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Autore: telesette    29/07/2012    0 recensioni
[Paolo Borsellino]
Questa fanfiction ha come oggetto la miniserie televisiva sulla vita del magistrato Paolo Borsellino ( due puntate da 100 minuti ), diretta dal regista Gianluca Maria Tavarelli e andata in onda su Canale 5 in prima visione l'8 e il 9 novembre 2004, totalizzando un ascolto medio di 10.834.000 spettatori ( share 35.60% - 41,94% ). La serie è stata trasmessa in replica il 17 marzo 2008 su Rete 4 sempre per il ciclo le storie di top secret, nonché il 19 Luglio 2012 in occasione del ventennale della strage di via d'Amelio.
In omaggio a tutte le vittime innocenti e le loro famiglie, affinché non sia dimenticato il "motivo" di queste uccisioni, e perché il ricordo di ciò che hanno fatto non muoia con loro...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction ha come oggetto la miniserie televisiva sulla vita del magistrato Paolo Borsellino ( due puntate da 100 minuti ), diretta dal regista Gianluca Maria Tavarelli e andata in onda su Canale 5 in prima visione l'8 e il 9 novembre 2004, totalizzando un ascolto medio di 10.834.000 spettatori ( share 35.60% - 41,94% ). La serie è stata trasmessa in replica il 17 marzo 2008 su Rete 4 sempre per il ciclo le storie di top secret, nonché il 19 Luglio 2012 in occasione del ventennale della strage di via d'Amelio.
In omaggio a tutte le vittime innocenti e le loro famiglie, affinché non sia dimenticato il "motivo" di queste uccisioni, e perché il ricordo di ciò che hanno fatto non muoia con loro...

L'Autore

Noi siamo la pioggia

Finalmente!

Per la prima volta, dopo tanti anni di silenzio e omertà, i Grandi Capi della criminalità organizzata conobbero l'arresto. L'arresto del loro impero ( impero fatto di prepotenza, corruzione e morte ) che, scricchiolando pericolosamente, per la prima volta diede l'impressione di poter crollare su sé stesso come un castello di carte.
L’istruzione del Maxi-Processo, l’evento che vide riuniti al banco degli accusati centinaia e centinaia di cosiddetti intoccabili, riuscì a scuotere Palermo fin dalle fondamenta. Il pragmatico e, fino ad allora, ininterrotto potere autoritario di Cosa Nostra subì la peggiore delle umiliazioni mai concepita nella storia.
Additati come semplici criminali, chiamati in aula come delinquenti, privati pubblicamente della loro dignità…
Quei due folli magistrati avevano seguitato a tirare l’estremità della corda, nonostante gli avvertimenti e le esecuzioni capitali dei loro colleghi.
Erano andati troppo oltre!
Cosa Nostra è al di sopra di tutto: non esiste legge, eccetto la sua; nessuno può alzare la testa e contestare questa regola, tantomeno due semplici e ignari servitori del sistema; chiunque osi sfidare un potere che vige da secoli firma la propria condanna a morte, nel momento stesso in cui il suo sguardo si solleva più di quanto gli sia concesso.
Ecco perché, in quel 10 febbraio 1986, i giudici Falcone e Borsellino riuscirono a sferrare un primo e indimenticabile schiaffo a quelle carogne. Uno schiaffo, un gesto leggero se paragonato a ciò che Cosa Nostra aveva scagliato loro contro: l’esplosione che uccise Rocco Chinnici, la serie di colpi a bruciapelo che assassinò Giuseppe Montana e l’esecuzione a colpi di fucile mitragliatore di Antonino Cassarà…
Avevano ingaggiato insieme una lotta contro una piramide.
Avevano sfidato ben più della semplice criminalità, si erano messi contro una pianta avvelenata fin sotto le radici, e ora il parassita stava risalendo lungo il tronco per sbriciolare il legno.
Si era appena conclusa la prima udienza, quando Paolo uscì fuori dall’Aula-Bunker assieme ai membri della giuria, e molti erano ancora increduli su ciò cui avevano appena avuto modo di assistere. Alcuni mormoravano tra loro, chiedendosi se quel Maxi-Processo potesse davvero impensierire la Mafia ai vertici, ma il dubbio imperava ancora dentro e fuori qualunque organo legislativo del paese.
Paolo si fermò nel corridoio, volgendo un pensiero a Rocco e ai compagni caduti durante questa lotta durissima. Ormai erano rimasti solo lui e Giovanni a gestire le operazioni, entrambi consapevoli di essere già nel mirino senza alcuna possibilità di scampo. Continuando a “solleticare” i pezzi grossi di Palermo, specie ora che il fastidio stava diventando qualcosa di ben più serio, Cosa Nostra non avrebbe tardato a colpire anche loro.
Buscetta era stato fin troppo chiaro: l’organizzazione è stratificata sia nell’ambito della criminalità che nelle funzioni politico/amministrative dell’intera nazione; i suoi membri dimorano all’interno dello stato, occupando incarichi di alta responsabilità, e sono loro a premere i bottoni nelle sale del comando; mettersi contro di loro significa andare contro la società… o meglio contro quella facciata rispettabile che rappresenta la società e l’ordine costituito.
Era dunque una lotta senza speranza.
Senza speranza sì, ma non senza senso, sempre ammesso che le utopie abbiano un senso e il significato della parola GIUSTIZIA abbia ancora un valore, nella mente e nel cuore di ogni essere umano.
Mentre ripensava a questo, Paolo si domandò quanto tempo avrebbe avuto ancora a disposizione, per portare avanti il compito che lui e gli altri si erano prefissati. Troppo sangue era stato versato per tirarsi indietro adesso, e troppe vittime reclamavano il nome e il volto dei loro assassini.
Forse era stato tutto uno sbaglio.
Forse si erano illusi tutti quanti e, nel caso, Rocco e gli altri avevano perso la propria vita per niente…

