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Autore: Marguerite Tyreen    01/08/2012    3 recensioni
Queen, Beatles, Led Zeppelin e Pink Floyd : quattro band, cinque protagonisti e cinque flashfic per rileggere, in modo del tutto personale, cinque episodi che hanno -alcuni più e altri meno- segnato la storia della musica.
Il tempo come filo conduttore.
Seconda raccolta di esperimenti: meno di 2500 parole in tutto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve, popolo di EFP!
Ci risiamo con un'altra creaturina scarna e spelacchiata, chiamata “raccolta” solo per brevità ^^' Visto che con le flashfic ci avevo preso gusto, ho pensato di produrne altre e di tornare a tediarvi xD Questa volta ho cercato di trovare un filo conduttore, per quanto non particolarmente accentuato: il tempo e l'impossibilità che esso ritorni, con tutto quello che ne deriva.
Purtroppo continuano a non essere vere e proprie iniezioni di gioia di vivere, ma l'umore è quello che è. Spero che vi possano piacere lo stesso :)
Grazie per essere passati!
Un bacione,
Marg.

 

***






Alla fine del 1973, Robert “Percy” Plant, cantante dei Led Zeppelin, subì un intervento alle corde vocali che modificò sensibilmente il suo tono di voce.
Come sempre, non temete per la mia salute mentale: sono gli effetti di ascoltare in loop Stairway to Heaven, ma poi passa ^^

[# Perfezione / 452 parole ]
 



A S.
Musa, motore e vera ragione
di questa raccolta in generale,
di questa storia in particolare.

There walks a lady we all know
Who shines white light and wants to show
How ev'rything still turns to gold.
(Led Zeppelin, Stairway to Heaven)

I rari oggetti che per caso hanno la perfezione
sono mortalmente tristi.
(M. Yourcenar, L'opera al nero)

 

 

 

Everything turns to gold
(Robert Plant – Led Zeppelin)




 

Headley Grange (East Hampshire), 1974

-Non ci riesco, Jimmy. - Plant battè lo spartito sul leggio – Non ci riesco, cazzo!
-Non è niente. - Page posò la chitarra - Riposati un attimo, eppoi...
-Mi riposerò da morto. Ammesso che non sia già morto, se non comando più la mia voce. E questo fottuto passaggio non... - agitò le mani ai lati del viso, con frustrazione.
Camminava per la stanza, passandosi ripetutamente le dita tra i capelli. Esausto, si sorresse al davanzale della finestra, la sigaretta tra le labbra: -E voi, vi decidete ad andarvene tutti?
Il chitarrista fece cenno agli altri di uscire. Attese che Plant credesse di essere rimasto solo, prima di premergli appena la mano sulla spalla.
-Vedrai che passerà, Percy. La tua voce tornerà quella di sempre, sarà solo questione di tempo.
-Lo sai anche tu che non è vero.
-Se anche fosse, tu saresti sempre il migliore.
-Lasciami solo. - fu appena un sussurro. Poi si voltò di scatto, con le labbra che gli tremavano: - La mia Stairway to Heaven, Pagey! Non riuscirò più a cantarla come prima.
-Oh, Percy!
Robert respinse la sua carezza: - Va' via, ti prego.

Lo guardò uscire. La chitarra era rimasta in un angolo della stanza. La prese sulle ginocchia, ranicchiandosi sul pavimento.
There's a lady who's sure / all that glitters is gold / and she's buying a stairway to Heaven.
Le parole nacquero da sole, come il giorno in cui le aveva composte.
Ne aveva un bisogno disperato: il mondo che gli si agitava dentro doveva sfondare la barriera dell'anima e del silenzio. Doveva gridare, doveva salire quell'unica scala che egli non poteva comperare.
Ma la sua voce non l'aveva sorretto, rivelandosi nella sua fallibilità. Lui stesso era fallibile, corrotto, misero, troppo lontano dalla perfezione. La delusione era un gioco crudele: la polvere del vero arrivava sempre a coprire quell'unico granello d'oro intravisto nella cenere
Ma la cenere rimarrà sempre cenere, non la si può tramutare in oro. Non ne abbiamo il potere. L'arte è solo l'ultima, estrema illusione e tutte le storie che ho cantato soltanto una strada verso un senso che non esiste.
Era così lontano, così debole per riprendere il cammino. Ma non avrebbe potuto ignorare ancora a lungo la luce abbagliante di quella scalinata. Doveva continuare a percorrerla.
Strinse i pugni: doveva pure finire, quella notte di tenebra. Prima o poi, avrebbe smesso di trascinarsi stancamente le sue ore sospese.
La sabbia nella clessidra della sua vita avrebbe ripreso a scorrere. A scorrere fino a scivolare via tutta quanta. Ma, forse, tenace, intrappolato tra i due vasi di vetro, un granello sarebbe rimasto.
Un granello di tempo, un granello di arte. Un granello d’oro.

 

   
 
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