Fanfic su artisti musicali > The Wanted
Segui la storia  |      
Autore: jessicaday    02/08/2012    4 recensioni
Dopo aver svaligiato un negozio di alcolici, Nathan Sykes, un diciassettenne alla disperata ricerca di un posto nel mondo, viene sbattuto da sua madre in un prestigioso collegio fuori città. Ed è proprio in quella specie di prigione che troverà una vera famiglia - i suoi amici, meglio conosciuti come "il branco" - e, forse per la prima volta in vita sua, si sentirà a casa.
Ma una casa non è tale quando le persone che si amano se ne vanno.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

This house no longer feels like home
1. Prisoner

 

 

Just like a sailor, he steers away from home.
He feels a tidal wave in his heart, but he ain't alone.
 

«Allora signor...» la direttrice, una donnona dai capelli neri legati in una coda di cavallo bassa e gli occhi scuri, guarda su uno dei tanti fogli ammassati sulla sua scrivania, in cerca del mio nome.
«Sykes», le suggerisco.
«Bene, signor Sykes, le do il benvenuto nel nostro istituto. Spero lei si troverà a proprio agio qui, per qualsiasi cosa non esiti a venire da me. Le lezioni iniziano alle otto e trenta di mattina e durano fino a mezzogiorno e trenta, dove ci raduniamo nella mensa per la pausa pranzo. Il pomeriggio è dedicato ad attività extracurricolari, come sport o attività artistiche e musicali. Le lezioni sono dal lunedì al venerdì, il sabato è dedicato alle escursioni o alle visite sul territorio e la domenica è libera. La cena è servita alle nove, sempre nella mensa.»
Annuisco poco convinto, perché sono stanco morto dopo un viaggio di sette ore in treno e dopo tutte le raccomandazioni ansiose di mia madre.
«La sua stanza è la numero dodici, nel dormitorio maschile. La prego di arrivare puntuale a lezione domani mattina.»
«Certamente, signora Hussan», mia madre si era raccomandata di essere educato e rispettoso, come se commettere una bravata cambiasse quello che sei veramente e tutta l'educazione che i tuoi genitori ti hanno dato. Mi manda in bestia il pensiero di mia madre che crede che non sono più il ragazzo di sempre. Ho fatto una stronzata, sì, ma sono umano e sbaglio anche io. E lei invece di venirmi in contro, mi ha sbattuto in un collegio a sette ore dalla mia città, dai miei amici e dalla mia famiglia. Mamma sostiene che è colpa sua, che è stata lei a sbagliare qualcosa con me, che da quando lei e papà hanno divorziato io mi sono lasciato andare e lei si sente in colpa, non crede di riuscire a tenermi sotto controllo, così mi ha mandato in questo “istituto educativo” - così lo aveva definito lei – per essere aiutata e, quindi, per controllarmi e mandarmi di nuovo sulla retta via.
Questo collegio è come una scuola a porte chiuse, privata. Ti istruisce e fornisce un'eccellente educazione (così diceva il sito web), ma ha anche funzione di casa-famiglia; ospita quindi bambini ed adolescenti senza famiglie e, quando viene richiesto, li da in adozione.
E' il collegio più rinomato del Regno Unito, ed una volta che ci sei dentro, è veramente difficile uscirne. Se non ti tirano fuori i tuoi genitori, non puoi uscirne nemmeno se sei maggiorenne; devi infatti dimostrare di avere un posto fisso dove andare a stare ed un lavoro o un'occupazione che può mantenerti, e poi presentare i documenti in direzione. Solo in quel momento sei libero di andartene da questa prigione che, per inciso, già odio. E sono costretto a rimanere qui fino a quando non mi riterranno abbastanza maturo da non commettere più futili bravate da ragazzino.
La signora Hussan si alza dalla sua maestosa sedia in pelle, riportandomi alla realtà, e mi accompagna alla porta. Quando la apre, scorgo un'ombra muoversi veloce nel corridoio illuminato, allontanandosi da noi. Anche la direttrice sembra notarlo e sembra identificarla con facilità.
«Signorina Mitchell, stava per caso origliando?» tuona. Il modo in cui parla quasi mi spaventa e mi trovo a desiderare di non essere mai rimproverato da lei.
«No, signora. Io mi trovavo da queste parti e quando la porta si è aperta mi sono spaventata e sono scappata.»
