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Autore: LalezionedellaWoolf    29/07/2012    7 recensioni
C'era solo una ragazza con la quale, si era promesso, non avrebbe mai avuto niente a che fare.
Amalia Sperelli era completamente sbagliata per i suoi canoni. Non che fosse brutta, non lo era affatto, ma aveva quella voce, o forse era il suo modo di parlare, di impostare le frasi, che rovinava ogni pensiero gradevole che sorgeva nella mente di Andrea quando la vedeva.
Impostare le frasi, pensò, era proprio una di quelle cose che avrebbe detto lei.
Lei, che era tutta impostata.
Genere: Commedia, Romantico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le fissò la spalla. Sì, la sua era una bella spalla. Tragicamente coperta dalla stoffa blu della divisa. Tragicamente si ripeté più volte nella testa. Forse avrebbe potuto toccarla, forse.

Adesso che lei fissava il muro davanti a sé, poteva provarci. Chissà che cosa aveva di così interessante quel muro. Bianco, spoglio. Eppure lei lo fissava, dandogli le spalle.

Lo odiava. Odiava lui, e lui odiava lei che continuava a guardare la parete, quando invece avrebbe dovuto voltarsi, digli qualcosa. Che scemenza. Perché avrebbe dovuto farlo?

Era così naturale odiarsi, così facile. Così normale che ora gli sembrava impossibile che lei lo ignorasse, che preferisse stare lì, impalata a fissare una stupidissima parete, invece di dare aria alla bocca, come era solita fare, e snocciolare improperi a voce bassa, nel tentativo di trovarne uno efficace, abbastanza offensivo, originale forse, che potesse renderla orgogliosa e fiera nel pronunciarlo. La conosceva.

Il loro odio era più intimo di quanto potesse tollerare. Ma non gli andava di pensarci, ogni volta che lo faceva una sensazione fastidiosa si faceva spazio dentro di lui, nel suo stomaco.

Che fosse affamato? Sì, magari era solo fame, si era detto più volte. Magari lei gli stimolava l'appetito, forse perché la vedeva sempre mangiare.

La sua mano scattò verso l'alto, decisa ad ottenere l'attenzione di lei.

La vide voltarsi prima ancora che potesse toccare la sua spalla, la sua bella spalla.

Lei lo guardò per un istante, uno solo. Lo sguardo pieno di... rabbia? Sì, rabbia. Non indifferenza, rabbia. Non poteva ignorarlo, no. Con sorpresa si scoprì felice, no, allegro.

Gli occhi di lei corsero alla sua mano sospesa, interrotta. Aggrottò le sopracciglia scure, accigliate e subito più dolci nel notare il viso di lui, così diverso.

Il solito ghigno scomparso. Sorpresa, Amalia tornò al suo cipiglio severo, seguendolo con gli occhi mentre si rinfilava le mani in tasca.

Era arrabbiata con lui. Ma lei era sempre arrabbiata con lui. Cosa poteva esserci di diverso stavolta? Il pensiero lo distolse dai suoi doveri di Signorino: insultarla, ferirla. No, non ferirla, prenderla in giro, ecco. Sì, deriderla sarebbe stato sufficiente a mantenere alto il prestigio della sua posizione sociale.

Be', che cosa vuoi?” fece lei stringendosi sul grembo un paio di libri malridotti.

Calma, Proletaria. Hai dimenticato le buone maniere? – si lisciò le maniche della giacca – sempre che qualcuno te le abbia mai insegnate, non credo si conosca il galateo tra i vostri simili.

Oh, giusto.” mormorò lei. Roteò gli occhi e poggiò i gomiti sulla cattedra.

Se i miei simili non mi avessero insegnato le buone maniere a quest'ora avrei già sputato sulla tua faccia da schiaffi.” Lui inorridì.

Certo! – sbottò – tu ed i tuoi sudici complotti per uccidermi!”

I miei sudici complotti.” Annuì lei.

Dì la verità – continuò puntandole il dito addosso – quante volte ci hai pensato eh? Quante volte hai tentato di sputare nel mio piatto, di nascosto! Quante volte hai danneggiato la mia salute delicata!” Spalancò le braccia, gli occhi ridotti a fessure.

