E’ notte. Il mio sguardo si perde nel brillare dei lampioni, che
riflettono luci e ombre lontane. Tra di loro, il suo volto. -Cosa ci fai qui
a quest’ora?- Sembra domandarmi, il suo solito sorriso sulle labbra, gli occhi
colmi di tenerezza, la sua voce dolce che scivola come seta sulla mia pelle.
-Ti stavo aspettando-, sono tentata di rispondergli. Ma non parlo, forse per
paura che un suono, uno qualsiasi, farebbe svanire quell’incanto. Il vento
gelido mi accarezza il viso, scompigliandomi i capelli in un movimento fin
troppo familiare, e in quel vento sento la sua mano delicata che mi sfiora, le
sue dita leggere su di me. -Dovresti rientrare-, sussurra la sua voce contro
il mio orecchio. Non ancora. Ti prego. Lasciami godere ancora un po’ di
questi attimi, quando il tempo sembra fermarsi e ogni cosa intorno a me diviene
sfocata, come parte di un altro mondo. Ogni cosa eccetto il tuo viso, il tuo
bellissimo viso, come una luce in mezzo alle tenebre. Un richiamo troppo
dolce perché io possa ignorarlo. -Tra poco-, sussurro, gettando la testa
all’indietro, sperando che la tua mano mi sfiori di nuovo. Sperando che tu torni
da me. Toccami ancora. Ti supplico. Da quanto tempo non sento più le tue
mani su di me? Da quanto non sento la tua voce che mi parla? Che mi dice “ti
amo” come solo tu sapevi fare? Da quando hai deciso che era troppo pericoloso
per me starti accanto. Che era troppo rischioso. Non vuoi farmi soffrire, hai
detto. Non vuoi che io rinunci alla mia vita per te. Perché finiresti col
privarmi di qualcosa di importante. Un matrimonio alla luce del sole. Una
passeggiata nel parco. Dei figli. Credi davvero che potrei accettare dei
figli nati da qualcun altro? Che potrei accettare l’idea che un altro uomo mi
abbia violata, che qualcun altro che non sei tu è entrato dentro di me? Mai.
Meglio la morte, allora, dimenticarsi di ogni cosa, anche del dolore.
Dimenticarsi di soffrire, di aver provato qualcosa di diverso dalla felicità
di starti accanto. E mentre la vita mi abbandona, scivola da me, vedere di nuovo
il tuo viso, per l’ultima volta. Devo ammettere che è allettante. Ma
sono una vigliacca. Non avrei il coraggio di farlo. No, perché tu sei là fuori,
chissà dove, e io spero ancora di poterti incontrare un giorno. Ne ho
bisogno, ho bisogno di questa speranza, per non cadere a pezzi. Qualcosa si
incrina dentro di me. Lacrime che ho trattenuto per tanto, troppo tempo,
scorrono sulle mie guance finalmente libere. Un fiume in piena che mi sommerge.
Il dolore è troppo forte. E’ quasi qualcosa di fisico, la sensazione che mi
brucia dentro. Un fuoco inarrestabile, fiamme che mi divorano, che solo tu puoi
spegnere. Abbracciami. Ancora una volta. Ancora un istante. La mente
torna involontariamente alla nostra ultima conversazione. Lo so, tendo
inevitabilmente a farmi del male. Me l’hai sempre detto. Ma sono sopraffatta dai
ricordi, in un modo per cui non è più possibile una via d’uscita. Non si può
tornare indietro. Ricordo quello che mi hai detto. “E’ necessario. La
mia ossessione per te sta diventando un rischio troppo alto.” “Stai cercando
di dirmi che quello che provi per me non vale il pericolo che dobbiamo
affrontare?” “No. Sto dicendo che io non ne valgo la pena.”
“Sciocchezze.” Liquidai così le tue paure, mentre cercavo di nascondere il
tremito alle mani. Quella tua frase mi aveva colpito più in profondità di quanto
immaginavo. Un buco nell’anima. “Per favore... non rendermi tutto più
difficile.” Mi dicesti. Ma non ero intenzionata ad ascoltare le tue
suppliche, perché sapevo che in un modo o nell’altro, prestandoti attenzione,
avrei ceduto. Lo facevi per il mio bene, in fondo. “Lo farò, invece. Non posso
pensare ad un mondo in cui tu non esisti.” “Pensi che io potrei? Pensi forse
che io non sia distrutto, tanto e più di te?” “Più di me? Non credo
proprio”. “Più di te. Sono io che, pur amandoti come nessun altro al mondo
potrebbe fare, sto volontariamente decidendo di lasciarti.” “Non sei
obbligato”, sussurrai. Avevo gli occhi colmi di lacrime, e stentavo a parlare.
Ma il mio sguardo era fermo, la mano che stringeva la tua decisa. Non ti avrei
lasciato andare. Non quella notte. “Bella... ti prego.” “Mi stai
chiedendo di lasciarti uscire dalla mia vita. Di rinunciare all’amore per
sempre.” “No, non per sempre. Troverai qualcun altro.” “Non ti
dimenticherò.” “Forse no... ma avrai una vita migliore di quella che potrei
offrirti io. Migliore di quella che ti aspetta accanto ad un vampiro. Un
mostro.” Scossi la testa. Le lacrime che mi rigavano le guance brillavano
nei tuoi occhi, il mio dolore riflesso nel tuo sguardo. “Non posso...”
