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Autore: sinful_theatre    31/07/2012    1 recensioni
La storia dell'Elfo del sangue Kriystal è tratta dal videogioco mondiale World of Warcraft. Anticipo il 'tratta da' in quanto per renderla romanzesca è stato neccessario modificare alcuni particolari,a partire dalle ambientazioni ai nomi di tecniche e luoghi. Ho cercato comunque di mantenere il più possibile l'immagine e la magia del mondo di Azeroth per trasmetterla a chi World of Warcraft già lo conosce e a chi invece non ne ha mai avuto a che fare.
Kriystal è un'elfo del sangue femmina che insegue il sogno di divenire una paladina,cosa non ammessa dalle fitte leggi della sua terra natale. Si troverà così nel mezzo di una sorprendente avventura fuori programma che l'avvicinerà passo dopo passo al suo obiettivo,nel bene e nel male.
Sarò lento a postare i capitoli,chiedo perdono in anticipo e spero vi piaccia come mio debutto in ambito fantasy e Fanfiction.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non più sola

 

Il gruppo si era incamminato sulla strada del ritorno per le rovine di Lordaeron e questa volta Kriystal, Vonch e Soran potevano godere della possibilità di passare per i sentieri principali, evitando così attacchi da parte delle sinistre creature dei boschi di Silverspine. 
L’aspirante paladina non aveva mai visto di persona Thrall, ma la sua fama era conosciuta e rispettata in tutta Azeroth e l’idea di poterlo conoscere da lì a poche ore la elettrizzava almeno quanto la sua rocambolesca fuga da casa. Certo nulla di ciò che era successo quel giorno poteva esser previsto o anche solo immaginato inizialmente, ma dopotutto poteva ritenersi soddisfatta degli accaduti. 
Era ancora viva e si ritrovava a far parte di un gruppo di esperti guerrieri e avventurieri che privi di timori percorrevano i grigi paesaggi del Trisfal Glades. 
Thehorde, figura ostile e socialmente complesso, in quel preciso istante era uno dei punti saldi che riusciva a farla sentire più al sicuro;
a seguire il giovane Bithah, bruno paladino dal grande cuore che sin dal primo momento si era mostrato amichevole e fiducioso nei confronti della stessa Kriystal; 
Anche Soran  si rivelava sempre più una sorpresa e a fatica Kriystal riusciva a rammentare il suo volto tondo e bambinesco dell’infanzia passata. Era un adulto ormai, era un servitore di Silvermoon, un Warlock;
e se pensava ai tre Warlock con i quali aveva avuto a che fare nel corso della mattinata Kriystal non poté che rivolgere un pensiero anche a Vonch. Il prigioniero viaggiava sulla stessa cavalcatura guidata dall’assassino Robil e con fare più che rasserenato sembrava non veder l’ora di prendere quel sommergibile aereo.
Qual’era la sua storia? Perché poneva così tanta fiducia e speranza nella comprensione del signore della guerra?
“Vuoi favorire?” era la prima volta che Tha’re si rivolgeva a Kriystal, mentre affiancando la cavalcatura sulla quale lei stava viaggiando avvinghiata a Bithah le porse un’abbondante tocco di pane.
Kriystal gradì l’offerta e non se lo fece ripetere due volte. Non ricordava l’ultima volta in cui aveva azzannato con cotanta voracità del cibo. Anche se viveva all’esterno delle mura di Silvermoon era comunque vincolata da un legame indissolubile con le sue radici di sangue nobile ed era conseguentemente stata viziata da lunghi e infiniti bacchetti ricchi di cibo proveniente d’ogni dove.
Tra sé sfiorò il pensiero che in quel momento anche le sdegnose zampette di Murlock sarebbero state un pasto appetitoso.
“Una volta in volo potrai abbuffarti a volontà. C’è una taverna a bordo e la spesa è sempre compresa nel pedaggio.” Spiegò il Troll. Kriystal notò come per quanto di carattere burbero e scontroso, maturato presumibilmente con le orribili esperienze passate a causa dell’Alleanza, Tha’re si sforzasse di essere continuamente gentile.
“Di quante ore di viaggio stiamo parlando?” domandò l’elfa.
