Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |      
Autore: furetchen90    27/07/2012    0 recensioni
L'inizio di un mio romanzo che lascio a voi così lo continuate come vi pare su EFP. Praticamente realizzerete, se vi tiene, una storia alternativa originale di vostra idea al mio romanzo, già a buon punto.
Genere: Guerra, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Culmine
Prologo

La pioggia discendeva dal cielo copiosa, torrenziale, invisibile per via della notte fonda e cupa. Di tanto in tanto i lampi spaccavano l'aria e modellavano forme visibili soltanto grazie ai riflessi abbacinanti sull'acqua cristallina. Per quei brevi istanti, la pianura era totalmente illuminata, ed inesplicabilmente aggraziata. Bagnate di iridescenza, le rocc frantumante e la legna frammentata parvero vive come non mai da tanti anni or sono.
Elthosan non era abituato ad una simile pioggia: proveniva tutto, lentamente, da nord, e le nuvole si spostavano languidamente tra gli orizzonti, giorno per giorno, sfogando l'acquavento o glacido o candente.
Lì, da qualche parte in Italia, assunse che la tempesta sarebbe presto giunta, leggermente accaldata. In pochi momenti, la gentile costa sarebbe stata lambiccata dal vento ch'avrebbe dissestato le pietre antiche e agitato le onde marittime oltre le strutture che un tempo l'ebbero domate.
Con la tempesta al suo culmine, Elthosan si trovò a suo agio, seduto al di sotto del marmo di una statua antica. Egli non ebbe modo di identificare la figura proteggente, data la fretta con cui ebbe voluto ripararsi dalla pioggia, ma a stento, comunque, era protetto dall'acquavento. I suoi capelli erano inzuppati, appiccicati al collo e le labbra, colle quali poteva gustarseli. Peggio ancora era il cuoio stretto alle sue cosce, reso freddo e disturbante. Di tanto in tanto il vento si rendeva tanto infido da gettargli contro le goccioline d'acqua cascanti dai nugoli direttamente in volto ed egli avrebbe ritornato il capo per farle scorrere attraverso i capelli sin il collo.
Due settimane era passate sol tanto, eppure Elthosan ancora sentiva il brontolio costante nel suo ventre. Quando la risposta gli giunse, gli parve una semplice soluzione: voleva vederla, Brunya, solo per sapere se fosse illesa, se fosse trattata con riguardo. L'avrebbe potuta trovare con relativa semplicità, eppure, esitava, perché, ormai, ella era libera di vivere la vita come più desiderava.
Al tempo gli parve una decisione pressocché naturale, e non se ne dispiaceva affatto, ma gli dispiacevano quei momenti in cui si sentiva obbrobrioso, foresto, le sue costole si contorcevano per la perdita preziosa. Il suo era un bisogno tangibile quanto pressante.
Elthosan alzò lievemente il capo al suono di un tuono ulteriore, lasciandosi schiaffeggiare dalla pioggia sulle guance, e a poco serviva, perché non si sentiva meno asciutto in tale maniera.
Decise di cercare un posto di sosta differente quando un fragore ulteriore echeggiò, questo più vicino degli altri, accompagnato da un abbagliante finestrata rancia.
Sospirò, lui, alla vista della città portuale un tempo prospera e non potette evitare di immaginare come essa fosse stata in un tempo remoto, quando stava morendo, rutilante come un prezioso posto alla notte.



