Culmine
Prologo
La
pioggia discendeva dal cielo copiosa, torrenziale, invisibile per via
della notte fonda e cupa. Di tanto in tanto i lampi spaccavano l'aria
e modellavano forme visibili soltanto grazie ai riflessi abbacinanti
sull'acqua cristallina. Per quei brevi istanti, la pianura era
totalmente illuminata, ed inesplicabilmente aggraziata. Bagnate di
iridescenza, le rocc frantumante e la legna frammentata parvero vive
come non mai da tanti anni or sono.
Elthosan non era abituato ad
una simile pioggia: proveniva tutto, lentamente, da nord, e le nuvole
si spostavano languidamente tra gli orizzonti, giorno per giorno,
sfogando l'acquavento o glacido o candente.
Lì, da qualche
parte in Italia, assunse che la tempesta sarebbe presto giunta,
leggermente accaldata. In pochi momenti, la gentile costa sarebbe
stata lambiccata dal vento ch'avrebbe dissestato le pietre antiche e
agitato le onde marittime oltre le strutture che un tempo l'ebbero
domate.
Con la tempesta al suo culmine, Elthosan si trovò
a suo agio, seduto al di sotto del marmo di una statua antica. Egli
non ebbe modo di identificare la figura proteggente, data la fretta
con cui ebbe voluto ripararsi dalla pioggia, ma a stento, comunque,
era protetto dall'acquavento. I suoi capelli erano inzuppati,
appiccicati al collo e le labbra, colle quali poteva gustarseli.
Peggio ancora era il cuoio stretto alle sue cosce, reso freddo e
disturbante. Di tanto in tanto il vento si rendeva tanto infido da
gettargli contro le goccioline d'acqua cascanti dai nugoli
direttamente in volto ed egli avrebbe ritornato il capo per farle
scorrere attraverso i capelli sin il collo.
Due settimane era
passate sol tanto, eppure Elthosan ancora sentiva il brontolio
costante nel suo ventre. Quando la risposta gli giunse, gli parve una
semplice soluzione: voleva vederla, Brunya, solo per sapere se fosse
illesa, se fosse trattata con riguardo. L'avrebbe potuta trovare con
relativa semplicità, eppure, esitava, perché, ormai,
ella era libera di vivere la vita come più desiderava.
Al
tempo gli parve una decisione pressocché naturale, e non se ne
dispiaceva affatto, ma gli dispiacevano quei momenti in cui si
sentiva obbrobrioso, foresto, le sue costole si contorcevano per la
perdita preziosa. Il suo era un bisogno tangibile quanto
pressante.
Elthosan alzò lievemente il capo al suono di un
tuono ulteriore, lasciandosi schiaffeggiare dalla pioggia sulle
guance, e a poco serviva, perché non si sentiva meno asciutto
in tale maniera.
Decise di cercare un posto di sosta differente
quando un fragore ulteriore echeggiò, questo più vicino
degli altri, accompagnato da un abbagliante finestrata rancia.
Sospirò, lui, alla vista della città portuale un
tempo prospera e non potette evitare di immaginare come essa fosse
stata in un tempo remoto, quando stava morendo, rutilante come un
prezioso posto alla notte.
Un momento più tardi
l'Entità tornò sensitiva: la luce venne a mancare e lo
lasciò senza alcuna panoramica una volta ancora, ma ciò
non bastò a non fargli notare coll'olfatto l'odore acre
nell'aria.
I sensi suoi tutti erano più sviluppati di
qualunque essere umano che egli potesse incontrare sulla faccia della
terra: egli era un prodotto artificiale, così come tutti
quanti i suoi fratelli, concepiti per poter portare gloria agli
uomini, ma sfruttati in maniera tale da arrecare al mondo tutto
soltanto distruzione e alle genti sofferenze continue, di cui lui,
una volta resosi conto di ciò ch'era diventato, cercava
assolutamente di redirmersi, per quanto ciò andasse contro la
sua natura d'entità.
Un'esplosione era avvenuta, da qualche
parte, nelle vicinanze.
Si sorprese di non essere stato capace di
percepire il furore della battaglia in precedenza, ma Elthosan si
alzò lo stesso sui suoi piedi, siccome non era affatto
interessato a combattere al di sotto della pioggia o ad assistere al
combattimento lì seduto.
Ad essere d'interesse, per lui,
al massimo, sarebbe stato lo scovare le due fazioni combattenti.
Elthosan fu inzuppato d'acqua una volta ancora, quando abbandonò
il suo rifugio marmoreo, e i primi passi lo condussero in una
pozzanghera gelida che bagnava spiacente le sue caviglie nude.
Per
via di quello smacco, quasi avrebbe perduto qualunque interesse, se
non fosse stato per il continuo frenetico clangore di
lame.
Accipigliando per il fastidio subito, arrancò oltre
la coltre formatasi intorno il suo piedistallo inintenzionale verso
il luogo della battaglia.
Non gli servì molto tempo;
Elthosan ebbe camminto per meno di un minuto e il suono di pesanti
passi s'avvicinavano a lui.
