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Autore: Fleide    29/07/2012    1 recensioni
"Giró l'angolo trovandosi davanti l'ennesima schiera di villette. Intorno a lui tutto taceva. La pioggia continuava a cadere incessantemente. Ogni tanto da qualche casa usciva una silenziosa figura avvolta in un impermeabile o rannicchiata sotto un ombrello. Nessuno si accorgeva di lui.
Una cosa normale. Era normale da un paio d'anni. Lui era invisibile da un paio di anni. Ci aveva fatto l'abitudine, controvoglia. Eppure quella era una situazione che aveva dovuto accettare, aveva dovuto ammettere di aver bisogno di un qualcosa a cui aggrapparsi. O qualcuno, qualcuno che avesse semplicemente fiducia in lui, che lo amasse. Davvero."
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~ Je fais de toi mon essentiel ~

Tic. Tic. Tic. Tic. Tic, tic. Tic. Tic, tic, tic...
Non era regolare, né dolce, eppure lo rilassava: quel semplice ticchettio fuori dalla finestra sembrava in grado di cullarlo.
Scostó una tenda e studió con aria distratta il giardino. L'acqua scivolava sui ciottoli del vialetto, sulle foglie, sui fiori, sui vasi, e giù fino al cancello, fino alla strada, fino all'ignoto.
Poggiando la testa al vetro spostó lo sguardo davanti a sé, incontrando quello vigile del suo amico.  Sorrise. Aveva il muso tra le zampe e lo osservava con le orecchie alzate. Gli carezzó il capo, poi si alzó.
Ogni gesto era compiuto nel silenzio più assoluto, la pioggia sola era padrona.
Afferrò l'impermeabile e aprì la porta. Si fermó un attimo: il cane al fianco, l'impermeabile sotto al braccio. Non sentiva solo la pioggia.
Si voltó concentrando la sua   attenzione sul letto alle sue spalle: una figura era distesa tra le lenzuola che si muovevano lentamente, ritmicamente, e in modo quasi impercettibile. Si accostò al letto e fece scivolare lo sguardo sulla linea del collo, sulle labbra socchiuse, sui capelli della donna distesa. Le carezzò dolcemente una guancia con il dorso della mano prima di poggiare le proprie labbra sulla sua fronte.
Uscì: la casa era avvolta dalla penombra, dalla vetrata accanto alle scale filtrava la tenue luce di una mattina di pioggia.
Si chinó verso il suo amico premendosi un dito sulle labbra: l'animale sembró capire ed abbassó le orecchie saltellando fino al piano inferiore. Lo seguì misurando ogni passo e lanciando rapide occhiate alle porte alle sue spalle. Quando fu fuori fece un respiro profondo.
Dove doveva andare? Non era importante... Invece no: era importantissimo. Perchè quel giorno? Non lo sapeva... Sbagliato di nuovo: quella era la mattinata perfetta.
Si sistemó l'impermeabile ed il cappello ed aprì l'ombrello.

Giró l'angolo trovandosi davanti l'ennesima schiera di villette. Intorno a lui tutto taceva. La pioggia continuava a cadere incessantemente. Ogni tanto da qualche casa usciva una silenziosa figura avvolta in un impermeabile o rannicchiata sotto un ombrello. Nessuno si accorgeva di lui.
Una cosa normale. Era normale da un paio d'anni. Lui era invisibile da un paio di anni. Ci aveva fatto l'abitudine, controvoglia. Eppure quella era una situazione che aveva dovuto accettare, aveva dovuto ammettere di aver bisogno di un qualcosa a cui aggrapparsi. O qualcuno, qualcuno che avesse semplicemente fiducia in lui, che lo amasse. Davvero.
Il suo amico cominció ad abbaiare.  Emerse dai suoi pensieri, come risvegliato da un pesante sonno. Si accorse di essersi fermato davanti ad una villetta, o a ciò che ne restava almeno.
Deglutì. Ricordi... Errori.
Dopo un profondo respiro si tolse il cappello, lasciando che l'acqua lo accarezzasse: scendeva fredda e lenta lungo il collo e la schiena, cancellando ogni errore. Abbassó lo sguardo e salì i pochi gradini che lo separavano dai resti anneriti della villetta.
Si fermó sulla soglia d'entrata. Osservó l'interno e un groppo gli salì in gola. Tutto ció che era stato suo era ridotto ad un mucchio di cenere. Per colpa sua. Un sorriso amaro comparve  sul suo volto. Con le sue stesse mani aveva distrutto tutto.
Stupido.
Stupido l'orgoglio, stupido lui.
Vide il suo fido amico farsi strada tra le macerie e sparire dietro un cumulo di assi annerite.  Concentrò la propria attenzione sulla poltrona al centro della stanza e su un astuccio aperto sul tavolino lì accanto.
Bam.
Uno sparo.
Una fine.
Ciò che aveva creduto di volere.
Ciò di cui non aveva bisogno.
Il Jack Russell tornò verso di lui tenendo qualcosa tra i denti. Lui si chinò e prese il bottino tra le mani: un foglietto bruciacchiato. Sorrise dolcemente. Un numero di telefono ed un nome erano scritti su quel pezzo di carta con una calligrafia tonda e leggera: "Peppy Miller".

Non pioveva più, un timido sole era apparso in cielo illuminando appena gli specchi d'acqua sul suo cammino.  Una vetrina attirò la sua attenzione. Si avvicinò con un angolo della bocca sollevato in un misto di nostalgia e sorpresa. Era ancora lì. Fece scivolare lo sguardo lungo la stoffa lucida del completo al di là del vetro infilandosi una mano in tasca. I liquori per cui lo aveva dato via non avevano reso migliore né lui né la sua vita. Non erano stati loro. Sfiorò con le dita il foglietto che aveva portato via della casa distrutta e un senso di pace lo avvolse mentre si allontanava, mentre diceva addio a tutti i ricordi dolorosi.

Era ormai mattina inoltrata quando giunse agli Studios, sorridente e pronto. Il suo amico trotterellava accanto a lui con aria allegra e di tanto in tanto si voltava a controllare il proprio padrone. Si fermò sotto l'arco d'entrata e studiò l'insegna degli Studios con le mani in tasca e l'impermeabile fradicio sotto al braccio: quante cose erano cambiate in poco più di due anni.  Abbassò lo sguardo ed incontrò un sorriso: Peppy.
La donna lo aspettava poggiata alla sua vettura con le braccia conserte ed un sorriso magnifico sul volto. Dio com'era bella. George la raggiunse e la cinse con le braccia stringendola a sé: non l'avrebbe mai lasciata, si sarebbe aggrappato a lei con tutto se stesso e le avrebbe permesso di aiutarlo.  Al diavolo l'orgoglio! Al diavolo gli errori! Al diavolo tutto il passato.
Lei era tutto ció di cui aveva bisogno.

Je fais de toi mon essentiel
Celle que j'aimerais plus que
personne....



Nota dell'autrice

E' la prima Fan Fiction che scrivo dopo tanto tempo, quindi spero sia venuta decentemente :) Mi raccomando lasciate una recensione!
Federica
   
 
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