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Autore: ellephedre    31/07/2012    7 recensioni
Un anno e mezzo dopo la battaglia con Galaxia, Ami Mizuno ha davanti a sé una lunga vita, un destino da guerriera Sailor e paure che preferirebbe dimenticare. Ma incontrerà chi la costringerà ad affrontarle. A vincerle.
"Ami Mizuno aveva capelli tanto scuri e lucenti da aver passato il limite del nero. Erano blu i fili corti che le adornavano la testa, schiariti da un sole che aveva deciso che il colore della notte era troppo cupo per lei. Una spiegazione romantica, a giustificare la differenza con le chiome corvine dei suoi genitori.
Sailor Mercury aveva il colore dei capelli di sua madre. Un poco più scuri, una differenza quasi irrilevante. Il taglio degli occhi era identico: grandi occhi dolci, le avevano detto le sue amiche, con lunghe ciglia e palpebre vispe che non si sarebbero mai azzardate a pesarle sullo sguardo. La bocca. Le era sempre piaciuta. La luce artificiale faceva brillare il rosa scuro delle sue labbra come un frutto maturo e delicato; il sole le donava la tonalità di un bel fiore in boccio."

Oltre il quarto capitolo la storia continua con delle scene.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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Acqua Viva - Scene Settembre/2
Acqua viva

