Lo so, invece di mandare una one-shot dovrei mandare il penultimo capitolo dell’Ultimo Horcrux ma dato che la mia testa è vuota ho deciso di
deliziarvi con questa nuova one-shot, continuazione
di “E’ la mia natura”.
Ringrazio: StàBen(chiedo scusa perché non
avevo avvertito ma quel giorno avevo pubblicato più di una storia e non avevo
avuto molto tempo), ZAITU (Mi sono
scordata di scrivere che aveva preso quella storia dalla canzone degli 883
scusami e scusate tutte voi spero che nessuna di voi mi citi nel sito per
plagio non era mia intenzione, ho letto con piacere una tua storia e ho trovato
la tua idea di base molto simile alla mia ma avvolte io faccio finire anche
bene le mie storie solo perché anche non essendo sicura che loro due possano
vivere per sempre felici voglio dar loro o forse a me stessa che l’amore
avvolte è più forte di qualsiasi altra cosa), julia91, Valemione (vedi eccola qui..così
mi dirai che ne pensi, sempre una draco Herm…ihihihiih), lilyblack90 (lily
comincio a pensare che tu ce l’abbia con me, sono triste nelle mie storie ma
anche tu non scarseggi e questo mi fa molto piacere perché io amo le storie dal
sapore amaro.), lucyferina, Tinkerbell91….
Vi lascio alla storia spero
che vi piacerà…
Le cose potevano cambiare…
Era
ancora notte fonda quando un lugubre bussare alla porta svegliò la cantastorie.
Sapeva bene chi era. Qualcuno che la perseguitava
per tutta Londra, quel qualcuno da cui fuggiva ogni sera.
Aprì
la porta e lo fece entrare nella stanza.
Aveva
smesso di dormire, sapeva bene lui che voleva, ogni notte per quanto cambiasse
locanda e contrada lui la trovava sempre.
Accese
piano la lanterna in modo che un tenue chiarore illuminasse la sala.
“Cosa
c’è?” tanto sapeva bene cosa desiderava…
“Scusarmi”
soffiò lui
“Sai
bene che non lo farò mai!”
“E
allora io ti seguirò fino alla fine dei tuoi giorni!”
“Non
puoi!”
“Vorresti
impedirmelo Hermione?”
“Sai
bene che quello non è il mio nome. Hermione Grenger è morta!”
“Non
è morta e tu lo sai bene, Hermione!”lui si protese
verso di lei, scuro come la notte, così che la giovane potè
sentire il puzzo di dolore che lui emanava
“Ti
sbagli è morta!” disse a denti stretti
“Non
è vero.” Poi l’afferrò con impeto e le incastrò uno stiletto nell’addome, uccidendola.
“Ora
sei morta” sussurrò lui prima di scoppiare in una risata diabolica e terribile.
Si
riscosse di scatto. Ancora una notte…
Si
toccò l’addome…intatto. Ancora una visita…
Si
voltò verso la stanza che era già immersa nelle prime luci dell’alba. Ancora un
assassinio…
Si
alzò dal letto,si coprì nuovamente il viso e abbandonò quella stanza.
Quell’incubo incombeva su di lei ogni notte.
Colpa mia, si disse, che svendo il ricordo più orrendo della mia
vita a un costo così basso…
La
cantastorie percorse a passi lenti la taverna che la sera prima l’aveva accolta
sperando in una storia.
“Dove
fuggi?” chiese Madama Rosmenta, la cantastorie si
voltò di sobbalzo, non era abituata a delle padrone così mattiniere.
“Io
non fuggo” disse grave e di mala voglia, non amava parlare più di tanto
“Sembra
che hai appena visto un fantasma” magari,
sarebbe stato ben accetto…
“Vi
cerca qualcuno, Signora” continuò la padrona
“Io
non conosco alcuno” rispose impaurita
“Sapete
come sono quei bei tomi, hanno sempre bisogno di controllare documenti e
timbri…” rispose Madama Rosmenta, alla cantastorie la
saliva andò di traverso alla notizia e dovette tossire a lungo per poter
riprendere a respirare normalmente.
“Non
sarete portatrice di sventura? Io non conosco nulla di voi!” disse brusca la
padrona vedendo la reazione della cantastorie
“Non
temete,Signora,avete pagato il vostro debito stanotte, non vi chiederò altro.”
Dicendo questo la cantastorie aprì la porta della locanda e sparì nella prima
luce del mattino.
Ahi! Quante
notte insonni vissute al lume del rancore!
Quel
nuovo giorno quando cominciò a splendere mi vide già lontana dal luogo che
tanto avevo amato, Hogsmede. Il sole dorato sembrava
ridere di lei mentre riluceva sulle pallide distese che la separavano da un
nuovo villaggio, da un nuovo tentativo, magari da una nuova storia…
Quante
volte aveva provato a inventare una nuova storia eppure appena si sedeva e
cominciava…la storia era sempre la stessa.
Quella
dello scorpione e della rana.
