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Autore: ladymisteria    29/07/2012    0 recensioni
"Sherlock Holmes se ne stava in piedi in quella stanza della sede governativa dei servizi segreti britannici.
Sembrava perfettamente a suo agio, nonostante fosse scalzo, bagnato come un pulcino e avesse sulla testa una spada di Damocle con impressa a caratteri cubitali un'accusa per alto tradimento."

Seguito di "Rain and Confidences"
Versione riveduta e corretta
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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«Credo sia meglio che tu faccia ritorno nella tua vecchia abitazione, qui a Londra. Nessuno ti verrà a cercare lì. Restaci finché non avrò messo fine a questa storia» disse Sherlock.

Non era una richiesta.

«Non sono solita ricevere ordini, Sherlock. Sono io quella che li dà, di solito»

«Ora non è “Di solito”, se non te ne fossi ancora accorta».

Irene lo fulminò con lo sguardo, ma rinunciò a rispondere.

Sherlock aveva sempre l’ultima parola, si ripeté.

«La mia vecchia abitazione… Non sarà il primo luogo in cui mi cercheranno? E’ talmente ovvio…»

«…Che nessuno lo prenderà in considerazione come nascondiglio».

Sherlock aprì la porta che portava all’esterno dell’ospedale.

La Donna si lasciò sfuggire un sorriso divertito.

«Non finisci mai di stupirmi» disse, ammirata.

«Lo prendo come un complimento»

«Lo è».

John fece loro cenno di sbrigarsi, salendo su un taxi.

In pochi istanti erano nuovamente diretti alla tenuta dei genitori di Sherlock.

«Quindi, per quanto dovrei rimanervi?» domandò Irene.

John li fissò alternativamente.

«Dov’è che deve rimanere?» chiese a sua volta.

Sherlock lo ignorò.

«Finché non sarò io a cercarti».

«Dov’è che deve rimanere?» ripeté John, confuso.

«In un posto sicuro, John. Non preoccuparti. Miss Adler lascerà immediatamente Baker Street».

John aprì la bocca per ribattere, ma vi rinunciò.

Sarebbe stato inutile mettersi a discutere con l’amico.

Irene Adler annuì, poi si rivolse al tassista.

«Si fermi qui».

Mentre scendeva, lanciò un’occhiata al detective, che per tutta risposta le afferrò il polso.

 «Niente scherzi, Irene. Dovrai esserci, quando verrò a cercarti» le sibilò.

La Donna annuì nuovamente, liberò il polso dalla stretta dell’uomo, e scese dal taxi, sparendo ber presto tra la folla londinese.

*

John attese che il taxi percorresse qualche isolato, prima di parlare.

«Se non sapessi delle prove che hai a suo carico, ti riterrei un emerito idiota per averla fatta scendere dal taxi».

Scrollò le spalle, fissando l’amico.

«Fortunatamente hai una garanzia per impedire di finire ulteriormente nei guai, nel caso decidesse di sparire nuovamente»

«No».

John guardò meglio Sherlock, che dal canto suo non distoglieva lo sguardo dalla città che scorreva fuori dal finestrino.

«No? Che vuol dire no?».

Il detective lo guardò.

Sembrava tranquillo.

«Ho cancellato il file con le prove»

«Che cosa?!».

Il medico lo fissò allibito.

«Ma… Avevi una copia, vero?».

Sapeva di suonare supplichevole, ma non gli importava un granché in quel momento.

Sherlock non poteva aver davvero…

«Certo che no, John. Se ne avessi fatto una copia, Sir Hawking e i servizi segreti interi avrebbero potuto mettere in dubbio la loro autenticità».

John boccheggiò per qualche istante.

Poi annuì, spostando lo sguardo fuori dal finestrino.

«Che c’è?» domandò Sherlock, incuriosito.

«Ricordi quando ti dissi che avevo la presunzione di conoscerti al 100%? Ricordi quale motivazione ti diedi a tale convinzione?».

Sherlock lo guardò, poi fece spallucce.

«Qualcosa a riguardo del fatto che nessuno avrebbe mai potuto comportarsi come un coglione così a lungo, se fingeva di essere chi in realtà non era».

John annuì nuovamente.

«Ecco. Ti ringrazio per aver avvalorato nuovamente la mia convinzione».

*

«Nessuna novità?» domandò Celine Holmes, posando la tazzina del thè.

«John dice che Sherlock è in viaggio per tornare qui».

La donna sospirò di sollievo.

Mycroft si alzò.

«Sono certo che Sherlock arriverà sano e salvo, mamma. Io devo andare. Non avrei dovuto nemmeno abbandonare il mio ufficio».

Colse lo sguardo della madre.

«…Ma ovviamente la sparizione di Sherlock era più importante di qualsiasi altro impegno».

Baciò la madre sulla guancia, uscendo.

Sulla soglia incrociò il fratello.

Sembrava di ottimo umore.

«Oh – oh, vedo che era già stato allertato il cane da guardia. Stai tranquillo, Blondi, sono sano e salvo» disse Sherlock, appendendo il cappotto.

«Nostra madre era preoccupata che potessi esserti cacciato di nuovo nei guai. Chissà come mai sarà arrivata a pensare una cosa del genere, dico io».

Sherlock non raccolse la provocazione.

«Le hai raccontato tutta da bravo delatore?»

«A presto Sherlock».

La porta si chiuse pesantemente dietro le spalle del maggiore dei due fratelli.

Il detective affondò le mani nelle tasche.

«Questo è un sì».

   
 
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