Egli a stento riusciva a vedere
qualcosa, e di conseguenza fu assai cauto, in quelle strade
abbandonate. Quando le figure sberzarono esse stavano correndo
fulminee come spettri che oltrepassano le cortine per spaventare gli
occupanti della casa, gettando su di lui ancor più luridofango
sulla sua pelle scoperta. C'erano più guerrieri di quanto egli
avesse anticipato: mentre combattevano, riusciva soltanto, lui, a
percepire le scintille delle lame, l'odore di elettricità e
ferro bagnato e sangue. Qualcosa a lui familiare, ma solo quando
costoro smisero per un instante di combattere, egli riuscì
meglio a concentrare la propria vista sulla figura che più gli
era familiare, quella figura con indosso quella divisa unica, tanto
inusuale.
Osservò confuso, lui.
"Galzus?"
Una
delle figure, ronzante, si voltò verso di lui, e Elthosan vide
soltanto una sorta di spretro luminoso all'altezza della testa
dell'essere, ma fu molto breve quell'attimo, siccome una sferzata
staccò di netto la testa dal corpo di quel guerriero
apparentemente inumano.
Elthosan si irrigidì quando a
cascare con un tonfo sul pavimento non fu una testa umana, ma una
testa metallica sibilante!
Androidi – dozzine di androidi,
tutti moventi assieme come uno sciame. C'era una voce umana fra loro,
e un momento solo bastò ad Elthosan per identificarla.
Incrociarono gli sguardi tra i numerosi lampi scaturiti dal cielo, e
negli occhi del guerriero, come disperazione illimitata. Egli alzò
al cielo la propria arma, la Sigillatrice, e la spada cominciò
a illuminarsi.
Elthosan sussultò, realizzando di essere
arrivato troppo tardi.
"Galzus..." - ma quando si
ricordò della pioggia che gli bagnava le anche, non ebbe
scelta che ritirarsi. I suoi arti erano ammosciati per il troppo
riposo, eppure un salto alto riuscì a compiere, con il quale
si allontanò dalla battaglia. Con il proprio piede, toccò
terra, e avvertì tutta l'elettricità venire trasportata
dalla pioggia avvolgerlò, e ulteriori esplosioni avvenivano e
tutto si confondeva con il canto artificiale degli androidi
annientati. La luce che fu scaturita dall'esplosione, inoltre, era
abbacinante. Gli androidi: sfortunati androidi, chi tranciato in due
continuava a maledire, chi completamente polverizzato, e le braccia
cicatrizzate di Elthosan dovettero rendersi parma per la propria
finestra.
Com'ebbe cominciata, la luce smise d'esistere e quel
poco che rimaneva degli androidi cascò a terra, destinati ad
arruginire per colpa dell'umidità costante della
zona.
Elthosan attese che fosse tutto sicuro prima di
reintraprendere il proprio passaggio, cautamente porgendo i piedi in
avanti, per raggiungere colui che a terra era tra una pozza di sangue
e non di olio.
Solo mera curiosità, probabilmente,
l'incentivo ch'ebbe permessogli di avvicinarsi all'individuo emanante
calore artificiale.
Porse le proprie mani sulla spina dorsale
dell'uomo, e avvertì niente, neanche un pulsore.
Ci fu come
un turbinare di elementi metallici dietro l'Entità, una delle
poche della sua specie ad aver sviluppato un intelligenza superiore
con cui poteva considerarsi, per quanto il termine fosse
inappropriato, data la sua natura, "umano, e si voltò per
scovare un ennesimo lampo cascare dal cielo sulla terra. Come per
maleficio, una siluetta umana apparve laddove il lampo ebbe cascato.
Non riuscì a distinguere il volto o l'aspetto dell'essere, ma
gli bastò quello scintillare negli occhi a fargli comprendere
la sua pericolosità.
Strinse i pugni e si preparò a
sfoggiare la propria arma, ma quella figura, prima che di tutto
potesse iniziare, era svanita nella pioggia.
Capitolo 1
Quando
raggiunse in luogo dell'incontro, sbuffò frustrato, siccome il
suo appoggio gli ebbe dato appuntamento in un luogo che avrebbe
sicuramente gradito se non ci fossero state tutte quelle leccornie
propinate a prezzi esorbitanti e tutti quei damerini viziati e
estrosi, capaci soltanto di ostentarsi ed esultarsi.
Quanti posti
come quello in cui si trovava in quel momento, e quanti ne avrebbe
incendiati o abbattuti, se solo gliene fosse tenuto, perchè
si, Holsety può, ma non vuole.
In ogni caso, decise di
rendere la permanenza in quel locale duratura.
Era irritante e
gratificante venire guardato per via della propria diversità
d'aspetto, se paragonato ai santi lì in mezzo, con quel
continuò taccheggiare di stivali zozzi e quella spada
allacciata al fianco. Alcuni, addirittura, osarono mormorare.
Osservò una donna servire al bancone, e si sorprese che
questa non fosse venuta meno per la mancanza di eleganza di lui.
Avrebbero avuto da discutere, successivamente, ad ogni modo –
la loro esperienza con qualcuno che avrebbe potuto arrecare loro una
morte istantanea è qualcosa da considerare grandemente. Rise
tra se e avanzò nella sala sin il bancone.
Qualunque umore
Holsety tenesse in corpo svanì non appena ebbe visto la
capigliatura di cui era alla ricerca e grugnì nuovamente –
"Solo in questa maniera avresti potuto organizzare qualcosa"
– mormorò all'oratore, mentre faceva per siedersi,
tentato a porre i propri stivali sul tavolo, ma non voleva ammazzare
di infarto la cameriera.
"Mi paghi da bere o cosa?"