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

Settembre/2



E il giorno seguente Alexander non c'era più.
Fu una cosa tranquilla e normale da principio: lui era in vacanza. Per lei era ricominciata la scuola e aveva le lezioni da frequentare; l'estate era terminata.
È finito qualcosa
. Un pensiero sfuggente in quei primi giorni, mentre si accorgeva di avere più tempo da dedicare alle sue amiche, a sua madre. Se aveva voglia di parlare con qualcuno, alzava il telefono e doveva impedire alle dita di comporre in automatico il numero. Si concentrava un momento, e se voleva ridere chiamava Minako, se desiderava un'idea per qualcosa da mangiare consultava Makoto, se voleva sentirsi meno sola ascoltava la voce di Usagi e se aveva bisogno di un consiglio parlava con Rei.
Quando sua madre non era in casa, di tanto in tanto lei osservava le pareti.
Se n'era rimasta davvero seduta tra quelle quattro mura a studiare per tanti anni? Non rimpiangeva di averlo fatto, poiché riconosceva di essere stata serena in compagnia dei soli libri. Però non riusciva più a immaginare di tornare ad uscire solo per andare in biblioteca o alla scuola preparatoria. Era cambiata. Amava pensare alle giornate come ad un presente da vivere, e non più come ad un intermezzo da far passare in attesa che il futuro si realizzi.
Il suo presente non era solo Alexander, ma quello che lui le aveva fatto scoprire. È questo il momento di sperimentare, di essere. Era il motto silenzioso di lui.
Le sue amiche avevano provato a smuoverla in quella direzione; le loro piccole spinte erano servite a non farla vivere in un mondo di esperienze sempre uguali, ma lei non ne era uscita del tutto. Si era sentita un passo indietro rispetto a loro, che erano così audaci e coraggiose, prive di imbarazzi.
Aveva imparato la teoria della vita di un'adolescente in loro compagnia, come quando osservava Minako che abbordava ragazzi o Rei che si destreggiava nel tempio tra decine di sconosciuti, con le parole giuste sempre in bocca. Makoto a scuola parlava con tutti e Usagi era capace di far ridere anche i professori.
Provando ad imitarle Ami non si era sentita a proprio agio. Aveva saputo di essere diversa - semplicemente se stessa - ma in tutto ciò qualcosa... non andava. Lo aveva percepito, lo aveva studiato. Sapeva essere sicura di sé e aveva il rispetto di chi la conosceva per la sua intelligenza, ma sentiva di non esprimersi appieno, per la persona che era realmente, nel profondo.
Le mancava la voglia di farlo? Un poco, e si era perdonata quel minimo di pigrizia.
Ma non era stato solo questo. Le era mancato... qualcuno. Qualcuno che mi capisca. Alexander era arrivato, e ora che non c'era più lei vedeva come non mai l'effetto che lui aveva avuto sulla sua vita.
«Sei silenziosa in questi giorni, Ami.»
A sua madre aveva detto che stava pensando. Aveva ripreso a pensare moltissimo da quando Alexander era andato via, interi discorsi che aveva voglia di condividere con lui appena fosse tornato a casa.
Casa, nei suoi pensieri, era lei. Torna da me, da noi. Si era sentita melodrammatica nella puntura di tristezza che accompagnava quell'invocazione muta che non osava mettere insieme. Era un pensiero che la coglieva all'improvviso, quando sentiva la mancanza di una carezza alla mano o di un bacio. Ma Alex torna tra meno di tre settimane, si diceva. E quando lui aveva chiamato per la prima volta, si era sentita esplodere di gioia. La voce di lui le aveva parlato di esperienze che gli erano mancate: rivedere sua nonna a Londra, lamentarsi di quanto era snob l'accento locale, viaggiare in libertà.
Ti piace muoverti.
Neppure questo aveva detto, era un'idea che le era rimasta impressa in testa. Come la sua mente, Alexander doveva essere in movimento per sentirsi vivo. Era un abitudinario per certi versi, un ragazzo tranquillo - come lei aveva pensato le prime volte che l'aveva visto. Ma quando ingranava col cervello e col corpo lui era felice come non mai.
Potevano fare quasi tutto insieme, ma lei aveva imparato a lasciarlo solo durante le sue corse. Osservandolo mentre si muoveva veloce aveva capito di essere di troppo. In una sola cosa, tutti hanno bisogno di un momento solo per sé. Si era spiegata così l'estraneazione di lui in quei frangenti, quella che Alexander stesso forse non aveva compreso. Le aveva risposto senza fastidi tutte le volte che lei aveva parlato; avevano anche riso insieme, ma alla fine dell'esercizio, mentre riprendevano a camminare, lui per bisogno - a disagio - aveva guardato il cielo, incerto su cosa ci fosse che non andava.
Il problema era stato di duplice natura: in verità - le aveva detto - lui solitamente correva più veloce. Non aveva fatto aggiunte, il bisogno di solitudine era una cosa che lei aveva capito da sola.
Lei amava stare in solitaria mentre studiava, ma era diversa da lui. Lei sì che viveva di abitudini: a lungo era stata capace di passare tutto il suo tempo tra scuola, casa e battaglie Sailor. Erano stati quei combattimenti a rompere la sua routine, facendola uscire dal suo spazio personale.
Alexander invece non aveva avuto bisogno di nemici interplanetari per librarsi: club di nuoto e scienze alle superiori, due volte rappresentante di classe, si era fatto conoscere in tutto il suo istituto - anche per ragioni che lei non amava ricordare. Lui aveva avuto tante relazioni, quindi si era interfacciato con molte persone diverse. Ma soprattutto, Alexander aveva viaggiato. Andava all'estero perché non c'era città giapponese in cui non fosse stato almeno una volta. Le era simile per quella parte di lui che rimaneva distante da tutto, chiusa, ma era una persona che amava le nuove esperienze. Sottilmente, senza accorgersene, Alex cambiava vivendole.
Che cosa è finito con questo viaggio?
Era la domanda che era riuscita a concretizzare in due settimane, dopo che per tre giorni lui non aveva chiamato. Le aveva detto che sarebbe andato in un posto in cui non c'erano telefoni - un campeggio, un viaggio nella natura. Quel periodo di silenzio forzato le era servito ad ascoltare paure che lei aveva sepolto in sua presenza, proprio grazie a lui.
Io, forse, sono solo una tappa per te.
Quando la guardava Alexander le diceva di no, che era per sempre. La faceva sentire una persona con cui valeva la pena di dividere una vita intera, e lei lo era sicuramente, ma.... per lui? Sarebbe stata LA persona per lui?
Si era ritrovata con una sua foto in mano e, per una volta, non aveva visto solo un volto che avrebbe potuto amare per mille anni. Aveva visto un ragazzo, di ventuno anni, con forse tutta una vita - di durata normale - da trascorrere lontano da lei.
«Che cos'hai, love?»
La telefonata successiva l'aveva lasciata con la voglia di abbracciarlo forte. Torna qui, fammi dimenticare tutto questo.
«Niente» gli aveva detto. «Solo che... mi sei mancato.»
Lui era stato così felice di sentirlo.
Lei aveva preso una decisione momentanea ma importante. Finché lo vorrai, ti amerò con tutta me stessa.