“Passeremo da un continente ad un altro, non è certo una breve passeggiata. Ma ti assicuro che a suo modo saprà essere piacevole.”
“A meno che qualche Goblin non stia testando un razzo mal funzionante e noi ci troviamo sulla sua traiettoria!” scherzò Robil.
“Non passeremo sopra l’isola di Kezan quindi penso che il pericolo si possa scampare!” intervenne anche Bithah, tranquillizzando chi come kriystal non aveva recepito l’ironia nella battuta di Robil.
“Mi sarebbe piaciuto intravvedere l’isola dei Goblin!” si confessò lei.
“Lasciali lì dove sono” fece Soran: “Hanno colonizzato anche troppo i regni orientali e il Kalimdor, non mancherai certo di incrociarli!”.
“E poi cambieresti opinione se ti trovassi al centro delle turbolenze dovute alla presenza del Maelstrom, a pochi chilometri dall’isola.”
“Beh, però in quel caso potreste approfittarne per buttar mici dentro!” ironizzò Vonch, viste dopotutto le condizioni in cui lo stavano tenendo.
“Sei anche fortunato per avere guardato negli occhi ben due dei Sette signori di Silvermoon ed esserne uscito vivo.” Rispose Robil, tornando nelle vesti ufficiali di guardia imperiale.
Passò ancora un’ora scarsa e nel frattempo Kriystal aveva diviso il suo cibo con Vonch, quando in lontananza cominciarono a riemergere le distrutte mura di Lordaeron.
“Questa volta non dovremmo esser minacciati da alcun contadino armato di forcone, spero.” Fece Vonch.
Infatti stavolta non passarono attraverso i campi coltivati dagli umani, ma percorsero la strada interrata che tagliava le vaste e nebbiose pianure del posto. 
Giunsero proprio d’innanzi al varco d’ingresso delle rovine, che altro non era che la facciata frontale di quello che una volta doveva essere un maestoso castello.
“Tranquilla, non dobbiamo rientrare lì dentro” Per l’ennesima volta Vonch placò i suoi timori prima ancora che lei li esprimesse: “è aldilà della nebbia infondo a quella collina ciò che stiamo cercando.”
Kriystal seguì con lo sguardo l’indicazione di Vonch e mano a mano che le cavalcature passavano oltre elle rovine di Lordaeron al centro del nulla di una pianura riuscì ad intravedere tra i banchi di nebbia due enormi strutture alte una decina di metri.
“Sono le stazioni di volo” Spiegò Tha’re, ma tutti tranne l’elfa del sangue sembravano averlo già intuito.
“Stazioni?” domandò Soran: “non sapevo portassero in più direzioni. Ero convinto conducessero solo nel Kalimdor!”
“Infatti è così” confermò Tha’re: “la seconda stazione è fuori servizio. Conduce al continente del Nord, ma per ora è irraggiungibile visti i recenti avvenimenti.”
Kriystal recepì immediatamente il riferimento all’emigrazione di Arthas nel Northrend.
“Dimmi un po’!” intervenne a sorpresa Thehorde, rivolto a Soran: “Ma c’è qualcosa che tu e la tua amica conosciate?”
“Molto più di quanto tu creda.” Ribatté l’elfo del sangue in tono di sfida.
“Allora non ti dispiacerà se interrompiamo le descrizioni della guida turistica!”.
Kriystal era di dotta ignoranza, e per questo decise di restarne fuori. Thehorde aveva tutto il diritto di lamentarsi, dal suo punto di vista quella non era una gita di piacere.
Nel frattempo le stazioni di volo si erano fatte sempre più vicine e la loro forma sempre più delineata. Ora Kriystal poté riconoscerne la struttura composta in pietra con strette rampe di scale a chiocciola che vi salivano tutt’intorno, culminando su una passerella in assi di legno sospesa nel vuoto.
“Sei in ritardo!” una voce stridula provenne dalla cima di una delle due torri.
“Uno dei tanti contrattempi della vita!” controbatté Tha’re, e Kriystal si chiese come potesse mascherare così bene ciò che gli era appena successo.
“Quello lassù è il mio capo” spiegò il Troll: “uno di quei Goblin che si improvvisano piccoli imprenditori. Una vera carogna.”
