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Autore: xClove    01/08/2012    1 recensioni
Una storia di amore, amicizia e passione per uno sport. Sembra banale, ma ci sarà tutto tranne che un 'felici e contenti'.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente :)
Questa è una vicenda semi-autobiografica. I personaggi sono reali, anche se ho cambiato i nomi e anche alcuni avvenimenti di base, sopra cui ho poi costruito tutta la vicenda :)
Non so ancora quanti capitoli scriverò, l'idea iniziale era di farne solo uno, ma poi mi sono venute in mente diecimila idee.
I primi capitoli sono quelli più fedeli alla vera "vicenda", poi la storia si scosta del tutto :)
Buona lettura!

WORDS MADE OF KNIVES.

Capitolo 1

« Più su quelle gambe, dritta la schiena, alza il mento… Perfetto, ricorda le ginocchia tese, bene così prendi fiato adesso e su, arabesque e di nuovo giù» .

Il ragazzo seduto al pianoforte smise di suonare al cenno della donna con un alto chignon sulla testa, molto stretto, da cui non scappava neanche un ciuffo. Si alzò per andare vicino alla ragazza che ballava.

Quest’ultima era piegata in due per riprendere fiato, la schiena che le luccicava di sudore e fatica dopo tre ore passate nella sala, davanti agli specchi a provare e riprovare quelle figure armoniose che avrebbe dovuto riproporre davanti ad un pubblico tra qualche mese. Notò una smagliatura nel collant bianco, l’ennesimo paio che avrebbe dovuto cambiare, ma in quel momento non era il primo dei suoi pensieri.

La schiena le doleva con fitte pulsanti che non accennavano a smettere, e i piedi erano, se possibile anche peggio. Ma la sua insegnante non sembrava accorgersene, era solo infastidita dal suo scarso rendimento delle ultime settimane, quei passi imperfetti; quelle sporcature su mosse semplici che eseguiva fin da quando era una bambina, non erano da lei, non erano nel suo stile.

« Anne, devi cambiare atteggiamento, questo non ti porterà lontano» , cominciò l’insegnante, « non vedo più la determinazione che ti ha sempre contraddistinto dalle altre allieve, se continui così darò il posto di prima ballerina a Liann, e non ti favorirò più» .

« Si, Madame mi impegnerò di più» , la voce della ragazza era flebile e poco convinta. La donna, detta Madame, uscì dalla sala scocciata, prendendo la sua borsa. Il pianista rivolse alla ragazza, Anne, un’alzata di spalle come per incoraggiarla o per farle vedere come la comprendesse e uscì insieme all’insegnante, raccattando i suoi fogli degli spartiti che si erano sparpagliati qua e là durante la giornata. All’ultimo momento tornò indietro a riprendere la sua bottiglietta d’acqua, ormai vuota, ma Anne era ancora immobile nel mezzo della sala, piegata in due con il suo collant smagliato e con la schiena che le impediva di pensare lucidamente.

Quando la porta si richiuse con un lieve tonfo, Anne rimase immobile.

Così stupida, era così stupida. Si era completamente dimenticata di prendere il cortisone quel giorno e aveva fatto più schifo del solito sulle note della ‘Cenerentola’. il suo nervosismo crebbe notando che il nastro della punta, così consumata dopo tutte le ore passate a provare i foites, si stava sciogliendo.

Seccata si sedette e la sfilò, notando come i paracalli non avevano impedito che le sue croste si riaprissero facendole male. Tolse anche l’altra punta e scalza arrivò alla borsa. Si fasciò delicatamente i piedi, bloccando il flusso di sangue, si tolse i collant e il body attillato per mettersi un semplice jeans e una felpa. Infilò delicatamente le scarpe da ginnastica e si diresse verso il bagno con la trousse in mano.

Si sciacquò la faccia e si rifece il trucco. Riempì nuovamente la bottiglietta d’acqua fresca e ne bevve un sorso avidamente. I capelli rimasero legati nello chignon severo.

Anne si guardò più attentamente allo specchio. Il trucco non copriva il pallore, le occhiaie e soprattutto il suo sguardo stanco e sconfitto. Sospirò, tirando fuori dalla borsa delle pillole arancioni che inghiottì senza pensarci due volte. Soppesò ancora per un po’ la scatolina ma la rimise nello zaino, dove notò anche il suo pranzo, ancora avvolto nella busta dove l’aveva riposto la madre. Uno sguardo alla sua pancia convinse Anne a prenderlo e buttarlo direttamente nel cestino,senza guardare cosa ci fosse a suo interno.