«Che cos'hai, Ami?»
Ad Usagi non era stato altrettanto semplice sfuggire. «Niente.» Non aveva accelerato il passo fuori dalla scuola, perché da lei non poteva - non voleva - scappare. Usagi era una voce gentile che soffriva se veniva ignorata e lei non le avrebbe mai fatto questo.
«Mi stai dicendo una bugia, sembri triste.» La sua mano sulla spalla la trattenne delicatamente. «Ti manca Alexander, vero? Coraggio, mancano solo tre giorni al suo ritorno.»
Era confortante sentirlo dire da lei, che aveva vissuto un'esperienza come la sua ma infinitamente peggiore. «Usagi... Che cosa provavi quando Mamoru era lontano?»
«Quando?»
«Quando era negli Stati Uniti e non sapevi che...»
Vide la forza della sua amica nel momento in cui quel ricordo oscuro le strappò solo un sorriso amaro.
«Me lo chiedi perché ti sei sentita sola, Ami-chan?»
Non sapeva come spiegare tutto quello che aveva sentito.
«Vieni, andiamo al parco. Mangiamo qualcosa e parliamo.»
Usagi l'aveva trascinata verso una panchina tenendole le mano, un sostegno in quel momento come la prima volta in cui l'aveva conosciuta. La soggezione che aveva provato nei suoi confronti era sempre stata così confortevole e strana: assieme ad Usagi non aveva paura di nulla, lei affrontava guerre e problemi con uno scudo fatto di semplici sentimenti sinceri e risoluti.
«Quando Mamoru era negli Stati Uniti e non mi chiamava, non mi scriveva... Avrei dovuto essere più devastata, vero?»
«Non intendevo questo.»
«Lo amavo così tanto che non riuscivo ad ascoltare quel dubbio cattivo che mi diceva tutti i giorni che qualcosa non andava. Mamo-chan aveva detto che sarebbe stato occupato e per me la sua parola era... divina.» La risatina di Usagi fu allegra, solo lievemente malinconica. «Dopo due mesi che non mi scriveva non credevo che mi avesse dimenticato, però pensavo a tutte le cose che dovevo dirgli: doveva avermi più a cuore, dirmi che gli mancavo, farsi sentire più spesso anche se era molto occupato. Una sola chiamata alla settimana, un minutino per me. Anche Mamoru mi ha detto che mi accontentavo di troppo poco.»
«Sono felice che ora ti stia dando quello che meriti.»
Usagi la guardò attenta. «Mi hai detto che Alexander ti ha chiamato almeno tre volte alla settimana da quando se n'è andato. Allora perché tu...? Il problema è lui, vero?»
«No.» Sì, nel senso che riguardava lui, e no, nel senso che non era nato da lui. «Tu...» Zittì un pensiero ingiusto.
«Cosa?»
«Niente.»
«Su, Ami. Lo sai che non ho un tatto da offendere, sono di ferro io.»
«Come fai a sapere che...?»
«Che ti sei fermata per me?» Usagi le toccò la fronte. «Ti cresce una piccola linea qui quando ti preoccupi di fare del male ai sentimenti di qualcuno.»
Quanto era prevedibile. Sospirò. «Tu... hai mai pensato che con Mamoru non siate destinati a stare insieme per tutta la vita?»
Usagi sgranò gli occhi. «Ovvio. Continuamente.»
Ami non capì.
«Beh, lui mi ha lasciata quando c'era Chibiusa e poi c'è stata la lontananza per i suoi studi negli Stati Uniti, e io.... io non credo nemmeno ora che noi due dobbiamo stare insieme per forza. Ho fiducia nel fatto che lo amerò per sempre, ma prima mi rifiutavo di concepire che per lui non potesse essere lo stesso. Adesso... Adesso so che Mamoru sceglie di amarmi proprio come faccio io. Per questo non smetterà mai.»
Quella sicurezza la fece sentire infinitamente triste e minuscola. Sull'eternità del proprio amore non aveva dubbi, ma per quanto riguardava quello di Alexander... e non era nemmeno colpa di lui, che non dimostrava alcun dubbio su quello che provava. Del presente era sicura oltre ogni limite, era il futuro che la terrorizzava. Solo perché Alex non era accanto a lei a rassicurarla? Non avrebbe mai immaginato di essere così insicura.
Usagi la stava guardando negli occhi. «È questo allora? Questa piccola vacanza di Alexander ti ha fatto tornare quei dubbi che avevi prima di metterti con lui?»
«No...»
«Tu sei una persona che può essere amata completamente e per sempre, Ami.»
«Lo so. Ma lui cambierà, e anche io...» Mentre lo diceva si rese conto che quel discorso valeva per chiunque, Usagi e Mamoru compresi. «Non gli ho ancora detto che sono una guerriera Sailor, chi sarò e cosa farò in futuro... Mi spaventa l'idea che questo presente cambi. Con questa vacanza Alexander me l'ha fatto ricordare.» Il che rendeva ancora più sciocche le sue paure; si stava lamentando di un futuro che non conosceva, solo perché il fidanzato che le aveva sempre detto e dimostrato di amarla si era preso qualche giorno di ferie. E senza nemmeno volerci andare da solo poi: Alex avrebbe voluto che lei si unisse a lui.