Un momento più tardi l'Entità tornò sensitiva: la luce venne a mancare e lo lasciò senza alcuna panoramica una volta ancora, ma ciò non bastò a non fargli notare coll'olfatto l'odore acre nell'aria.
I sensi suoi tutti erano più sviluppati di qualunque essere umano che egli potesse incontrare sulla faccia della terra: egli era un prodotto artificiale, così come tutti quanti i suoi fratelli, concepiti per poter portare gloria agli uomini, ma sfruttati in maniera tale da arrecare al mondo tutto soltanto distruzione e alle genti sofferenze continue, di cui lui, una volta resosi conto di ciò ch'era diventato, cercava assolutamente di redirmersi, per quanto ciò andasse contro la sua natura d'entità.
Un'esplosione era avvenuta, da qualche parte, nelle vicinanze.
Si sorprese di non essere stato capace di percepire il furore della battaglia in precedenza, ma Elthosan si alzò lo stesso sui suoi piedi, siccome non era affatto interessato a combattere al di sotto della pioggia o ad assistere al combattimento lì seduto.
Ad essere d'interesse, per lui, al massimo, sarebbe stato lo scovare le due fazioni combattenti. Elthosan fu inzuppato d'acqua una volta ancora, quando abbandonò il suo rifugio marmoreo, e i primi passi lo condussero in una pozzanghera gelida che bagnava spiacente le sue caviglie nude.
Per via di quello smacco, quasi avrebbe perduto qualunque interesse, se non fosse stato per il continuo frenetico clangore di lame.
Accipigliando per il fastidio subito, arrancò oltre la coltre formatasi intorno il suo piedistallo inintenzionale verso il luogo della battaglia.
Non gli servì molto tempo; Elthosan ebbe camminto per meno di un minuto e il suono di pesanti passi s'avvicinavano a lui.
Egli a stento riusciva a vedere qualcosa, e di conseguenza fu assai cauto, in quelle strade abbandonate. Quando le figure sberzarono esse stavano correndo fulminee come spettri che oltrepassano le cortine per spaventare gli occupanti della casa, gettando su di lui ancor più luridofango sulla sua pelle scoperta. C'erano più guerrieri di quanto egli avesse anticipato: mentre combattevano, riusciva soltanto, lui, a percepire le scintille delle lame, l'odore di elettricità e ferro bagnato e sangue. Qualcosa a lui familiare, ma solo quando costoro smisero per un instante di combattere, egli riuscì meglio a concentrare la propria vista sulla figura che più gli era familiare, quella figura con indosso quella divisa unica, tanto inusuale.
Osservò confuso, lui.
"Galzus?"
Una delle figure, ronzante, si voltò verso di lui, e Elthosan vide soltanto una sorta di spretro luminoso all'altezza della testa dell'essere, ma fu molto breve quell'attimo, siccome una sferzata staccò di netto la testa dal corpo di quel guerriero apparentemente inumano.
Elthosan si irrigidì quando a cascare con un tonfo sul pavimento non fu una testa umana, ma una testa metallica sibilante!
Androidi – dozzine di androidi, tutti moventi assieme come uno sciame. C'era una voce umana fra loro, e un momento solo bastò ad Elthosan per identificarla. Incrociarono gli sguardi tra i numerosi lampi scaturiti dal cielo, e negli occhi del guerriero, come disperazione illimitata. Egli alzò al cielo la propria arma, la Sigillatrice, e la spada cominciò a illuminarsi.
Elthosan sussultò, realizzando di essere arrivato troppo tardi.
"Galzus..." - ma quando si ricordò della pioggia che gli bagnava le anche, non ebbe scelta che ritirarsi. I suoi arti erano ammosciati per il troppo riposo, eppure un salto alto riuscì a compiere, con il quale si allontanò dalla battaglia. Con il proprio piede, toccò terra, e avvertì tutta l'elettricità venire trasportata dalla pioggia avvolgerlò, e ulteriori esplosioni avvenivano e tutto si confondeva con il canto artificiale degli androidi annientati. La luce che fu scaturita dall'esplosione, inoltre, era abbacinante. Gli androidi: sfortunati androidi, chi tranciato in due continuava a maledire, chi completamente polverizzato, e le braccia cicatrizzate di Elthosan dovettero rendersi parma per la propria finestra.
Com'ebbe cominciata, la luce smise d'esistere e quel poco che rimaneva degli androidi cascò a terra, destinati ad arruginire per colpa dell'umidità costante della zona.
Elthosan attese che fosse tutto sicuro prima di reintraprendere il proprio passaggio, cautamente porgendo i piedi in avanti, per raggiungere colui che a terra era tra una pozza di sangue e non di olio.
Solo mera curiosità, probabilmente, l'incentivo ch'ebbe permessogli di avvicinarsi all'individuo emanante calore artificiale.
Porse le proprie mani sulla spina dorsale dell'uomo, e avvertì niente, neanche un pulsore.
Ci fu come un turbinare di elementi metallici dietro l'Entità, una delle poche della sua specie ad aver sviluppato un intelligenza superiore con cui poteva considerarsi, per quanto il termine fosse inappropriato, data la sua natura, "umano, e si voltò per scovare un ennesimo lampo cascare dal cielo sulla terra. Come per maleficio, una siluetta umana apparve laddove il lampo ebbe cascato. Non riuscì a distinguere il volto o l'aspetto dell'essere, ma gli bastò quello scintillare negli occhi a fargli comprendere la sua pericolosità.
Strinse i pugni e si preparò a sfoggiare la propria arma, ma quella figura, prima che di tutto potesse iniziare, era svanita nella pioggia.





















