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Autore: micRobs    30/07/2012    6 recensioni
Sebastian/Thad | One-Shot |
Ho azzardato un sacco con questa storia, ne sono consapevole, ma mi è uscita così ed i personaggi hanno deciso che questa era la piega che volevano che prendesse. La rimando al vostro giudizio, sperando di non aver fatto un casino clamoroso.
Dal testo: "Sedeva sul bordo della banchina, lo sguardo nel vuoto e i piedi a pochi centimetri dal lago sottostante. Thad esitò un attimo, l'improvvisa consapevolezza di star commettendo un'enorme scemenza a incombere su di sé, ma, quando era ormai sul punto di far marcia indietro, Sebastian voltò appena il capo nella sua direzione e allora divenne tutto incredibilmente più difficile.
Aveva imparato a conoscere tutti gli sguardi di Sebastian, ogni sfumatura dei suoi occhi verdi e ogni incertezza che gli opacizzava le iridi. In quel momento, Sebastian gli stava riferendo che era tutta la notte che aspettava che lui lo raggiungesse."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Sebastian/Thad
Genere: Sentimentale, Romantico, Commedia.
Avvertimenti: One Shot, Slash, Fluff, Accenni di Angst.
Rating: Verde
Parole: 4.202 (secondo Word)
Note d’Autore: Questa storia è strana. Mi si è parata davanti agli occhi mentre giocavo a carte con le mie sorelle, di notte al mare, e non ho potuto fare a meno di scriverla. Ho azzardato tanto e ne sono assolutamente consapevole, ma spero che possa trasmettervi e lasciarvi qualcosa: io ci ho davvero messo tutto me stessa nello scriverla e nel farla venire come dicevo io.
Un grazie speciale a Vals, che mi è stata addosso sin da quando le ho detto che avevo questa idea e che l’ha letta in anteprima dandomi il suo prezioso parere; un grazie anche a Sere che mi ha fatto gongolare davvero poco, poco, poco con tutti i suoi complimenti e che è stata incredibile nel mettere a tacere le mie paranoie; ultima, ma non per importanza, un grazie a Denise che ha letto questa storia pezzo dopo pezzo mano a mano che la scrivevo e che è stata la mia endovena di autostima. Per il resto, ci vediamo giù (:
Note di betaggio: La storia è stata, come al solito, puntigliosamente betata dalla meravigliosa Vals a cui vanno tutti i miei ringraziamenti.
 
 
 

A Vals,
perché sei il mio Sebastian,
perché sei un Sebastian perfetto,
perché questa storia è nostra, nostra, nostra.
 
A Sere,
perché ormai siamo irrecuperabili, è vero,
ma a me va benissimo essere così con te.
 
A Denise,
perché ho scoperto che sei una persona incredibile,
e perché sei fin troppo Sebastian.
 

 
 

A place for us.

 
 