Johalva
sottorise e riempì un bicchiede con del vino rosè per
il suo compare e ghignò spontaneo quando lo vide guardare lui
con disappunto.
"Niente classe, amico" –
rimproverò lui mentre spingeva il bicchiere verso Holsety,
ch'ebbe grugnito, mentre considerava ciò che gli veniva
proposto e quell'offesa alla sua persona.
"Come può un
individuo soprannaturale come te bere vino bianco?"
"Ho
gusti delicati" – rispose facilotto Johalva, dopo aver
giochicchiato con il bicchiere ch'ebbe poi portato alle labbra.
"Non
per questa ragione m'hai dato l'appuntamento qui" –
Holsety roteò in disperazione i propri occhi, porgendosi in
avanti per poter appoggiare la propria mascella sul palmo della mano
del braccio il cui gomito era stato collocato sul tavolo con estrema
sponteaneità – "Sputa tutto, non ho tempo per stare
ai tuoi giochi"
"E sia, allora"
Johalva cacciò
un foglio rigido dalla sua tenuta, lo scorse sul tavolo –
lentamente, come una convenzione filmatografica tanto nota ad
Holsety, già annoiato dagli intricati capipagina.
"Un
rapporto dalla polizia globale" – disse egli e Johalva
ritornò a guardarlo – "Che centra con me?"
"Questo
centra" – spiegò Johalva – "nell'ultimo
rapporto scritto dall'Ufficiale Groell per l'ufficio a Parigi,
Francia. Era in Italia ad investigare e pensavo che saresti stato
interessato"
"Sbagli" – reiterò
Holsety, incrociando lo sguardo di Johalva, da cui fu visto
pazientemnete, come se egli attendesse qualcosa da parte sua,
qualcosa, e, con un sospiro rassegnato, guardò la carta
nuovamente.
"Investigava – mormorò, leggendo
tutto il rapporto, rivelatosi breve, conciso ma incompleto, tipico di
Galzus – "Forse sta imparando" – pensò
pensieroso, mentre leggeva tra le linee di testo ancora una volta –
"Nasconde le proprie scoperte ai superiori".
Galzus non
avrebbe potuto mentire efficientemente, il rapporto era troppo ovvio,
troppo sospetto, e lo avrebbe solamente inguaiato.
"Dannato
moccioso, e l'ho anche avvertito"
Fu allora che gli occhi di
Holsety cascarono al di sopra della data del rapporto, e la sua
espressione s'incupì.
"Questo è il suo ultimo
rapporto, giusto?"
Johalva continuò a gustare il
proprio vino elegantemente – "Vecchio di all'incirca
cinque giorni or sono"
"Hai capito"
Holsety
ammiccò Johalva, ma nemmeno ciò fu in grado di
compromettere l'umore del fraffinato, quindi pose la sua attenzione
sul rapporto una volta ancora. Sebbene sapesse che la Polizia Globale
operasse differentemente dai Paladini Giustizieri di cui lui, un
tempo, era membro, egli sapeva che come capo dell'istituzione, Galzus
avrebbe dovuto rapportare riguardo la propria locazione ad intervalli
più costanti, in particolare durante un
investigazione.
"Galzus è scomparso. Hai richiesta la
mia presenza per dirmi questo?" - sbuffò Holsety
gratuitamente, spallando la propria sedia – "Il ragazzo si
sa gestire da solo, Johalva, e, tra l'altro, tutto quello in cui lui
si trova non ha nulla a che vedere con me"
"Ovvio che
non può" – rispose sagace Johalva – "Volevo
solo informare, tutto qua. Soprattutto da quando "il ragazzo"
potrebbe essere su qualcosa di scottante, qualcosa che è stata
causa della sua scomparsa"
"Ti sbagli" –
sbattete i piedi a terra pesantemente come segno di frustrazione –
"Ho affari più importanti a cui tenere conto, invece che
seguire il tizio per tutta l'Europa – lo avevo avvertito, non
se ne importò, non mi diede ascolto, ed ora è un suo
problema"
"Anche se il Gruppo gli è
addosso?"
Pausò, Holsety, i sopraccigli contorti dalla
notizia – "Per qualcuno che non vuole farsi coinvolgere"
– accusò aspramente - "butti il naso ovunque sia
possibile ed anche dove non ti è di competenza, Araldo
Nottivago" – era evidentemente stanco della presunzione,
ostentata con il proprio charm, di Johalva.
"Allora, questo
non ti sarà d'alcun aiuto"
Sebbene la filosofia di
Holsety implicasse ch'egli, una volta voltatosi e pronto ad
andarsene, dovesse far di tutto men che girarsi, la sua curiosità
fu tale che, per quella volta, eccedette, e vide, dopo essersi
effettivamente voltatosi, stupendo di poco Johalva, ch'egli teneva in
mano una busta di carta, smossa con invito.
"Di che si
tratta" – chiese Holsety, spazientito.
"La linea
di partenza" – rispose neutrala il galante, senza guardare
il mercenario – "Il resto sta a te"
Holsety grugnì
come suo solito e afferrò fulmineo la busta, ponendosela in
tasca – "Vecchiaccio rimambito" – mormorò
mentre si voltò una volta ancora, dirigendosi verso la porta,
e sentì Johalva ridacchiare alle sue spalle, ma questa volta,
come suo solito, ignorò tutto quello che veniva detto dietro
di lui.
