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Autore: FitchSwitch    04/08/2012    1 recensioni
E l'unica volta in cui hanno fatto cambio. Canon distorto. One-Shot. Effy/Katie.
Il suono di qualcuno che usciva all’aperto. Rumore di tacchi. Katie non dovette guardare alla sua sinistra per capire chi avesse avuto la brillante idea di raggiungerla in un momento come quello. Iniziava a trovarlo divertente: ogni volta restava sola, Effy finiva per trovarla.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Elizabeth Stonem, Katie Fitch
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Three Times Effy Made Katie Feel Better;
Autore: FitchSwitch;
Traduttore: Daphne Kerouac;
Beta: Unbreakable_Vow;
Pairing: Effy/Katie, accenni di Emily/Naomi;
Rating: Giallo;
Avvertimenti: FemSlash, Linguaggio, What if?;
Genere: Romantico;
Link storia originale: Qui;
Note: Personalmente ho amato questa storia. La trovo adorabile, semplicemente deliziosa, a tratti molto tenera. Mi sembra una storia molto intelligente, e intelligente è soprattutto il modo in cui FitchSwitch è riuscita a rendere questo pairing davvero credibile. La caratterizzazione di Katie è semplicemente perfetta, e anche Effy è straordinariamente ben riuscita. Spero di essere riuscita a rendere il giusto onore all’autrice con questa traduzione, poiché è una storia che merita davvero. Non anticipo altro per non rovinare la sorpresa! Buona lettura.



Three Times Effy Made Katie Feel Better (by FitchSwitch)


Katie Fitch aveva cinque anni e la vita faceva schifo.
La mamma aveva deciso di accompagnarle al parco giochi affinché potessero correre e farsi degli amici. Ma ora la mamma era appollaiata su una panchina a chiacchierare con gli altri grandi, gli altri bambini avevano dimenticato le gemelle e ripreso a giocare – e Katie adesso era rimasta sola.
Si spingeva appena avanti e indietro sull’altalena, quel tanto che bastava per muoversi senza che i suoi piedi lasciassero mai il suolo.
Non sarebbe stato così male, se non fosse stato per quella bambina. Quella stupida bambina con i suoi stupidi capelli biondi e i suoi stupidi occhi celesti che le aveva portato via Emily. Adesso sua sorella e quella bambina giocavano assieme nel recinto della sabbia e stavano ridendo, e la bambina bionda aveva preso a giocherellare con i capelli di Emily ed Emily sembrava felice e...
Stupida bambina bionda. Stupida Emily. E stupide altalene.
Il metallo accanto a lei cigolò, e d’improvviso ecco un corpo dove prima c’era solamente un’altalena vuota.
“Ciao.”
Katie diede una sbirciata. La bambina che le stava accanto era piccola. Insomma, okay, non piccola come Katie ed Emily quando ancora non erano tanto grandi (la mamma diceva fossero in formato tascabile), perché l’altra bambina era più alta di lei, ma piccola nel senso che una spintarella sembrava sufficiente a farle spiccare il volo. Aveva lunghi capelli castani e ricci e grandi occhi celesti, esattamente come la stupida bambina bionda.
“Ciao,” borbottò Katie di malumore. Aggrottò le sopracciglia e si diede una spinta verso l’alto.
“Si chiama Naomi.”
Il broncio di Katie si tramutò in perplessità. “Eh?”
“La bambina,” le spiegò l’altra con semplicità, scrollando le spalle, mentre spingeva la propria altalena più in alto di quella di Katie. “Quella che sta giocando con tua sorella. Si chiama Naomi. Io sono Effy.”
“Che razza di nome è Effy?” la sbeffeggiò Katie.
“Il mio.”
Effy le sorrise appena quando le loro altalene si abbassarono in sincrono, e lanciò i piedi indietro per dondolarsi ancora più velocemente. “Sembra di volare, vero?”
Katie sbuffava per lo sforzo di dondolarsi contemporaneamente ad Effy. Sembrava quasi che l’altra bambina volesse vedere quanto Katie sarebbe riuscita ad andare in alto. E Katie era sufficientemente ostinata da accettare la sfida. “Che cosa?”
“Dondolarsi. Fare amicizia. Saltare.”
Effy si spinse alla sommità mentre pronunciava l’ultima parola. Quindi sganciò le braccia e si lasciò scivolare giù.
Per non essere da meno, Katie seguì in fretta il suo esempio. Rimase sospesa in aria solo per pochi istanti, ma ebbe il tempo di pensare che Effy avesse ragione riguardo il dondolare, prima che la forza di gravità la trascinasse di nuovo giù. Effy aveva toccato terra poco prima di lei ed entrambe si ritrovarono a rotolare sull’erba soffice. I loro corpicini si arrestarono nello stesso momento, ed Effy ridacchiò – una volta. Katie guardò verso di lei, incontrando i suoi occhi azzurri scintillanti di divertimento, e cominciò a ridacchiare a propria volta – per nessun’altra ragione se non che Effy sembrava aver trovato qualcosa che la divertiva.
Mentre ridevano, per la seconda volta pensò che Effy avesse ragione. Fare amicizia. Somigliava un po’ a volare.