Capitolo 1

Quando raggiunse in luogo dell'incontro, sbuffò frustrato, siccome il suo appoggio gli ebbe dato appuntamento in un luogo che avrebbe sicuramente gradito se non ci fossero state tutte quelle leccornie propinate a prezzi esorbitanti e tutti quei damerini viziati e estrosi, capaci soltanto di ostentarsi ed esultarsi.
Quanti posti come quello in cui si trovava in quel momento, e quanti ne avrebbe incendiati o abbattuti, se solo gliene fosse tenuto, perchè si, Holsety può, ma non vuole.
In ogni caso, decise di rendere la permanenza in quel locale duratura.
Era irritante e gratificante venire guardato per via della propria diversità d'aspetto, se paragonato ai santi lì in mezzo, con quel continuò taccheggiare di stivali zozzi e quella spada allacciata al fianco. Alcuni, addirittura, osarono mormorare.
Osservò una donna servire al bancone, e si sorprese che questa non fosse venuta meno per la mancanza di eleganza di lui.
Avrebbero avuto da discutere, successivamente, ad ogni modo – la loro esperienza con qualcuno che avrebbe potuto arrecare loro una morte istantanea è qualcosa da considerare grandemente. Rise tra se e avanzò nella sala sin il bancone.
Qualunque umore Holsety tenesse in corpo svanì non appena ebbe visto la capigliatura di cui era alla ricerca e grugnì nuovamente – "Solo in questa maniera avresti potuto organizzare qualcosa" – mormorò all'oratore, mentre faceva per siedersi, tentato a porre i propri stivali sul tavolo, ma non voleva ammazzare di infarto la cameriera.
"Mi paghi da bere o cosa?"
Johalva sottorise e riempì un bicchiede con del vino rosè per il suo compare e ghignò spontaneo quando lo vide guardare lui con disappunto.
"Niente classe, amico" – rimproverò lui mentre spingeva il bicchiere verso Holsety, ch'ebbe grugnito, mentre considerava ciò che gli veniva proposto e quell'offesa alla sua persona.
"Come può un individuo soprannaturale come te bere vino bianco?"
"Ho gusti delicati" – rispose facilotto Johalva, dopo aver giochicchiato con il bicchiere ch'ebbe poi portato alle labbra.
"Non per questa ragione m'hai dato l'appuntamento qui" – Holsety roteò in disperazione i propri occhi, porgendosi in avanti per poter appoggiare la propria mascella sul palmo della mano del braccio il cui gomito era stato collocato sul tavolo con estrema sponteaneità – "Sputa tutto, non ho tempo per stare ai tuoi giochi"
"E sia, allora"
Johalva cacciò un foglio rigido dalla sua tenuta, lo scorse sul tavolo – lentamente, come una convenzione filmatografica tanto nota ad Holsety, già annoiato dagli intricati capipagina.
"Un rapporto dalla polizia globale" – disse egli e Johalva ritornò a guardarlo – "Che centra con me?"
"Questo centra" – spiegò Johalva – "nell'ultimo rapporto scritto dall'Ufficiale Groell per l'ufficio a Parigi, Francia. Era in Italia ad investigare e pensavo che saresti stato interessato"
"Sbagli" – reiterò Holsety, incrociando lo sguardo di Johalva, da cui fu visto pazientemnete, come se egli attendesse qualcosa da parte sua, qualcosa, e, con un sospiro rassegnato, guardò la carta nuovamente.
"Investigava – mormorò, leggendo tutto il rapporto, rivelatosi breve, conciso ma incompleto, tipico di Galzus – "Forse sta imparando" – pensò pensieroso, mentre leggeva tra le linee di testo ancora una volta – "Nasconde le proprie scoperte ai superiori".
Galzus non avrebbe potuto mentire efficientemente, il rapporto era troppo ovvio, troppo sospetto, e lo avrebbe solamente inguaiato.
"Dannato moccioso, e l'ho anche avvertito"
Fu allora che gli occhi di Holsety cascarono al di sopra della data del rapporto, e la sua espressione s'incupì.
"Questo è il suo ultimo rapporto, giusto?"
Johalva continuò a gustare il proprio vino elegantemente – "Vecchio di all'incirca cinque giorni or sono"
"Hai capito"
Holsety ammiccò Johalva, ma nemmeno ciò fu in grado di compromettere l'umore del fraffinato, quindi pose la sua attenzione sul rapporto una volta ancora. Sebbene sapesse che la Polizia Globale operasse differentemente dai Paladini Giustizieri di cui lui, un tempo, era membro, egli sapeva che come capo dell'istituzione, Galzus avrebbe dovuto rapportare riguardo la propria locazione ad intervalli più costanti, in particolare durante un investigazione.
"Galzus è scomparso. Hai richiesta la mia presenza per dirmi questo?" - sbuffò Holsety gratuitamente, spallando la propria sedia – "Il ragazzo si sa gestire da solo, Johalva, e, tra l'altro, tutto quello in cui lui si trova non ha nulla a che vedere con me"
"Ovvio che non può" – rispose sagace Johalva – "Volevo solo informare, tutto qua. Soprattutto da quando "il ragazzo" potrebbe essere su qualcosa di scottante, qualcosa che è stata causa della sua scomparsa"
"Ti sbagli" – sbattete i piedi a terra pesantemente come segno di frustrazione – "Ho affari più importanti a cui tenere conto, invece che seguire il tizio per tutta l'Europa – lo avevo avvertito, non se ne importò, non mi diede ascolto, ed ora è un suo problema"
"Anche se il Gruppo gli è addosso?"
Pausò, Holsety, i sopraccigli contorti dalla notizia – "Per qualcuno che non vuole farsi coinvolgere" – accusò aspramente - "butti il naso ovunque sia possibile ed anche dove non ti è di competenza, Araldo Nottivago" – era evidentemente stanco della presunzione, ostentata con il proprio charm, di Johalva.
"Allora, questo non ti sarà d'alcun aiuto"
Sebbene la filosofia di Holsety implicasse ch'egli, una volta voltatosi e pronto ad andarsene, dovesse far di tutto men che girarsi, la sua curiosità fu tale che, per quella volta, eccedette, e vide, dopo essersi effettivamente voltatosi, stupendo di poco Johalva, ch'egli teneva in mano una busta di carta, smossa con invito.
"Di che si tratta" – chiese Holsety, spazientito.
"La linea di partenza" – rispose neutrala il galante, senza guardare il mercenario – "Il resto sta a te"
Holsety grugnì come suo solito e afferrò fulmineo la busta, ponendosela in tasca – "Vecchiaccio rimambito" – mormorò mentre si voltò una volta ancora, dirigendosi verso la porta, e sentì Johalva ridacchiare alle sue spalle, ma questa volta, come suo solito, ignorò tutto quello che veniva detto dietro di lui.
*

La prima sensazione ch'ebbe raggiunto Galzus Gromell oltre i sensi dell'inconscio fu quella di un corpo vicino alla propria guancia, dal tocco soffice, incidentale. Erano, con certezza, palmi di qualcuno dalle unghie lunghe. A seguire, dolori nauseanti che prima non ebbe notato, sparsi attraverso il corpo tutto, tanto forti da scaldare con furore tutti i suoi arti. Sospirò silente. D'ovunque fossero quelle mani soffici, era grato, e s'addormentò ancora.

