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Autore: Mariii    30/07/2012    2 recensioni
La puntata dell'incidente di Arizona e Callie mi ha colpito molto, e mentre ascoltavo una canzone che è stata cantata anche nell'episodio, mi è venuta l'idea di scrivere quello che secondo me Arizona ha provato in quella che, probabilmente, è la giornata peggiore della sua vita.
Fatemi sapere cosa ne pensate =) A presto!!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arizona Robbins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Sposami- Avevo detto a Callie questo, guardandola negli occhi. Ero così emozionata di essere da sola con lei, anche se sapevo che Mark sarebbe stato quasi sempre nei suoi pensieri. La guardavo, vedendo tutto quello che avevo sempre voluto...
 Quando avevo girato la testa di nuovo verso la strada, era troppo tardi. C'era un ostacolo, un maledettissimo ostacolo, che io, stupidamente, non avevo visto. Callie aveva un'espressione terrorizzata; non so come ho fatto a vederla. Ho visto il mezzo pochi secondi prima di andarci contro.
Forse l'ho solo immaginata, perché se fossi morta quel giorno, l'ultima cosa che volevo vedere era il viso di Calliope Torres. 
So cosa si intende quando si parla di "vita che scorre davanti agli occhi in punto di morte". Mi sono passati per la testa cento pensieri diversi, e altri mille senza senso, mentre ero congelata dalla consapevolezza. Ero consapevole che potevamo non tornare più ad aprire gli occhi. Ero consapevole che il bambino poteva essere già morto. A volte lavorare come medico in ospedale non serve a salvarti la vita. Ma solo a peggiorare la tua morte. Una persona normale magari non ha mai visto cosa succede alle persone che hanno incidenti di quel tipo, non ne ha mai visti morire sotto i ferri o addirittura in ambulanza. Però io lo sapevo. Callie lo sapeva. Mi sono sentita gelare il sangue, mi sono sentita in mille modi diversi, in pochi secondi.
L'emozione più forte che avevo avvertito era la rabbia. Soprattutto con me stessa, che avrei potuto evitare tutto, semplicemente guardando avanti.
E poi con il resto del mondo. Perché quel dannato mezzo doveva trovarsi proprio lì, in quel momento? Perchè doveva succedere mentre parlavamo di sposarci, un grandissimo sogno che poteva realizzarsi? Perchè proprio il giorno in cui potevamo stare da sole ci capitava un incidente? Che diavolo vuol dire? Che devo starle lontana?
Per non so quanto avevo visto tutto nero.
Quando avevo apeto gli occhi, avevo visto parte del mezzo dentro la macchina, attraverso il vetro sfondato. Io ero cosparsa di vetri e sangue, e mi sentivo malissimo. Mi faceva male tutto, ma adesso non era il momento per piangersi addosso. Callie.
Io ero viva, a quanto sembrava senza niente di rotto. Ma Callie? Il bambino? Avevo girato la testa, e il sedile era vuoto. Però sul cruscotto spuntavano i piedi di Callie. Era stata slanciata fuori dall'auto. 
-No!- Gridai -Callie!- Mi slanciai fuori dall'auto, e l'unica cosa che volevo fare era piangere e non guardare. Ma dovevo guardare, e aiutarla, se ero in tempo. Le mie gambe erano più avanti della mente. Mentalmente ero rimasta allo shock e alla paura di guardare le condizioni di Callie.
Callie era distesa a pancia in giù sul cofano, con i piedi dentro l'auto. Le mani piegate in avanti, accanto al viso. Aveva gli occhi aperti. Il viso era sfregiato, pieno di sangue e lividi, e.. Callie! 
Serviva subito un'ambulanza. Ero nel panico più completo, fatico a ricordare cosa diavolo ho fatto... Ma poco dopo, ecco l'ambulanza. Callie era immobile. Callie e il bambino potevano morire. E sarebbe stata colpa mia. Forse per il bambino era già troppo tardi. 
In ambulanza avevo riferito quello che sapevo, che era ben poco. Dopo non so quanto, per me un'eternità, fissando Callie e tenendole la mano, eravamo all'ospedale. 
Lasciai Callie, e mi slanciai fuori dall'ambulanza, riferendo le condizioni di Callie. I nostri amici avevano la faccia sconvolta e preoccupata, ma niente poteva superare la mia espressione. Tranne quella di Mark, che rasentava l'isteria, la copia della mia. Solo che lui non c'entra niente. Lui non ha colpa. 
Mark mi aveva fermato chiedendomi come stavo io, e cos'era successo.
-E' spuntato fuori all'improvviso- Avevo detto, anche se avrei potuto aggungere che se avessi guardato la strada l'avrei visto in tempo.
Sheperd ha allontanato Mark e me dalla sala operatoria. Non posso aiutare nè Callie nè il bambino. 
Non avevo mai odiato così tanto le regole ospedaliere. Chi è legato al ferito non è obbiettivo, perciò potrebbe peggiorare la situazione anzichè aiutare. Quindi potevo stare con le mani in mano a guardare Callie immobile, mentre magari il bambino stava morendo, e il cuore di lei compie i suoi ultimi battiti.
Poco prima avevo visto figurarsi il mio sogno, sposare Callie, e adesso mi trovavo a sperare che non morisse. E' vero: Ogni volta che si è felici, il dolore è in agguato.
Adesso, seduta insieme a Mark, osservo mentre la mia ragazza potrebbe morire per colpa mia. E io sto bene. Non è assolutamente giusto.
Il polso di Callie è debole. Hanno fatto uscire il bambino... E' così piccolo... E rischia di morire. Quell'incapace non sa cosa fare, dalla sua espressione direi che ha paura di fallire.
Mark intanto è sceso in sala, e scendo anch'io. Eh no! Se lei, che dovrebbe intendersi di bambini non sa fare niente, lo faccio io. Al diavolo le regole.
-Il bimbo sta bene- Dice quella che sarebbe un medico e non sa fare il suo cavolo di lavoro.
E allora, mentre le macchine mi confermano che il bimbo stia veramente bene, sento l'unica frase che volevo sentire in quel momento.
-E la mamma è forte!- 
Callie sta bene!
Sono passata da lacrime di rabbia a lacrime di paura, e dal senso di colpa e impotenza di prima, le lacrime di adesso sono di felicità. 
Anche se sono state delle ore maledettamente dolorose e da dimenticare, Callie sta bene.
E' salva. 

  
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