.

Fottuta Naomi. Fottuta Emily. Fottuto anche lo stupido party. Fottuto... tutto. Proprio fottuto tutto.
Katie si trovava nella nicchia dalla quale Emily le aveva gridato addosso fino a pochi secondi prima. Insomma, tecnicamente si stavano gridando addosso a vicenda. Solo adesso cominciava a rendersi conto di quanto la propria reazione fosse stata un tantino eccessiva.
All’inizio era stata di Effy la fottutissima idea di andare a quel party. Ma poi la sua amica si era defilata con un ragazzo con cui aveva parlato per tutta la sera, e Katie si era guardata intorno per vedere dove si fossero cacciate Emily e Naomi e...
Un’ombra nera le era passata sul volto quando era uscita in giardino e le aveva viste. Non che stessero facendo nulla di particolarmente scandaloso (Naomi non aveva sbattuto Emily contro un albero o cose del genere) e per di più Katie aveva dei sospetti su di loro già da un po’, ma il vederle sedute così vicine sulla panchina accanto ai cespugli di rose, intente a sorridere e a ridere in lontananza... era stato come se una morsa di ghiaccio si fosse serrata attorno al suo cuore. E quando Naomi si era chinata e aveva baciato Emily sulle labbra, la stretta ghiacciata aveva spinto Katie a buttarla giù da quella loro panchina.
Proprio come aveva detto, tirare a sé Naomi per il retro della sua giacca e gridarle contro era stata probabilmente una reazione esagerata. Probabilmente.
Katie aveva capito di aver fatto qualcosa di sbagliato quando uno strano lampo aveva attraversato il volto di Naomi, e la ragazza si era allontanata senza altre parole; aveva sentito l’ennesima sensazione bizzarra. Colpevolezza. Qualcosa le era risalito su per lo stomaco e l’aveva spinta a scagliarsi contro Emily (la quale ad ogni modo sembrava pronta a dare battaglia). E poi si erano urlate reciprocamente addosso in giardino.
Adesso Emily se ne era andata – a casa o a cercare Naomi? Katie non lo sapeva – e lei era stata lasciata sola con i suoi pensieri e quelli erano ancora peggio. Stava riflettendo su quanto aveva urlato in faccia a sua sorella poco prima: Emily era una ragazza e Naomi anche, e il fatto che le piacessero le donne non era... giusto.
Questa era solo una parte della causa per la quale le si era annodato lo stomaco, ma al tempo stesso molto di più. Vederle assieme aveva mandato il suo cervello in tilt. Perché Emily e Naomi erano amiche del cuore, ed Emily e Katie erano identiche, e se a Emily piacevano le ragazze sarebbe stato come–
“Sai che ti perdonerà.”
Katie sobbalzò e si voltò di scatto. Effy bighellonava nel vano che conduceva alla cucina. Katie era molto presa dai propri pensieri, al punto di non udire lo scatto della porta che si apriva e il riversarsi di luce e rumore nel giardino buio e silenzioso.
“Sarà sempre mia sorella,” replicò Katie aspramente. Si strinse le braccia al petto, quasi nel tentativo di tenere assieme tutti i pezzi, ma tutto ciò che sentì fu il proprio cuore che batteva più vivamente del solito. Si lasciò cadere sulla panchina liberata di recente, sentendo il bisogno di una superficie solida sotto di sé.
“Non parlavo di Emily,” disse Effy con il suo famigerato sorrisetto da so-tutto-io. “Intendevo Naomi.”
“E come mai dovrebbe fregarmi qualcosa del perdono di Naomi?”
È tua amica.”
Era mia amica.”
Effy si sedette accanto a lei sulla panchina. La parte destra del corpo di Katie parve farsi più calda. “È ancora tua amica,” pronunciò Effy con sicurezza. Se ne accese una e la offrì a Katie, consapevole che l’altra avrebbe assunto un’aria disgustata e scosso la testa. “Non ce l’hai davvero con lei.”
“Sì, invece!” ribatté Katie, veemente.
“No,” controbatté Effy placidamente. “Andiamo, Katie, sappiamo di quelle due da sempre.”
Il tono allettante di Effy, l’uso del ‘noi’ quasi casuale, la cospiratoria pacca sulla spalla che aveva accompagnato le sue parole... sciolsero il nodo che stringeva lo stomaco di Katie. Quest’ultima sorrise appena.
“Sono sempre state una sorta di ovvietà,” cedette, cogliendo il luccichio negli occhi di Effy. Sua sorella e Naomi avevano sottilmente cominciato ad essere qualcosa già da un paio d’anni, circa da quando aveva avuto inizio la loro adolescenza, in realtà.
Davvero – davvero – inaspettatamente, un pensiero improvviso le passò per la testa. Emily e Naomi stavano sedute proprio dove adesso c’erano lei ed Effy. Ridendo sulla panchina, parlando sulla panchina, probabilmente flirtando sulla panchina (poiché non sembravano in grado di badare a loro stesse), baciandosi su quella fottuta panchina.
Lo stomaco di Katie fece una piroetta. Si alzò di scatto.
“Ne ho abbastanza di stronzate sentimentali,” disse. “Non c’è una festa da qualche parte?”