Vi sono cose su cui un uomo non può proprio contrattare.
Una per tutte, il sacrosanto diritto di dormire in un letto, su un materasso, nel silenzio e nella sicurezza di quattro solide mura.
Thad era giunto a quella conclusione quando la duecentotrentaseiesima pecorella aveva saltato lo steccato e lui non era ancora riuscito a prendere sonno.
Si rigirò nella coperta, scontrandosi con la rigida superficie sotto di lui e lamentandosi per l'immediato dolore alla spalla che fece seguito a quell'azione.
Odiava il campeggio.
L'idea di dormire a terra, in una tenda senza chiavi e senza lucchetti, in mezzo al nulla e circondati da una quantità incalcolabile di insetti e animali vari.
Sbuffò, voltando la testa di lato e invidiando profondamente la facilità con cui Nick e Jeff si erano addormentati. Loro non avevano alcun problema con la vita all'aria aperta e Thad si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto essere un po' più spensierato ed entusiasta come loro e farsi un po' di problemi in meno.
Recuperò la maglia del pigiama che aveva tolto per dormire e, facendo attenzione a non svegliare i suoi compagni, uscì dalla tenda nella quale si erano accampati.
L'aria era notevolmente più fresca rispetto all'afa che li aveva accompagnati per tutta la giornata e Thad si congratulò con se stesso per aver avuto la geniale idea di trascorrere la sua notte insonne all'aperto.
Idea geniale e anche piuttosto banale, però, visto che qualcun altro l'aveva già avuta.
Thad si morse un labbro, indugiando sul posto e osservando la figura che sedeva poco più in là dandogli la schiena. 
Il problema, a conti fatti, era che lui avrebbe riconosciuto quella schiena fra mille altre e che avrebbe saputo distinguere la schiena di quel Sebastian fra mille altri suoi cloni. E quello, oltre ad essere molto, molto, patetico, era anche un enorme ed incasinato disastro.
Spostò il peso da una gamba all'altra, indeciso se raggiungerlo o meno. Avvicinarsi a lui avrebbe voluto dire parlarci e parlarci avrebbe comportato il ritrovarsi sbattuta in faccia quella verità che Thad cercava tanto di fuggire o aggirare. Tornare nella tenda, però, significava perdere l'unica occasione che aveva di scambiare due parole con lui in santa pace e Thad non era certo di preferire questa seconda opzione, dal momento che Sebastian non aveva fatto altro che ignorarlo da quando erano partiti quella mattina stessa.
La situazione tra loro era già abbastanza complicata, senza che Thad la peggiorasse con le sue inutili turbe mentali. Così, prima di riuscire a rendersene conto effettivamente, le sue gambe si erano già mosse in quella direzione e lui si era trovato ad avvicinarsi al profilo immobile di Sebastian più velocemente di quanto non avesse intenzione di fare.
Sedeva sul bordo della banchina, lo sguardo nel vuoto e i piedi a pochi centimetri dal lago sottostante. Thad esitò un attimo, l'improvvisa consapevolezza di star commettendo un'enorme scemenza a incombere su di sé, ma, quando era ormai sul punto di far marcia indietro, Sebastian voltò appena il capo nella sua direzione e allora divenne tutto incredibilmente più difficile.
Aveva imparato a conoscere tutti gli sguardi di Sebastian, ogni sfumatura dei suoi occhi verdi e ogni incertezza che gli opacizzava le iridi. In quel momento, Sebastian gli stava riferendo che era tutta la notte che aspettava che lui lo raggiungesse.
Purtroppo, però, Thad conosceva anche la difficoltà con cui quei pensieri gli si trasferissero alle labbra e quindi sapeva che da lui più di quello sguardo non avrebbe ottenuto.
E, infatti, dopo quell'unica occhiata, il ragazzo era ritornato a rivolgere la sua attenzione alla scura superficie dell'acqua, lasciando Thad con poco più di una sensazione a cui aggrapparsi. 
