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Autore: Scribak    31/07/2012    1 recensioni
"... Se la rana aveva intenzione di uscirsene con una qualche conversazione, avrebbe fatto bene ad iniziare presto. Bel voleva dormire, dannazione. Ne aveva bisogno più di quanto non avesse potuto nelle ultime settimane. Poteva perdere un po’ di sonno, alcune notti addiritura, ma non tre settimane...!". Se due occhi verdi come smeraldi impediscono ad un principe di dormire, bisogna cercare una soluzione al più presto.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Belphagor, Fran
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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I don't intend to be an insomniac

I don’t intend to be an insomniac
… so I’d better do something about this then.

Autore: Dirkje
Traduttore: Scribak                                                                                                                                                                      Rating:K+ 

Nota del traduttore                                                                                                                                                                                                           Salve a tutti i lettori. Non ho intenzione di sottrarvi molto tempo, dal momento che la fanfiction, seppure sia una one-shot, è piuttosto lunga (e desidero che la gustiate come pienamente merita); ho solo un paio di precisazioni da fare, in merito agli aspetti più tecnici della traduzione: come ha suggerito Milli Milk (che ringrazio ancora per la recensione costruttiva), ho cercato, questa volta, di subordinare all’esattezza della trasposizione Inglese-Italiano, la scorrevolezza di quest’ultimo, cambiando (anche di molto) la costruzione delle frasi, in modo da conservare il più fedelmente possibile le sensazioni che evoca la scrittura e lo stile originale dell’autore. Secondariamente, ho sostituito le forme giapponesi “sensei” e “kouhai” con i corrispondenti “signore” e “sottoposto”, convertendo la parlata di Bel e Fran, rispettivamente, alla seconda e terza persona (scelta che mi è parsa abbastanza in linea con l’atteggiamento, solitamente distaccato, del secondo).                                             Vi lascio alla fanfiction, augurandomi che Dirkje abbia ben riposto in me il suo entusiasmo perché la sua opera fosse volta nella lingua originaria dei Vongola. Cordiali saluti.                                                                                                                                                             URL fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/8305724/1/I_Dont_Intend_To_Be_An_Insomniac                                                                  Scribak

La camera elegantemente ammobiliata era immersa nell’ombra, illuminata a mala pena dal flebile chiaro di luna che penetrava dalla cima delle alte tende. Quest’ultime erano di un rosso scuro, ma nessuno avrebbe potuto notarlo nelle tenebre della notte, così come in quel momento. L’intera stanza era occupata da mobili di legno laccato di rosso, bianco e nero. Il candido pavimento di marmo era in parte coperto da un soffice tappeto cremisi, morbido e cedevole proprio come un qualunque materasso dovrebbe essere. Due letti stavano, affiancati, al centro di uno dei due muri, distanti l’uno dall’altro alcuni piedi, dal momento che, i ragazzi che vi riposavano, avrebbero voluto fingere che il rispettivo compagno non si trovasse lì. In ogni caso, nessuno dei due occupanti stava dormendo. 

Due occhi smeraldini fissavano la sagoma indistinta che giaceva nel letto vicino, coperta da lenzuola rosso sangue. Continuavano a chiudersi dalla stanchezza, ma Fran non riusciva a dormire. Sapeva che, anche se l’avesse fatto, si sarebbe solamente svegliato un paio d’ore dopo, senza null’altra occupazione che guardare ancora la causa inconsapevole (e perciò innocente, anche se solo per questa volta) della sua semi-insonnia. Lasciò che i suoi occhi seguissero il profilo di quel groviglio di capelli, che sapeva essere biondi, e di una spalla, gemella di una seconda che conosceva così bene.

Da lontano.

Era tardi, decisamente tardi. Se non era passata mezza notte sarebbe stato un miracolo, anche se, probabilmente, era già scoccata da un pezzo. Ma Fran non era in grado di addormentarsi. Solo di notte poteva fissare il suo superiore senza il pericolo di essere scoperto, interrogato e, di conseguenza, sottoposto ad un fitto lancio di pugnali quale punizione per la sua colpa. Era un peccato che ci fosse così poca luce. Le tende rosso scuro la trattenevano bene e non riusciva mai ad ottenere da Belphegor di tenere aperte le cortine quando si preparavano ad andare a dormire.