.

La brezza che increspava l’acqua era fredda. Più fredda di quanto non sarebbe dovuta essere. Sempre che non si trattasse del senso di gelo che aveva colto il corpo di Katie dall’esatto momento in cui aveva preso a pugni quella ragazza al bachelorette-party.
Era bizzarro – tutti gli avvenimenti di quella giornata parevano essersi accatastati nel cuore di Katie. La visita del medico, il fiasco della palestra di suo padre... Infine, aver visto Effy tra le braccia di Freddie aveva (per qualche misteriosa e inesplicabile ragione) sommato un peso ulteriore a quello che Katie si portava nello stomaco da tutto il giorno.
Il suono di qualcuno che usciva all’aperto. Rumore di tacchi. Il modo in cui un lato del corpo si riscalda a per la presenza di qualcuno al proprio fianco. Katie non dovette guardare alla sua sinistra per capire chi avesse avuto la brillante idea di raggiungerla in un momento come quello. Iniziava a trovarlo divertente: ogni volta restava sola, Effy finiva per trovarla.
Effy rimase in silenzio al suo fianco per un po’, prima di tirare fuori un pacchetto di sigarette. Gliene offrì una, e Katie come al solito la rifiutò.
“Ti sta accadendo qualcosa,” sentenziò infine la bruna.
Katie scrollò le spalle. “Dovresti tornare dal tuo ragazzo,” sbottò. “Tutto questo è imbarazzante.”
Rabbrividì appena quando Effy si voltò verso di lei e la fissò con quel suo stupido sguardo che significava ‘Non me la racconti giusta’. “Seriamente,” borbottò.
“Bugiarda,” replicò Effy, ma grazie a Dio volse lo sguardo da un’altra parte.
“Non so più chi sono,” sputò fuori Katie, non appena Effy distolse gli occhi. Odiava ciò che era appena accaduto – l’improvviso vomito di parole che Effy, senza neanche provarci veramente, era riuscita a farle esternare. “Credevo di sapere chi ero. Cosa volevo. Ma adesso... adesso inizio a pensare che non sia così.”
Effy si voltò ancora nella sua direzione, questa volta senza quell’aria da semidio. Aveva invece un aspetto da amica; il suo sguardo era più luminoso, caldo, generoso. Katie si sorprese a chiedersi se Freddie avesse mai visto sul volto di Effy occhi come quelli.
“Io pensavo che fossi la fottuta Katie Fitch,” fece Effy, un angolo della bocca incurvato in un sorrisetto divertito, invitando Katie a condividere lo scherzo.
Katie sbuffò. “Sì, beh... Lo sono,” acconsentì. “Solo che... Volevo una vita perfetta, sai? Casa perfetta, lavoro perfetto, marito perfetto, bambini perfetti. Senza farmi mancare niente.”
“E cosa è cambiato?”
“Io.” Katie distolse gli occhi dall’espressione attenta e comprensiva di Effy e si concentrò esclusivamente sull’acqua che scrosciava svelta sotto il molo, fissandola come se da un momento all’altro il fiume potesse fare un’impennata e inghiottirla. “Sono andata dal dottore, oggi,” mormorò. “Non potrò mai avere figli.”
D’improvviso la mano di qualcun’altro si posò a coprire la sua. Katie guardò la mano di Effy e il modo in cui si adattava alla propria. Voltò la sua mano in modo che il palmo fosse rivolto alto e allacciò le loro dita assieme, stringendola saldamente. Effy ricambiò la stretta e un misterioso calore iniziò a sciogliere il ghiaccio nel suo cuore.
“Sei sempre tu, Katie,” dichiarò Effy, in quel tono di voce che non ammetteva repliche. Katie conosceva quel tono. Parlava molto chiaramente: le parole che escono dalla mia bocca sono la verità. Non c’è nulla da discutere in proposito. “Potrai comunque avere tutte queste cose. Ti adatterai e te la caverai. Perché sei Katie e questo è quello che fai.”
Katie tirò su col naso. “Davvero lo pensi?” odiava che la sua voce suonasse tanto flebile. Sembrava quella di un bambino che domandasse del suo giocattolo preferito.
Effy strinse forte la sua mano. “Naturalmente, perché è la verità. E forse capirai presto che non devi volere determinate cose solo perché la gente crede che tu debba volerle. Anche se non ho mai capito la tua avversione al fumo.”
Il problema era che Katie sapeva già cosa voleva. E sapeva anche che non era alla sua portata. Così, invece che rispondere alla sua migliore amica, si limitò a roteare gli occhi e dire:
“Uh, cancro, forse?”

.