Quella
di un amore impossibile, di un amore non ricambiato…
Passò
quella mattina e quel pomeriggio nella solitudine e nel cammino. Solo la sera
giunse alla locanda ‘Hope’, questo era il suo nome…
Vi
entrò e come era accaduto la sera prima ai ‘Tre Manici di Scopa’
similmente accadde a ‘Hope’.
Quando
finalmente si ritirò per la notte, la gente era troppo accecata dalle lacrime
per poter scorgere in quale stanza la cantastorie si andasse a ritirare.
Tutti
tranne uno.
Il
suo incubo non piangeva mai, non si arrestava mai…
Anche
quella notte lui bussò alla sua stanza, ma questa volta il suo bussare non era
di finto pensiero ma bensì di indegna carne.
“Chi
è?” la giovane arrocchiò la sua voce mentre si
preparava a fuggire dalla finestra.
“Controllo”
i Mangiamorte era lì fuori dalla sua stanza, il controllo
dei documenti, l’identificazione attraverso gli occhi, la tortura, la morte ora
erano tutte permesse dalla legge.
Dalla
legge di Voldemort.
La
giovane era sempre fuggita a loro, i suoi incubi erano giunti sempre prima,
eppure stavolta non erano arrivati ad avvertirli…
Scese
di filato dalla finestra atterrando fra la neve umida e gli alberi folti, per
poi cominciare a fuggire con la neve che le arrivava all’addome, gelandole
anche l’anima.
Correva
stolta…
Senza
speranza.
Un
ombra le chiuse la ritirata.
“Guarda
un po’ chi ho pescato!” voleva pregare di lasciarla, ma i favori costano e lei
aveva come unica ricchezza le sue storie, anzi la sua storia “Signore!!!! Una
fuggitiva!” era giunto il momento.
Non
riuscì a pensare, uno Schiantesimo la colpì e lei
cadde misera fra le braccia di quell’essere senza
Dio.
Una
cella buia, putrida di umidità e del sudore di corpi troppo vicini.
“Cos…”
la giovane cantastorie si svegliò tra di loro, ritirandosi in un angolo quando
vide la porta aprirsi e un Mangiamorte entrare piano
nella cella con un sorriso sul viso.
“Poteremo
voi putridi dal Comandante di questa contrada, desidererà lui come ammazzarvi”
molti ulularono dal dispiacere che questa notizia comportava loro
“Non
siate così viziosi, io vi avrei ammazzato senza tante cerimonie!” così dicendo
afferrò il primo malcapitato e lo portò con se.
Non
seppe la giovane quanti urli dovette attendere prima di veder giungere un Mangiamorte che afferrò lei, solo lei e la portò lontano
dal puzzo e dalla morte…
O
forse la portò da qualcosa di peggio.
Il
Comandante.
Una
stanza nera come lo stomaco della morte, conteneva un uomo dalla bellezza
sorprendete ma dal cuore simile a quel luogo,abominevole!
Vederlo
non gli recò molte sorprese, lo rivedeva ogni notte…
Il
suo incubo era lì. Biondo e con gli occhi d’argento come l’ultima volta. Anche
se a quegli specchi argentati mancava l’umanità che possedevano un tempo.
“Ho
ascoltato le tue storie, lo sai?” la sua voce era quella di un tempo.
Non
rispose
“Parla
di una storia che io conosco bene. Chi te l’ha narrata?”
Continuò
a non rispondere
“Quella
donna che te l’ha narrata, che fine ha fatto?”
“È
morta” l’uomo biondo alzò il capo di botto fissandola con uno sguardo che lei
non riusciva a definire
“Cosa
hai detto, vecchia megera?”
“È morta.
Mi ha narrato questi ultimi suo avvenimenti e poi è morta”
“Come?
Aveva forse qualche malattia?”
“Si è
trovata la morte.”
“Come?”
“Si è
pugnalata”
“Maledetta
Mezzosangue!” bestemmiò l’uomo
“Caronte” l’uomo gradito che aveva portato i vari
prigionieri dal Comandante e poi ad una morte più o meno veloce vece il suo
ingresso “Porta via questa vecchia! Uccidila come vuoi non ha alcuna utilità
per me!” abbassò il capo e mi afferrò mentre il Comandante chiudeva il suo viso
fra le mani
“Vi
devo raccontare un ultima cosa su di lei” non poté trattenersi, il giovane alzò
lo sguardo su di lei
“Cosa?”
“È
morta con il vostro nome sulle labbra: Draco Lucius Malfoy” se possibile i
suoi occhi si fecero ancora più profondi
“Il
mio nome?”
“Vi
malediceva. Malediceva voi e il vostro cuore sterile. Malediceva se stessa per
l’amore che vi aveva dato!”
“Vecchia
megera, il mio nome non è Draco Lucius
Malfoy!”
“No?”
“Il
mio nome è Lucifer”
“Questo
nome le dona molto comandante. Il Signore Oscuro le ha dato un nome proprio
degno di voi.” L’uomo biondo la fulminò con uno sguardo terribile
“Non
sporcare il nome del grande lord con la tua lingua da impuro” Caronte assestò alla cantastorie un forte schiaffo che prostrò la donna sul pavimento pulito della
sala.