Si mise la borsa in spalla e attraversò i corridoi fino ad arrivare all’uscita, ma in fondo alla scalinata notò una figura familiare, anche se non la vedeva e non ci parlava da tempo. Asia. La sua migliore amica, la sua persona che però non aveva voglia di vedere. O di sentire la sua voce, perché sapeva già cosa le avrebbe detto. E Anne non aveva la risposta.

La ragazza in fondo alla scalinata,seduta sul gradino con le cuffie nelle orecchie, si voltò e le sorrise.

« Anne!» esclamò allegra. Si alzò e fece di corsa le scale. Anne si sentì investita dal suo profumo, dalla sua presenza da lei. Da quella personalità, quel corpo, quella voce, perfino quei capelli che non poteva più vedere…senza provare un’invidia da distruggere qualsiasi persona normale.

« Asia» . La voce di Anne era spenta, seccata.

Non voleva vederla, e non sapeva dove trovare la forza di affrontare una conversazione con lei, dopo quello che era accaduto nella gita scolastica. Non riusciva neanche a guardarla negli occhi senza ricordare quella serata, le parole, i gesti e le lacrime.

Ma soprattutto quello sguardo. Era sorpreso? Rassegnato? Non l’avrebbe mai saputo. Ma sapeva che Asia aveva capito tutto in quella frazione di secondo, nonostante non ne avesse fatto cenno il giorno dopo, e né quelli seguenti.

Forse perché Anne non le aveva dato l’opportunità, l’aveva evitata fino a quel momento, fino a quando era stato possibile.

Non aveva risposto ai messaggi, alle e-mail, alle chiamate di nessuna delle sue migliori amiche, meno che mai a quelle di Asia, perché non voleva ancora affrontare l’argomento o forse non lo voleva proprio affrontare.

Spiegare la sua ira, il suo risentimento, la sua invidia. Ma lei lo sapeva già, però voleva sentirselo dire, la conosceva. Anne avrebbe dovuto ammetterlo lei stessa.

« Anne, quanto tempo! È tutta la settimana che non ti fai sentire…so che sei impegnata con le lezioni di danza ma neanche un messaggio?» . Lo sguardo di Asia esigeva una risposta. Non poteva più fuggire.

Anne si incamminò scendendo le scale, facendo un cenno alla amica affinchè la seguisse.

Uscirono insieme dalla scuola di danza e l’aria era frizzante, profumava di primavera e di inverno che stava ormai lasciando la città. Non c’era più bisogno di cappotti e sciarpe, la felpa andava benissimo, lasciava che l’aria si infilasse sotto le maniche e faceva rabbrividire leggermente.

Dopo ore passate nella soffocante sala con Madame, Anne amava il tocco di quell’aria. Intercettò anche il profumo di pizza emanato dalla panetteria lì vicino. La testa le girò leggermente, non aveva toccato cibo quel giorno, a parte le pastiglie antidolorifiche e le vitamine. Ma distolse lo sguardo, prima che Asia se ne rendesse conto e tirò dritto.

« Ci sediamo o hai fretta?» . Asia interruppe il silenzio che le aveva accompagnate fino a quel momento, un gelo che era caduto tra loro e che probabilmente si sarebbe solo attenuato, non sarebbe scomparso.

Anne annuì, posando la borsa per terra. Per alcuni minuti non parlarono, ma Asia continuava a fissare il volto pallido dell’amica, che cercava di non far trasparire alcuna emozione. Guardava fisso davanti a sé le persone che si affrettavano sul marciapiede, erano quasi le otto di sera ma il cielo non era così scuro come in inverno.

« Sei pallida, e sei anche dimagrita… stress da prove pre saggio?» Asia non era convinta delle sue parole, ma cercava un modo per far parlare l’amica.

« Mmmh già» . Anne non si sbilanciò più di tanto, approfittando del suggerimento dell’amica come scusa, ma evidentemente non funzionò, perché la ragazza si stufò di non ricevere alcuna risposta.

« Vuoi dirmi cosa succede? Sei così da quando siamo tornati dalla gita, se non ne parli con me con chi vuoi farlo?» .

« Asia, lascia stare. Io sto bene è solo lo stress per la danza. La coreografia non mi viene» .