Gli occhi di Anthea si illuminarono quando Katie bussò due volte ed entrò in casa Stonem senza attendere una risposta.
“Oh, grazie a Dio,” la donna più anziana spense la sua sigaretta e si alzò per avvolgere Katie in un debole abbraccio fumoso. “Da quando ci sono state quelle novità a proposito di, sai,” abbassò la voce e Katie trasalì in anticipo, “di Freddie, non è mai uscita dalla sua stanza. È stato due giorni fa.”
Katie lo sapeva. Tre giorni in cui Effy non aveva sollevato il telefono, o risposto a una sola delle sue chiamate, a un suo messaggio, neanche a una delle sue fottutissime e-mail. Lei aveva quasi scavato un solco sul tappeto della sala da pranzo di Naomi mentre aspettava che Anthea richiamasse per dirle che c’era via libera. E, quando la Stonem più grande aveva finalmente chiamato, Katie quasi era rimasta sorpresa nel constatare l’assenza di una scia di fumo da cartone animato dietro di sé, causata dall’urgenza di uscire dalla casa.
Salì le scale due a due, e neanche si prese il disturbo di bussare alla porta di Effy.
Era seduta a gambe incrociate sul letto, teneva Pato in grembo senza stringerlo, intenta a guardare quietamente fuori dalla finestra. Non batté ciglio quando Katie entrò nella stanza, né quando quest’ultima si sedette accanto a lei sul letto.
“Non sono così stupida da chiedere come tu stia,” esordì Katie. “Ma tu sembri sempre sapere cosa dire per farmi stare meglio. Cosa posso dirti per fare lo stesso?”
“Ci siamo lasciati.”
Katie sbattè un paio di volte le palpebre. Non si aspettava neanche che Effy avrebbe risposto, figurarsi una confessione. Effy era sempre in grado di spingerti a vuotare il sacco senza pronunciare una parola su di sé. Era una caratteristica alla quale Katie aveva fatto l’abitudine da circa un anno.
“Vi siete lasciati?” ripeté stupidamente e subito fu presa dal desiderio di prendersi a calci.
Effy annuì senza distogliere gli occhi dalla finestra. “Intendo oltre a quello che è successo al pub. Tutti pensano che siamo tornati assieme quella sera quando lui mi ha riportato da mamma e poi alla clinica, dopo... dopo tutto quello che è successo con Cook quella notte.” Effy fece una smorfia e Katie ne fece un’altra di rimando. Odiava sapere che Cook – James Cook fra tutti – aveva aiutato Effy più di quanto non avesse saputo fare lei, quella notte. “Ma non è così.”
Aveva finalmente voltato la testa, e Katie fu sorpresa di vedere lacrime in quegli occhi blu. Piangere era una cosa che solitamente Effy non faceva per principio. Ma questa volta Effy Stonem stava mettendo a nudo il proprio cuore.
“Gli ho detto che è dolce e generoso e meraviglioso, e che in altre parole lui è esattamente quello che ho sempre voluto. Ma non in questo mondo.”
Katie ingoiò il groppo alla gola. Odiava vedere Effy così a pezzi. “Come l’ha presa?” domandò cautamente.