- No - mormorò Paolo tra sé, scuotendo il capo leggermente.

L’idea che dei colleghi, degli amici, fossero morti per niente ( per una chimera assurda e priva di senso ) era impossibile da accettare. Paolo aveva visto morire troppe persone a lui care, e non solo: il dolore delle madri che piangono la scomparsa dei propri figli, le mogli che vedono il marito ucciso davanti agli occhi, e i bambini che soffrono la perdita dei genitori senza nemmeno sapere perché…
A Palermo la vita di un uomo conta meno di una zanzara, e quella di un procuratore o di un magistrato antimafia ha lo stesso valore di quell’insetto spiaccicato che imbratta il tavolo col suo sangue.

- Per loro non siamo nemmeno esseri umani - pensò dunque Paolo, sollevando lo sguardo assente davanti a sé. - Siamo come mosche fastidiose che gli soffiano sul volto, e che si possono schiacciare non appena vengono troppo vicino!

In quella Paolo sentì una mano battere leggermente sulla sua spalla.
Subito dunque si voltò e vide l’amico e collega Giovanni rivolgergli un sorriso.

- Ci siamo, Paolo - esclamò. - Da adesso in poi, anche noi siamo in grado di colpire!

Così dicendo, Falcone sollevò il pacchetto delle sigarette e, afferratane una coi denti, la sfilò meccanicamente per accenderla. Paolo annuì, sorridendo a sua volta, ma era chiaramente conscio del fatto che non sarebbe stato così facile.

- Che cosa c’è? - domandò Giovanni, notando la sua espressione incupita.
- Niente - rispose lui. - Stavo pensando a Rocco…

Anche Falcone s’incupì.
Tutta l’operazione antimafia era partita proprio dall’impegno e dalla dedizione di colleghi come il defunto Rocco Chinnici. Oltre a questo, Rocco era stato per loro un grande amico e la sua perdita si aggiungeva al dolore per la scomparsa di Beppe, Ninni e tutte le altre vittime di Cosa Nostra.

- Dobbiamo andare avanti - fece dunque Giovanni deciso. - Per Rocco e per gli altri, altrimenti saranno morti tutti invano!
- E infatti andremo avanti - fece eco Paolo, con voce calma ma chiara e determinata. - La vera battaglia comincia adesso!