Ma non è servito a niente. Te ne sei andato, quella notte stessa. Non ti ho
più rivisto, non ho più saputo niente di te. E dopo quasi un anno, il dolore
continua ad essere straziante. Un compagno fedele. Non amato, quel dolore
insopportabile, ma se non altro non mi ha mai tradito. E’ la prova evidente
che ti amo. Che non ti dimenticherò mai. Che non mi rifarò una vita, mai, se non
al tuo fianco. E tu, maledetto vampiro dall’anima dannata, che hai rubato il
mio cuore e te ne sei andato... dove sei adesso? Guardo ancora una volta i
lampioni, la loro luce dorata mi ricorda i tuoi occhi di topazio, fissi nei miei
per il più dolce degli sguardi. Avverto il freddo pungente, ma questo
significa solo che non è ancora il momento di rientrare. Chiudo gli occhi, e
immagino quella carezza gelida trasformarsi in te, il tuo corpo di marmo premuto
contro il mio, comunione di anime. Perché è sempre stato così tra di noi,
perché prima ancora delle nostre labbra, erano le nostre anime a cercarsi, a
sfiorarsi... a rincorrersi. Dolce tortura, ricordare tutto questo. Pensare a
come sarebbe, la mia vita, se tu fossi ancora qui. Probabilmente in
pericolo, come ripetevi sempre. Sicuramente felice, come io ti ho sempre detto.
E sapere che tu sei da qualche parte, a vegliare su di me. Mio angelo
custode, invisibile e misterioso. Mio unico amore, per sempre. Tu, così
perfetto, così impenetrabile, oscuro e misterioso. Così dolce. -Ti amo.-
sussurro al vuoto, e il vento sembra rispondermi; e ha la tua voce.
...dolce tortura Paura come quella
sera Indeciso sul baciarti o meno A parlare sul divano ore La prima
volta che assaggiavo il tuo sapore E già ne ero strettamente dipendente
-sshh- Cotto immediatamente Ed era tipo "Che ci importa di domani?
Stringimi le mani" Ma i baci non risolvono i problemi E ora non ci sei
domani è già arrivato E brucia dentro, sai, anche se ero preparato E
cadono parole come pioggia sulla strada Forse verrà domani il sole che le
asciuga.
E’ ora di rientrare. Con un ultimo sospiro, mi avvio
verso le scale. -Bella?- una voce che mi chiama. Un’illusione, sicuramente.
Ma la presenza dietro di me è solida, reale. Mi volto, e in quel momento il
vento si placa del tutto. Non un suono. -Tu-, sussurro. Di nuovo quel
sorriso, che mi fa impazzire. Di nuovo la tua voce. Parla. Parla ancora, ti
scongiuro. Lasciami sentire di nuovo quel suono limpido e musicale. -Io.-
-Cosa ci fai qui?- -Ti osservavo. Come sempre. Come tutti i giorni,
tutte le notti. Non ti ho mai lasciato, Bella.- Chiudo gli occhi, e quando
li riapro non ci sei più. Le tue mani mi abbracciano da dietro, il tuo petto
contro la mia schiena, freddo, gelido come la morte, ma capace di trasmettermi
un calore che, con la morte, non ha niente a che vedere. -Perdonami- mi dici
in un sussurro. Cos’altro posso fare? Sono troppo debole per arrabbiarmi con
te. E non voglio nemmeno. Non ora che ci siamo ritrovati, dopo tanto tempo.
Non oggi. Ci sarà tempo per parlare, per spiegarsi. Per raccontarci le
cause che ci hanno portato ad allontanarci. Che ti hanno spinto a lasciarmi. Ma
non adesso. Adesso voglio solo abbracciarti, sentirti così vicino a me da non
esserci spazio per nient’altro, se non i nostri corpi fusi insieme. Mi giri
verso di te, il tuo volto è una maschera di dolore, un velo di antica malinconia
che ti incupisce gli occhi. Il tuo sorriso è tirato. Quasi finto, sotto
quella maschera. Ma i tuoi occhi sono sinceri. -Promettimi che non te ne
andrai-, ti imploro, gli occhi di nuovo colmi di lacrime, un misto tra dolore e
gioia. Ti sfioro il viso con un mano. La tua pelle è fredda, ma non più
dell’inverno che ci circonda. Morbida, liscia come un velo, seta sulla pelle.
Il tuo sorriso si apre sotto le mie dita, e allunghi una mano ad asciugarmi
le lacrime. -Te lo prometto.- Cominci a raccontare. Mi dici che il
dolore è stato troppo forte. Che la tua vita senza di me non era più che mera
esistenza. Sorrido. Ho provato le stesse cose. -Mordimi, Edward.- Ti
irrigidisci, ma è solo un attimo. Le tue braccia tornano a circondarmi. -Si.
Lo farò. Sono troppo egoista per lasciare che la tua vita scorra senza di me.-
Mi prendi in braccio, e mentre ci avviamo verso casa, appoggio la testa
sulla tua spalla. Ti abbassi a sfiorarmi le labbra con il più lieve dei baci. La
tua lingua scivola umida sul mio collo. Una puntura. Il veleno che entra
in circolo. Ora sarò come te. -Ti amo Edward.- -Ti amo Bella.-