Ecco! – proseguì – Io lo so perché lo fai. Tu sei gelosa, tutti mi adorano, mi amano. Magari vorresti anche che mi venissero i brufoli.”

Sarebbe fantastico” Sorrise. Amalia si sistemò a sedere sulla cattedra e lo guardò. La rabbia sembrava svanita. Com'era possibile? Che si stesse abituando alle sue sciocche esibizioni?

Oh. Probabilmente sì. Infondo era solo uno stupido borioso, e lei non aveva voglia di prendersela per questo.

Ma se c'era una cosa a cui non riusciva ad abituarsi era il fatto che lui si divertisse così tanto. I suoi occhi chiari brillavano ogni volta che gli si presentava l'opportunità di punzecchiare qualcuno, opportunità che non si lasciava mai scappare.

Andrea Lindon era l'unico rampollo della ricchissima famiglia Lindon.

Il padre, originario dell'Inghilterra, era il proprietario di molte delle più importanti distillerie in tutto in mondo. Nemmeno lui aveva mai capito bene quali. Non che gli importasse.

La madre, Angelica Sergenti, proveniva anch'ella da una famiglia facoltosa, e desiderava per il figlio una compagnia più che rispettabile.

L'élite alla quale appartenevano era così esclusiva da considerare chiunque non ne facesse parte dei semplici impiegati al loro servizio. A volte da non considerarli affatto.

Inutile dire che Amalia non ne faceva parte.

I nonni paterni di lei vivevano in una casetta di mattoni rossi poco lontano dalla residenza estiva della famiglia Lindon. Quella casa era stata donata loro dal Signor Lindon in persona, il quale aveva assunto il Signore e la Signora Viola affinché gestissero la servitù e si occupassero della Villa e della tenuta, vista la loro assenza durante l'inverno.

Il Signor Viola, nonno di Amalia, risolveva tutte le questioni economiche del Signor Lindon riguardanti quella proprietà nelle campagne fiorentine. Ma nonostante il suo fosse un ruolo importante, il figlioletto Andrea si ostinava a chiamarlo in pubblico il suo giardiniere.

Adorava tirare fuori l'argomento in presenza di Amalia. Lei, che lo conosceva da quando era nata e lo odiava da altrettanto tempo.

Sua madre, Marta Sperelli, proveniente da una famiglia agiata ed amica di Angelica Sergenti, la mandava tutti gli anni a passare l'estate con i nonni. Era la compagna di giochi del viziatissimo pargolo dei Lindon. O meglio, Amalia era il giocattolo favorito da Andrea il quale era solito tirarle i capelli ogni volta che lei lo abbandonava per andare a divertirsi con qualche bambino più gentile.

Le visite alla Villa terminarono verso i tredici anni. Angelica Sergenti e Marta Sperelli, amiche d'infanzia, smisero di frequentarsi in circostanze misteriose. Misteriose perché nessuna delle due volle spiegare ai familiari il motivo di tale rottura.

Senz'altro c'era stato un litigio, forse più di uno. Amalia e la sorella maggiore, Agata, erano convinte che i loro rapporti si fossero incrinati a seguito del matrimonio dei loro genitori, prima ancora che loro due nascessero. Nessuno dell'alta società, infatti, aveva mai perdonato alla loro madre di aver sposato il figlio del giardiniere dell'amica Angelica, Giorgio Viola.

Nemmeno i nonni Ines e Guglielmo Sperelli avevano potuto sopportarlo, tanto che alla nascita delle nipoti insistettero perché mantenessero anche il loro cognome, il cognome importante.

Sapevo che eri malvagia” affermò Andrea.

E pensare che certa gente ti crede gentile, carina dicono. Addirittura.” Continuò avanzando di qualche passo.

Lei inarcò un sopracciglio.

Lindon – cominciò – adesso che hai scoperto le mie reali, crudeli intenzioni, puoi anche andartene. Insomma – scese dalla cattedra – fossi in te mi sbrigherei, non si sa mai quali strane malattie potresti prenderti stando qui con me.”

Il volto di lui si illuminò di consapevolezza.

Giusto! - fece preoccupato – mi stai infettando da almeno cinque minuti, devo andarmene.”

