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Autore: roxy_xyz    31/07/2012    11 recensioni
Cazzate, cazzate, un pugno di cazzate.
Meglio pensare a queste ipotesi, che vivere una realtà con lei.
Era mercoledì quando la vide nel parco vicino a casa sua.
Era mercoledì quando decise di ricominciare a vivere.

[Questa storia partecipa all'iniziativa Happy BirthDay Harry - le citazioni - organizzata dal gruppo Facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling Team Harry/Hermione"]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Storia scritta per l'iniziativa "Happy BirthDay Harry - le citazioni - organizzata dal gruppo Facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]"


"Ma sei tu, sciocco. Mia mamma ha notato che non c’è alcuna foto di te... sei una parte così importante della mia vita, perciò è come se mancasse un grosso pezzo di puzzle quando mando loro le foto e non ce n’è mai una di te... la mia vita non sarebbe completa senza di te, non lo sapevi?”
di DigiFruit in “Dearly Beloved






UNFORGETTABLE

#Lui

Si era rinchiuso in casa, e aveva cercato di non pensare a lei. Avrebbe dovuto gettare la chiave, mettere delle spranghe alla finestra e magari far scomparire la porta, perché la sua volontà aveva cominciato a vacillare sin dal secondo giorno.
Come poteva stare lontano da lei?

Dovere.



Era un folle, anche Ron l’aveva definito tale. E uno schifoso vigliacco. Eppure quel mattino gli era sembrata l’unica via da prendere, forse la più dolorosa per entrambi, ma non aveva esitato un attimo perché per lei avrebbe messo da parte ogni suo desiderio, pur di vederla sempre con quel magnifico sorriso.

Codardia e un mucchio di bugie.



Aveva deciso di starle lontano, lasciandole la possibilità di ricominciare a vivere.
Tremava e non perché avesse freddo, tremava perché voleva lei anche ora.

Volere.



Doveva dimenticarla, ma come poteva farlo se si trattava di Hermione?


.

*

#Lei

Il primo giorno di scuola, il primo bacio, la prima volta: la vita è un susseguirsi di “prime volte”, eventi memorabili che la segnano, rendendola unica e impossibile da dimenticare. E i ricordi diventano preziosi perché basta chiudere gli occhi per riviverli, per ritornare con la mente a quel giorno e rivivere le stesse sensazioni con la stessa intensità.
Tutti tranne lei.
Era mercoledì. Questo se lo ricordava benissimo.
Il suo nome era Hermione Jean Granger e aveva ventidue anni.
Era una strega. Quando sua madre gliel’aveva confessato era scoppiata a ridere. Lei una strega? Aveva frequentato una Scuola di Magia e le aveva raccontato quanto fosse stata una delle allieve più brave e dotate, nonostante non provenisse da una famiglia di maghi.
Avrebbe dovuto avere dei ricordi per ventidue anni, invece si sentiva un involucro di carne senza anima. Un foglio appallottolato, gettato per terra, mentre la pioggia nemica cercava di cancellare l’inchiostro.
Era davvero Hermione Jean Granger?
Guardava quelle maledette foto e non sentiva nulla. Un pezzo di marmo, freddo e immobile: era come si sentiva tutte le volte in cui i suoi genitori le parlavano di un episodio della sua adolescenza e lei, invece, non riusciva a ridere con loro. Non sapeva neanche quale fosse il suo colore preferito, e loro non facevano altro che parlare di lei, di quello che era, mentre il mal di testa sembrava volesse trapassarle il cranio.
“Passerà”, le dicevano. Perché era tutta colpa di un incantesimo, ma presto tutto sarebbe tornato alla normalità.
Presto. E se invece la pioggia avesse cancellato tutte le lettere di quel foglio?