«Posso sedermi?» Si costrinse a domandare, anche solo per rompere quell'innaturale silenzio che li circondava.
Sebastian non si mosse, ma si limitò a rispondergli con un laconico «Il lago non è mio» a cui Thad non si sentì in dovere di ribattere alcunché. 
Mosse un altro paio di passi nella sua direzione e prese posto poco distante da lui; Sebastian continuava a fingere che lui non fosse lì e Thad non si preoccupò di farsi notare, sebbene dentro di lui si affollassero domande su domande a cui sapeva che l'altro ragazzo non avrebbe mai dato una risposta.
Nessuno dei due parlò e per un po' l'unico rumore fu quello dell'incresparsi leggero dello specchio d'acqua e il fruscio sommesso del vento tra le fronde degli alberi.
«Non riuscivi a dormire?» Thad faticò a riconoscere la sua voce, dal momento che non aveva neanche pensato di parlare, ma seppe di aver comunque detto la cosa sbagliata non appena sentì Sebastian sbuffare lì accanto.
«Se fossi riuscito a dormire» gli fece notare quello, «al momento non sarei qui, ti pare?»
Thad si morse un labbro, perché quella situazione non gli piaceva e quel Sebastian così freddo e distante gli faceva male più di quanto riuscisse a sopportare.
«Come mai» si schiarì la voce, a disagio. «Come mai non dormivi?»
Sebastian parve valutare la stupidità di quella domanda e, almeno, prendere in considerazione l'idea di rispondere e Thad si stupì di come non lo avesse mandato subito al diavolo quando lo sentì farfugliare poche parole confuse.
Qualcosa a che fare con il caldo e con le zanzare, ma a Thad non interessava più di tanto, perché Sebastian gli stava parlando ed era quella la cosa realmente importante.
«Lo so» si ritrovò a sospirare, «il campeggio è uno schifo.»
«Sei stato obbligato a venire?» 
E più del sollievo di sentirlo parlare ancora, Thad era attanagliato dalla consapevolezza che, per porgli una domanda del genere, dovevano essere giorni che lui e Sebastian non scambiavano due parole come si deve.
«Io» farfugliò, «i ragazzi mi hanno invitato e-»
«Sì» lo interruppe Sebastian con un mezzo sorriso, «non ce l'hai fatta a dirgli di no, la conosco questa storia.»
Thad fece una smorfia e continuò a guardare dritto davanti a sé. «È più perché... non lo so, non ero mai stato in vacanza con loro. Volevo vedere com'era.»
L'altro ridacchiò appena. «Immagino abbia pienamente deluso le tue aspettative» commentò.
E sì, lo aveva fatto da ogni punto di vista, ma almeno la compagnia era buona e Thad era certo che di quello non si sarebbe pentito.
Quando lo riferì a Sebastian e quello gli chiese se quindi ne valesse la pena, Thad non esitò nel rispondere affermativamente, l'opprimente certezza che quella domanda non si riferisse solo alla loro condizione di campeggiatori.
Si strinse nelle spalle, Thad, la notte che riversava su di loro il suo vento fresco e pungente, e si diede mentalmente dello stupido per non aver pensato di prendere una giacca come aveva invece fatto Sebastian.
«Tu come mai sei venuto, invece?»
E parlare, parlare, parlare, anche solo per ascoltare la sua voce e sentirsi un po' più vicino a quel Sebastian che un tempo era stato così prossimo all’afferrare, ma che adesso sembrava scivolargli sempre più inesorabilmente dalle dita.
L'altro scrollò appena le spalle.
«Mi serviva una scusa per non seguire i miei in Francia» spiegò pratico.
Thad attese qualche istante, giusto il tempo di accertarsi che Sebastian non intendesse aggiungere altro, poi aprì la bocca per fare la sua domanda. Ed, esattamente in quel momento, Sebastian diede voce ai suoi pensieri.
«Per quanto possa essere allettante la prospettiva di trascorrere l'estate in un posto che considero realmente casa mia» continuò, lo sguardo fisso davanti a sé, «due mesi con mio padre non li auguro a nessuno.»