Usagi stava riflettendo. «Senti la mancanza dell'idea di un... destino?»
... sì.
«Ci siamo viziati, sai? Sappiamo cosa diventeremo da grandi, qual è il nostro posto nel mondo... Tutti gli altri vanno avanti senza sapere niente.»
Era vero. «Bisogna avere fiducia.» Doveva aggrapparsi a quella per lei e Alexander. Doveva credere che lui avrebbe scelto di amarla l'anno prossimo, e quello dopo ancora, fino all'esatto istante in cui avrebbe deciso altrimenti. Poteva non accadere mai, o forse... Ma lei non poteva vivere nell'incertezza: per vivere senza ombre, l'amore non ne permetteva.
«In fondo siamo normali, Ami. Quello che cercavo di dirti prima è che tra me e Mamo-chan è arrivato un momento in cui io l'ho... conosciuto, ecco. Quando è tornato da me, dopo Galaxia. Ho capito chi era in ogni angolo del suo cervello, l'ho fatto mio.» Usagi scoppiò a ridere. «Succede così per tutte le coppie. Arriverà un giorno in cui Alexander farà qualcosa, o dirà qualcosa... e tu sarai certa che ti vorrà bene per sempre. Non avrai più nessun dubbio.»
La promessa di una speranza. Fu come un raggio di sole, e commossa lei ne sorrise. Perché non ci arrivava mai da sola?
Per speranza aveva rischiato e aveva accolto Alexander nella sua vita, smettendo di crogiolarsi negli 'e se' infausti che le avrebbero rovinato in partenza ogni felicità.
Deglutì. «Credo di essere così emotiva, perché io non... Io so già cosa proverò per lui tra dieci o cento anni.» Anche se era solo una ragazzina; poteva cambiare in mille modi, ma quel suo amore non si sarebbe mai estinto. «Anche se è normale avere dubbi su quello che prova l'altra persona, l'incertezza mi rende instabile.» Ridacchiò. «Forse è normale anche questo.»
«Ami-chan, non te lo dico perché sono tua amica, davvero. Infatti potrei scommetterci il mio trono tanto ne sono sicura, ma Alexander si sente proprio come te. È lui quello che crede che non lo amerai per sempre.»
Fu l'unico momento in cui lei volle dire ad Usagi che stava sbagliando. «Non può essere.»
«Beh, non vi ho visti tante volte insieme, però... lo dice anche Minako che è esperta, e pure Makoto, e a pensarci bene anche Rei. Lui è più leggibile di te e si vede da chilometri di distanza che è tanto felice quando è con te, ma a volte sembra... in ansia. Vuole farti contenta in ogni istante e fa questa faccia....» Usagi si profuse in un'espressione supplicante. «Ti prego, fa' che ti piaccia, amami anche ora. Tu non la noti perché sei occupata a essere felice della sua sofferenza. Sei sadica.»
«Cosa? No!»
«Non è troppo sbagliato essere contenta se il tuo ragazzo ti adora da star male. Ma se lui si sente così, tu dovresti adorarlo di più.»
«Ma io lo...» Arrossì piano. «Lo adoro anche io. Davvero secondo te si sente così?»
«Secondo tutte quante. Se vuoi un consiglio pratico, sii più espansiva.»
Ecco una cosa che non le riusciva molto bene. Inoltre ad Alexander piaceva il modo in cui lei dimostrava il suo amore, di questo era sicura. Ma forse... «Posso fare qualcosa di più.»
Usagi la prese come una domanda. «Certo. Da esperta ti dico di provare con tanti lunghi baci e poi con...» Una risatina. «Beh, lo sai.»
In verità, non ancora. Ami evitò di arrossire e si congratulò da sola per il successo. Quindi si riduceva tutto a una questione di...?
Usagi annuì saggia. «Ai ragazzi piace sentire l'amore. Hanno ragione, sai? Non è tutta una questione di parole.»
«È anche una questione di gesti e di dimostrazioni.» Come lui che la chiamava appena poteva anche trovandosi all'estero, oppure sempre lui che dimostrava di amare tutte le loro conversazioni o passare del tempo insieme. Erano cose importanti. Non che lei escludesse che un giorno la loro relazione sarebbe andata anche in quella direzione, anzi. Da quando lui era partito, doveva ammettere di aver pensato che forse avrebbero già dovuto incamminarsi o essere per strada, ma Alexander non faceva pressioni vere. Probabilmente la lentezza del loro ritmo gli andava bene.
Usagi era rimasta interdetta, ma solo per un momento. «Sì. Fa' quello che ti senti, Ami. Logica a parte, è tanto tanto bello dimostrare di amarsi; è questo che ti rende sicura dell'amore.»
Doveva darle retta, Usagi era un'esperta. «Grazie di avermi fatto parlare.» Ne rise: se non fosse stata costretta, si sarebbe tenuta tutto dentro.
«A che servono le amiche altrimenti?» Usagi era soddisfatta. Come un falco che si era risvegliato dal letargo, puntò l'angolo della strada. «Ora offrimi un onigiri!»
«Due, se vuoi.» Ami si incamminò con lei.