E' una ragazza minuta a parlare; si avvicina a noi lentamente, con le mani nelle tasche dei jeans scoloriti ed una felpa di Harvard che sarà almeno tre taglie più grandi di lei. Ha i capelli biondo scuro raccolti in una crocchia disordinata, e gli occhi verdi più furbi che io abbia mai visto.
«Ah sì? Be', visto che passava di qui, che ne dice di far vedere il collegio al signor Sykes, che è nuovo?» più che una richiesta, quella della direttrice sembra un ordine, ma la ragazza risponde comunque, senza scomporsi per nulla o mostrarsi conturbata o agitata dal tono di voce con cui la signora Hussan le parla.
«Certo, signora.»
«Bene, allora ci vediamo nella mensa per la cena», ci congeda.
«Certo», ripete la ragazza ed anche io faccio un cenno di assenso.
La Hussan se ne ritorna nel suo ufficio, sbattendo la porta irritata, lasciandoci soli.
La mia “compagna” sbuffa sonoramente, poi si gira verso di me e mi rivolge un sorrisetto affabile.
«Sono Gal», dice e mi porge la mano, che io stringo prontamente.
«Nathan», sorrido di rimando.
«Dai seguimi, ti faccio fare il giro. E benvenuto in questa brutta copia di Hogwarts.»
Mentre camminiamo per i corridoi del collegio (che scopro essere molto più grande di quanto immaginavo), Gal parla a raffica di ciò che contengono le svariate aule, di dove sono collocati i bagni, di dove ci sono le uscite secondarie e, mano a mano che ne incontriamo, mi dice i nomi di alcuni ragazzi che la salutano animatamente quando passiamo.
«Lui è Luke», dice indicando un biondino mingherlino con un paio di occhialoni buffi e la faccia antipatica. «E' molto bravo a scuola, ma non chiedergli mai di passarti i compiti, perché andrai subito nella sua lista dei cattivi ragazzi da cui stare alla larga», ridiamo entrambi.
«Il mio vero nome non è Gal, sai?» se ne esce di botto.
«Lo sospettavo, dato non lo avevo mai sentito prima. Ce, non che faccia schifo o cose simili», gesticolo un po' in imbarazzo, perché non voglio offendere l'unica amica che probabilmente avrò qui dentro.
«No, tranquillo! So benissimo che è un nome terribile, ma è sempre meglio del mio nome intero», mi regala un sorriso furbo e non so perché ma le sorrido anche io. Poi alzo un sopracciglio con fare interrogativo, dato che mi rendo conto che non mi ha ancora detto il suo vero nome.
«Hai delle sopracciglia foltissime, sai?» ride di gusto e mi squadra come fossi una strana creatura di un altro pianeta.
Rido anche io ed annuisco «Sì, me lo dicono in molti. Allora, vuoi dirmi il tuo vero nome o è qualcosa di troppo imbarazzante?» decido si stuzzicarla un po', perché mi sento a mio agio con lei e sono più che certo che non se la prenderà, siccome fino a questo momento si è dimostrata una persona alla mano.
Si guarda intorno con un'espressione buffa dipinta in volto e si accerta che nessuno sia abbastanza vicino da sentire il suo strano ed imbarazzante nome – ma qualcosa mi dice che lo conoscono tutti di già, perché di certo non è una ragazza che passa inosservata.
«Galadriel», sussurra infine.
Tento di trattenere una risata e finisco col emettere qualcosa tra la tosse e una serie di sputacchi.
«Come quella de “Il Signore degli Anelli”?» domando e lei annuisce, mettendo su un'espressione teatrale. «Mi dispiace per te», le dico, fingendomi addolorato, e poi mi concedo di scoppiare a ridere. Lei ride con me, del tutto noncurante del fatto che stiamo ridendo del suo nome.
«Dai, ti faccio vedere il dormitorio maschile, andiamo», annuncia.
Ci avviamo per una serie di corridoi che hanno tutti le stesse pareti color panna, le colonne antiche che spuntano ogni tanto e una miriade di quadri di tutti i tipi appesi ai muri. Qualche volta si trova una piantina dell'istituto, ma Gal sembra conoscerlo molto bene, nonostante siano quattro piani. Deve essere stata qua dentro per molto tempo, ed io mi scopro a voler sapere di più su di lei.
«Da quanto tempo sei qui?» butto lì.
«Più o meno sedici anni.»
«E ci hai messo molto tempo ad abituarti a... tutto questo
«No, non molto», si gira verso di me - che sono tre passi dietro di lei - e prende a camminare al contrario, così da parlarmi faccia a faccia.