Thad annuì, perfettamente consapevole dei problemi che Sebastian avesse con il proprio genitore.
«Non avete più parlato?» si interessò, quindi.
L'altro si produsse in un'amara e bassa risata.
«Io non ho nulla da dirgli» buttò fuori, «lui con me ha chiuso quando ha cercato di trascinarmi di nuovo a Parigi a causa del suo lavoro.»
E Thad lo sapeva bene. Ricordava alla perfezione il giorno in cui il ragazzo era piombato nella loro camera con i nervi a fior di pelle e le mani nei capelli, sbraitando che lui non era il burattino di nessuno. Thad lo ricordava perché in quel momento aveva sentito il mondo crollargli addosso, schiacciato dal peso dell'asfissiante prospettiva di non vedere mai più Sebastian. Ed era stato orribile, sia per lui che per Sebastian. E le ragioni non erano poi molto differenti tra loro.
Esitò, ma poi lasciò che i suoi pensieri avessero la meglio e si ritrovò a parlare prima ancora di poter fare qualcosa di concreto per evitarlo.
«Alla fine però ha capito che per te era meglio restare qui» considerò, «non puoi dire che di te non gliene importi nulla.»
Continuò a guardare dritto davanti a sé, ma percepì comunque l’occhiata tagliente che gli lanciò Sebastian e, inconsapevolmente, si morse un labbro sperando che la sfuriata non fosse troppo difficile da sopportare.
«Che ne vuoi sapere tu?» Lo accusò l’altro. «Tu non hai idea di come mi ha fatto sentire.»
Thad sgranò appena gli occhi: quello era non solo sbagliato, ma anche profondamente ingiusto.
«Io c’ero, Sebastian» gli ricordò con pazienza, le dita che stringevano con forza il bordo di legno della banchina. «Ti sono venuto a recuperare quando hai discusso con tuo padre, ti ho ascoltato imprecare contro di lui e ti ho aiutato a trovare una soluzione per risolvere la faccenda» inspirò profondamente, cercando di mantenere ferma la voce. «Puoi accusarmi di quello che vuoi, ma non di questo, non lo accetto.»
E non voleva essere così duro, ma quella situazione lo aveva coinvolto personalmente e Sebastian non poteva essere stato così meschino da aver rimosso tutto. Tutto quanto.
Era in quel periodo che la situazione tra loro era diventata complicata. Quando Sebastian si era spezzato e Thad lo aveva rimesso insieme, quando Sebastian aveva avuto bisogno di qualcuno e Thad c’era stato per lui, quando Sebastian gli aveva chiesto di dormire con lui e Thad si era lasciato stringere tutta la notte, quando Sebastian gli aveva confessato che lui, Thad, era uno dei motivi per cui non poteva permettersi di tornare a Parigi e Thad aveva sentito il proprio cuore saltare un battito. Era in quel momento che tutto tra loro era cambiato, quando avevano iniziato a stare insieme ma senza “stare insieme”. Dormire abbracciati ed esserci l’uno per l’altro, ma senza sentimenti. Solo che di sentimenti adesso ce n’erano fin troppi e Thad lo sapeva fin troppo bene, ma aveva perso la voce a furia di farlo notare anche a Sebastian e in risposta aveva sempre ricevuto un “no” secco e perentorio. Alla fine aveva smesso di sgolarsi.
Vide con la coda dell’occhio Sebastian scuotere il capo e rivolgere la sua attenzione altrove e avvertì dolorosamente lo stomaco annodarsi.
Non ricevette alcuna risposta ma, dopotutto, non ci aveva sperato più di tanto. Sebastian era così, bello e scivoloso, e Thad aveva imparato a farsene una ragione.
«Perché mi allontani?» Sospirò, la voce appena udibile e la schiena scossa da un brivido improvviso.