“Bene, proprio come ti aspetteresti.” Effy scrollò le spalle, tentando di sembrare noncurante, ma una lacrima fece capolino dall’angolo di uno dei suoi occhi. La mano di Katie ebbe uno spasmo, come per interrompere la sua corsa e asciugarla via. “E mi ha detto che in qualche modo bizzarro aveva capito. Che sapeva che è come volere qualcosa che allo stesso tempo è accanto a te e perennemente fuori portata. Lui era una certezza e un luogo sicuro in cui rifugiarsi sempre. Adesso io cosa farò?”
“Oh, Eff,” Katie sorrise tristemente e tirò indietro una ciocca di capelli dal volto di Effy. “Tu sei la fottuta Elizabeth Stonem. Cosa al mondo potrebbe mai essere al di fuori delle tue possibilità?”
Effy scrollò ancora le spalle. Aveva negli occhi un’espressione che Katie non aveva mai visto prima che rispondesse. I suoi occhi guizzarono via da Katie e si fissarono su un punto alle sue spalle.
“Un sacco di cose. Una completa salute mentale, a quanto pare. Un buon rapporto con mio padre di nuovo. Tu. L’università.”
A quel punto Katie fu sopraffatta da una curiosa sensazione. Fu come se qualcosa l’avesse colpita duramente all’altezza dello stomaco, spingendolo indietro e facendo contorcere il suo cuore, prima di rivoltare tutto al contrario.
“Ripeti quello che hai detto,” riuscì a squittire.
Effy indietreggiò di qualche centimetro. “L’università,” replicò ostinatamente.
“Prima di quello.”
“Un buon rapporto con mio padre.”
Gli occhi di Katie si strinsero. “Eff...” disse cautamente.
Effy serrò gli occhi, quasi fosse convinta che, se nel rispondere non avesse guardato Katie, allora quelle parole non sarebbero state reali. “Tu,” rispose obbedientemente.
Il cervello di Katie andò in tilt. Il suo cuore partì a mille miglia l’ora pur restando fermo lì. Era talmente rumoroso che, ne era certa, Effy l’avrebbe senza dubbio udito nel poco spazio che le divideva. “Tu hai me,” disse con prudenza. “Sono la tua migliore amica.”
Il sorrisetto triste che comparve sul volto di Effy quasi la uccise.
“No, non ho te. Non nel modo in cui vorrei.”
Milioni di pensieri si succedettero nella testa di Katie così in fretta da lasciarle addosso un senso di stordimento.
Effy era la sua migliore amica. E allora? Naomi è la migliore amica di Emily. Katie aveva avuto dei ragazzi, prima. Parecchi. E dopo quanto tempo ti sei stancata di ciascuno di loro? Effy era innamorata di Freddie. Non è ciò che hai appena sentito. Ha appena detto che non lo era. Lo ha appena definito un luogo sicuro in cui rifugiarsi. A lei Effy non piaceva in quel modo. No, infatti. Tu la ami in quel modo.