Guardare Bel era, in definitiva, tutto ciò che potesse concedere ai sentimenti che nascondeva con cura nel proprio cuore. Lasciò ancora una volta che i suoi occhi di smeraldo incrociassero le lenzuola del compagno, desiderando di poter strisciare sotto di esse. Ma Bel non gli avrebbe mai permesso di avvicinarglisi tanto. Eppure lo desiderava. Desiderava che quel finto principe sollevasse le coperte e, con il suo solito ghigno, lo invitasse ad entrare. Desiderava dormire con lui, in modo da rannicchiarsi contro la sua schiena ed abbracciarlo. Ma non poteva. Pertanto, continuava a guardarlo, incapace di addormentarsi sino alle prime ore della mattina, quanto il suo corpo affaticato trascinava, finalmente, la sua mente nell’oblio.

Bel si mosse lentamente, a disagio. Poteva sentire quegli occhi seguirgli l’arco della schiena. Lasciò andare un sospiro silenzioso sotto le lenzuola rosso sangue. Era la ventitreesima notte che rimaneva sveglio grazie allo sguardo del suo sottoposto. Non era sicuro di cosa pensarne.

Un lieve fruscio provenì dall’altro letto. Bel riusciva a sentire il ragazzo più giovane muoversi ed infine sedersi, avvicinandosi al bordo del letto rivolto verso il biondo. Si irrigidì, non appena percepì, più che udire nel vero senso della parola, Fran posare i piedi sul freddo pavimento di pietra ed alzarsi.

Dunque questo era, probabilmente, il peggior piano che avesse mai ideato, ma non poteva andare avanti in quel modo. Stava perdendo più ore di sonno di quanto potesse permettersi; già in alcune missioni si era sorpreso a commettere stupidi errori, che era riuscito, in qualche modo, a nascondere agli altri Varia, ma sapeva che c’era un limite da non oltrepassare assolutamente.

Fran stava in piedi, immobile sul freddo pavimento di marmo, che riluceva vagamente d’argento nella fioca luce della luna.

E nonostante tutto ciò fosse vero, non riusciva ancora a costringersi ad attraversare quei pochi piedi che lo separavano dal letto di Bel, infrangendo quei muri, che lui aveva costruito così attentamente intorno a sé stesso e tra di loro. Da una parte, quelli che lo facevano sembrare disinteressato nell’intrecciare una qualsiasi relazione con gli altri Varia, assolutamente indifferente ad ogni loro stravaganza.

Dall’altre, quelli tra lui ed il suo superiore, i quali erano in larga parte, se non del tutto, conseguenza di quella facciata. E, tuttavia, voleva che crollassero. Voleva che non esistessero.

… Peccato che li avesse già costruiti.

Se la rana aveva intenzione di uscirsene con una qualche conversazione, avrebbe fatto bene ad iniziare presto. Bel voleva dormire, dannazione. Ne aveva bisogno più di quanto non avesse potuto nelle ultime settimane. Poteva perdere un po’ di sonno, alcune notti addiritura, ma non tre settimane.

Si avvicinò esitante al letto del superiore. Non c’era speranza di ottenere una risposta positiva da Bel quando (o, piuttosto, qual’ora) avesse confessato i propri tormenti. Pertanto, perché stava per farlo?

Perché, forse, avrebbe finalmente potuto trovare un qualche riposo dai propri pensieri e dormire normalmente durante la notte. La sua parziale insonnia lo avrebbe stremato, se non avesse fatto qualcosa per bloccarla.

Era una decisione presa quasi interamente per ragioni di salute.

Ehi, Bel, mi sto per confessare, ordini del medico.

Avrebbe potuto funzionare.

La rana stava davvero esagerando. Si stava finalmente muovendo e Bel sospettò che avrebbe fatto qualcosa riguardo tutto quel fissare che li stava tenendo entrambi svegli: in ogni caso, era qualcosa di così atroce, da farlo esitare tanto? Pace. Stava iniziando a perdere la propria pazienza.