*
La prima sensazione ch'ebbe raggiunto
Galzus Gromell oltre i sensi dell'inconscio fu quella di un corpo
vicino alla propria guancia, dal tocco soffice, incidentale. Erano,
con certezza, palmi di qualcuno dalle unghie lunghe. A seguire,
dolori nauseanti che prima non ebbe notato, sparsi attraverso il
corpo tutto, tanto forti da scaldare con furore tutti i suoi arti.
Sospirò silente. D'ovunque fossero quelle mani soffici, era
grato, e s'addormentò ancora.
Era impossibile valutare
il tempo passato, ma, quando nuovamente sveglio, Galzus era assai più
ricettivo, e sentì sul proprio corpo coperte e un cuscino
cullato dalla propria testa. Completamente cosciente, si accorse che
il suo corpo tutto era sofferente, e le sue mani e la schiena in
particolare, erano scosse dal dolore.
Gli si attorcigliava il
ventre, al di sotto di quelle coperte e al di sopra di quel materasso
che tanto gli ricordavano la primavera. Non era un ospedale, quello.
Sentiva come dei rombi di motore, il motore di un aeroplano. Curioso,
aprì gli occhi e quel che vide per primo fu una stanza
piccola, ottenebrata, che gli confermò che i suoi occhi non
erano stati usati a lungo. Gradualmente, si adeguarono alla luce
fresca scaturita da una finestra aperta ed uno sguardo più
attento svelò la finestra essere una delle tante aperture
allineate al muro. La sua visione migliorava costantemente e notò
un altro letto vuoto avanti a quello su cui era lui sistemato, un
tavolo con una ciotola e delle bende, la sua unifrme insanguinata
poggiata all'angolo... ed un paio di gambe avvolte in nero dietro di
lui, accavallate l'una sull'altra. Sbuffando, Galzus cercò di
divincolarsi per poter comprendere a chi appartenessero.
Un
uomo – un momento di accigliamento passò prima ch'egli
potesse constatare che i capelli, il vestiario e le labbra fossero
della stessa colorazione. Le gambe accavallate, le mani poggiate
gentilmente al di sopra di esse, la testa spinta leggermente in
avanti.
Galzus cerco di scendere la materasso per poter vedere il
volto dell'individuo, ma quando le sue spalle rotearono
completamente, un dolore atroce si spanse per tutta la schiena, e
sospirò sofficiemente, cascando dolorante una volta
ancora.
L'uomo si mosse. Sebbene la logica istruisse che
quello straniero l'avesse aiutato e non fosse, di conseguenza, una
minaccia, Galzus non potette far a meno di trattenere il respiro.
L'uomo alzò la propria mano, smuovendo i capelli dal volto e
lasciandoli cascare sin oltre il collo.
Al solo guardarlo in
volto, Galzus si fermò: non osò muoversi, come se fosse
ancora addormentato, e se fosse rimasto immobile avrebbe potuto dare
l'impressione di essere ancora manchevole fin il momento opportuno in
cui avrebbe potuto meglio controllarsi.
Elthosan stava
ovviamente svegliandolo, anche se cercava di dare l'impressione
opposta: stirò le spalle pigramente e emanò un pigro
sbadiglio. Pettinava i propri capelli colle sue dita, molto
naturalmente, molto umano, e Galzus non poteva non guardare
rimestato.
Qualcuno come Elthosan non è tipo da
strusciarsi gli occhi per combattere il sonno. Le iridi rossicce di
Elthosan parvero molto meno minacciose e Galzus incrociò lo
sguardo con lui.
"Oh – espresse Elthosan neutrale,
sistemandosi meglio sulla sedia – "Siamo svegli, a quanto
sembra"
"Elthosan…?" - completamente
fuorviato, Galzus cercò di esprimersi – "Che..."
- e allora Elthosan si alzò e Galzus cercò di alzarsi
fallacemente.
"Sta giù" – gli mormorò
Elthosab – "Le bruciature sulla schiena stanno ancora
guarendo" – Galzus sentì qualcosa di umido
scorrergli lungo il collo, un panno che non aveva notato in
precedenza, che gli ricordò le dita soffici del sogno. Appena
Elthosan ebbe spostatosi, fu da lui guardato inquisitivamente.
"Sei
sull'aeronave della Ciurma Cuan" – cominciò a
spiegargli Elthosan mentre si avvicinava alla ciotola che Galzus ebbe
notato prima "Sei stato fortunato che il loro sia stato un
passaggio prossimo all'area in cui sei cascato moribondo"
"Ciurma...
Cuan? Sono pirati?" - Galzus echeggiò blandamente,
rilassato un poco nel materasso, solo perché la tensione nelle
sue spalle gli duoleva la schiena – "Perché mai dei
pirati vorrebbero salvare un ufficiale di polizia?"
Elthosan
inzuppò un panno dentro la ciotola e alcuni cubetti di
ghiaccio sbatterono tra loro mentre egli provvedeva a strizzare il
panno per rimuovere l'acqua in eccesso – "Chiedi loro le
motivazioni" – rispose, porgendo il panno dietro il collo
di Galzus.
Il freddo circolò immediatamente lungo tutta
la sua spina dorsale e si scosse un poco. Era piacevole, però,
e sospirò, per poi chiudere gli occhi un istante.
Quando
li riaprì, Elthosan stava allontanadosi da lui. Il movimento
dei suoi capelli gli ricordava qualcosa che aveva visto in
lontananza, durante il combattimento al di sotto dell'incessante
acquavento turbolento – "Stai accudendomi tu?"