Sempre battendo amichevolmente la mano sulla sua spalla, Giovanni lo abbracciò come un fratello.
Si conoscevano fin dall’infanzia, erano amici da così tanto tempo, e ne avevano combinate assieme. Certo ora la situazione era diversa: entrambi magistrati ed entrambi contro l’organizzazione malavitosa più temuta nella storia…
Sicuramente non era lontano il giorno in cui avrebbero ammazzato anche loro.
Tuttavia non era la follìa reciproca a spingerli avanti, bensì la consapevolezza che altri dopo di loro avrebbero proseguito questa lotta senza esclusione di colpi. Giovanni ripeteva che la Mafia era cosa degli uomini e, come tutte le cose degli uomini, era destinata a finire.
La domanda però era:
Quando sarebbe finito l’incubo per Palermo?
La giustizia avrebbe davvero lavato via le grandi porcherie e i misfatti che quella gente senza scrupoli aveva commesso impunemente per anni, senza nessuno in grado di fermarla?
Il mercato della droga, le tangenti, le minacce, i ricatti e le estorsioni… Farabutti che ingrassano sul sangue degli innocenti, solo perché il diritto se lo prendono con la forza e la prepotenza. Con alcuni di loro, gli stessi Falcone e Borsellino avevano giocato assieme da bambini. Ognuno di quelli aveva seguito la propria inclinazione, facendo ciò che riteneva più opportuno, e se erano arrivati a questo era solo colpa di un modo di pensare fondamentalmente sbagliato eppure inteso come giusto.
La Mafia nasce dalla mente dell’uomo, dal suo desiderio di prevalere sugli altri ed imporre la propria volontà, e la scelta dei mezzi è frutto di una vita all’insegna del potere ottenuto con la paura.
Tutti hanno paura di qualcosa.
Tutto quello che la Mafia ottiene nasce sulla paura, la paura che si è capaci di instillare nella mente e nel cuore delle persone, e su quella paura ottengono quello che loro chiamano semplicemente “rispetto”… Un uomo normale, consapevole del significato della parola “dignità”, sputerebbe sopra questo rispetto senza pensarci due volte. Ma la realtà è che non tutti vedono nella dignità lo stesso amore e desiderio che invece provano giustamente verso la propria vita.
La pelle è una sola, unica e indissolubile, e solo l’essere umano in questione può stabilire quale vita valga la pena di essere vissuta.

- Noi siamo come la pioggia, Giovanni…
- Come?

Paolo guardò l’amico dritto negli occhi, pensando bene a come illustrargli il suo pensiero, e ripeté la frase con maggiore veemenza.

- La pioggia - disse. - Come la pioggia che lava via la monnezza dalle strade: bagna il terreno, forma pozzanghere e trascina con sé ogni genere di porcherie… Ecco, noi siamo come la pioggia!
- La pioggia, eh - ripeté Falcone, abbozzando un lieve sorriso all’angolo della bocca.
- Sì Giovanni, la pioggia - disse ancora l’altro, in tono molto più serio. - In tutta questa pioggia noi siamo poco più che due gocce, gocce che scompaiono e sono presto dimenticate, ma se quella pioggia continua a cadere e a intensificarsi viene giù come un temporale: un temporale sulle carogne, sui Giuda, sugli attentati, le bombe e le esecuzioni… E’ questa la pioggia, Giovanni, è questa pioggia che laverà via lo schifo da Palermo!

Giovannì annuì.
Per un attimo entrambi non dissero nulla, volgendo i loro pensieri al coraggio e alla forza dell’amico Rocco, dopodichè sollevarono lo sguardo e proseguirono nel corridoio con lo stesso entusiasmo di due ragazzini nell’ora di ricreazione.

 

FINE

In memoria di:

Rocco Chinnici
Giuseppe ( Beppe ) Montana
Antonino ( Ninni ) Cassarà
Giovanni Falcone
Paolo Borsellino

E tutti coloro che hanno combattuto e combattono tuttora, morendo in nome di ciò che è giusto.

"La memoria siamo noi, i nostri pensieri, le nostre idee, i nostri cuori, le azioni, i sogni, i desideri e tutto ciò per cui vale la pena vivere e morire"...

   
 
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