Asia era esasperata, roteò gli occhi e per un po’ soppesò le parole da dire, osservandosi le unghie.

« Te lo devo chiedere esplicitamente cosa è successo quella sera, o vuoi spiegarmelo tu? Dato che dal quel momento non mi guardi neanche più in faccia» , Anne si spostò dagli occhi una ciocca di capelli sfuggita allo chignon, « è chiaro a tutti che non mi puoi vedere, non pensavo volessi perdere pure me come amica» .

La frase era andata a segno, Anne girò il volto per nasconderlo all’amica, per impedire che le lacrime riprendessero a scendere, a solcare le guance come la rugiada al mattino presto, sulle piccole foglie verdi. Lo sapeva? Se ne era accorta? Doveva dirglielo? Sentiva che avrebbe peggiorato le cose, se possibile. Avrebbe guastato il loro rapporto, anche se forse stava già cambiando. E sempre colpa sua.

« Asia, pensaci. Lo sai» . Le rispose con voce flebile.

« Cosa so? Il motivo del casino di quella sera? Pensavo che fosse a causa di quegli idioti dei ragazzi» .

« Asia, pensaci» , ripeté lei.

« Anne, ma cosa? Non… oh mio Dio» .

Asia guardò l’amica, l’espressione triste e rimise insieme i pezzi.

Lei non le parlava più, quella sera era in lacrime, il rhum, lui che non le parlava, lui che ci provava con lei quella sera, lui che si arrabbiava, lui che andava con un’altra. Lei, Asia, che l’aveva rifiutato. L’amica che lo difendeva sempre, lo incoraggiava. Loro sul pullman che parlavano mentre gli altri dormivano. Ascoltavano musica, ridevano, giocavano, scherzavano e poi il nulla.

« Anne, dimmi che non è lui, Anne per favore» .

Anne la guardò.

« Anne, mio Dio… sapevo sarebbe accaduto, ma perché? Perché non me l‘hai detto?» .

« Asia, come potevo? Ti stai già sentendo in colpa, lo vedo» .

L’amica distolse il suo sguardo, e continuò a parlare.

« Tu piangevi quella sera. Per lui» .

« Forse, non lo so. Non volevo capirlo così, neanche io lo sapevo» .

« Lo so… ti avrei dovuto avvertire, lo sapevo io. Ho visto come lo guardavi, come lo cercavi. Sono rimasta zitta e l‘ho allontanato da te» .

Ripensò a quella sera in cui lui ci aveva provato spudoratamente, e lei non aveva fatto neanche una battutina, li guardava da lontano, ma sorrideva con le altre. E poi l’aveva rifiutato e lui non aveva più rivolto la parola a nessuno della classe. Soprattutto ad Anne.

Ricordò le risate del giorno dopo, quel mostrarsi allegra a tutti i costi, e i suoi occhi che lo cercavano. Che cercavano una sua parola, un suo sorriso come nei giorni precedenti. Come nel pullman. In quel viaggio, dove erano nella loro bolla.

« Anne, se l‘avessi saputo…»

« Cosa avresti fatto? Non ho bisogno della tua pietà, hai già fatto abbastanza, non credi? L‘hai rifiutato, avrà pensato che sia stata colpa mia. Che io ti abbia detto qualcosa. Sono stata l‘unica a rimetterci» , la voce di Anne era tagliente, coma la lama di un coltello. E fece infuriare l’amica.

« Avrei dovuto mettermi con lui? Così ti saresti arrabbiata ancora di più? Non intendo stare qui a farmi acc..» , Asia si interruppe.

Anne aveva il viso rigato di lacrime, sembrava un bastoncino che poteva essere spezzato con un soffio di vento. Si stringeva il corpo con le braccia per non far vedere i singhiozzi che la scuotevano.

Asia sentì la rabbia svanire. Abbracciò l’amica che lasciò uscire le lacrime e ricambiò l’abbraccio.

Si aggrappò a lei come se qualcuno gliela potesse portare via in qualsiasi momento. Asia la strinse ancora più forte.

« Io sono qui, sempre» , le disse sottovoce.

E poi rifletté. Anne era innamorata.

Innamorata di Alexys.

Ma Alexys era innamorato di lei, di Asia.

Da quattro anni.

Il vento adesso non sembrava più una brezza primaverile, ma un gelido soffio invernale.

 

  
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