*


#Lui

Harry Potter uscì di casa un mercoledì.
Era un mercoledì di novembre e i nuvoloni all’orizzonte segnalavano un acquazzone che non avrebbe tardato ad arrivare.
Era mercoledì quando decise di rompere le catene e di andare da lei, perché era stanco di pensare alle conseguenze di ogni sua minima scelta; tutta la sua vita era stato un susseguirsi di cazzate, perché Harry Potter era un idiota.
Lord Voldemort era morto e lui aveva continuato a vivere con la paura di un altro mago oscuro.
E se i Mangiamorte si fossero riuniti? E se avessero cercato un nuovo capo? E se volessero uccidere i suoi cari? E se lui non fosse mai esistito? E se…?
Cazzate, cazzate, un pugno di cazzate.
Meglio pensare a queste ipotesi, che vivere una realtà con lei.
Era mercoledì quando la vide nel parco vicino a casa sua.
Era mercoledì quando decise di ricominciare a vivere.

*



#Loro

La panchina era bagnata, ma a lei non importava. Era l’unico modo per sentirsi viva: quella pelle d’oca, quei brividi erano la prova che non stava sognando e che era capace di provare ancora qualcosa.
Sentì il vestito aderirsi alle sue curve, e cominciare ad inzupparsi, ma anziché alzarsi e correre a casa, continuò a disegnare su un quaderno senza mai staccare la matita dal foglio, come se avesse paura di dimenticare anche quel poco che ricordava. Era così concentrata da non accorgersi dell’arrivo di un uomo che, con estrema accortezza, si era seduto al suo fianco senza produrre il minimo rumore.
“È davvero brava” commentò.
Alzò gli occhi verso la sconosciuto che le aveva rivolto la parola e si ritrovò a sorridere. “E lei è davvero miope.”
“Anche. Ma senz’altro disegna meglio di me! Se fossi stato io l’artista, il soggetto avrebbe due palline nere al posto degli occhi e due ciuffi in testa per capelli, almeno quello si capisce che è un uomo” aveva detto, parlando velocemente.
“Che magra consolazione! Sarà la decima volta che provo a farlo e si capisce solo quello?”
“Chi è?” domandò invece, indicando il disegno.
Hermione lo squadrò, per valutare se parlare o meno con lui, dopodiché posò la matita sulle gambe, girandosi verso il suo interlocutore; osservò i lineamenti marcati dell’uomo, notando quanto i suoi occhi neri fossero gentili. Di solito non era una persona che parlava con tutti e soprattutto con gli estranei, ma dopotutto anche questo particolare le era stato detto dai suoi genitori. Secondo loro, Hermione Granger era una ragazza timida che aveva sempre avuto difficoltà ad avere amici, eppure non ebbe alcuna difficoltà a capire che di fronte a lei c’era una persona di cui potersi fidare.
“Non lo so… cioè, ha presente quando si è ossessionati da qualcuno e non si fa altro che pensarci? Ecco, io continuo a sognare quest’uomo e…”
“E?” aveva chiesto lui, invitandola a proseguire.
“E nel sogno sono sempre… come dire. Oh mamma, che imbarazzo, non posso dire queste cose a un perfetto sconosciuto.” Si era portata le mani al viso, cercando di nascondere il rossore che le aveva colorato le guance.
“Mi chiamo Harry. E vorrei tanto che continuasse.”
“Be’, Harry, credo che dopo questa confessione vorrà invece fermarmi! Perché io mi vedo nuda nel sogno.”
“E cosa c’è di tanto strano?” aveva domandato ancora.
“Lei sogna sempre di abbracciare una donna e scopre che entrambi siete nudi come vermi?” disse, rivolgendogli un’occhiata di sbieco.
Non dovette aspettare molto per sentire la risata di Harry.
“Visto che avevo ragione?” Hermione aveva battuto i piedi per terra, facendo cadere la matita, che era rotolata lontana dalla panchina.
“Diciamo che è particolare…”
“Lei ha mai fatto sogni strani?”
“Ti prego, chiamami Harry e non farmi sentire anche più vecchio di quello che sembro” aveva chiesto supplicandola.
“Harry, hai mai fatto sogni strani?”
“Sempre, anche se la definizione migliore è incubi” disse, rivolgendole un sorriso amaro. “Quindi, lei sogna quell’uomo che l’abbraccia e scopre che siete completamente nudi?”