Non ebbe il tempo di realizzare di aver appena perso in un confronto con se stessa prima di cominciare a muoversi. Perché la vocina nella sua testa aveva ragione: era qualcosa che dentro di lei aveva continuato a crescere per anni. Quanto era più felice se Effy si trovava nei dintorni... La sua irrazionale avversità nei confronti di James Cook e Freddie McClair durante tutto il college (l’odio nei confronti di Freddie era notevolmente diminuito quando si era accorta di quanto Effy tenesse a lui, ma Cook aveva preso Effy ed era scappato assieme a lei – era una cosa per la quale non l’avrebbe mai perdonato), la sua gelosia nei confronti di Emily e Naomi (realizzò solo in quel momento che non era perché Naomi le stava portando via Emily, ma perché invidiava la loro relazione nella sua interezza), gli sconnessi sentimenti nel suo petto quando baciava uno dei suoi ragazzi. Il senso di tutto ciò la colpì con la rapidità di un fulmine.
Così si chinò in avanti e premette le labbra su quelle di Effy. Ci fu un momento di completa immobilità, in cui Katie si concesse il trionfo di essere riuscita a cogliere di sorpresa l’onnisciente Effy Stonem, prima che le labbra di Effy cominciassero a muoversi sulle sue e che qualcosa scattasse nel suo cuore, facendo sì che smettesse del tutto di pensare.
Di solito rideva quando le persone descrivevano i baci come fuochi d’artificio. Anche con le persone più abili con cui avesse mai pomiciato, il massimo che le fosse capitato di vedere era stato un debole scoppio di luce, sempre che avesse visto qualcosa. Ma nei due istanti che furono necessari a Effy Stonem per portare la mano dietro al collo di Katie e ricambiare il suo bacio, lei non vide fuochi d’artificio. Vide un’intera, fottutissima esplosione di celebrazioni carnevalesche. Dei bengala avevano preso fuoco dietro le sue palpebre.
Katie spinse Effy contro il materasso con tutta la delicatezza di cui era capace. Le mani di Effy si mossero dal suo collo e si aggrapparono alla sua schiena, come se Katie fosse l’unico punto di stabilità in una violenta burrasca. Il bacio si mantenne lento e gentile, salvo farsi più profondo quando Katie fece correre la propria lingua sul labbro inferiore di Effy. A quel punto le labbra di Effy si schiusero automaticamente, e Katie non era del tutto sicura di chi fra le due si fosse fatta sfuggire il basso gemito che riecheggiò fra di loro. Ruppe il bacio con un rantolo e rimase sospesa a qualche centimetro dalle labbra dell’altra.
Per un istante, Effy parve spaventata all’idea che Katie potesse scappare via, ma lei sorrise nella sua versione del famigerato ghigno Stonem.
“Tu hai me, in realtà,” disse.
Effy sorrise – il suo vero sorriso – e se la tirò contro per un altro bacio.





Note
Alla fine di questa storia – così come FitchSwitch l’ha pubblicata su fanfiction.net – l’Autrice dice: Anyway, review and tell me how you think I did with KFF and the Beatiful Bomb?
Beh, vi chiedo più o meno la stessa cosa. Adesso, commentate e io farò sapere all’Autrice cosa avete da dire in proposito della Fottuta Katie Fitch e della Bellissima Bomba!
Grazie per l’attenzione ;)









 
  
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