Era impossibile valutare il tempo passato, ma, quando nuovamente sveglio, Galzus era assai più ricettivo, e sentì sul proprio corpo coperte e un cuscino cullato dalla propria testa. Completamente cosciente, si accorse che il suo corpo tutto era sofferente, e le sue mani e la schiena in particolare, erano scosse dal dolore.
Gli si attorcigliava il ventre, al di sotto di quelle coperte e al di sopra di quel materasso che tanto gli ricordavano la primavera. Non era un ospedale, quello. Sentiva come dei rombi di motore, il motore di un aeroplano. Curioso, aprì gli occhi e quel che vide per primo fu una stanza piccola, ottenebrata, che gli confermò che i suoi occhi non erano stati usati a lungo. Gradualmente, si adeguarono alla luce fresca scaturita da una finestra aperta ed uno sguardo più attento svelò la finestra essere una delle tante aperture allineate al muro. La sua visione migliorava costantemente e notò un altro letto vuoto avanti a quello su cui era lui sistemato, un tavolo con una ciotola e delle bende, la sua unifrme insanguinata poggiata all'angolo... ed un paio di gambe avvolte in nero dietro di lui, accavallate l'una sull'altra. Sbuffando, Galzus cercò di divincolarsi per poter comprendere a chi appartenessero.

Un uomo – un momento di accigliamento passò prima ch'egli potesse constatare che i capelli, il vestiario e le labbra fossero della stessa colorazione. Le gambe accavallate, le mani poggiate gentilmente al di sopra di esse, la testa spinta leggermente in avanti.
Galzus cerco di scendere la materasso per poter vedere il volto dell'individuo, ma quando le sue spalle rotearono completamente, un dolore atroce si spanse per tutta la schiena, e sospirò sofficiemente, cascando dolorante una volta ancora.

L'uomo si mosse. Sebbene la logica istruisse che quello straniero l'avesse aiutato e non fosse, di conseguenza, una minaccia, Galzus non potette far a meno di trattenere il respiro. L'uomo alzò la propria mano, smuovendo i capelli dal volto e lasciandoli cascare sin oltre il collo.
Al solo guardarlo in volto, Galzus si fermò: non osò muoversi, come se fosse ancora addormentato, e se fosse rimasto immobile avrebbe potuto dare l'impressione di essere ancora manchevole fin il momento opportuno in cui avrebbe potuto meglio controllarsi.

Elthosan stava ovviamente svegliandolo, anche se cercava di dare l'impressione opposta: stirò le spalle pigramente e emanò un pigro sbadiglio. Pettinava i propri capelli colle sue dita, molto naturalmente, molto umano, e Galzus non poteva non guardare rimestato.
Qualcuno come Elthosan non è tipo da strusciarsi gli occhi per combattere il sonno. Le iridi rossicce di Elthosan parvero molto meno minacciose e Galzus incrociò lo sguardo con lui.
"Oh – espresse Elthosan neutrale, sistemandosi meglio sulla sedia – "Siamo svegli, a quanto sembra"
"Elthosan…?" - completamente fuorviato, Galzus cercò di esprimersi – "Che..." - e allora Elthosan si alzò e Galzus cercò di alzarsi fallacemente.
"Sta giù" – gli mormorò Elthosab – "Le bruciature sulla schiena stanno ancora guarendo" – Galzus sentì qualcosa di umido scorrergli lungo il collo, un panno che non aveva notato in precedenza, che gli ricordò le dita soffici del sogno. Appena Elthosan ebbe spostatosi, fu da lui guardato inquisitivamente.
"Sei sull'aeronave della Ciurma Cuan" – cominciò a spiegargli Elthosan mentre si avvicinava alla ciotola che Galzus ebbe notato prima "Sei stato fortunato che il loro sia stato un passaggio prossimo all'area in cui sei cascato moribondo"
"Ciurma... Cuan? Sono pirati?" - Galzus echeggiò blandamente, rilassato un poco nel materasso, solo perché la tensione nelle sue spalle gli duoleva la schiena – "Perché mai dei pirati vorrebbero salvare un ufficiale di polizia?"
Elthosan inzuppò un panno dentro la ciotola e alcuni cubetti di ghiaccio sbatterono tra loro mentre egli provvedeva a strizzare il panno per rimuovere l'acqua in eccesso – "Chiedi loro le motivazioni" – rispose, porgendo il panno dietro il collo di Galzus.