Eltoshan
si fermò di alcuni passi poco prima della porta – "Eri
febbricitante, la scorsa notte" – rispose alquanto
esitante, come se fosse stato scovato ad arrecare danno –
"Qualcuno doveva pur occuparsi di te, e siccome le fanciulle
sono a nanna..."
"Le fanciulle?" - accipigliò
Galzus, e prima che Elthosan potesse rispondere, la porta della
cabina si aprì lentamente, ed il volto di una donna sbirciò.
Galzus non potette mai pensare che la situazione sarebbe potuta
complicarsi ulteriormente, ma quando riconobbe il volto della donna
ne fu certissimo; Brunya, vestita come i membri della ciurma e
accompagnata da qualcun'altra. Ella entrò dentro umile con un
sorriso cordiale, le compagne dietro, incuriosite e intimidite
dall'uomo nerboruto degente – "Oh, Signor Gromell, siete
sveglio" – si voltò verso un'altra fanciulla -
"Lackhe, potresti far venire qua Lute e Noish? Volevano
incontrarlo non appena si sarebbe svegliato"
La fanciulla
annuì – "Sicuro, Brunya, dammi solo il tempo
necessario" – è zampillò un sorriso a Galzus
– "E' un piacere vederla conscio, signor Galzus" –
espresse lei poco prima di uscire dalla porta da cui era
giunta.
Brunya transì nella stanza con tutto ciò
che pensava sarebbe stato necessario – "Ho con me acqua
fresca" – specificò, mentre sistemava il tutto sul
tavolino – "E anche un pigiama in lino, giusto in caso. E'
cosa buona – ora che siete sveglio, possiamo cambiarvi
adeguatamente. Non penso che stia comodo"
Galzus fece per
parlare, ma voleva porre domande, tante domande, e non riusciva in
nessuna maniera a trovarne una che potesse sboccare.
Stette
silente mentre Brunya dava da farsi e, gradualmente, riuscì ad
intrecciare tutto l'ordito che s'era sciolto, riuscì a pensare
in quale stato disastroso stette quando l'ebbero troato. La sua
memoria era nebbiosa, ma ricordava bene la pioggia sbattegli sulla
schiena, la Sigillatrice stretta in mano, e l'esplosioni abbacinanti
continue.
Quando però cerco di ricordare ulteriormente,
solo l'algido vento pungente riusciva a percepire, e, scavando oltre
nella sua mente, la finestra rossiccia di Elthosan, l'Entità
che stava attendente accanto la porta, braccia conserte, vicino
Brunya, tutta seria.
Lo osservò ancora e penso a quanto
gli sarebbe stato impossibile, se non l'avesse visto di persona,
spiegare a qualcuno di come Elthosan vivesse la tranquillità.
L'espressione d'Elthosan, a vedere Brunya colmare maternalmente la
ciotola coll'acqua, era delle più empatiche.
Non realizzò
di avere rivolta la parola di Brunya se non quando Elthosan glielo
fece intendere con una torsione lieve del collo e uno sguardo
leggermente reprobo.
"Scusi? Come sta?" - ripetette
Brunya, avvicinandosi ulteriormente alla sedia che Elthosan ebbe
abbandonato prima.
Toccò lui la fronte, e quella volta non
ci furono alcune ripercussioni – "Bene, bene, la febbre,
per lo meno, non è tornata"
"Aveva la febbre,
l'altra notte, e tanta" – interruppe Elthosan
"Davvero
era tanta?" - si voltò verso di lui Brunya preoccupata –
"Avresti dovuto svegliarmi se fosse peggiorata com'è
effettivamente successo"
Lo sguardo di Elthosan sfuggì
a quello di lei per concentrarsi sull'apertura che conduceva nel
corridoio.
Brunya ammusolì, si voltò verso Galzus
senza ammonire Elthosan ulteriormente e gli parlò – "Sta
bene, ciò è quello che conta" – disse lui
leggermente imbarazzata – "Eravamo tutti
preoccupati"
Galzus, finalmente, riuscì a parlare –
"Brunya... mi hai accudito tutto il tempo tu?" - chiese
silente, e cascò il suo sguardo – "Non capisco
proprio il perché?"
"Lute e Noish saranno qui fra
qualche istante" – assicurò Brunya, interpretando
male le sue parole – "Spiegheranno tutto loro. Ora, come
si sente?"
"Io..." - espresse affaticato Galzus, ma
non servò a nulla continuare – "Sto meglio"
La
porta si aprì e i volti familiari dei due membri più
prestigiosi della Ciurma Cuan, Lute e Noish, entrarono, seguiti da
un altro membro della ciurma – questa di età maggiore
delle altre, dalla pelle leggermente abbronzata e i capelli color
topino.
Brunya indietreggiò verso Elthosan mentre il triò
avanzò nella stanza.
"La Bella Addormentata s'è
destata dal sonno" – ironizzò Noish, scuotendo i
propri occhiali da sole mentre si appoggiò comodamente alla
parete murale – "Sei fortunato, ragazzino"
Galzus
cercò di rispondere ma, dal momento in cui la fanciulla dalla
capigliatura topina gli fu dietro, a controllargli la fronte e il
polso, ella, con una calma, seriosa etichetta, liberò le sue
mani per esaminare le bende lì intorno attorcigliate, così
come quelle che incrociavano le sue spalle e la schiena. Non era
incoraggiato dall'età alquanto giovane della
dottoressa.