Vi erano momenti in cui parlare era l’unica cosa che sapeva fare. Lui era quello bravo con le parole e troppe volte aveva sentito sulle spalle tutto il peso di quella situazione, il bisogno di sbrogliare la matassa e rendere tutto più limpido per entrambi. E allora parlava, dava voce ai suoi pensieri, senza starci troppo a rimuginare e senza considerare eventuali conseguenze. La sincerità e la chiarezza prima di tutto. 
Si sforzò di concentrare la sua attenzione sul panorama dinanzi a sé, quasi ignorando il ragazzo che ancora gli sedeva accanto e che in quel momento lo stava sicuramente fissando esasperato.
«Perché, quando riusciamo a stare vicini» si schiarì la voce, «ma vicini davvero, tu prontamente ti rimetti a distanza?»
Ed era quello il momento, il momento in cui Thad provava a fargli notare l’evidenza e Sebastian fingeva di non sentire.
«Perché sono uno stronzo, Harwood.»
Ma quella risposta Thad non se l’aspettava e improvvisamente divenne impossibile continuare ad evitare il contatto visivo con l’altro.
Sebastian aveva lo sguardo basso, da qualche parte tra le increspature del lago e i timidi riflessi della Luna, un sorriso ironico, quasi di scherno, sulle labbra.
«Continui a ripetermi, a mo’ di disco rotto, “perché non ci proviamo?”» Proseguì con una mezza risata, il respiro di Thad che moriva a poco a poco. «Ma la verità la conosci anche tu.»
Voltò appena la testa di lato e incrociò, per la seconda volta in quella notte, gli occhi di Thad.
«Io sono una cazzo di puttana» scrollò le spalle con una semplicità disarmante, «passo le mie serate allo Scandals e cambio uomo ogni sera. Non posso cambiare.»
Thad avvertì distintamente il momento in cui il suo cuore smetteva di battere e le sue speranze andavano ad infrangersi per l’ennesima volta contro lo spesso muro alzato da Sebastian.
Aprì la bocca per ribattere, per informarlo che lui non si aspettava nulla e che non gli chiedeva nulla in cambio, ma Sebastian lo interruppe bruscamente, di nuovo.
«E io non voglio che tu possa riporre troppe speranze in questa cosa.»
Forse era la voce bassa e vibrante o era forse la sincerità che traspariva da ogni parola, fatto sta che fece male. Fece male perché era come tentare di afferrare l’aria e ritrovarsi puntualmente con la sensazione di avere qualcosa tra le dita, ma possedere, a conti fatti, nient’altro che un pugno vuoto.
«Ma io non ti sto chiedendo di cambiare» la voce che minacciava di spezzarsi ad ogni parola. «Possiamo venirci in contro» ma che alla fine si incrinò del tutto. «A me piaci così
Sebastian rise amaramente, ciondolò il capo e poi lo fissò con un sopracciglio alzato. «A te piace che il tuo ragazzo vada a farsi fare un pompino da uno che non sei tu, la sera, invece di restare con te?»
L’altro boccheggiò appena, la schiettezza di Sebastian a rimbombargli nelle orecchie e quella sgradevole sensazione di dolore che provava alla bocca dello stomaco. «Lo faresti?»
Thad lo vide fare una smorfia e distogliere appena lo sguardo, ma niente avrebbe potuto prepararlo a quello che avrebbe detto dopo.
«Non lo so» iniziò con sicurezza. «Io sono quel che sono, non so se riuscirei a farmi ingabbiare» piegò appena un angolo delle labbra, poi proseguì. «Certo, avrei i miei vantaggi ad averti sempre tra i piedi» sdrammatizzò, «ma rimane comunque il fatto che non so se riuscirei a scendere a compromessi per una cazzo di relazione.»
E quello era il momento in cui Thad di solito gli chiedeva il perché di quei pensieri, con lo sguardo ferito e l’orgoglio sotto i piedi. Di solito, ma non quella volta.
Vi era un’altra domanda che premeva per lasciargli le labbra, una più importante, più di qualunque perché o giustificazione di sorta.
Si morse un labbro, prendendo un respiro profondo e cercando gli occhi di Sebastian con una sicurezza che non credeva di possedere.