Il freddo circolò immediatamente lungo tutta la sua spina dorsale e si scosse un poco. Era piacevole, però, e sospirò, per poi chiudere gli occhi un istante.
Quando li riaprì, Elthosan stava allontanadosi da lui. Il movimento dei suoi capelli gli ricordava qualcosa che aveva visto in lontananza, durante il combattimento al di sotto dell'incessante acquavento turbolento – "Stai accudendomi tu?"
Eltoshan si fermò di alcuni passi poco prima della porta – "Eri febbricitante, la scorsa notte" – rispose alquanto esitante, come se fosse stato scovato ad arrecare danno – "Qualcuno doveva pur occuparsi di te, e siccome le fanciulle sono a nanna..."
"Le fanciulle?" - accipigliò Galzus, e prima che Elthosan potesse rispondere, la porta della cabina si aprì lentamente, ed il volto di una donna sbirciò. Galzus non potette mai pensare che la situazione sarebbe potuta complicarsi ulteriormente, ma quando riconobbe il volto della donna ne fu certissimo; Brunya, vestita come i membri della ciurma e accompagnata da qualcun'altra. Ella entrò dentro umile con un sorriso cordiale, le compagne dietro, incuriosite e intimidite dall'uomo nerboruto degente – "Oh, Signor Gromell, siete sveglio" – si voltò verso un'altra fanciulla - "Lackhe, potresti far venire qua Lute e Noish? Volevano incontrarlo non appena si sarebbe svegliato"
La fanciulla annuì – "Sicuro, Brunya, dammi solo il tempo necessario" – è zampillò un sorriso a Galzus – "E' un piacere vederla conscio, signor Galzus" – espresse lei poco prima di uscire dalla porta da cui era giunta.

Brunya transì nella stanza con tutto ciò che pensava sarebbe stato necessario – "Ho con me acqua fresca" – specificò, mentre sistemava il tutto sul tavolino – "E anche un pigiama in lino, giusto in caso. E' cosa buona – ora che siete sveglio, possiamo cambiarvi adeguatamente. Non penso che stia comodo"
Galzus fece per parlare, ma voleva porre domande, tante domande, e non riusciva in nessuna maniera a trovarne una che potesse sboccare.
Stette silente mentre Brunya dava da farsi e, gradualmente, riuscì ad intrecciare tutto l'ordito che s'era sciolto, riuscì a pensare in quale stato disastroso stette quando l'ebbero troato. La sua memoria era nebbiosa, ma ricordava bene la pioggia sbattegli sulla schiena, la Sigillatrice stretta in mano, e l'esplosioni abbacinanti continue.
Quando però cerco di ricordare ulteriormente, solo l'algido vento pungente riusciva a percepire, e, scavando oltre nella sua mente, la finestra rossiccia di Elthosan, l'Entità che stava attendente accanto la porta, braccia conserte, vicino Brunya, tutta seria.
Lo osservò ancora e penso a quanto gli sarebbe stato impossibile, se non l'avesse visto di persona, spiegare a qualcuno di come Elthosan vivesse la tranquillità. L'espressione d'Elthosan, a vedere Brunya colmare maternalmente la ciotola coll'acqua, era delle più empatiche.
Non realizzò di avere rivolta la parola di Brunya se non quando Elthosan glielo fece intendere con una torsione lieve del collo e uno sguardo leggermente reprobo.
"Scusi? Come sta?" - ripetette Brunya, avvicinandosi ulteriormente alla sedia che Elthosan ebbe abbandonato prima.
Toccò lui la fronte, e quella volta non ci furono alcune ripercussioni – "Bene, bene, la febbre, per lo meno, non è tornata"
"Aveva la febbre, l'altra notte, e tanta" – interruppe Elthosan
"Davvero era tanta?" - si voltò verso di lui Brunya preoccupata – "Avresti dovuto svegliarmi se fosse peggiorata com'è effettivamente successo"
Lo sguardo di Elthosan sfuggì a quello di lei per concentrarsi sull'apertura che conduceva nel corridoio.
Brunya ammusolì, si voltò verso Galzus senza ammonire Elthosan ulteriormente e gli parlò – "Sta bene, ciò è quello che conta" – disse lui leggermente imbarazzata – "Eravamo tutti preoccupati"
Galzus, finalmente, riuscì a parlare – "Brunya... mi hai accudito tutto il tempo tu?" - chiese silente, e cascò il suo sguardo – "Non capisco proprio il perché?"
"Lute e Noish saranno qui fra qualche istante" – assicurò Brunya, interpretando male le sue parole – "Spiegheranno tutto loro. Ora, come si sente?"
"Io..." - espresse affaticato Galzus, ma non servò a nulla continuare – "Sto meglio"