Il gruppo richiamò le rispettive cavalcature a sé e salirono la stazione ove si trovava il Goblin schiamazzante.
Gradino dopo gradino Kriystal imparò ad evitare di guardare in basso. La larghezza delle rampe era stretta quanto sembrava e più si saliva in alto, più il legno cigolava e si aveva la sensazione di cadere nel vuoto.
Invidiò la disinvoltura dei suoi compagni, tra tutte quella dell’impassibile Thehorde, che capofila seguiva passo a passo il Troll navigatore.
“Le cabine non sono molte, ma vi farò avere tra le migliori. Siete come miei ospiti, se non foste intervenuti al villaggio a quest’ora anche io e il mio grossolano compagno non saremmo più in questo mondo.”
“è un dovere d’ogni fratello.” Rispose Thehorde, e Kriystal si domandò se fosse sincero o se seguisse una precisa e fredda prassi.
Intanto raggiunsero la passerella in legno e al loro cospetto si presentò un sinistro ometto verdognolo che l’elfa del sangue riconobbe come un Goblin, anche se in realtà aveva avuto occasione di vederne assai pochi in passato.
“Che ti avevo detto?” le diede un colpetto di gomito Soran: “sono dappertutto.”
Kriystal rise e immediatamente venne fulminata con lo sguardo dal piccolo essere.
“Siamo molto più scaltri di quanto voi crediate!”
Kriystal si trattenne dal non scoppiare a ridere una seconda volta quando la sua attenzione cadde sulle deformi orecchie appuntite e a sventola del Goblin; la testa completamente calva e la barba fatta a dir poco male davano in lui un qualcosa di ulteriormente ridicolo.
“Sono arrivato comunque in tempo!” si anticipò una scusante Tha’re.
“Spero che sia successo qualcosa di davvero grave per essere arrivato così all’ultimo minuto.”
Ma ancora una volta Tha’re tacque. Aveva appena perso il suo ultimo figlio e non gli era rimasto nessun’altro. Kriystal provò pietà per la maschera che il troll si ostinava ad indossare.
 “Quanti siete?” domandò il Goblin, rivolgendo la parola al gruppo di Thehorde.
“Sei, signore.” Rispose quest’ultimo, con una cordialità che Kriystal avrebbe preteso anche nei suoi confronti.
Il Goblin sbuffò, come se infastidito da così tanti Elfi del sangue tutti in una volta: “Sono otto ori a testa.”
Thehorde estrasse una consistente quantità di danaro e la consegnò al Goblin, che con una rapidità impressionante ripose nella sua borsa di pelle. Kriystal si accorse in ritardo che Thehorde aveva appena pagato anche per lei, Soran e Vonch.
“Guarda che il mio biglietto potevo benissimo pagarmelo da sola!” lo rimproverò.
Thehorde si voltò e la squadrò dall’alto al basso: “Ne sono più che convinto principessa, anzi, sono certo che potresti pagare tre biglietti a testa per tutti quanti. Ma ciò non toglie che al momento è il sottoscritto ad avervi in custodia. Si chiama professionalità. Quando ne avrai acquisita un minimo allora potrai sdebitarti.”
Kriystal soffocò un ruggito. Odiava essere in debito con qualcuno, per di più con uno sbruffone come il Warlock rosso.
Ma non ci fu il tempo di avanzare ulteriori repliche, quando dalla fitta nebbia aldilà della passerella sospesa nel vuoto sulla quale si trovavano gli avventurieri si udì un echeggiante suono di tromba.
Nel lasso di pochi istanti una caravella volante mantenuta in aria da due enormi vele circolari emerse dal denso grigiore delle terre del vecchio Lordaeron.
Il mezzo si arrestò proprio al culmine della passerella e gli Elfi del sangue furono liberi di salire a bordo. L’accoglienza non fu delle più calorose, ma certamente caotica. Marinai di ogni razza trasportavano diversi materiali da una parte all’altra del ponte. Su uno degli alberi maestri due sentinelle Goblin buttavano fuori il dalla bocca il fumo delle loro pipe canticchiando versi popolari. Kriystal dovette spostarsi all’ultimo momento per non essere urtata da un grossolano e grigio Troll dall’aria burbera. Il via e vai a bordo della caravella volante non sembrò disorientare nessuno, tranne lei.
