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Autore: gattapelosa    03/08/2012    4 recensioni
Katniss e Peeta sono gli unici due tributi ancora in vita.
Katniss tira fuori quelle bacche.
Seneca Crane le distrugge.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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— Un saluto ai concorrenti finali dei settantaquattresimi Hunger Games. La modifica precedente è stata revocata. Un esame più accurato del regolamento ha rivelato che ci può essere soltanto un vincitore— dice. — Possa la buona sorte essere a vostro favore.

 

Non ucciderò Peeta, no, questo no.

Ma non ci tengo a morire nemmeno io stessa.

Ecco perché lo stratagemma delle bacche: loro hanno bisogno di un vincitore, qualcuno ci deve stare, su quel palco, e quel qualcuno non sarò io. Non solo io.

Nel momento in cui metto mano al sacchetto delle bacche spero Peeta capisca di non ingoiarle sul serio.

— Fidati di me— sussurro. Sostiene il mio sguardo per un lungo momento, poi mi lascia andare. Allento il sacchetto e verso un po’ di bacche del palmo della sua mano. Poi riempio il mio.— Al tre?

Peeta si china e mi bacia ancora una volta, molto delicatamente. — Al tre— dice.

Ci alziamo in piedi, schiena contro schiena.

— Mostrale. Voglio che tutti le vedano— dice lui.

Io le alzo, Peeta altrettanto. Le scure bacche splendono dall’alto, poi qualcosa accade: vengono avvolte da una nuvola di fumo, il peso si alleggerisce, spaventata mi porto le mani agli occhi e le bacche non ci sono più.

— No!— grido. Cerco freneticamente una soluzione, ma niente. Guardo Peeta, ora seduto, sta morendo.

Non posso lasciare che muoia! Glielo devo, Peeta deve vivere. Non avrò mai modo di sdebitarmi. 

Nel sacchetto rimangono ancora delle bacche.

Allora penso: penso che, fra i due, forse sono io quella che dovrebbe far ritorno al ‘12. Per cacciare e salvaguardare Prim. Poi però penso che forse non sono poi così importante: adesso, se Peeta vincesse, sarebbe lui a rifornire Prim d’ogni sostentamento. E poi c’è Gale.

Penso poi che Peeta meriterebbe certo più di me, la vittoria. Lui è un ragazzo buono, buonissimo. Uno di quelli destinati a grandi cose. Come parla lui non parla nessuno, come cucina lui non cucina nessuno, è simpatico, divertente, spiritoso, gentile. Buono.

Forse non indispensabile tra i Mellark, ma degno di vittoria. Più di quanto lo sono io, sicuro.

Non so decidere: chi dei due tornerà a casa? So che Peeta spera di vedermi vincere, io stessa, però, non ci capisco più molto.

Non voglio che muoia.

— Ho un’idea— dico. Mi tolgo la spilla. — Adesso la lancio in aria, se casca dritta torno a casa io, se casca storta torni a casa tu.

Peeta mi guarda spaventato, cercando in ogni modo di strapparmi via la spilla, ma è malato, sta morendo, non ci riesce.

Sospiro. Se non possiamo vivere entrambi, se non possiamo morire entrambi, voglio che sia lui a tornare a casa. Io voglio che Peeta torni.

Ecco la risposta.

Lancio in aria la spilla: casca dritta, morte a Peeta. Lui sospira soddisfatto.

Non posso permetterlo, non voglio che Peeta muoia! 

Tiro fuori le bacche rimanenti, lui fa per prenderle, quando ecco che lo stupisco.

Me le metto in bocca io.

— No! No! Katniss!

Sento l’aspro sapore, come lame di coltelli, infilzarmisi in gola.

Sorrido, ancora una volta, sorrido.

— Torna a casa, Peeta— dico.

Torna a casa, Peeta, vivi la tua vita. Meriti tanto, troppo. Vivi.

E scusami, ti prego, scusami.

Non volevo essere io a morire, volevo solo fossi tu a vincere.

 

 

  
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