«Okay, non sai se ci riusciresti» affermò risoluto, «questo l’ho capito, ma vorresti?» E le parole non erano mai state così difficili da scegliere come in quel momento; non sapeva come dirlo, così sospirò e lasciò che la mente gli si svuotasse e basta. «Dio, ti piacerebbe avere una cazzo di relazione con me?»
Chiuse gli occhi, il cuore che gli martellava nelle orecchie la consapevolezza di essersi esposto troppo, troppo, troppo.
E poi Sebastian mormorò due parole, le più giuste e, insieme, le più sbagliate che avrebbe potuto scegliere. E allora il dolore allo stomaco divenne lancinante e il nodo alla gola si strinse appena un po’ di più.
«Da morire.»
E Thad seppe che non sarebbe più riuscito a respirare liberamente dopo quella confessione.
Trattenne il fiato per quelle che parvero ore e alla fine avvertì la gola bruciare e gli occhi pizzicargli appena.
E quello era addirittura peggio di quanto immaginasse, peggio di una secca negazione o di una mancata spiegazione. Quella era una speranza soffocata sul nascere, era un pensiero piacevole nel quale Thad non poteva crogiolarsi. Era tremendo.
«Di’ qualcosa.»
Un mormorio appena accennato ma che arrivò alle sue orecchie forte e chiaro. Il problema era che non aveva nulla di sensato da dire in quel momento. La sua testa era un enorme caleidoscopio di sensazioni e pensieri vorticanti e Thad non aveva la forza di afferrarne uno e condividerlo con Sebastian.
«Cosa vuoi che ti dica?» Ribatté, quindi.
L’altro sbuffò. «Piantala di fingere, Thad» lo ammonì. «So di aver fatto un casino.»
Thad si costrinse a piazzarsi in faccia il suo miglior sorriso di circostanza e a voltarsi verso di lui. «Perché pensi di aver fatto un casino?»
Ma era stato stupido lui a chiedere stavolta, per cui, quando Sebastian parlò, non poté fare a meno di chiudere gli occhi e incassare il colpo.
«Perché ti ho praticamente detto che ti muoio dietro ma che non voglio stare con te. O, meglio, che non posso.»
Strinse il pugno, quelle parole facevano male più di quanto fosse concepibile e lui non poteva permettersi di mostrarsi debole di fronte a Sebastian. Non di nuovo e non a causa sua.
Perciò sorrise, sorrise e scosse il capo. «Non hai fatto nulla di sbagliato» rispose, «hai solo reso le cose un po’ più chiare. E sì, adesso sto male» si affrettò ad aggiungere, «ma solo perché sono così vicino all’avere ciò che voglio che mi uccide il pensiero di non poter concretizzare tutto.»
Specialmente adesso che so che anche tu vuoi me.
Sebastian parve pensarci un po’ su, poi annuì lentamente e commentò con un «Almeno abbiamo fatto chiarezza» che, davvero, per Thad non aveva alcun senso. Nulla di quella conversazione aveva senso. Per lui era tutto così semplice: Sebastian gli piaceva, glielo aveva detto e voleva stare con lui. Era un processo mentale immediato e privo di difficoltà, ma per l’altro non doveva essere così, evidentemente. Sebastian vedeva problemi laddove Thad scorgeva una strada spianata e forse era la sua ingenuità a farlo comportare così, ma lui sperava davvero che le cose fossero facili per entrambi.
Ma ormai erano in gioco, tanto valeva mettere tutto in ballo e lasciare che fosse Sebastian a fare il resto. Thad non aveva nulla da perdere.
Si girò risoluto, puntando un piede sul legno della banchina e stendendo la gamba, non senza qualche difficoltà, dietro la schiena di Sebastian. Quest’ultimo alzò immediatamente gli occhi su di lui, domandandogli con lo sguardo cosa accidenti stesse facendo e ricevendo in risposta un muto “Lasciami fare”.
Si stava spingendo troppo oltre, Thad, lo sapeva ma non gli importava. Erano in un campeggio, di notte, su di una banchina in mezzo al lago: la situazione era già abbastanza fuori dalla sua portata.
