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Autore: Black_Rose93    28/07/2012    5 recensioni
E' una One-shot forse non sense per tutti, ma non per me.
A volte ci sono scelte più difficili dei gusti del gelato(il gelato c'è sempre).
Una scelta l'ho fatta, solo attraverso le parole, perché nella realtà è tutto molto più difficile.
Cambiare la propria vita è difficile.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte di una Scelta




“Sei stanca?”.
Nonostante avessi gli occhi chiusi e il silenzio fosse stato davvero lungo, la sua voce non mi fece sussultare, era troppo familiare e troppo cara alle mie orecchie per riuscire a sorprendermi. Aveva anche parlato con tono talmente basso e dolce che le farfalle mi invasero lo stomaco come al solito.
Non mi spostai di un millimetro, mantenendo la mia posa da bella addormentata: il gomito appoggiato al finestrino e la mano a sostenere il viso.
“No” risposi pianissimo, aprendo finalmente gli occhi. Non mi sentivo stanca, non sarei riuscita a dormire. Non potevo perdere un solo minuto degli attimi con lui, anche se non avrei dovuto nemmeno pensarlo. La strada da percorrere era ancora tanta e si stagliava davanti a noi in un paesaggio senza fine. Rimasi a fissare l’asfalto che scorreva nel buio della sera sotto la macchina, notando come fosse sempre uguale, invariato.
Un letto scuro e silenzioso.
“Marco dorme?” mi chiese di nuovo senza voltarsi verso di me. Il suo sguardo diligente non si spostava dalla strada, non mi guardava.
Mi voltai verso i sedili posteriori dell’auto e notai che il nostro amico era profondamente addormentato, sdraiato per tutta la larghezza dell’auto, un libro ancora tra le mani.
“Sí, chissà come fa ad addormentarsi mentre legge” risposi trattenendo una piccola risata, tornando a guardare davanti a me. Quando mi voltai notai come Alessandro mi stesse finalmente squadrando con sguardo indecifrabile, sondandomi con i suoi occhi nocciola che, nel buio della notte, erano decisamente più scuri. Ancora più profondi e irraggiungibili.
Fu un secondo, si voltò di nuovo verso la strada senza dirmi nulla. La macchina non deviò di un centimetro.
Quante volte i suoi occhi nocciola mi avevano colto di sorpresa togliendomi il respiro? Quello era un dato di fatto: ogni volta che incontravano i miei, il mio cuore perdeva un battito, anche se non avrebbero dovuto.
Passarono altri infiniti minuti di silenzio nel quale Ale spense finalmente la radio. Il rumore soffuso del motore dell’auto sembrò cullarmi, così tornai alla posizione precedente, cercando di riprendere il controllo del mio cuore.
Passammo sotto una corta galleria e i miei occhi furono investiti dolorosamente dalla luce di quelle maledette lampade che vi erano sempre all’interno. Mi portai una mano al viso, cercando di ripararmi, aggrottai la fronte.
“Cosa c’è?” la sua voce era decisamente roca e sentì  piccoli brividi lungo la schiena.
“Niente, erano solo le luci della galleria... Odio quelle maledette lampade, ci sono più luci lì dentro che in uno stadio!” mi lamentai massaggiandomi le tempie.
Lo sentì ridere piano.
“In fondo è la verità, no? Non ne servono così tante!” sbottai indispettita, ma senza riuscire a trattenere un sorriso.
Lui scosse la testa, senza guardarmi.
“È vero” ribadì sorridendo apertamente. Sorridere era sempre stato così difficile…
“Sei incredibile” mi rispose inaspettatamente, lo vidi dare un’occhiata allo specchietto retrovisore.
Arrossì e la mia piccola risata riecheggiò nel silenzio dell’auto.
“Mi piace quando ridi” sussurrò lanciandomi una piccola occhiata divertita. Il suo sorriso mi contagiò e non riuscì a fare a meno di rispondere allo stesso modo.
Altri infiniti minuti di silenzio.
“Denise..” mi chiamò d’un tratto con tono strano.
Mi voltai subito verso di lui: la sua mano posata sul cambio lo stringeva in una piccola morsa leggera. Era nervoso.
“Cosa c’è?” era il mio turno di fare domande.
Rimase in silenzio per pochi minuti continuando a tormentare l’auto, lanciò parecchie occhiate allo specchietto retrovisore finché i suoi occhi incontrarono i miei.
“Era da parecchio tempo che non stavo così bene” mi sussurrò serio. Non riuscì a reggere quello sguardo profondo così gli sfuggì.
Di certo non potevo mentirgli, ma non potevo nemmeno rimanere in silenzio. Ci conoscevamo da troppo tempo per cadere in imbarazzo nel silenzio, ma il silenzio comunque non era da noi.
Avevo sempre riempito l'aria con i miei mille sproloqui inutili e sarebbe risultato impossibile da parte mia rimanere a bocca chiusa. Non mi trattenni.
“Siamo in due” risposi senza staccare gli occhi dal panorama buio fuori dall’auto. L’asfalto continuava a scorrere e mi sentì quasi in trappola. Le luci fioche delle spie della macchina illuminavano i nostri volti rendendoli quasi evanescenti.
“Vorrei che questo viaggio non finisse mai” mi lasciai scappare sospirando, anche se non avrei dovuto. Il mio cuore prese a battere più veloce. Non potevo dire certe cose. Non potevo, semplicemente.
“Anch’io” rispose lui pianissimo.
“Non devi” sussurrai debolmente tornando a guardarlo.
“Perché?” mi chiese serio. Una nota di fastidio nella voce.
“Non me lo merito” gli risposi, quasi trattenendo il respiro. Lanciai un’occhiata a Marco nei sedili posteriori e lo vidi dormire ancora.
“Non dire sciocchezze”.
“Sai che è complicato.. io..”.
“Non importa” mi rispose deciso, tornando poi a guardare la strada.
“Sí che importa” protestai stanca. La mie guance andarono a fuoco, la sua determinazione mi straziava.
“A me importa solo una cosa” rispose lanciandomi uno sguardo profondo. Il mio cuore si bloccò, togliendomi il respiro.
“Non dirlo”.
“Mi piace quando ridi” ripeté con l’ombra di un sorriso sulle labbra.
Non riuscì a non sorridere.
“È questo che mi importa” sussurrò continuando a guardare la strada.
Non resistetti. Allungai la mano verso la sua posata sul cambio e feci la mia scelta. 
   
 
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