Il
Comandante si alzò piano dalla sua scrivania fino a trovarsi davanti alla
cantastorie. “Ecco questo è l’unico posto che vi si addice”
È una
fortuna chela signora che è morta con quel nome sulle labbra non sia la stessa
donna che ha amato voi Lucifer perché sarei ancor più
triste per la sua morte.”
“Perché
mai?”
“È
morta con l’illusine che il suo amore a senso unico avesse come destinatario un
uomo dal cuore sterile, ma se quest’uomo foste voi,
sarebbe un problema perché voi non possedete alcun cuore!” degli stivali lucidi
e neri che fino a quel momento erano davanti al viso coperto della cantastorie
se ne alzò uno che assestò un forte calcio al viso della giovane che fu
rovesciata dal colpo.
“Porta
questa maledetta lontana da me,la sua lingua velenosa mi infastidisce”
“La
porto nella sala viola?”
“No,
ho un posto peggiore della morte da farle vedere”
“Quale?”
“L’inferno”
Caronte la portò fuori dalla stanza, trascinandola, non ci badò era così
stremata e dolorante che svenne l’attimo dopo.
Aprì
gli occhi.
Intonaco
rosso, cornici neri. Mobili di legno rosso, lenzuola di seta nera.
Sbattè due volte gli occhi.
“Non stò sognando” realizzò la cantastorie alzandosi con
circospezione dal letto, senza poter evitare un giramento di testa che la colse
appena appoggiò i piedi sul marmo(naturalmente nero) della stanza.
“Dove
mi trovo?” chiese toccandosi la fronte
“Sei
alla locanda Hell” disse una voce terribilmente
familiare
“In
compagnia di Lucifero…che persona fortunata!” rispose la cantastorie, ma poco
dopo si rese conto di un grave errore, non indossava il cappuccio, lui poteva
guardare il suo volto.
Sentì
gli stivali lucidi battere sul marmo fino al suo letto, aggirarlo e porsi
dinanzi a lei, abbassò il capo
“Così
mi hai mentito.”
La
cantastorie non mosse il capo
“Tu
vai in giro per Londra e dintorni narrando la nostra storia”
Non
rispose ancora
“Ho
visto nelle tue immagini il dolore e allora perché ti fai questo?”
Anche
a questa domanda la ragazza si rifiutò di rispondere.
“Rispondimi
quando ti parlo!” il tono era calmo
“RISPONDI!”
questa volta l’afferrò per il mento e la costrinse ad alzare lo sguardo su di
lui, così che la cantastorie fu costretta a rispondere.
“Perché
così non dimenticherò mai il dolore e l’odio che provo per te”
“Tu
mi odi?”
“Più
della mia stessa inutile vita, che tu con meschinità mi conservasti”
“Ero
giovane a quel tempo, speravo in qualcosa che non sarebbe mai accaduto”
“Cioè?”
“Cambiare
la sua stessa natura. Io sarò sempre uno scorpione che pungerà a tradimento la
rana” avvicinò il viso a quello di lei che lo voltò di lato
“Ti
vedo testarda. Perché non mi ringrazi per averti salvato la vita?”
“Per
me potevi anche ammazzarmi”
“E
che gusto c’era? Non volevo perdermi la capitolazione della Regina delle Grifondoro”
“Maldetta Serpe Vanitosa!” la cantastorie provò a colpirlo
ma egli le bloccò la mano ghignando beffardo
“Sempre
in vena di complimenti vedo!” ma i continui tentativi di assalto della giovane
dovettero irritare non poco il comandante che con un impulso le afferrò i polsi
dietro la schiena.
“Cosa
vuoi serpe?” i due corpi dovettero per forza sfiorarsi e i visi erano a pochi
millimetri di distanza
“Secondo
te?”
“Mi
provochi nausea, allontanati! Sei solo disgustoso, mi fai schifo!” eppure
chissà perché il corpo della giovane si stava facendo sempre più vicino.
I polsi
erano sempre imprigionati
“Non
dire eresie. Se non ricordo male tu amavi quando io facevo questo…” e con un
leggero tocco del naso, su un determinato punto del collo scoperto della
cantastorie la fece rabbrividire e accorciare le distanze fra i loro corpi.
Rise
divertito.
“Vedi
che non mi puoi resistere?”
“Ed è
per questo che ti odio ancora di più Lucifer. Sei la
mia unica debolezza”
“Anche
tu Megera Maledetta”
La sbattè sul letto.
“Mi
fai schifo!” lui le lacerò il mantello
“Non
è vero” lei le sbottonò la camicia nera
“Ti
odio” lui la spoglio dei vestiti
“Forse”
lei le sbottonò il pantalone
“Non
ti amo” lui si bloccò, il fiato mozzo
“Ma
mi desideri” si fissarono a lungo
“Sempre”
lui riprese a baciarla con trasporto
Quella
notte, l’incubo non venne. Quella notte passata senza promesse e senza
inibizioni, passata senza giuramenti e senza scuse fu l’ultima che la vide
allacciati fra loro.
Quando
la luce dell’alba si levò entrambi si divisero.
Con
la promessa di non rincontrarsi mai più.
Neppure
in sogno.
THE END