Dunque, come avrebbe dovuto iniziare? Per prima cosa aveva bisogno di essere sicuro che Bel fosse sveglio, ma l’idea di scuotergli una spalla (per quanto nuda e seducente fosse) lo terrorizzava. Chi poteva sapere con quanta violenza avrebbe reagito il suo superiore? Forse, avrebbe potuto provare a svegliarlo dicendo qualcosa, ma, di nuovo, doveva assolutamente assicurarsi di non fare nulla che irritasse l’altro assassino.

Perciò, gridare all’improvviso “ehi, principe dei miei stivali”, probabilmente, non era una buona idea.

Fece un altro passo avanti, esitante. C’era ancora un’intera stanza tra di lui ed il letto dell’altro. Si chiese se l’avrebbe fatto quella notte.

Il cuore di Fran, si fermò improvvisamente, folgorato a morte da uno shock istantaneo. Lo sgomento paralizzante di essere sorpresi dai vostri genitori, con le mani nel sacco, mentre cercate di prendere il barattolo di marmellata proibito (seppur cento volte peggio), lo strinse in una morsa, sfrigolando  allegramente nel suo corpo come una scarica elettrica.

La vaga figura di Bel si rigirò nel letto, facendo frusciare le lenzuola. Le sue movenze erano di gran lunga troppo intenzionali e ben coordinate perché fosse addormentato. Fran lo sentì sospirare, mentre lui cercava di far riprendere il suo cuore a battere.

“Sono passate più di tre settimane, rana”.

Al suono di quella voce morbida e, seppur evidentemente stanca, priva di qualsiasi traccia di sonno, l’illusionista respirò a mala pena, cercando di non andare in iperventilazione.

Era stato sveglio per tutto quel tempo?

Cercò di dire qualcosa attraverso l’oscurità indistinta della camera, ma aveva la gola come strozzata, e non sarebbe uscito fuori da essa null’altro che uno squittio spaventato. Tutto ciò non sarebbe dovuto succedere: non era preparato al fatto che il suo superiore potesse essere sveglio.

Sono passate più di tre settimane, rana.

Lui sapeva?

… Sapeva tutto?

Bel sospirò di nuovo stancamente, quando sentì i respiri soffocati e nervosi del suo sottoposto. Davvero, cosa stava pensando? Che un assassino esperto come il principe non si sarebbe reso conto delle avide occhiate di qualcuno, tali da dare la stessa impressione di essere pedinati? Oppure che bloccarsi, ora, gli sarebbe stato di qualche utilità? Ovviamente no. Nessuna delle due, in realtà, corrispondeva al vero.

Povera ranocchia. Sembrava che avesse avuto un colpo per la sua reazione improvvisa. Non ce n’era bisogno. Bel non aveva intenzione di fare alcunché di minaccioso, tanto che la rana avrebbe potuto avere qualunque cosa, purché potesse dormire di nuovo. Non era il comportamento che avrebbe assunto di solito per tormentare qualcuno, e sapeva che la rana stessa stava ripagando il principe di tutte quelle notti insonni.

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Si mosse ancora un poco, stiracchiandosi sotto le coperte, e si sollevò sui gomiti, girandosi dal suo fianco sulla schiena, in modo da scorgere la figura di Fran nella penombra.

 

Fran sentì il proprio cuore balzargli in gola non appena il suo superiore si tirò su a sedere per scorgere il suo viso. Come doveva procedere, ora, non avendo avuto neppure il tempo per pensare ad una tattica? Non era ancora pronto, dal momento che non aveva la minima idea (che non avesse potenziali conseguenze disastrose) di come dire a Bel ciò che nascondeva da così tanto tempo.

“Avanti, rana”.

La voce stanca di Bel suonò stranamente… gentile. Così comprensiva, suadente - persino dolce - da parere del tutto innocua. Perché il suo superiore avrebbe mai usato un simile tono di voce con lui e perché proprio in quel momento? Aveva mai parlato in quel modo, prima, in sua presenza?

 

Fran si schiarì la voce, esitante. Resistette alla tentazione di cambiare nervosamente posizione, mantenendo il suo corpo immobile.

Come diavolo avrebbe potuto introdurre il discorso?

Bel fissò l’altro ragazzo, osservando attentamente il suo insolito comportamento. Non aveva mai visto il suo sottoposto nervoso.

