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Autore: Kagome_86    31/07/2012    1 recensioni
La raccolta fa parte della serie Broken Hearts.
È una raccolta di shot riguardanti la paternità di Ethan e il rapporto che ha con sua figlia.
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Broken Hearts'
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Allungo la mano verso il ginocchio nell’istintivo gesto di placare il dolore, anche se non riesco proprio a capire come possa essermi fatto male. Sono a letto. Fino a due minuti fa dormivo. Che cazz…
«Ethan, Ethan, per favore!» la voce di Esther risveglia tutti i miei sensi e mi mette in allarme. Scatto a sedere sul letto, come se non mi fossi mai addormentato, e mi guardo intorno alla ricerca di un segnale di pericolo. Niente. Nessun odore di vampiro o di altre creature strane.
Sono colto dalla tentazione di rimettermi a dormire, quando dalla bocca di Esther esce un verso strano, di dolore. Mi volto verso di lei.
«Ethan… la bambina…» cerca di dirmi qualcosa, tra una smorfia e l’altra. Poi il suo viso torna rilassato. «Sta nascendo.»
Ci metto un po’ a capire quello che sta cercando di dirmi e, dopo aver tirato fuori una delle mie facce da pesce lesso che in un’altra situazione l’avrebbe fatta sicuramente ridere, scatto fuori dal letto e alla massima velocità concessami dalla mia seconda natura, mi vesto e prendo tutto il necessario per l’ospedale. La borsa con le cose di Esther, la carrozzina, i sacchettini con i vestiti per la bambina… ok, dovrebbe esserci tutto. Corro fuori, spalanco il garage e carico tutto nell’auto. Accendo il motore e tiro fuori l’auto.
«Ethan» mi richiama Esther. Mi giro verso il sedile del passeggero e lei non c’è. Ridacchio, rientrando in casa per prenderla tra le mie braccia. Sono troppo agitato.
«Tesoro, stai calmo, c’è ancora un po’ di tempo» mi dice mentre le infilo una giacca di piuma d’oca e un paio di calze di lana, prima di portarla fuori e rendermi conto che forse, a metà luglio, con tutta quella roba addosso avrà caldo. Quando la faccio sedere in auto è colta da un’altra contrazione. E io vado di nuovo nel panico. Non mi piace vederla soffrire. Non mi piace e basta, ma lei continua a sorridermi, nonostante le contrazioni, nonostante tutti i miei sbagli degli ultimi venti minuti, lei continua a sorridere serena.
Salgo dal lato del guidatore dopo aver abbassato il suo sedile per farle avere una posizione più comoda e avvio l’auto. Destinazione: Ospedale di Forks.