"Qualcuno può spiegarmi che succede?"
- chiese, finalmente, leggermente frustrato.
"Ti hanno
sconfitto" – espose Lute in maniera troppo esuberante per
i gusti di Galzus – "Stavamo dirigendoci verso sud quando
Elthosan ci ha avvertiti" – mostrò lui il suo
pollice in segno di ottimismo ed egli reagì con una doglienza
sonora e una distorsione dello sguardo – "Quindi ti
abbiamo caricato a bordo – quattro giorni di degenza"
"Quattro
giorni?" - ripetette Galzus allarmato, cercandosi di spostare da
un lato, costretto, poi, a subire i dolori della schiena malmessa.
Lute è stata fin troppo seria, nonostante l'ottimismo. La
"dottoressa" provvide a sistemarlo porno nuovamente, e lui
potette soltanto lasciarsi smuovere come un giocattolo.
"Ancora
non capisco. Tutti quanti voi..." - scosse il capo – "Sono
grato. Sappiate, però, che la vostra gentilezza non vi
permetterà di scappare alla legge"
Lute e Noish si
scambiarono gli sguardi e risero in faccia all'interlocutore. Le
altre due sospirarono e sorrisero imbarazzate; Galzus guardava tutti
loro imbacuccato, incerto ch'egli avesse detto qualcosa di tanto
allegro. Nella confusione il suo sguardo si diresse verso Elthosan,
l'unico che parve inaffettato dal giubilio. Gli occhi dell'Entità
incrociarono i suoi per un breve istante, e subito tornarono a
guardare il vuoto, ma il corpo dell'Entità s'irrigidì,
per poi, repentinamente, muoversi verso la porta, ignorando le gioie
degli altri.
Galzus lo guardò, qualcosa in lui
riconduceva a quella notte fatidica, l'acquavento, il rombo di tuoni.
Gli occhi di lui socchiusi al pensiero del tocco soffice delle
morbide e caritatevoli mani di Elthosan.
"Tu...." -
mormorò, e nella stanza tutto silenzio, così come
Elthosan ebbe fermatosi – "Sotto la pioggia"
Elthosan
voltò il capo per osservare pressappoco Galzus oltre le
proprie spalle – "E' stato tutto coincidentale" –
espose lui neutralissimo, il suo tono evidenziava ne approvazione ne
reprobazione – "Semplicemente, avendo visto l'esplosione,
ho investigato"
"Allora..." - nonostante le sue
fatiche, Galzus poteva solo mateggiare rimestato numerose immagini
accapacciate, tra le quali spiccavano gli occhi cremisi nel buio. Si
bagnò le labbra di repente fattesi secche – "Mi hai
salvato"
Elthosan stette silente per un momento e tutti
alzarono gli occhi su di lui. Spallò, come tentando di
sbarazzarsi di loro.
"Ringrazia Brunya" – rispose
secco - "Ho agito per lei"
Prima che Galzus potesse
rispondergli egli se ne andò definitivamente,chiudendosi
dietro la porta.
Galzus cascò collo sguardo. La sua mente
turbinava, cercava di rammentare, o almeno cercava di razionalizzare
tutto quello che aveva acquisito di recente. Fu allora che Bruny gli
tornò a fianco per accudirlo. Parve nervosa, insicura di ciò
che avrebbe voluto proferire – "Ha chiesto a Noish di
tenerti con noi come un favore personale" – spiegò
quieta – "Perché... mi hai risparmiata, tanto tempo
fa.
Ha voluto pagarti tributo"
"Eppure..." - in
qualche maniera, quella spiegazione inacidì le viscere di
Galzus in maniera esorbitante.
Nessun debito quando si tratta di
risparmiare la vita di un'innocente.
Se Brunya fosse stata un
pericolo per se stessa e per il mondo che le era intorno lui
l'avrebbe ammazzata, è vero, perché non riusciva a
controllare quel che risiedeva in lei, anche se non aveva commesso
crimini per i quali non avrebbe sicuramente meritato alcuna
punizione.
Eppure, l'Entità poteva controllarsi, ma aveva
bisogno di sostegno da parte di chi le era stata vicino a lungo:
Elthosan stesso.
Semplice come un nulla; la decisione di Galzus fu
logica e ragionevole, e non pretendeva favori. Trovava tutto
quell'intreccio assai dilaniante, senza capire un perché
effettivo.
"Pensieroso ogni istante della tua vita?" -
si intromise rocambolesco Noish, interropendo i suoi rimugianmenti –
"Ti ha salvato la vita, bel tipo, sii grato e non pensarci più,
ai brutti momenti" – alzò un sopracciglio –
"O ti angustia essere stato salvato da un'Entità?"
"Affatto"
– rispose svelto Galzus, sebbene le parole di Noish a poco
servirono per calmare la sua mente irrequieta –
"Semplicemente..." - non sapeva come giustificarsi, e volle
vedere Brunya una volta ancora - "..grazie" – disse
sincero – "Sono grato per la compassione di tutti
voi"
Brunya arrossì per l'imbarazzo e Galzus le
sorrise. Innocente ed umana – era certo di averla analizzata
con sufficiente attenzione per poterla in tale maniera
considerare.
