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Autore: frodina178    25/05/2004    0 recensioni
Ci sono tante opinioni su cosa sia la felicità
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Elijah Wood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota:forse sbaglio a continuare questa fic, perché sembra proprio non piaccia a nessuno. Però non farò come ho sempre fatto, di mollare tutto e iniziarne un'altra. VI PREGO, io solitamente ho sempre scritto cose molto differenti da questo genere di letture, quindi ho bisogno dei vostri consigli! Se la lettura vi sembra pesante vi chiederei di farmelo sapere attraverso le recensioni, oppure se il mio modo di scrivere è opprimente, oppure se scrivo cose assolutamente prive di senso….insomma, ho bisogno di crescere in questo campo, e posso farlo solo attraverso le vostre critiche. Non abbiate paura di offendermi, sono io che vi chiedo di essere dure e dirette! E questa non è una forma di carità, ovvero non dico queste cose per cui magari, qualcuna di voi dice: poverina non piace a nessuno quello che scrive valà che le dico io qualche cosa di bellino(come ho notato succede per certe fic,e a me questa cosa fa rabbia). Perché lo ammetto, se in molti altri generi letterari me la cavo discretamente in questo sono ancora un novellina! Vi prego aiutatemi a crescere!
Grazie mille se qualcuno recensirà dicendomi i motivi per cui non gli piace questa storia! Veramente grazie di cuore.