Si sforzò di non ridere mentre si avviava verso il salone. Non credeva veramente a tutto quello che diceva, anzi non ci credeva quasi mai. Solo gli piaceva la teatralità, esibirsi e mettersi in mostra. Il bello era che la maggior parte delle persone pensava facesse sul serio;

si arrabbiava per gli insulti che lui tirava fuori dal capello in modo così creativo. Ne andava fiero, e non gli importava se chi l'ascoltava si offendeva. Amava dire la verità nella maniera più stupida ed antipatica possibile. Adorava rinfacciare ai compagni i loro momenti più imbarazzanti, ridere delle loro sventure, godersi le circostanze più catastrofiche. Se non altro era sincero. Non che non avesse amici, li aveva.

Uno, in particolare, era in grado di sopportare ed addirittura divertirsi dei comportamenti eccentrici di Andrea. Teodoro Arrighi gli era amico da non sapeva più quanto tempo.

Quando alzava il gomito, Andrea si trasformava in un tenero ragazzo un po' troppo vivace, un po' troppo espansivo, e allora confidava all'amico, abbracciandolo varie volte con forza eccessiva, che gli voleva un bene dell'anima.

Provo un amore profondo per te!” Gridava euforico.

Sul serio! - insisteva – sei il fratello che non ho mai avuto!”

Poi si incupiva, riflettendo sulle sue stesse affermazioni, la testa del povero Teo ancora incastrata tra le sue braccia.

E che non avrò mai, spero!”

Va bene, va bene! Siediti, dormi magari, basta che mi lasci, maledizione!”

Accidenti, ti immagini se i miei mi sfornassero un fratello? Sarebbe una tragedia!”

Andava avanti così finché non decideva di bere un altro po'.

Solo un pochino, si diceva, un altro goccetto!

Seguitava infastidendo qualche sventurata di passaggio, meglio se bionda.

Preferiva le bionde perché nel suo interminabile egocentrismo voleva che le ragazze che frequentava, anche per una sera, anche per poche ore, gli somigliassero.

Comunque il più delle volte si accontentava. Insomma, dopotutto era semplice per lui trovare qualcuna disposta a tenergli compagnia quasi ogni sera. Che senso avrebbe avuto dire di no, rifiutare del divertimento facile, per qualche capello sulla testa?

No, nessun senso. Bastava fossero carine, ricche, di buona educazione. Se proprio quei capelli non gli andavano giù avrebbe provveduto con un paio di forbici o un rasoio elettrico.

C'era solo una ragazza con la quale, si era promesso, non avrebbe mai avuto niente a che fare.

Amalia Sperelli era completamente sbagliata per i suoi canoni. Non che fosse brutta, non lo era affatto, ma aveva quella voce, o forse era il suo modo di parlare, di impostare le frasi, che rovinava ogni pensiero gradevole che sorgeva nella mente di Andrea quando la vedeva.

Impostare le frasi, pensò, era proprio una di quelle cose che avrebbe detto lei.

Lei, che era tutta impostata.

Litigavano continuamente, ed i litigi con lei erano esasperanti. Tutto era esasperante se si trattava di lei.

 

Saccente, orgogliosa. Gli rispondeva a tono e lo faceva sentire un perfetto idiota. Aveva sempre qualcosa da correggergli, da puntualizzare, da aggiungere.

E poi non era nemmeno bionda, no. Aveva quei ricci scuri che si muovevano con lei, ondeggiando, quando camminava svelta per i corridoi e si dimenticava l'elastico per legarli.

Non così scuri, castani.

Comunque non biondi.

Sempre quei libri stretti tra le mani. Aveva una borsa di studio, lei, non poteva permettersi la retta. Doveva studiare.

Come si faceva a studiare? Non si poteva! Forse era così insopportabile perché faceva cose insopportabili.

Forse anche lui sarebbe ridotto in quel modo se gli fosse toccata una sorte tanto atroce.

La stava giustificando? No, certo che no. Ovviamente, si diceva, tutto dipende dal temperamento. Lui non avrebbe mai potuto diventare così... così. Anche nelle condizioni di vita più miserabili. No, la sua nobile indole non glielo avrebbe mai permesso.

  
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