Portò una mano al fianco di Sebastian, costringendolo a voltarsi verso di lui e avvertì la scintilla di un sorriso nascere dentro di lui quando il ragazzo dimostrò di aver compreso perfettamente le sue intenzioni.
Sebastian tirò le gambe sulla fredda superficie del legno, allungandole dietro la schiena di Thad e permettendo all’altro di sistemarsi nella sua stessa posizione.
E Thad avvertiva il cuore battere forte e il respiro accelerarsi e tutto ciò che riusciva a razionalizzare era la percezione delle mani di Sebastian chegli accarezzavano le braccia lasciate scoperte dalla maglia del pigiama.
Deglutì appena, richiamando a sé ogni più piccola briciola di intraprendenza che possedeva per porre quell’unica, fatidica, domanda che lo stava assillando da settimane intere.
«Sebastian» chiamò sottovoce.
La risposta dell’altro fu un veloce movimento della testa che lo portò ad agganciare repentinamente i suoi occhi a quelli di Thad.
Prese un profondo respiro, conscio di avere il volto di Sebastian a pochi centimetri dal suo, poi mormorò: «Se adesso ci tieni a me tanto da non voler iniziare una storia per paura di farmi male» deglutì, avvertendo la stretta di Sebastian farsi appena più salda sul suo braccio. «Perché non dovresti tenerci anche nel caso in cui noi due stessimo insieme?»
Sebastian chiuse gli occhi e Thad portò istintivamente una mano dietro al suo collo, avvicinandolo a lui e congiungendo la fronte alla sua.
«Cosa cambierebbe?» Sospirò. «Aiutami a capire.»
L’altro voltò appena la testa di lato, ma la mano di Thad gli impediva di allontanarsi, così rimase lì e Thad gli fu grato per quella piccola ma significativa concessione.
«Stare insieme è un cazzo di impegno» spiegò, Thad avvertiva l’incertezza nella sua voce, «io non sono bravo con le promesse.»
«Ma io sì!» Chiarì, risoluto. «Possiamo venirci in contro, per me è tutto così semplice.»
Sebastian ridacchiò appena. «È apparentemente semplice» commentò, pratico, «mi manderesti al diavolo dopo la prima stronzata.»
«L’ho mai fatto?»
«Ogni giorno» sorrise, sincero.
«Ma sono sempre tornato» saltò su Thad, «torno ogni maledetta volta, Sebastian.»
E l’altro rise, rise e basta. «Sei proprio scemo, allora» commentò.
Thad sbuffò, distogliendo gli occhi e imbronciandosi appena. Il discorso era tra i più seri che avessero mai fatto e lui rideva.
«Testardamente scemo» aggiunse Sebastian, un sorriso lieve ad increspargli le labbra e gli occhi a cercare quelli di Thad.
Ed aveva ragione, lo era. Era testardo e caparbio, ma, quando voleva qualcosa, era capace di smuovere mari e monti pur di ottenerla.
«Credo di aver imparato da te ad essere testardo» borbottò a mezza voce, «a lottare per ciò che voglio.»
Dio, si sentiva così patetico.
«Quindi mi vuoi?»
Thad aggrottò la fronte, specchiandosi di nuovo negli occhi di Sebastian e cercando di trasmettergli tutto il suo sconcerto per quella domanda inutile e trascurabile.
Sospirò. «Più di ogni altra cosa» rivelò, comunque.
Sebastian non rispose. Sorrise appena mentre la sua lingua andava ad umettargli le labbra e le sue dita accarezzavano la pelle del braccio di Thad.
«Che differenza ci sarebbe» domandò poi, «tra adesso e l’eventuale stare insieme?»
Thad si morse un labbro. Rispondere a quella domanda era apparentemente semplice, ma lui sapeva che con Sebastian niente andava sottovalutato e che, ciò che per lui era immediato, per l’altro poteva risultare difficile ed estraneo.
Soppesò le parole, distogliendo lo sguardo e decidendo cosa dire, ma Sebastian interruppe inaspettatamente il filo dei suoi pensieri.
«Insomma» spiegò e Thad era pronto a giurare che la sua voce fosse sporcata da un accenno di imbarazzo, «dormiamo insieme quasi tutte le notti e ci sei sempre per me e» esitò, «cerco di fare il possibile per non farti star male a causa delle mie stronzate e non ho problemi con il fatto che tu sia tra le mie gambe adesso.»