“Seguitemi, vi mostrerò le vostre cabine.”
Kriystal seguì più che volentieri Tha’re, che fino a quel momento si era dimostrato il più cordiale degli addetti al volo. A lei venne assegnata una cabina con Soran e Robil, mentre Vonch fu accompagnato in una piccola cella proprio affianco alla stanza di Bithah e Thehorde. Kriystal avrebbe voluto riservargli un trattamento migliore, ma avevano già preteso troppo negli avvenimenti precedenti.
Quando Tha’re augurò ai suoi passeggeri un buon viaggio Vonch ripose ironicamente: “Indubbiamente”.
Il dirigibile cominciò a muoversi e Kriystal buttò la sua borsa sul letto esalando un profondo sospiro.
Era la prima volta in tutta la giornata che poteva fermarsi a riposare. Soran e Robil le permisero di essere la prima ad usufruire di un buon bagno caldo e lei non se lo fece ripetere una seconda volta.
La camera era grande, apposita per tre, ma per la mattinata che aveva appena passato il bagno le parve ancora più grande. Un’ampia vasca rivestita in legno –come tutto il resto delle pareti- si riempì in pochi minuti di profumati vapori e acqua calda.
Kriystal si spogliò dei suoi abiti e prima di abbandonarsi al piacere di un bagno caldo si soffermò un istante d’innanzi allo specchio sul lavabo. Era appannato per il calore e la sua snella figura pareva soffusa, ma poteva incrociare i suoi profondi occhi violacei semi coperti da un liscio ciuffo di capelli rossi. Si sentiva già diversa rispetto alla mattina di quello stesso giorno. Mentre correva per arrivare in tempo all’esame di ammissione di Silvermoon era la semplice figlia di uno dei sette signori di Silvermoon. Ora in quello sguardo riusciva a cogliere un’identità in più. 
Dopo una buona trentina di minuti tornò nella camera e scoprì che Soran e Robil si erano temporaneamente assentati. Sul letto di Kriystal c’era un biglietto firmato da Robil: ‘Ci trovi in taverna al piano di sopra. Affrettati se non vuoi restare senza cena; l’abito sul mobile infondo alla camera è destinato a te. ’
Kriystal lasciò il biglietto dove lo aveva trovato e si diresse immediatamente ad indossare finalmente panni nuovi. Erano stati sicuramente rilasciati dalla direzione. Non che si aspettasse un grande servizio, ma con tutti gli ori che erano stati costretti a pagare per poter salire a bordo due vestiti puliti e vitto gratuito erano d’obbligo. Prima di uscire passò nuovamente davanti ad uno specchio e decise che per essere ancor più presentabile per la cena si sarebbe legata i capelli e così fece. Si stupì di quanto poté risultare ancor più femminile.
Uscì dalla stanza e attraversato il lungo corridoio di camere illuminato a lume di candela si trovò a salire una rampa di scale in legno. In poco tempo era nell’ampia taverna e attorno a lei si manifestava una scena tutt’altro che regale. Elfi del sangue, Troll, Ogre e altre specie indescrivibili ingurgitavano volgarmente enormi quantità di boccali di birra accompagnate da interi pezzi di carne animale ben arrostiti. Suoni di ogni genere venivano emesse da ogni dove e Kriystal si accorse di quanto fosse stato inutile prepararsi a dovere per un luogo così scurrile.
“Che cosa c’è principessa, non sei abituata a luoghi di questo genere?” Thehorde avanzò tra le tavole imbandite d’ogni alimento: “se tutto filerà liscio tornerai a vivere tranquilla nella tua torre d’avorio proprio fuori dalle mura di Silvermoon”.
Kriystal preferì evitare il suo sguardo per non uscire con parole indegne se pronunciate da una femmina: “Forse dimentichi che ho dato il via ad una sommossa popolare nella colonia di Tranquillien”.
“No di certo” Thehorde trovava in quella situazione qualcosa di inspiegabilmente divertente. Quando si mostrava socievole Kriystal lo odiava ancora di più. A cosa serviva se l’istante dopo sarebbe diventato l’essere scontroso di sempre?