“Esatto.”
“E cosa prova?”
Hermione rifletté qualche istante prima di rispondere. “Mi sento bene, come se fossi al sicuro tra le sue braccia… non c’è imbarazzo, anzi.”
“Quindi, è qualcuno che conosce?”
“Non me lo ricordo.”
Harry le aveva rivolto uno sguardo spaesato. “In che senso? Non ricorda dove l’ha visto o magari il suo nome?”
“No, non ricordo chi sia, come si chiama, se lo conosco… anzi, non ricordo nulla. Ho subito un incidente e non ricordo nulla. Ho un vuoto su quanto riguarda la mia vita prima del mese scorso. Tabula rasa!” disse, rivolgendogli un sorriso a labbra strette.
“Cosa le è successo?” Harry si era girato completamente verso di lei e le aveva preso le mani per rassicurarla.
“È complicato da spiegare, so solo che un giorno mi sono ritrovato in un letto d’ospedale e non riconoscevo nemmeno i miei genitori. I dottori han detto che ci vuole solo del tempo e che devo aspettare, non avere fretta, ma… ma è come se fossi bloccata, anzi come se il fatto di non ricordare qualcosa o qualcuno mi impedisca di avere i miei ricordi. Mi sento come se mancasse un grosso pezzo di puzzle, quello finale, quello più importante e non potessi vivere senza di esso. E so che quest’uomo è la chiave di ogni cosa. La mia vita non sarebbe completa senza di lui.”
Aveva parlato in fretta, gesticolando, convinta delle proprie affermazioni. “Sono sicura che lui mi aiuterà.”
“E perché?” aveva domandato Harry con un pizzico di curiosità.
Sembrò rifletterci su per qualche secondo prima di rispondere. “Lo so e basta, chiamalo intuito o pazzia, ma ho come l’impressione di conoscere quest’uomo da tanto tempo… quando nel sogno lui mi guarda, mi rivolge uno sguardo che… ecco, io credo di amarlo.”
“Crede?”
“Lui mi ama e io amo lui” disse, annuendo convinta.
“E perché non è qui con lei?”
“Perché non può o magari qualcuno glielo sta impedendo! Sì, sarà sicuramente così.”
“E se invece avesse deciso di lasciarla andare per la sua sicurezza?” Harry soffiò la domanda, timoroso di sentire la sua risposta.
“Sarebbe un idiota, un grandissimo idiota! Perché non può decidere per me, non ha alcun diritto di farlo, non sono mica una bambina.” Hermione aveva urlato, attirando l’attenzione di alcuni bambini, non molto distanti da loro, e che cominciarono a guardarla quasi impauriti.
“Ha mai pensato che magari lui stia soffrendo per questa lontananza?” continuò ancora Harry.
“Se soffre è un idiota, se è convinto di farlo per il mio bene è un idiota, se crede che mi basti una leggera amnesia per dimenticare quanto io lo ami è un idiota. Insomma, Harry sei un idiota” terminò serafica e compiaciuta.
“Può ripetere?” Harry si era alzato improvvisamente, guardando Hermione sconcertato.
“Credi che una Pozione Polisucco e un timbro di voce più basso non mi permetta di riconoscerti?”
“Lei è confusa, non sa quello che dice…”
“Harry, posso non ricordare il mio colore preferito, o miei compagni di giochi dell’infanzia, ma non potrei mai dimenticare te. E anche se ora hai gli occhi neri, i capelli rossi, e sei un signore distinto sulla quarantina, io so che tu sei l’uomo che mi abbraccia nei sogni, sei tu quel frammento di puzzle. Sei Harry e sei tornato da me.”
Si era alzata lentamente per poi avvolgere le sue braccia esili attorno al collo di Harry. “Sei un idiota, te l’ho già detto vero?”
Le labbra di Harry si erano curvate in un sorriso. “Non smettere mai di ripeterlo, Hermione.”


Ed ecco la mia storia per Harry! Spero di aver reso giustizia alla citazione, e mi raccomando usate quel bel link che ho messo nel titolo della storia, perché è stupenda e grazie al gruppo di traduzioni tutti possono leggerla. Un doveroso grazie va quindi a loro e a Herm735 che mi ha aiutato a far uscire questa benedetta idea dalla mia testolina.
Alla prossima!
   
 
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