L’altro trattenne il respiro, incerto sull’esito che avrebbe avuto quel discorso. Con Sebastian non c’era mai da stare tranquilli.
«Che differenza ci sarebbe?» Ripeté. «A parte il sesso, ovviamente.»
Thad prese un profondo respiro, un brivido gli scivolò lungo la schiena, ricordandogli che era notte, che erano all’aperto e che faceva troppo fresco.
«Torneresti sempre da me e» deglutì, «saresti solo mio ed io solo tuo.»
E Thad non se l’aspettava il sorriso che si formò sulle labbra di Sebastian e che gli fermò il fiato in gola. Era un sorriso vero, incerto e titubante, ma uno dei più belli che gli avesse mai rivolto.
«Allora credo di non avere scampo» sospirò.
Thad aggrottò la fronte senza capire. «Da me?» Volle accertarsi.
Sebastian spostò una mano sulla sua guancia e Thad rabbrividì a quel contatto così incredibilmente nuovo ma familiare.
«Non credo ci sia modo di non essere tuo» sussurrò con un mezzo sorriso. «In ogni caso avresti difeso ciò che a parer tuo ti appartiene.»
«Io vorrei che tu mi appartenessi davvero» si ritrovò a mormorare, quasi senza pensare, confortato dalla presenza delle dita calde di Sebastian sulla sua pelle fredda.
Neanche formulò quel pensiero, che la sensazione di calore sparì e lui deglutì mentre le braccia di Sebastian si intrecciavano dietro al suo collo e le loro fronti tornavano ad unirsi.
Avvertiva il respiro di Sebastian sulla bocca e il suo profumo pungente riempirgli le narici e confonderlo all’inverosimile.
Era inebriante, era assuefante. Era troppo vicino.
Si sporse appena in avanti, sfiorandolo leggermente ed esitando un attimo, incerto sulla reazione dell’altro. La stretta di Sebastian si fece un po’ più salda e Thad si sentì autorizzato a proseguire indisturbato: posò con sicurezza le labbra sulle sue e smise, per un’unica e meravigliosa volta, di pensare.
Era un contatto piacevole e stranamente delicato. La bocca di Sebastian si muoveva tranquilla sotto la sua e Thad si rendeva solo lontanamente conto di star davvero baciando il ragazzo per cui aveva perso la ragione. Quella consapevolezza, unita alle dita di Sebastian che si spostarono tra i suoi capelli, gli diede abbastanza coraggio per schiudere le labbra e permettere all’altro di approfondire il bacio e rendere tutto più passionale e frenetico.
Quando la lingua di Sebastian si intrecciò alla sua e la sua mano gli iniziò ad accarezzare lentamente la nuca, Thad avvertì un calore improvviso farsi strada dentro di lui e scivolargli fino al basso ventre, lasciandolo piacevolmente intorpidito.
Sebastian si allontanò per riprendere fiato, cercando immediatamente i suoi occhi e respirando affannosamente sulle sue labbra.
«Ma io ormai sono innegabilmente di tua proprietà» sorrise, un sospiro appena accennato.
Thad strinse la presa su di lui, il peso di quelle parole che aleggiava tra loro e l’incredibile sensazione che tutto fosse cambiato, eppure rimasto immutato.
E alla fine era stato facile venirsi in contro: era bastato abbattere qualche muro e parlare chiaramente per una volta.
 
 
 
The End.
 
 
 
 
Noticine carine carine.
Dunque, nulla.
Sorpresi? Delusi? Amareggiati? Se vi va, rendetemi partecipe dei vostri pensieri, visto che ho un ansia assurda per questa storia.
Avevo messo anche l’avvertimento OOC, perché ero e sono incredibilmente incerta sulla caratterizzazione di Sebastian, ma Sere mi ha convinto a toglierlo ed io le ho dato retta.
Spero vivamente che vi sia piaciuta e… nulla, io mi rintano in un angolino a farmi corrodere dall’ansia xD
 
Grazie per essere giunti fin qui *offre cono gelato*
 
Robs
 
   
 
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