Lute ridacchiò e schiaffeggiò
leggermente la spalla destra di Brunya – "Ha atteso una
settimana intera di sentirsi dire "grazie", sai –
sbeffeggiò lei Galzus con un ghignò – "E non
pensare a noi – Brunya ci ha chiesto di aiutarti, quindi non
prenderci alla leggera" – osservò Noish –
"Giusto?"
Il capitano della Ciurma Cuan annuì –
"A dir poco. Sarà il benvenuto finché sarà
guarito del tutto" – quando si rivolse a Galzus, s'adombrò
tutto quanto – "Sei pur sempre un ufficiale di polizia tra
pirati, e se cerchi di arrecare danno a quest'aeronave dall'interno,
stai certo che in coma ci torni"
"Non intendo
approfittare della vostra generosità"
"Eccellente.
Allora, è deciso" – si alzò Noish,
sistemando meglio le proprie lenti oscure - "Lackhe è
andata nella cambusa a prepararti un buon pasto rifocillatore. Ti
farà da cuoca fino a guarigione completa. Ora ti lasceremo
riposare in pace" – guardò Lute, ella annuì
e gli si avvicinò accanto – "Ayra vorrebbe
cambiarti le bende e darti una pulita. Quando tutto sarà
sistemato, sarebbe cortese, da parte tua, informarci su ciò
che t'è successo."
Sebbene Galzus fosse poco propenso
a raccontare i fatti suoi, gioì al pensiero di un pasto caldo,
e l'idea di non aver mangiato niente per giorni gli contorse lo
stomaco – "Grazie"
Noish gli offrì una
risieta, per poi dirigersi alla porta con Lute giusto dietro di
lui.
"Stai bene, castagnetta!" - augurò la
fanciulla al degente.
Brunya soltanto rimase accanto Galzus, e
si offrì di aiutare Ayra a cambiarglile bende e a rivestire il
degente. Mentre si davano da fare, Galzus cercò di piazzarsi
meglio sul letto. Gli fu molto più agevole rilassarsi al
pensiero di sapere dove e con chi fosse. Per il momento,
l'investigazione e gli eventi a venire avrebbero atteso.
Elthosan
tenne bassa la testa mentre passeggiava nell'aeronave.
Quei
quattro giorni precedenti nella stessa aeronave furono inusuali.
Non
c'era stanza nel vascello dalla quale non fosse possibile udire le
piratesse ridere e i loro passi erano costanti lungo i corridoi.
Distraeva, ed Elthosan vedevasi udirle, cercando di determinare
una sorta di ciclicità nei loro movimenti. Sin allora, a
niente era servito.
Vedeva raramente Brunya durante il loro
soggiorno sull'aeronave, siccome ella era intenta ad accudire Galzus
malconcio.
Quando riusciva ad incontrarla, rimaneva impressionato
e stupito dalla goliardia con cui il suo volto si presentava
all'esterno, esattamente come quello delle altre piratesse. Era
abituato a vederla quieta e a suo agio e la sua blanda felicità
esplosiva era qualcosa di nuovo per lui.
Incoraggiava e faceva
meditare.
Durante il giorno, i dolori alle sue costole
diminuivano poco a poco ogni qualvolta che vedeva lei, ma tornavano
con maggior vigore quando ella mancava.
Dovette ammettere,
comunque, che il suo stile di vita era migliorato molto da quando gli
fu permesso di stare tra le piratesse. Gli era stata permessa una
camera personale da condividere con un altro uomo – Lute, però
si era intromessa per garantire a Noish il monopolio sulla propria
camera. Sebbene le sue vesti fossero state pesantemente danneggiate
durante la battaglia, gli era stato garantito addirittura un
vestiario a lui adatto: quello di Noish. Il soffice cuoio nero lo
sentiva troppo stretto alle cosce e le erano maglie troppo
larghe.
Per lo meno aveva qualcosa di pulito da indossare ed un
letto a cui tornare la notte. Cominciava anche ad apprezzare la calma
e la stabilità, oltre che la camera quasi personale e i tre
pasti al giorno.
Alcune delle fanciulle avevano timore di
avvicinarglisi da sole per accudirlo, ma quelle che invece non
temevano nulla, quando provvedevano ad aiutarlo, vivevano quei
momenti tra la curiosità più estrema e il terrore, e
lui, tranquillissimo, gongolava al pensiero di farsi sistemare i
capelli di mattina prima di colazione da una fanciulla leggermente
tremante.
Elthosan bussò alla porta prima di entrare,
una cortesia mite al proprio compagno di stanza, anche se lui non
emulava il gesto cordiale.
Il suo occhio cascò su Azel,
l'elemento ambiguo della ciurma, e il suo ricamato. La sua presenza,
nella stanza di due uomini maturi, fu sorprendente.
Sebbene
avesse rifiutato l'idea che sarebbe stato necessario addizionare
qualche veste al proprio guardaroba, ammise a se stesso che il
ricamato del fanciullo era di qualità.
La tastò per
comprovarne l'effettivà qualità.
"Dovrò
indossarlo, questo abito, per constatare se è adeguato" –
disse dopo una breve pausa, celando il proprio piacimento per il
lavoro ben riuscito.
Azel lo scrutò attento e le sue guance
arrossirono, come se avesse ricevuto un complimento vero e
proprio.
"Bene! Fa pure! Io, frattanto, do un'occhiata a
Galzus!"