… No.

Non era proprio così.

Lo aveva visto qualche volta, ma era stato così tanto tempo prima, che aveva scordato tutto. Nelle prime settimane dell’arruolamento di Fran, c’erano stati alcuni casi, in cui erano coinvolti gli altri Varia. Apparentemente, la rana aveva impiegato un po’ di tempo ad abituarvisi, a perfezionare la sua maschera infallibile.

Peccato che ci fosse riuscito. Non gli sarebbe dispiaciuto se Fran avesse mostrato qualche sentimento in più.

Bel si sedette un po’ più dritto, ascoltando i tentativi del suo sottoposto di iniziare una conversazione. Esitava ad ogni sillaba, ricominciando ogni volta, per poi arrestarsi nuovamente. Il biondo si chiese come sarebbe stato se Fran non avesse costruito quella maschera, quel muro impenetrabile intorno sé stesso. Anzi, per cominciare, perché mai lo aveva costruito? Si sentiva così tanto intimidito dagli altri ufficiali dei Varia? Tanto minacciato, da sentire il bisogno di rinchiudersi in sé stesso? Forse c’era dell’altro…

I balbettii di Fran erano, in un qualche modo, teneri. Bel non lo aveva mai sentito fare così. Il suo corpo, ugualmente, stava parlando più di quanto lo avesse mai visto, pertanto colse l’opportunità di registrare più particolari possibili, cercando di interpretare e capire quel poco del suo sottoposto che il ragazzo stesse mostrando in quel momento. Non molto. Ma era di sicuro qualcosa.

“Signore… Io… uhm…”.

“Uhm?” pensò Bel, divertito. “Non lo aveva mai sentito dirlo prima”.

Diavolo, cosa stava facendo? Era del tutto impazzito? Confessarsi ad un lanciatore di coltelli del tutto fuori di testa, così presto, di mattina, era un suicidio.

Ma voleva liberarsi di quella cosa.

Assolutamente.

Si torse le dita affusolate, intrecciandole in grembo. Poteva percepire l’attenzione del superiore su di sé, cosa che lo faceva sentire evidentemente a disagio.

“Dunque, io…”

Oh, che diavolo.

“Signore, per una qualche ragione incredibilmente assurda che, senza dubbio, è basata su un attacco di follia che solo voi avete mai potuto sperimentare” prese un profondo respiro “Sembra che… che io… abbia… uhm, che io abbia dei sentimenti per lei…”.

“…Sembra che io abbia dei sentimenti per lei…”.

Cosa?

No, aspetta. Che cosa?

Mi stai prendendo in giro?” chiese Bel sospettosamente, inclinando la testa e strizzando gli occhi per cercare di vedere l’espressione di Fran sul suo volto. Poteva sentirlo deglutire freneticamente e lo vide scuotere la testa, con un gesto rapido e brusco.

… Che cosa?

… Aspetta un attimo.

Gli ingranaggi nella testa dell’assassino iniziarono a girare freneticamente, ritornando ai primi mesi dell’arruolamento di Fran. Era piuttosto nervoso, allora, più timido. Lo aveva visto così intorno agli altri ufficiali, perciò non aveva pensato che significasse molto se la rana si comportasse in quel modo anche con lui. Erano compagni; naturalmente, spendevano più tempo insieme che con gli altri Varia. Dunque, era logico che Fran fosse più che mai teso con lui.

… Tuttavia, non aveva mai fatto nulla che implicasse specifici sentimenti per Bel.

“… Da quanto tempo?”.

Fran sollevò nervosamente lo sguardo. Il suo superiore stava facendo domande? Non era stato nemmeno pugnalato appena avesse aperto bocca?… Significava forse che aveva qualche speranza?

Si morse il suo labbro inferiore e fissò il pavimento vicino al lussuoso letto del compagno (non che il suo non lo fosse. I Varia non badavano esattamente a spese). Da quanto tempo? Sapeva perfettamente da quanto questo lo tormentasse tanto da farlo stare sveglio, di notte, ma non era sicuro da quando tutto ciò fosse iniziato. Il principe, vero o finto che fosse, lo aveva, in un qualche modo, attratto sin dall’inizio, sebbene fosse stata una cosa puramente fisica. D’accordo, aveva a che fare anche con il suo atteggiamento, ma questo era tutto.