La porta si aprì e i volti familiari dei due membri più prestigiosi della Ciurma Cuan, Lute e Noish, entrarono, seguiti da un altro membro della ciurma – questa di età maggiore delle altre, dalla pelle leggermente abbronzata e i capelli color topino.
Brunya indietreggiò verso Elthosan mentre il triò avanzò nella stanza.
"La Bella Addormentata s'è destata dal sonno" – ironizzò Noish, scuotendo i propri occhiali da sole mentre si appoggiò comodamente alla parete murale – "Sei fortunato, ragazzino"
Galzus cercò di rispondere ma, dal momento in cui la fanciulla dalla capigliatura topina gli fu dietro, a controllargli la fronte e il polso, ella, con una calma, seriosa etichetta, liberò le sue mani per esaminare le bende lì intorno attorcigliate, così come quelle che incrociavano le sue spalle e la schiena. Non era incoraggiato dall'età alquanto giovane della dottoressa.
"Qualcuno può spiegarmi che succede?" - chiese, finalmente, leggermente frustrato.
"Ti hanno sconfitto" – espose Lute in maniera troppo esuberante per i gusti di Galzus – "Stavamo dirigendoci verso sud quando Elthosan ci ha avvertiti" – mostrò lui il suo pollice in segno di ottimismo ed egli reagì con una doglienza sonora e una distorsione dello sguardo – "Quindi ti abbiamo caricato a bordo – quattro giorni di degenza"
"Quattro giorni?" - ripetette Galzus allarmato, cercandosi di spostare da un lato, costretto, poi, a subire i dolori della schiena malmessa. Lute è stata fin troppo seria, nonostante l'ottimismo. La "dottoressa" provvide a sistemarlo porno nuovamente, e lui potette soltanto lasciarsi smuovere come un giocattolo.
"Ancora non capisco. Tutti quanti voi..." - scosse il capo – "Sono grato. Sappiate, però, che la vostra gentilezza non vi permetterà di scappare alla legge"
Lute e Noish si scambiarono gli sguardi e risero in faccia all'interlocutore. Le altre due sospirarono e sorrisero imbarazzate; Galzus guardava tutti loro imbacuccato, incerto ch'egli avesse detto qualcosa di tanto allegro. Nella confusione il suo sguardo si diresse verso Elthosan, l'unico che parve inaffettato dal giubilio. Gli occhi dell'Entità incrociarono i suoi per un breve istante, e subito tornarono a guardare il vuoto, ma il corpo dell'Entità s'irrigidì, per poi, repentinamente, muoversi verso la porta, ignorando le gioie degli altri.

Galzus lo guardò, qualcosa in lui riconduceva a quella notte fatidica, l'acquavento, il rombo di tuoni. Gli occhi di lui socchiusi al pensiero del tocco soffice delle morbide e caritatevoli mani di Elthosan.
"Tu...." - mormorò, e nella stanza tutto silenzio, così come Elthosan ebbe fermatosi – "Sotto la pioggia"
Elthosan voltò il capo per osservare pressappoco Galzus oltre le proprie spalle – "E' stato tutto coincidentale" – espose lui neutralissimo, il suo tono evidenziava ne approvazione ne reprobazione – "Semplicemente, avendo visto l'esplosione, ho investigato"
"Allora..." - nonostante le sue fatiche, Galzus poteva solo mateggiare rimestato numerose immagini accapacciate, tra le quali spiccavano gli occhi cremisi nel buio. Si bagnò le labbra di repente fattesi secche – "Mi hai salvato"
Elthosan stette silente per un momento e tutti alzarono gli occhi su di lui. Spallò, come tentando di sbarazzarsi di loro.
"Ringrazia Brunya" – rispose secco - "Ho agito per lei"
Prima che Galzus potesse rispondergli egli se ne andò definitivamente,chiudendosi dietro la porta.
Galzus cascò collo sguardo. La sua mente turbinava, cercava di rammentare, o almeno cercava di razionalizzare tutto quello che aveva acquisito di recente. Fu allora che Bruny gli tornò a fianco per accudirlo. Parve nervosa, insicura di ciò che avrebbe voluto proferire – "Ha chiesto a Noish di tenerti con noi come un favore personale" – spiegò quieta – "Perché... mi hai risparmiata, tanto tempo fa.
Ha voluto pagarti tributo"
"Eppure..." - in qualche maniera, quella spiegazione inacidì le viscere di Galzus in maniera esorbitante.
Nessun debito quando si tratta di risparmiare la vita di un'innocente.
Se Brunya fosse stata un pericolo per se stessa e per il mondo che le era intorno lui l'avrebbe ammazzata, è vero, perché non riusciva a controllare quel che risiedeva in lei, anche se non aveva commesso crimini per i quali non avrebbe sicuramente meritato alcuna punizione.
Eppure, l'Entità poteva controllarsi, ma aveva bisogno di sostegno da parte di chi le era stata vicino a lungo: Elthosan stesso.
Semplice come un nulla; la decisione di Galzus fu logica e ragionevole, e non pretendeva favori. Trovava tutto quell'intreccio assai dilaniante, senza capire un perché effettivo.
"Pensieroso ogni istante della tua vita?" - si intromise rocambolesco Noish, interropendo i suoi rimugianmenti – "Ti ha salvato la vita, bel tipo, sii grato e non pensarci più, ai brutti momenti" – alzò un sopracciglio – "O ti angustia essere stato salvato da un'Entità?"
"Affatto" – rispose svelto Galzus, sebbene le parole di Noish a poco servirono per calmare la sua mente irrequieta – "Semplicemente..." - non sapeva come giustificarsi, e volle vedere Brunya una volta ancora - "..grazie" – disse sincero – "Sono grato per la compassione di tutti voi"
Brunya arrossì per l'imbarazzo e Galzus le sorrise. Innocente ed umana – era certo di averla analizzata con sufficiente attenzione per poterla in tale maniera considerare.
Lute ridacchiò e schiaffeggiò leggermente la spalla destra di Brunya – "Ha atteso una settimana intera di sentirsi dire "grazie", sai – sbeffeggiò lei Galzus con un ghignò – "E non pensare a noi – Brunya ci ha chiesto di aiutarti, quindi non prenderci alla leggera" – osservò Noish – "Giusto?"
Il capitano della Ciurma Cuan annuì – "A dir poco. Sarà il benvenuto finché sarà guarito del tutto" – quando si rivolse a Galzus, s'adombrò tutto quanto – "Sei pur sempre un ufficiale di polizia tra pirati, e se cerchi di arrecare danno a quest'aeronave dall'interno, stai certo che in coma ci torni"
"Non intendo approfittare della vostra generosità"
"Eccellente. Allora, è deciso" – si alzò Noish, sistemando meglio le proprie lenti oscure - "Lackhe è andata nella cambusa a prepararti un buon pasto rifocillatore. Ti farà da cuoca fino a guarigione completa. Ora ti lasceremo riposare in pace" – guardò Lute, ella annuì e gli si avvicinò accanto – "Ayra vorrebbe cambiarti le bende e darti una pulita. Quando tutto sarà sistemato, sarebbe cortese, da parte tua, informarci su ciò che t'è successo."
Sebbene Galzus fosse poco propenso a raccontare i fatti suoi, gioì al pensiero di un pasto caldo, e l'idea di non aver mangiato niente per giorni gli contorse lo stomaco – "Grazie"
Noish gli offrì una risieta, per poi dirigersi alla porta con Lute giusto dietro di lui.
"Stai bene, castagnetta!" - augurò la fanciulla al degente.