«Quanto?»
«Quindici anni.»
«Oh, be', questo è incoraggiante», ridiamo di gusto entrambi.
«Questo è il dormitorio dei ragazzi», indica un enorme corridoio dietro le sue spalle. Ci sono due file parallele ed ognuna contiene più o meno una quindicina di porte, posizionate una vicina all'altra. «Noi ragazze abbiamo un coprifuoco per entrare nel vostro dormitorio e voi lo avete per entrare nel nostro. Non possiamo vederci nelle nostre stanze dopo le otto e mezza di sera. Praticamente da dopo la cena il dormitorio che non è tuo è off limits», spiega ed io annuisco. «Che camera hai?»
«La dodici», rispondo dopo aver ricontrollato la chiave con il numero che mi aveva dato prima la signora Hussan.
Un sorriso enorme si dipinge sul viso di Gal.
«Cosa c'è?» chiedo in fretta e furia.
«E' la stanza del mio migliore amico» grida.
Non so perché, ma sapere che condividerò la stanza con il suo migliore amico mi tranquillizza un po' e spero che sia alla mano come lei.
Gal mi prende la mano ed inizia a correre verso quella che deduco sia la mia stanza. Ogni tanto sbatacchiamo contro qualche ragazzo che passeggia per il dormitorio, ma nessuno se la prende troppo; anzi, ci sorridono divertiti e salutano Gal con simpatia.
Mi convinco che forse stare qui non sarà poi così male. D'altronde quei pochi ragazzi che ho visto fino a questo momento non sembravano depressi o fuori di testa, ma erano sempre impegnati in qualche conversazione con qualcuno o, perlomeno, sembravano tranquilli.
Arriviamo alla mia camera e Gal inizia a battere i pugni sulla porta istericamente, creando un baccano notevole.
«Gal, ho le chiavi», tento di dire, ma a lei non sembra importare.
«Stupido cammello che non sei altro, apri questa maledetta porta o ti svuoto il dentifricio nelle scarpe!» grida come una pazza, ma il sorriso che ha in faccia mi fa sentire a mio agio. In altre circostanze mi sarei vergognato da morire e probabilmente me ne sarei andato o avrei cercato di farla smettere di urlare, ma con Gal non provo vergogna. Sorrido sotto i baffi, mentre tutti ci guardano e qualcuno si avvicina a noi e fa qualche battuta sul i mio compagno di stanza. Ricevo anche qualche pacca sulla spalla e qualcuno si presenta, ma come al solito dimentico subito i loro nomi.
«Galadriel, ti spezzo tutte le ossa, una ad una!» urla una voce maschile da dentro la camera.
«Apri questa dannata porta, bradipo!»
«No, rimani fuori, scimmietta urlatrice.»
Sembra che tutti si siano già dimenticati di me. Qualche passante sorride della scena e mi domando quanto abituali siano sceneggiate del genere.
«Vuoi scommettere che riesco ad entrare comunque?» sfida Gal.
«E come faresti, sentiamo?»
Prima ancora che la mia amica me lo chieda, le passo le chiavi della stanza e lei apre la porta.
«Così», dice la ragazza.
Un giovane alto una ventina di centimetri più di me stende davanti all'uscio e ci guarda con aria sorpresa. Ha gli occhi verdi ed i capelli castano scuro, una mascella enorme e la camicia che porta gli evidenzia i muscoli del petto.
«Ciao stupido cane», dice Gal e salta addosso al ragazzo, attaccandosi letteralmente al suo collo. Lui la prende prontamente e l'abbraccia, poi le stampa un bacio sulla guancia.
«Ciao Gallie.»
«Oh smettila con questi stupidi nomignoli da animali di compagnia!»
Non so bene che fare, quindi me ne resto sulla soglia della camera, senza dire nulla.
Gal sembra ricordarsi improvvisamente di me e da una pacchetta sulla spalla del suo amico, che la mette giù. Lei si getta sul primo dei due letti che trova e fa le presentazioni.
«Nathan, lui è Damien. Damien lui è Nathan, il nuovo compagno di stanza», fa un gesto teatrale e poi prende a cercare qualcosa nei cassetti del comodino accanto al letto dove è scompostamente sdraiata.
Damien mi stringe la mano e mi sorride affabilmente.
«E' un piacere, Nathan.»
«Piacere mio.»
«Dove diavolo hai messo le barrette di cioccolata, Dam?» domanda Gal, interrompendo l'imbarazzante silenzio che regna nella stanza.
«Sotto al cuscino», risponde noncurante Damien. «Allora, come mai sei finito qui?» mi domanda poi.