In quei giorni di solitudine ed incertezze si era persa spesso in un gesto scioccherello e dolce: indossando la collanina che Alexander aveva dato come regalo di compleanno, l'aveva portata alla bocca e aveva baciato piano le piccole pietre. Durante la loro ultima chiamata, lo aveva detto a lui.
«Ami love, preparati» l'aveva avvertita Alexander. «Al mio ritorno, appena ti vedrò, ti darò un bacio da film.»
Tra le risate, lei era arrossita col telefono all'orecchio.
Lo aveva sentito sorridere, e aveva saputo anche come lo stava facendo: con l'espressione serena, concentrata a guardarla - nella sua mente, visto quanto era lontano.
«Ti devo confessare una cosa.»
«Hm?» aveva risposto lei.
«Per riuscire ad andare via da te, tre settimane fa ho messo in atto un'opera di imponente autoconvincimento. Il mio auto-insulto preferito era 'patetico sap', un miserabile Ami-dipendente che non riusciva a staccarsi dalla sua ragazza.»
Lei sentì l'amarezza delle sue parole, ma non riuscì a ribattere.
«In questi giorni ho capito che posso stare senza di te, ma... non voglio più farlo.»
Seduta sul materasso lei si sentì sbilanciata, una caduta profonda che le fece ritrovare l'equilibrio in un istante. Fu un colpo intenso, decisivo.
Strinse il telefono. «La prossima volta... Viaggiamo insieme, anche se ho la scuola. Promesso.»
Lui rise. «Norvegia allora? Così vediamo quei fiordi.»
Potevano andare anche dietro casa, alle terme in un posto qualunque, un viaggio era anche solo un giorno e una notte insieme per... No, la notte non per- Oh sì, anche per-... Avvampò e produsse un tale bollore che dovette tirar via le coperte.
«Ami?»
Lei aveva nascosto la faccia tra le ginocchia. «... miss you. I miss you so much
Il suono dolce e caldo del sorriso di lui la calmò. «Ci rivedremo tra settantotto ore. Tengo io il conto alla rovescia, tu stai tranquilla e aspettami all'aeroporto. Undici e mezza del mattino, va bene?»
«Hm-mh. Cerca di dormire durante il volo, così arrivi riposato.»
«Non dire così. Se arrivo stremato posso sequestrarti e costringerti a farmi da cuscino.»
Lo scherzo toccò un nervo scoperto e lei deglutì. «Love you
«Love you too. A quando potrò dirtelo di persona.»
Sorridendo, lei ripeté il saluto. «Ciao.»
«Ciao.»

Quando infine lo rivide, fu davvero molto semplice.
Un momento prima lei era un fascio di nervi che traboccava amore, preoccupazioni per un futuro lontano seppellite in un angolo della sua testa, pensieri impropri che non riusciva ancora a credere di aver mai avuto e ansia - nemmeno lei sapeva per cosa.
Poi tornò come tutto prima, mentre lo vedeva che usciva dalle porte dei passeggeri in arrivo, una valigia in mano.
C'era lui che sorrideva, lei che lo amava, il presente, il futuro che era presente e nessuna paura. Nessuna ansia, solo il suo cuore che finalmente riposava stremato, felice, e lui, lui.
Gli corse incontro e lo abbracciò.



NdA : con questo episodio sono tornata ad atmosfere molto riflessive, le pippe mentali che tanto mi contraddistinguono come autrice. Ami è l'ideale per tutto questo e come al solito per fortuna c'è Usagi a parlarle. Spero che l'episodio vi sia piaciuto, fatemi sapere.

ellephedre



   
 
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