… Sì, non doveva essere stato che un paio di mesi prima.

Fran aveva realizzato di guardare Bel più del necessario intorno quel periodo, e si ricordò che si era preoccupato di cosa facesse soffermare il suo sguardo.

Forse, era da allora che…?

“Non ne sono sicuro” sussurrò, gli occhi fissi sul pavimento. “Penso… un paio di mesi”.

Il suo superiore emise un suono sorpreso, ma non fece altre domande.

Mesi? Mesi?

Perciò non proprio dall’inizio, dunque. La rana era con loro ormai da due anni. Ma quindi… Dopo le pugnalate? Dopo gli insulti? I loro continui litigi, il loro battibeccare, il loro lavoro di squadra così traballante e, tuttavia, stranamente efficace e… piacevole. Tutto quello lo aveva già…

Lui piaceva a Fran? Nonostante il modo in cui interagivano? O, in fin dei conti, gli piaceva anche quello?

La testa di Bel iniziò a dolergli un poco per tutto quel pensare. Grazie tante, il suo genio risiedeva nel combattimento. Ad ogni modo, era davvero troppo presto per pensare così tanto. Sbadigliò.

“Okay”.

Fran sollevò lo sguardo, pensando di aver sentito male. “Uhh… cosa?”.

Bel si rigirò per fissarlo, facendo richiudere sul suo viso la sua frangia bionda, quasi d’argento nel fioco chiaro di luna, come se fosse una tenda. “Hai capito bene. Il principe non riesce a pensare in questo momento, è troppo presto”. Il ragazzo si stiracchiò languidamente per un momento, ignaro dello sguardo pieno di desiderio che aveva istantaneamente provocato. “Puoi avere un’udienza con la mia regale persona a mezzogiorno, al più tardi. Ushishishi”.

Il principe si rannicchiò sotto le coperte, scivolando verso il basso finché non le ebbe tirate sino al mento, sospirando beatamente. Fran rimase in piedi, fissandolo. Questa volta, si era rannicchiato con il viso rivolto verso l’altro ragazzo, e quest’ultimo si chiese se non fosse stato un gesto volontario.

“Non vai a dormire, rana? O, piuttosto, non puoi? Scegli una risposta”.

Fran sobbalzò al suono improvviso della voce del principe, avendo ritenuto che il suo superiore non dicesse null’altro per il resto della notte.

Non voleva andare a dormire. Sentiva che non avrebbe ancora potuto addormentarsi, nonostante Bel avesse evidentemente accolto la sua confessione, sia che ricambiasse i suoi sentimenti o meno. Se non altro, Fran si sentiva ancora più inquieto. L’attesa e l’aspettativa, comprese, lo avrebbero accompagnato sino al sorgere del giorno, tenendolo sveglio.

Fran sospirò.

“Hmm… No. Non penso di poter dormire” mormorò, girandosi appena per scoccare un’occhiata critica al proprio letto. Lussuoso, certo. Confortevole, sì. Andarci a dormire? No.

“Perché mai, rana?” Bel farfugliò, già mezzo addormentato.

Un paio di labbra pallide si stirarono in un lato, gentilmente divertite. L’illusionista alzò le spalle. “Non lo so”. Non se la sentiva di dirlo e, comunque, il suo superiore si era già quasi addormentato. Metà della spiegazione, probabilmente, sarebbe andata sprecata.

“Shishi. Il principe lo sa”.

Ci fu un fruscio di coperte, quindi una mano pallida sgusciò fuori dalle lenzuola vellutate, tendendosi verso Fran.

“… Signore?”.

La voce della ranocchia era acuta per l’incredulità e malcelata speranza, e quella era sicuramente la cosa più seducente che il principe potesse udire. Le labbra di Bel si incurvarono improvvisamente in un ghigno ed il ragazzo mosse lentamente le dita, facendo cenno al più giovane di avvicinarsi. Fran obbedì, trascinandosi più vicino finché le dita di Bel sfiorarono il suo gomito.

“… Cosa c’è, signore?”. Fran era mai sembrato tanto docile prima?