Gettò la veste ad Elthosan, il fanciullo, e
poi aiutò due piratesse, sue colleghe di ricamo, a scendere
dai piedistalli ch'erano stati collocati ai lati del manichino sul
quale avevano appoggiato la veste per meglio lavorarci sopra. Una
volta coi piedi al suolo, entrambe agguantarono avide le braccia di
Azel, lasciandosi possedere. Elthosan sviò lo sguardo,
accipigliando lo sguardò leggermente; non avrebbe mai capito
come Azel, l'ambiguità incarnata nel corpo di un fanciullo,
potesse aver acquistato così tanta popolarità tra le
ragazze.
"Non rimanere troppo a lungo" – avvisò
al ragazzino – "Che deve riposare"
"Sicuro –
voglio solo salutarlo" rispose il putto con un sorriso
abbagliante – "E non ti dimenticare di provarla, la
veste!"
Elthosan mugugnò tra se e si diresse nello
spogliatoio, lasciando il ragazzino con Galzus.
Sospirò
e mantenne la veste innanzi i suoi occhi.
Azel aveva ricucito
perfettamente il tutto.
Non aveva ancora avuto intenzione di
provarla, siccome il giorno non gli sembrava opportuno, e preferì
buttarsi al di sopra del letto.
Come Entità, gli sarebbe
servita più di una notte insonne per esaurirlo – ma era
comunque appesantito dalla sua confusione. Quattro giorni non erano
molti, eppure ancora non era pronto per la ripresa completa di
Galzus. Sapeva come razionalizzare le proprie azioni, quando si
trattava di salvare la vita di qualcuno; semplice come se fosse stato
per il bene personale di Brunya, e non solo per la sua vita terrena,
ma anche per la compassione ch'ella ebbe provato per le persone
normali.
Pensava ch'ella fosse orgogliosa di lui per aver
cambiato disposizione verso gli uomini, siccome lo accoglieva con
molta più verve che in passato, e quella sua verve acquisita,
probabilmente, davvero valeva i numerosi sforzi passati.
Ciò
che trovò più arduo spiegare fu la sensazione che
pervase le sue costole quando gli occhi di Galzus si aprirono ed
incrociarono i suoi.
Gradì, non solo perché ciò
stava ad indicare che colui era ancora tra i vivi, ma anche perché
gli ricordava, in qualche contorta maniera, tutti i guai ch'ebbero
passati ognuno di loro, superati solo da una coriacea
volontà.
Quella sensazione precedeva di molto quel
giorno, era cominciata, in realtà, dal momento in cui egli
ebbe salvato Galzus Gromell, verso il quale avrebbe dovuto provare
men che niente. Per quanto sgradisse pensarci, gli era impossibile
ignorare il momento in cui l'ebbe visto piccolo e fragile al di sotto
della pioggia. Quel che gli era rimasto della compassione, forse, lo
faceva agira in quella maniera?
Comunque fosse, si sentiva in
ribrezzo e felicità allo stesso tempo.
Era nel giusto,
perché aveva fatto del bene, come aveva dettogli Brunya, e
bastava, per quei momenti, crederci.
*
Azel
era assai gaudente nel proprio spirito e gongolava al pensiero di
poter parlare a Galzus. La sua poca partecipazione nella cura
dell'uomo niente affatto intaccò il suo intusiasmo. Galzus
stava meglio, la tenuta di Elthosan era terminata e, per quanto
potesse concernergli, niente al mondo potrebbe esser stato meglio di
quell'istante goliardico.
La vita piratesca era fenomenale, non
avrebbe mai pensato che ci fosse tanta iniziativa – non era mai
stato membro di qualche gruppo, ed era entusiasta al pensiero di come
fosse semplice far sbocciare nuove amicizie con tutte le piratesse.
La sua nuova divisa, inoltre, lo soddisfaceva completamente:
canotta da marinaio bianca con striature decorative avie,
pantaloncini combacianti, sandali allacciate alle caviglie,
cappellino da pirata rodato, troppo grande per lui e in costante
sobbalzamento.
La sua tenuta precedente gli era nostalgica, ma non
poteva negare che quella indossata era assai più
maschia.
Quasi ebbe raggiunto la camera quando ebbe incrociato
Noish e Eiyvel, fermi nella sala. Egli palpebbrò incuriosito e
si avvicinò loro.
Noish leggeva un foglio di carta –
il volto in ghigno.
"Di che si tratta?" - chiese Azel in
punta di piedi.
"Un dispaccio ufficiale diramato dalla
Polizia Globale" – rispose lui, per poi ringraziare
Eiyvel, pronta a continuare le proprie faccende, e sistemò il
foglio nella tasca del suo cappotto – "Pessime
notizie"
"Oh? Riguardano il Signor Gromell?" -
laconeggiò Azel – "Che brutto, proprio ora che si
sta riprendendo"
"Gli concederemo tempo ulteriore prima
di svelargliela" – decise Noish, offrendo ad Azel un
sorriso fievole – "Un favore: cerca Elthosan e fagli
sapere, ne ha il diritto"
Azel salutò – "Agli
ordini, conti su di me" – dichiarò –
"Frattanto, vado ad accertarmi delle condizioni del Signor
Gromell"
"E sia" – Noish si avviò
verso l'altra parte, sistemandosi il copricapo – "Non
preoccuparlo anticipatamente – sta ancora recuperando le
energie"
"Sicuro" – e detto ciò, Azel
continuò a percorrere la sala.