Falsa, Basin, Gerad e Tzeseer,
questi tre accanto al donna. Tolomeo si spaventò, scoprendo i
suoi amistà tutti in salute e mai forti quanto prima.
Si
erano riuniti tutti assieme, dopo un epopea durata un anno, per
sconfiggere lo zanni, quel folle che dalla sua torre, al centro del
mondo, vegliava, stanco del potere ottenuto e desideroso di morire.
Se erano sopravvissuti loro, probabilmente anche tutti gli altri
erano sani e salvi. Tolomeo abbandono Titalia senza cerimonie,
portandosi appresso tutti i suoi averi e ringraziando il mercante per
i suoi servizi: sembrava, inoltre, che fosse stato lui ad informare i
suoi amistà della sua ubicazione.
“Mi spiace che te
ne vada” – disse – “Sei stato il mio miglior
cliente, e... amico.”
Tolomeo scoprì che adesso i
suoi amistà possedevano una nuova imbarcazione, molto più
potente e sicura, con la quale avrebbero portato a termine la loro
missione, dopo aver scovato tutti gli altri.
Tzeseer aggrottò
la fronte innanzi a Tolomeo: i due non erano mai andati tanto
d’accordo, perché l’uno abiurava la meccanica,
l’altro la venerava. Ma ciò non mancò, comunque,
di sollevare Tolomeo.
A Ramadan non c’era stato molto
cambiamento, la coppia che lo aveva aiutato si era stabilita in una
casetta niente male costruita con l’ausilio dei più
giovani e Loa abitava sempre nella stessa casa, come prima. Tolomeo
gradì che le fratture delle tegole del tetto erano state
riparate da qualche volenteroso.
Loa aprì la porta quando
Falsa bussò per la terza volta.
Sembrava in salute, solo
palliduccia. Mantenere una dieta bilanciata dopo l’apocalisse
era una sfida. Falsa mostrò le lettere alla ragazza.
"Siamo
passati per l’ufficio postale e ci hanno detto che questa è
per te” – mentì la donna, sorridendo cortese. Loa
prese la lettera con entrambe le mani e sorrise.
“Prima del
previsto. Entrate tutti quanti, per favore, avrete probabilmente
passato tanti guai per una sola lettera!”
Tolomeo si
imbarazzò al vedere tutte quelle rose in bouquet ben sistemate
nella casa. C’era un abnorme numero di bottigliette di
inchiostro e carta sul minuto desco e Tolomeo suppose che non era
stato il solo ad impegnarsi per scrivere quelle lettere.
"Adorabili i fiori, vero? Siccome non ne crescono più, me li invia il mio ragazzo. Non appassiscono mai. Mi spiace essere rude, ma devo sapere immediatamente che mi ha scritto”. Loa, piena di ingenuità e gioventù, aprì la lettera e Tolomeo si sentì gelare al pensiero ch’ella avrebbe scoperto l’ordito da lui tramato, leggendola.
Loa
sorrise, chiuse gli occhi per alcuni istanti e riflesse. Poi, si
accorse degli ospiti in casa, e rispose.
“Non era il mio
ragazzo ad aprire le lettere. Deve essere morto.”
Pianse
rumorosamente, Gerad si rattristì per quello spettacolo –
lui stesso era un don Giovanni e nobile, uno spettacolo simile lo
riteneva il risultato di un indegno grimaldello. La ragazza si
ricompose in pochi minuti.
“Vorrei incontrare chi mi ha
risposto. Probabilmente, anche lui ha condiviso il mio dolore, oppure
ha patito qualche perdita simile. In ogni caso, ora mi sento meglio,
perché non dovrò più tormentarmi per il
dubbio”.
Basin avanzò e stette per rivelare tutto, ma
Tolomeo lo colpì al fianco con una possente gomitata,
zittendolo istantaneamente: meglio non rivelare l’identità
del misterioso scrittore. Loa ora era libera da un tormento durato
per sei mesi. Era pronta ad andare avanti, quelle lettere avrebbero
continuato a renderla succube della sua chimera.
Una chimera che,
comunque, ha portato gioia reciproca a Loa e Tolomeo, sebbene fosse
illusoria e breve.
"Guarda avanti," – ammonì
Tolomeo – non importa quanto ombrifero sia, ci sarà
sempre una successiva alba, sia essa scritta o reale.
Loa
lo studiò, Tolomeo temette di essersi tradito, lo sguardo
della giovane era rimestato, ma la ragazza gli sorrise, prese uno dei
bouquet e glielo porse in mano.
"Grazie per le tue parole
gentili. Prendi questo, così non ti dimenticherai di
prospettare al futuro"
"Sicuramente ci sarà un
tempo in cui fiori come questi sbocceranno nuovamente” disse
Falsa, e tutti quanti annuirono.
Tolomeo si promise che un giorno
avrebbe scritto l’alba perfetta, sino alla fine, senza
interruzioni.