La sua voce nascondeva, ormai, a malapena il suo desiderio. Bel strinse le sue dita intorno al braccio del compagno e lo tirò a sè, ridacchiando quando l’illusionista inciampò, probabilmente per la sorpresa. Fran stava balbettando qualcosa, ma lo ignorò. Per quello che stabilì essere l’ultima volta, nel corso di quella notte, Bel si tirò su a sedere faticosamente. Con un altro strattone ben assestato, Fran finì nel suo grembo, disteso in un modo poco dignitoso, a causa di un (futile) tentativo di evitare il corpo del principe.

Bel sorrise appagato, la mente piacevolmente alla deriva in quello stato sonnolento e pigro di “so che c’è ancora mezza giornata prima che io debba alzarmi”, ed afferrò tra le mani, senza troppe cerimonie, il volto di Fran,. Ad un cupo “ow”, raddrizzò l’illusionista e fissò laddove pensava si trovassero due occhi di smeraldo, nascosti nell’ombra.

“Uhh… signore? Cosa, uhm, sta facendo?”.

Spiegare sarebbe stato una perdita di tempo (che avrebbe potuto spendere dormendo), perciò si protese semplicemente in avanti, verso quelle che – si sperava – fossero le labbra del suo giovane collega.

Bing-go.

La rana era rimasta perfettamente immobile, ma andava bene così. Bel lo baciò con cautela, casto e lieve, dandogli il tempo di decidere se volesse rispondere. Fran ricambiò il bacio, esitante, e, pochi momenti dopo, si separarono.

 

Fran stava ansimando debolmente, fissandolo come era divenuta, ormai, un’abitudine.

“Shishi” Bel scostò con gentilezza una ciocca di capelli indaco, neri nella notte, dietro le orecchie dell’illusionista, scoprendo di apprezzare il piccolo sobbalzo che quel gesto causava. “Pensi di poter dormire, ora, rana?” domandò, stuzzicando il compagno.

Solo per vedere se avesse potuto sentire il viso della rana scaldarsi, lasciò che le sue dita si soffermassero, accarezzando il volto di Bel. Era curioso. Avrebbe potuto anche far arrossire l’illusionista? Lo sperava.

 

“U-Uhmm, uhh…”.

Fran cercò di dare un ordine agli ultimi avvenimenti, ma scoprì di non riuscirci, troppo perplesso per riconoscere ciò che era appena successo. Le sue dita erano fermamente attorcigliate intorno alle morbide coperte e realizzò di essere ancora proteso verso il suo superiore, quasi disteso su di lui. La sua mente era terribilmente confusa.

Sarebbe riuscito a dormire? Onestamente, non lo sapeva.

La sua pelle era stranamente sensibile, là dove il biondo aveva appoggiato le dita. Piccole scariche di elettricità si intrecciavano l’una all’altra nel suo stomaco, in risposta al bacio.

Un bacio! Un bacio!

Oh, diamine, un bacio

Fran percepì che iniziava ad arrossire, e, non appena comprese ciò che stava accadendo al suo viso, si sentì anche peggio.

Ricomponiti! Andiamo!

Era solo un bacio, dopo tutto. In ogni caso il suo primo, ma comunque…

U-Uh, okay signore, Io… uhm…”. balbettò, sollevandosi cautamente dal suo superiore. Alcune risatine divertite fluttuarono intorno a lui, e Fran cercò di fare del suo meglio per ignorarle, così come il suo viso in fiamme. Il pavimento di marmo era freddo sotto i suoi piedi, quando si tirò rapidamente su per raggiungere il suo letto, dove sperava di potersi nascondere.

Il silenzio era calato quando aveva finalmente finito di accoccolarsi nelle sue coperte. Fran pensò che Bel se ne sarebbe stato buono fino all’alba, ma si sbagliava.

“Avresti dovuto dire al principe che avevi bisogno di un bacio della buonanotte”.

Con rumorose risatine nelle sue orecchie, Fran strappò il suo cuscino da sotto la testa e seppellì il suo viso nel materasso, cercando di coprirsi le orecchie e di soffocare quel rumore imbarazzante.

Stupido, dannato fake-prince.
  
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