“Dopotutto questo viaggio potrebbe anche farti bene. Dovresti rifocillarti a dovere, se incappassimo in chissà quale altro nemico hai bisogno di energie e di un minimo di massa corporea.”
“Se trovi divertente trattarmi come una novizia figlia di famiglia nobile dovresti cominciare a rivolgerti a me con il voi” sapeva di essere stata schietta, ma quella era l’occasione per farsi rispettare.
Thehorde si guardò intorno come per formulare la risposta più pungente che potesse pensare, poi sorridendo fece un inchino: “Avete ragione principessa. Vi lascio alla vostra cena, passiate una buona serata!” e con fare vittorioso si allontanò, mentre Kriystal avrebbe voluto avere con sé la propria spada per sfidarlo a duello.
“Hei, Kriystal!” Bithah la chiamò da un tavolo lì vicino, al quale presenziavano anche Soran e Robil.
Kriystal si sedette al loro fianco e subito non poté resistere al tanto cibo che si trovò davanti.
“Mangia quanto vuoi. E non accusare le frecciatine di Thehorde, come avrai notato sa essere un simpaticone alle volte.”
Kriystal annuì e prima di rispondere si assicurò che il soggetto in questione fosse sparito: “ma la maggior parte delle volte è un essere egoista, scontroso, arrogante e sfrontato, non è vero?”
Robil soffocò una risata, Soran continuò passibilmente a sorseggiare il suo calice di mosto e Bithah alzò un sopracciglio e sorrise: “Non hai tutti i torti.”
Era la prima volta che Kriystal poteva osservare bene il volto di Bithah senza elmo. I capelli corti e bruni, insoliti per un elfo maschio, la carnagione pallida e un taglio degli occhi orientaleggiante lo rendevano simile ad un essere umano di altezza spropositata e con le orecchie a punta.
“Tra quanto saremo ad Orgrimmar?” domandò l’Elfa, poco prima di ricominciare a ingozzarsi delle prime cose che le capitavano sotto mano. Non era poi tanto diversa dagli ubriaconi del locale, rifletté.
Fu Robil a rispondere: “conta che dobbiamo attraversare l’oceano per arrivare nel Kalimdor. Arriveremo che sarà certamente mattina. Ti consiglio pertanto di riposarti dopo cena.”
“Ti sei persa il tramonto sul ponte” disse Soran: “uno spettacolo che non capita tutti i giorni.”
“Non mancherò la prossima volta.”
“Dove sarà finito Thehorde?” si domandò Robil.
“Sarà sicuramente sul ponte a meditare. Sai bene quanto non sia uno di compagnia.”
Kriystal ascoltava i discorsi dei compagni e non riusciva a togliersi dalla testa il fastidioso volto del Warlock rosso. Poteva certo sentirsi le spalle coperte finché viaggiava con lui e con gli altri membri della compagnia imperiale, ma non sopportava l’idea di dipendere da un elfo del sangue tanto prepotente.
Finita la cena si congedò dal resto dei compagni e si diresse sul ponte per respirare l’aria genuina dell’alta quota notturna. Lo spazio in cui si trovava era semi vuoto esclusi lievi mormorii di altri viaggiatori come lei che incuriositi guardavano aldilà del parapetto. Kriystal poté godersi lo spettacolo di un azzurro mare di nuvole alternato alle macchie nere dell’oceano. La brezza somigliava a quella secca delle terre fantasma, ma più viva e ancor più impregnata di magia.
A prua, Thehorde si applicava con magistrale eleganza in esercizi meditativi, allenamenti abituali d’ogni Warlock. I gesti delle mani si intrecciavano in scie infuocate e sfere d’energia corporea. In penombra, illuminato dalla luce dei propri incantesimi Kriystal poté scoprire uno sguardo diverso. Gli occhi che prima erano rossi ora si mostravano di un azzurro quasi bianco, persi in chissà quale oscuro artefatto. Gli elfi del sangue erano le uniche creature che riuscivano a raccogliere tutto il proprio potere dalla natura che li circondava, atto ignobile per i fratelli Elfi alti che per questa ragione vi si separarono.