*             *             *

Sono stato con Esther in sala parto fino a quando le contrazioni non hanno iniziato ad essere nel numero giusto o come cacchio si dice, poi l’ostetrica di turno mi ha cacciato fuori perché “agitavo la madre”. Ma che vuole? Avrò diritto ad essere un po’ in ansia? Lì dentro ci sono mia moglie e mia figlia!
«Ethan, stai tranquillo.» Papà mi poggia una mano sulla spalla e mi fa sedere di nuovo sulla poltroncina della sala d’attesa. Non mi ero neanche accorto di essere scattato in piedi. Sospiro.
«Ci stanno mettendo troppo» dico, quasi a me stesso.
«Ci stanno mettendo il tempo che ci vuole» mi risponde Seth, mentre continua a giocare con David sul pavimento della sala d’attesa. Sarah deve essere andata a prendere qualcosa da bere giù al bar.
«Perché non sei dentro con mia sorella, brutto idiota…»
La diplomazia di Judith viene soffocata dalla mano di Zack, che urla di dolore per il morso che riceve subito dopo.
«Non ti azzardare mai più a zittirmi, scemo!» La raffica di insulti che dovrebbe seguire viene però bloccata in maniera più efficace dalle labbra di mio cugino. Zio Paul deve avergli insegnato come si zittiscono le donne della Riserva.
«Lo ha buttato fuori l’ostetrica» risponde July al mio posto.
Ci sono davvero tutti. E fanno un casino assurdo… mi ricordano quasi la mia cerimonia del diploma, quando Seth voleva cacciare fuori papà e i cuccioli.
Sorrido per un attimo al ricordo, poi ricomincio a mangiarmi le unghie con lo sguardo fisso sulla porta della sala parto. Escludo tutte le voci che ho intorno e mi concentro su quella maledettissima porta tagliafuoco che non vuole saperne di aprirsi.
Qualche minuto dopo esce fuori un’infermiera. Forse è la stessa che mi ha cacciato fuori dalla sala parto, forse no, in questo momento non saprei dirlo, ma sul suo viso c’è un sorriso, mentre chiede del “papà”.
«Sono io!» mi ritrovo a dire senza sapere come e la tipa mi afferra per un gomito, mi trascina dentro e mi infila uno di quei camici monouso che si allacciano sulla schiena, mi molla una cuffia della stessa stoffa – o è carta – pruriginosa e soffocante e mi fa alzare i piedi uno alla volta per mettermi dei sacchetti di plastica a coprire le scarpe.
Probabilmente si è accorta che da solo in questo momento non sarei in grado neanche di seguire delle semplici istruzioni, tanto sono in ansia.
E poi… tutta l’ansia si scioglie nel momento in cui le vedo. I miei due tesori più grandi insieme su quel lettino. Esther ha gli occhi chiusi, deve essere stremata, ma è sveglia e con una mano accarezza il fagottino che le hanno messo accanto.
Poso le labbra sulla fronte di mia moglie e una mano su quella con cui sta accarezzando la nostra piccolina.
«È perfetta. Come te» le dico.
«Ma non ha ancora un nome» mi risponde lei, con un sorriso stanco.
«Veramente… penso da mesi ad un nome per la piccola, ma non so se…»
«Anch’io ho un nome che potrebbe essere perfetto, ma non so se ti piacerà» mi interrompe lei.
«Al tre lo diciamo insieme?»
«1…»
«2…»
«3… Amelia.»
«Amelia.»
Sorridiamo. Probabilmente siamo arrivati a questo nome con lo stesso ragionamento.
«Vuoi prenderla un po’ in braccio, Ethan?»
«Muoio dalla voglia» le rispondo.
«Ciao, piccola Amelia. Questa brutta faccia qui è quella del tuo papà.»
«Così la spaventi» sorrido, mentre l’ostetrica mi mette tra le braccia la mia bambina. È così piccola e così leggera.
«Ciao, amore del tuo papà
» dico, senza riuscire ad aggiungere altro.
Seguo il profilo di Amelia con un dito e, mentre le accarezzo le rughe sulla fronte, sorrido pensando
che tutti i pezzi della mia vita, della nostra vita, sono finalmente al loro posto.

***

Dunque, lo so che ho due storie in corso e che dovrei chiudere quelle, prima di pensare ad altro... ma, come prima giustificazione, questa è una shot, e come seconda giustificazione, questi due, o meglio questi tre, sono venuti a rompermi le scatole mentre scrivevo la tesi e mentre ripetevo la discussione... ah, sì, per la cronaca, nel periodo in cui sono sparita ho finito gli esami e mi sono laureata (ancora fatico a crederci).

Spero che la storia vi sia piaciuta, e che abbiate capito da dove viene il nome della piccolina... potete dirmelo nelle recensioni, se volete :)

Tutto ciò era nato come una semplice shot, e invece, consultandomi con il caro beta Abraxas, la shot è diventata una raccolta di shot... per vedere la prossima però dovrete aspettare che sia andata un po' avanti con le storie che ho in corso, altrimenti mi sento in colpa...
La raccolta sarà tutta narrata dal punto di vista di Ethan (dato anche il suo titolo) e i titoli delle varie shot saranno tutti verbi all'infinito. In questo caso 'nascere'.

Ringrazio Ab e J per le consulenze e... vi saluto :)

Un bacio
K.

   
 
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