Brunya soltanto rimase accanto Galzus, e si offrì di aiutare Ayra a cambiarglile bende e a rivestire il degente. Mentre si davano da fare, Galzus cercò di piazzarsi meglio sul letto. Gli fu molto più agevole rilassarsi al pensiero di sapere dove e con chi fosse. Per il momento, l'investigazione e gli eventi a venire avrebbero atteso.
Elthosan tenne bassa la testa mentre passeggiava nell'aeronave.
Quei quattro giorni precedenti nella stessa aeronave furono inusuali.
Non c'era stanza nel vascello dalla quale non fosse possibile udire le piratesse ridere e i loro passi erano costanti lungo i corridoi.
Distraeva, ed Elthosan vedevasi udirle, cercando di determinare una sorta di ciclicità nei loro movimenti. Sin allora, a niente era servito.
Vedeva raramente Brunya durante il loro soggiorno sull'aeronave, siccome ella era intenta ad accudire Galzus malconcio.
Quando riusciva ad incontrarla, rimaneva impressionato e stupito dalla goliardia con cui il suo volto si presentava all'esterno, esattamente come quello delle altre piratesse. Era abituato a vederla quieta e a suo agio e la sua blanda felicità esplosiva era qualcosa di nuovo per lui.
Incoraggiava e faceva meditare.

Durante il giorno, i dolori alle sue costole diminuivano poco a poco ogni qualvolta che vedeva lei, ma tornavano con maggior vigore quando ella mancava.
Dovette ammettere, comunque, che il suo stile di vita era migliorato molto da quando gli fu permesso di stare tra le piratesse. Gli era stata permessa una camera personale da condividere con un altro uomo – Lute, però si era intromessa per garantire a Noish il monopolio sulla propria camera. Sebbene le sue vesti fossero state pesantemente danneggiate durante la battaglia, gli era stato garantito addirittura un vestiario a lui adatto: quello di Noish. Il soffice cuoio nero lo sentiva troppo stretto alle cosce e le erano maglie troppo larghe.
Per lo meno aveva qualcosa di pulito da indossare ed un letto a cui tornare la notte. Cominciava anche ad apprezzare la calma e la stabilità, oltre che la camera quasi personale e i tre pasti al giorno.
Alcune delle fanciulle avevano timore di avvicinarglisi da sole per accudirlo, ma quelle che invece non temevano nulla, quando provvedevano ad aiutarlo, vivevano quei momenti tra la curiosità più estrema e il terrore, e lui, tranquillissimo, gongolava al pensiero di farsi sistemare i capelli di mattina prima di colazione da una fanciulla leggermente tremante.

Elthosan bussò alla porta prima di entrare, una cortesia mite al proprio compagno di stanza, anche se lui non emulava il gesto cordiale.
Il suo occhio cascò su Azel, l'elemento ambiguo della ciurma, e il suo ricamato. La sua presenza, nella stanza di due uomini maturi, fu sorprendente.
Sebbene avesse rifiutato l'idea che sarebbe stato necessario addizionare qualche veste al proprio guardaroba, ammise a se stesso che il ricamato del fanciullo era di qualità.
La tastò per comprovarne l'effettivà qualità.
"Dovrò indossarlo, questo abito, per constatare se è adeguato" – disse dopo una breve pausa, celando il proprio piacimento per il lavoro ben riuscito.
Azel lo scrutò attento e le sue guance arrossirono, come se avesse ricevuto un complimento vero e proprio.
"Bene! Fa pure! Io, frattanto, do un'occhiata a Galzus!"
Gettò la veste ad Elthosan, il fanciullo, e poi aiutò due piratesse, sue colleghe di ricamo, a scendere dai piedistalli ch'erano stati collocati ai lati del manichino sul quale avevano appoggiato la veste per meglio lavorarci sopra. Una volta coi piedi al suolo, entrambe agguantarono avide le braccia di Azel, lasciandosi possedere. Elthosan sviò lo sguardo, accipigliando lo sguardò leggermente; non avrebbe mai capito come Azel, l'ambiguità incarnata nel corpo di un fanciullo, potesse aver acquistato così tanta popolarità tra le ragazze.
"Non rimanere troppo a lungo" – avvisò al ragazzino – "Che deve riposare"
"Sicuro – voglio solo salutarlo" rispose il putto con un sorriso abbagliante – "E non ti dimenticare di provarla, la veste!"
Elthosan mugugnò tra se e si diresse nello spogliatoio, lasciando il ragazzino con Galzus.