Kriystal decise di lasciarlo ai suoi allenamenti. Si erano maltrattati a sufficienza quella sera.
Così salì le scale del secondo piano del ponte e con grande piacere scoprì Tha’re al lavoro col timone. Il navigatore la salutò con il gesto della mano e la invitò ad avvicinarsi al suo fianco. Da quella postazione lo spettacolo era ancora più mozzafiato. Sembrava che il dirigibile tagliasse di netto, ma con dolcezza, nuvole di burro notturno. Alzando di poco lo sguardo si scopriva un cielo  sovrastato da infiniti puntini luccicanti.
“Dopo sessantacinque anni che faccio questo lavoro riesco ancora a stupirmi del panorama.”
Tha’re si divideva in due personalità. Quella burbera che mascherava ogni tipo di dolore, e quella estremamente gentile.  
“Ho passato molte notti ad osservare il cielo dalle terre di Silvermoon e ho sempre creduto che mai avrei visto qualcosa di più affascinante. In un solo giorno fuori casa mi sono sbagliata più volte.”
“Siete in viaggio da solo un giorno?”
“La mia è una storia un po’ particolare. Non siamo quella che si può definire una vera e propria compagnia d’avventura.” Kriystal trattenne una risata al solo pensiero.
“Beh, è un vero peccato! A me siete sembrati affiatati. Comunque non è mai per caso che si finisce al cospetto del signore della guerra..” Tha’re assunse uno sguardo saggio: “..evidentemente il destino ha qualcosa per lo meno di divertente per te, giovane Elfa del sangue.”
Kriystal avrebbe voluto continuare la chiacchierata, quando le loro voci furono interrotte da una più  potente e arrabbiata. A poppa un alto Non morto si era appena liberato della presenza di un Goblin buttandolo giù dalla nave.
Kriystal stava per intervenire quando Tha’re la fermò posandole una mano sulla spalla ridendo.
“La scena si ripete un giorno si e l’altro no. Sono fatti per litigare quei due, ma quando poi manca uno l’altro si fa in mille per cercarlo.”
“Ma allora perché lo ha buttato in pieno oceano!?” Kriystal non capiva.
“Beh, perché lui è Pungo!” Bithah era sbucato dalla scaletta in legno.
“Pungo.” Ripeté Kriystal, basita.
“Si, nessuno sa il suo vero nome. Ma si fa chiamare da tutti Pungo!”
“Ti do quindici ori se vai lì e gli chiedi il significato del suo nome” la sfidò Tha’re.
Ma Kriystal non aveva colto la retorica della sfida, così si avviò verso il Non morto che ora si fumava una pipa seduto su un barile.
Da lontano Tha’re e Bithah colti alla sprovvista avevano un’espressione sconcertata.
“Perdonami..” Kriystal optò per la gentilezza: “..mi stavo domandando per quale motivo ti fai chiamare Pungo.”
Pungo la ignorò e guardò aldilà del mare.
Kriystal era consapevole della propria impertinenza, ma non se ne sarebbe tornata dai compagni senza aver vinto la sfida, così decise di mettere benzina sul fuoco: “Insomma, che cosa pungi?” fu difficile risultare seria.
Pungo finalmente le rivolse lo sguardo, uno sguardo seccato e minaccioso. Le sbuffò in viso il fumo della pipa e trattenendo un ringhio rispose: “..i paladini troppo curiosi.”
 In lontananza si udirono le fragorose risate di Tha’re e Bithah, mentre Kriystal a passo veloce si affrettò a raggiungerli stizzita.
“Non si fa chiamare Pungo, non è vero?” domandò imbarazzata mentre il suo viso si arrossì dalla  vergogna per essere cascata in un trappola tanto stupida.
Tha’re faticava a parlare per le risate: “Non so come diavolo si faccia chiamare, ma a quanto pare pungente lo è eccome!”
Kriystal non poté che cedere anche lei ad una risata, la quale inconsciamente riuscì a scaricarla definitivamente di tutte le fatiche della giornata. 
Fu solo quando stanchissima si avviò alle camere per andare a dormire, che si accorse di come il Non morto sul ponte l’avesse riconosciuta, nonostante tutto, come una paladina. 
  
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