Sfogo mentale e preludio di sfogo fisico

Akanta trangugiò l'ultimo sorso, come per darsi forza. Non ne aveva mai parlato con nessuno, non aveva mai confessato nemmeno a suo fratello il vero motivo per cui, finito il liceo, se ne era immediatamente andata, o meglio, era subito fuggita, come sempre.
-Sono sempre stata una bambina abbastanza cicciotta -cominciò a parlare -Non grassa, ma decisamente in carne. Non me ne ero mai fatta particolare problema fino a quando non ho iniziato a frequentare le superiori. Quando passavo potevo scorgere dei velati sorrisi sulle bocche dei miei compagni. Le mie amiche cominciavano quella fase in cui ti attrae l'altro sesso e desideri farti carina. Non mi sono mai truccata, perché credevo fosse uno spreco sulla mia faccia. Ero sempre da sola, sempre. Mi chiamavano "patata" e io, sebbene facessi finta di fregarmene, morivo dentro. A quindici anni ho provato a suicidarmi con le pilloline di mia madre, ma l'unico risultato ottenuto è stato quello di trascorrere una settimana in ospedale. I miei genitori non riuscivano a capire il reale motivo per cui stavo male. Per me era impossibile accettarmi, e, di conseguenza, mi chiudevo in un guscio sempre maggiore. Fino a che, un giorno, mi sono innamorata veramente di un ragazzo, uno che avevo visto si e no tre volte. Lui non mi degnava di uno sguardo, e io ero sicura che fosse a causa del mio corpo. Non mi compravo un paio di pantaloni ormai da mesi, e non facevo altro che piangere e pensare che ero una persona schifosa. Cominciai a vomitare tutto quello che mangiavo, credendo che così sarei dimagrita. Ma non successe niente, se non che stetti ancora peggio, fisicamente e mentalmente. Allora decisi di non mangiare direttamente più. Ma la cosa mi prese la mano. A quindici anni pesavo ottantatre chili, nel giro di quattro mesi sono arrivata a pesarne quarantadue. Ero talmente magra che non mi reggevo praticamente in piedi, ma ogni volta che mi guardavo allo specchio mi sentivo un elefante. Mi pesavo con ossessione anche venti volte al giorno, e mi sentivo soddisfatta ogni volta che qualche etto scompartiva dall'ago della bilancia. Adottavo tutti gli stratagemmi possibili per evitare di mangiare: dicevo che stavo fuori a pranzo, invece andavo a comprarmi le sigarette e camminavo tutto il pomeriggio come un'ossessa per dimagrire. Naturalmente questa cosa non sarebbe potuta andare avanti per molto, mia madre non poteva più attribuire il mio repentino cambiamento a "fattori di crescita". Mi portò da uno psichiatra che le fece presente che ero malata, che ero anoressica a tutti gli effetti, fisicamente e mentalmente. Io non mi sentivo malata, anzi, mi sentivo benissimo. Il mio unico obbiettivo nella vita, l'unica cosa che mi dava soddisfazione era dimagrire. Non mi interessavo più ai ragazzi, ma solo al mio corpo che, però, mi sembrava sempre esageratamente grasso. Raggiunti i trentasette chili il mio medico e i miei firmarono un documento con cui venni ricoverata contro la mia volontà in ospedale. Passai due mesi attaccata alle flebo, a passare da uno psichiatra all'altro, ma senza risultati. Non so come riuscii ad uscirne, da sola credo, forse la mia voglia di vivere era più grande della voglia di spegnermi lentamente. Chiusi i rapporti con i miei, se non lo stretto necessario, e badai da sola alla mia vita. Naturalmente, come tutte anoressiche che riescono a guarire, ingrassai spropositatamente nel giro di pochissimo tempo, e non perché mangiassi eccessivamente, ma perché ormai il mio metabolismo era completamente sballato. Ritornai a pesare quasi ottanta chili e, sebbene fossi molto più forte emotivamente, ne soffrivo molto. Quando me ne sono andata di casa, a diciotto anni, ho subito iniziato una dieta cercando di equilibrarla, abbinandola allo sport. E sono riuscita a trovare una stabilità fisica e mentale. Ma vivo nel terrore che possa ricaderci…non mi sento mai al sicuro…….- scoppiò a piangere abbandonandosi tra le braccia di Hannah che, dal canto suo, la stringeva fortissimo senza sapere cosa fare. Aveva lanciato uno sguardo al fratello, come per incitarlo a dirle qualche cosa che la potesse far sentire meglio, ma lui si sentiva estremamente fuori luogo. Aveva ascoltato con attenzione il racconto della ragazza, e riusciva ad apprenderne appieno il significato, eppure si sentiva estremamente a disagio.
-Scusatemi…. -Jusy si liberò dal gesto d'affetto tirando su con il naso e abbozzando un sorriso per sdrammatizzare la situazione - Veramente….scusatemi di tutto cuore, non so perché….
-E di cosa ti devi scusare?!? -finalmente Elijah aveva trovato coraggio -Mi ha fatto un piacere immenso che ti sei aperta così con noi! Se posso fare qualche cosa, qualsiasi cosa ti prego di dirmelo!-
-Grazie ragazzi!Avete fatto già abbastanza, a volte sono veramente noiosa, penso che ora sia meglio salutarci prima che ricominci!- scoppiò a ridere cercando di mostrarsi realmente sollevata, anche se in realtà era ancora nervosa e molto molto angosciata.
-Penso che sarebbe meglio che tu non stessi da sola questa notte -disse Hannah stringendole le braccia -Sei ubriaca e fragile!-
-Tranquilla, veramente, sto bene!-
La ragazza fissò Jusy indispettita dalle sue parole, sembrava quasi voler convincere persino se stessa di stare bene, quando era evidente l'incontrario.
Alla fine bevettero insieme un the freddo, quindi insieme si avviarono a casa di Elijah, che si era da poco trasferito.
-E' la prima che vivo da solo! -rise mentre guidava rivolgendosi ad Akanta -Sono stato con mia madre fino a pochi mesi fa! Poi ho deciso di prendermi un appartamento qui a New York, che mi facilita molto con il lavoro e con la vita in generale!-
-E tu dove vivi Hannah?- chiese Jusy contenta che il discorso fosse verto verso argomenti a lei estranei.
-Io vivo ancora a casa con mia madre!Però spesso vengo da lui -diede uno buffetto sul braccio del parente -Lui - sussurrò ironicamente -Crede che lo faccia perché voglia starci insieme, ma in realtà è per la macchina e le feste…-
-Ti ho sentito sai?-
-Ah!Come se non lo avessi capito!Sei una cacca di vacca!-
-E tu lo sghitto di un piccione stitico!-
-Verme!-
-Bambina viziata con le caccole al naso!-
-Attore da quattro soldi!-
-Verginella a casa puttana a scuola!-
-Testa di cazzo senza cervello e con la diarrea perenne!-
-Stronza di prima categoria!-

Continuarono con questo scambio di battute per tutto il viaggio, come due classici fratello e sorella. Jusy li osservava sorridendo, cercando di tenere gli occhi aperti per non far vedere quanto fosse sbronza e stanca.