Sospirò e mantenne la veste innanzi i suoi occhi.
Azel aveva ricucito perfettamente il tutto.
Non aveva ancora avuto intenzione di provarla, siccome il giorno non gli sembrava opportuno, e preferì buttarsi al di sopra del letto.
Come Entità, gli sarebbe servita più di una notte insonne per esaurirlo – ma era comunque appesantito dalla sua confusione. Quattro giorni non erano molti, eppure ancora non era pronto per la ripresa completa di Galzus. Sapeva come razionalizzare le proprie azioni, quando si trattava di salvare la vita di qualcuno; semplice come se fosse stato per il bene personale di Brunya, e non solo per la sua vita terrena, ma anche per la compassione ch'ella ebbe provato per le persone normali.
Pensava ch'ella fosse orgogliosa di lui per aver cambiato disposizione verso gli uomini, siccome lo accoglieva con molta più verve che in passato, e quella sua verve acquisita, probabilmente, davvero valeva i numerosi sforzi passati.

Ciò che trovò più arduo spiegare fu la sensazione che pervase le sue costole quando gli occhi di Galzus si aprirono ed incrociarono i suoi.
Gradì, non solo perché ciò stava ad indicare che colui era ancora tra i vivi, ma anche perché gli ricordava, in qualche contorta maniera, tutti i guai ch'ebbero passati ognuno di loro, superati solo da una coriacea volontà.

Quella sensazione precedeva di molto quel giorno, era cominciata, in realtà, dal momento in cui egli ebbe salvato Galzus Gromell, verso il quale avrebbe dovuto provare men che niente. Per quanto sgradisse pensarci, gli era impossibile ignorare il momento in cui l'ebbe visto piccolo e fragile al di sotto della pioggia. Quel che gli era rimasto della compassione, forse, lo faceva agira in quella maniera?
Comunque fosse, si sentiva in ribrezzo e felicità allo stesso tempo.
Era nel giusto, perché aveva fatto del bene, come aveva dettogli Brunya, e bastava, per quei momenti, crederci.
*

Azel era assai gaudente nel proprio spirito e gongolava al pensiero di poter parlare a Galzus. La sua poca partecipazione nella cura dell'uomo niente affatto intaccò il suo intusiasmo. Galzus stava meglio, la tenuta di Elthosan era terminata e, per quanto potesse concernergli, niente al mondo potrebbe esser stato meglio di quell'istante goliardico.
La vita piratesca era fenomenale, non avrebbe mai pensato che ci fosse tanta iniziativa – non era mai stato membro di qualche gruppo, ed era entusiasta al pensiero di come fosse semplice far sbocciare nuove amicizie con tutte le piratesse.
La sua nuova divisa, inoltre, lo soddisfaceva completamente: canotta da marinaio bianca con striature decorative avie, pantaloncini combacianti, sandali allacciate alle caviglie, cappellino da pirata rodato, troppo grande per lui e in costante sobbalzamento.
La sua tenuta precedente gli era nostalgica, ma non poteva negare che quella indossata era assai più maschia.
Quasi ebbe raggiunto la camera quando ebbe incrociato Noish e Eiyvel, fermi nella sala. Egli palpebbrò incuriosito e si avvicinò loro.
Noish leggeva un foglio di carta – il volto in ghigno.
"Di che si tratta?" - chiese Azel in punta di piedi.
"Un dispaccio ufficiale diramato dalla Polizia Globale" – rispose lui, per poi ringraziare Eiyvel, pronta a continuare le proprie faccende, e sistemò il foglio nella tasca del suo cappotto – "Pessime notizie"
"Oh? Riguardano il Signor Gromell?" - laconeggiò Azel – "Che brutto, proprio ora che si sta riprendendo"
"Gli concederemo tempo ulteriore prima di svelargliela" – decise Noish, offrendo ad Azel un sorriso fievole – "Un favore: cerca Elthosan e fagli sapere, ne ha il diritto"
Azel salutò – "Agli ordini, conti su di me" – dichiarò – "Frattanto, vado ad accertarmi delle condizioni del Signor Gromell"
"E sia" – Noish si avviò verso l'altra parte, sistemandosi il copricapo – "Non preoccuparlo anticipatamente – sta ancora recuperando le energie"
"Sicuro" – e detto ciò, Azel continuò a percorrere la sala.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: furetchen90