«Razza di idiota, sai che la cioccolata si scioglie sotto il cuscino?!» interviene la nostra compagna, poi si siede sul letto ed inizia a mangiare una barretta. Ne lancia una anche a me e al suo amico. Guardo incerto il pezzo di cioccolata, poi lo scarto e lo mordo, ringraziando Galadriel con un sorriso.
«Accomodati pure, questa è la tua stanza, eh», mi dice.
Mi siedo su una sieda in legno davanti ad una scrivania coordinata, poco lontana dalla porta. Noto che lì vicino sono state poggiate le mie valigie e mi sento un po' rassicurato perché avevo paura di non trovarle.
«Ho svaligiato un negozio di alcolici con i miei amici. Be', io l'ho fatto perché avevo perso una scommessa, non perché lo volessi veramente», rispondo alla domanda di Damien. Lui sembra esserne contento ed insieme a Gal scoppiano a ridere per qualcosa che io non capisco.
«E voi?» chiedo io, sentendomi improvvisamente preso in giro.
«Io sono qui dalla nascita, più o meno. Mi hanno abbandonata», dice Galadriel e si attacca ad una bottiglia di acqua che trova accanto al letto. Damien si siede accanto a lei e le accarezza la gamba all'altezza del polpaccio, poi prende un'altra barretta di cioccolata.
«Anche io», dice il ragazzo, senza curarsi del fatto che sta parlando con la bocca stracolma.
«Solo che questo stupido essere vivente ha diciannove anni e tecnicamente se ne sarebbe potuto andare da qui da un pezzo, ma non ha trovato una sistemazione e quindi è ancora qua dentro», scherza Gal.
«In realtà non me ne sono andato perché voglio rimanere qui con te», le risponde l'amico e lei gli da uno scappellotto e gli dice che è un bugiardo.
«Bene, io vado perché probabilmente mi tocca andare a svegliare Olive che la domenica pomeriggio dorme come una vecchia pensionata. Ci vediamo in mensa. Dam, mi raccomando, arrivate prima così rubacchiamo qualcosa di nascosto», la ragazza ci saluta con un gesto distratto della mano e esce saltellando dalla camera.
«Quella ragazza è fuori di testa», ride il mio compagno di stanza. Rido anche io e non posso che trovarmi d'accordo con lui, anche se nutro una grande simpatia per Gal.
«Ti do una mano a sistemare le tue cose, va bene?»
«Grazie, sì.»
Mentre mettiamo a posto la mia roba, Damien ed io parliamo un po' e lo scopro essere affabile e simpatico. Parliamo del più e del meno e mi dice che il cibo della mensa è buono, ma che non devo mai mangiare la minestra di patate perché è terribile, poi mi racconta qualche aneddoto sul suo gruppo di amici (che ovviamente è anche quello di Gal) e mi dice che nel collegio vengono chiamati “il branco”, perché non si dividono mai. Sono una famiglia, insomma. Ed io mi trovo a desiderare ardentemente di trovare un gruppo di amici così, altrimenti non riuscirò a sopravvivere qui dentro.
«Ti conviene vestirti per benino, perché dopo cena ci ritroviamo tutti qui e ti portiamo a festeggiare fuori dal collegio», dice Dam all'improvviso.
«Come, scusa?»
Non credo di aver capito bene.
«Sì, ti portiamo fuori, tranquillo ti divertirai.»
«Ma non si può uscire dal collegio la sera!»
«Già, ma noi non seguiamo mai le regole», mi strizza un occhio. «Dai, andiamo a mangiare.»
Grandioso, già mi caccerò nei guai ed è solo il primo giorno qui dentro.



**
Annie's space
Saaalve bellezze! (:
Questa è la mia prima fanfic su i ragazzi e spero davvero che vi piaccia!
L'idea mi è venuta ieri ed ho deciso di buttare subito giù qualcosa e così stanotte ho scritto il primo capitolo.
So che non è nulla di che, ma è un capitolo di "introduzione" ed avevo bisogno di spiegare alcune cose e, ovviamente, di introdurre i personaggi.
Se trovate qualche errore di battitura o qualsiasi altra cosa non coerente con il testo, fatemi sapere!
Gli altri ragazzi arriveranno dal prossimo capitolo (:
Volevo dirvi un sacco di cose però ho dimenticato tutto, ahah.
Grazie mille per aver letto questo mio delirio e spero con tutto il cuore che vi piaccia e che continuerete a seguirlo!
Un abbraccio,
Annie.

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Wanted / Vai alla pagina dell'autore: jessicaday