-Siamo quasi arrivati!- Elijah si girò verso di lei, indicandole un grande palazzo giallo poco lontano.
Presero l'ascensore, che si fermò all'ultimo piano: il ragazzo abitava nell'attico, che comprendeva un'enorme terrazza su tetto con una vista magnifica.
-Tu puoi dormire qua!- la condusse in una stanza con due letti singoli, pochi mobili e un televisore; probabilmente era la stanza degli ospiti.
-Vieni che ti do qualche cosa di più comodo- Hannah, già in pigiama, le sorrise trascinandola per un braccio. Elijah era scomparso in bagno, da cui fuoriusciva lo scrosciare della doccia. Dopo aver indossato una maglietta di lana nera e un paio di pantaloni di lino almeno due taglie più grandi Akanta ringraziò la ragazza, e si chiuse nella sua stanza.
-Sicura di non voler parlare ancora?- la testa di Hannah spuntò dopo qualche minuto.
-Grazie! -rispose Jusy già nel letto che cercava di sistemare le coperte -Ma credo di averne combinate abbastanza per oggi! Io veramente non so cosa dire…tu ed Elijah siete stati così carini con me……-
-Tu, se fossi stata io ad aver bisogno di aiuto, avresti fatto lo stesso?-
-Naturalmente!-
-E allora cosa c'è da dire?Forse domani sarò io a chiederti aiuto….- le ammiccò augurandole la buona notte.

Akanta non riusciva proprio a prendere sonno, c'era qualche cosa che la faceva rigirare continuamente nel letto. Mentalmente era molto stanca, ma fisicamente fremeva, non era la prima volta che le accadeva. Quando le capitava di bere troppo o provare emozioni forti immediatamente le saliva l'eccitazione. Era una cosa che la caratterizzava fin da piccola. Quando aveva scoperto l'autoerotismo era stata una manna dal cielo. Non era una ninfomane, anzi, prima di concedersi completamente ad un ragazzo questo doveva sudare sette camice, ma come chi ha come sfogo fisico lo sport lei aveva la masturbazione. E in quei momenti non pensava a nulla in particolare, ne a una persona ne ad una determinata situazione, si concentrava solamente sulle sensazioni che scuotevano il suo corpo.
Ma si sentiva troppo a disagio a farlo lì, a casa di due sconosciuti, in un letto che non era il suo. Purtroppo più pensava a non doverlo fare più il suo bisogno e desiderio salivano. Allora prese un profondo respiro e si alzò per andare a bere un bicchiere di acqua fredda.
A tastoni nel buio arrivò fino alla porta e l'aprì, notando che in cucina una luce era accesa. Fece per tornarsene in camera, ma ricordatasi del motivo per cui era uscita, fece retromarcia alla ricerca di una bevanda fredda.
Trovò Elijah che stava mangiando una brioche e bevendo una birra.
-Come mai non dormi?- le chiese con la bocca piena.
-Aveva un po' di sete, posso?- domandò indicando il rubinetto dell'acqua.
-E c'è bisogno di chiederlo? Se vuoi succo di frutta è in frigo, i bicchieri sono su quella mensola là!-
lo ringraziò accontentandosi dell'acqua che, però, non la fece sentire meglio.
-Spuntino di mezzanotte?- gli chiese.
Lui guardò l'orologio -Io direi piuttosto delle tre di notte, comunque sì, una cosa del genere, quando sto sveglio fino a così tardi poi non riesco più a dormire.
Akanta stava in piedi, appoggiata al lavello un po' in imbarazzo. Avrebbe voluto tornarsene in camera, ma qualche cosa la tratteneva. Il ragazzo si alzò, gettando la lattina e sciacquando il piattino su cui aveva poggiato il croissant.
-Posso farti una domanda un po' personale?- gli chiese lei, stupita delle sue parole.
-Spara!-
-Come fai a vivere con il dubbio se una donna viene a letto con te perché è attratta da te o perché ti chiami Elijah Wood? -
-Non lo so, non lo so mai. In effetti, questo dubbio rimane sempre. Ma sono poche le volte che mi butto alla cieca, certo, è successo che abbia avuto delle storie singole, in cui il sesso era la parte predominante, ma sono principalmente un ragazzo serio su questo fatto, e tutte le persone con cui ho avuto delle storie sono sempre state fantastiche, e molto coinvolte.-
Akanta annuì, soddisfatta dalla risposta.
  
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