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Autore: murdershewrote    04/08/2012    4 recensioni
Dieci persone bloccate in una villa splendida, maestosa. Il loro mausoleo. Si, perchè oltre la pittoresca facciata, tra i sinistri corridoi è nascosta un'inquietante realtà che li condurrà inevitabilmente alla morte, uno dopo l'altro. Erano dieci...e poi non ne rimase nessuno.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alcune NOTE fondamentali prima di iniziare:

1) Per chi non lo sapesse, "And then there were none", pubblicato in Italia come "Dieci piccoli indiani", è un racconto giallo scritto da Agatha Christie. Amando particolarmente questa scrittrice e i suoi favolosi personaggi, ho pensato di renderle omaggio con questo mio personalissimo scritto, ispiratomi appunto dalla sua opera. Sperando vivamente di non farla rivoltare nella tomba!
2) La traduzione italiana della filastrocca, fondamento dell'opera originale, fa riferimento a "negretti" e non a "indiani" per motivi che risalgono alle prime pubblicazioni del libro della Christie. In ogni caso, non è mia intenzione offendere nessuno o inneggiare in alcun modo al razzismo!
3) Per quanto riguarda i contenuti, la mia storia fa riferimento ad alcune scene di Resident Evil1 comunque rivisitate e/o modificate da me per poter meglio fittare la filastrocca (come ad es., la riduzione del numero dei membri della S.T.A.R.S. da 12 a 10).
Credits: "And then there were none" e la filastrocca sono proprietà dei rispettivi autori, i quali ne detengono tutti i diritti, mentre RE1 e i suoi personaggi appartengono alla Capcom.



And then there were none



È una storia piuttosto bizzarra quella che mi accingo a raccontarvi. Ai limiti dell’inverosimile, direte voi. Ma posso garantirvi che è tutto vero.
Tutto iniziò in quella afosa estate del 1998 a Raccoon City. La città, solitamente tranquilla e con un tasso di criminalità assolutamente nella norma, venne stretta in una morsa di puro terrore causato da una serie di misteriose e barbare morti. Nessuno in città osava più girare da solo oltre un certo orario e anche i cacciatori più esperti non varcavano più i confini della città, lì dove la civiltà sembrava svanire inghiottita dalla natura selvaggia. Per rimediare a tutto ciò e salvaguardare i suoi concittadini, il sindaco Warren fece appello non solo al Dipartimento di polizia della città ma anche al neo fondato reparto speciale S.T.A.R.S.
Questo era suddiviso in due squadre, l’Alpha e il Bravo Team, formate dai migliori agenti sulla piazza: il capitano Albert Wesker e il comandante in seconda Enrico Marini, Chris Redfield, davvero un ragazzo irruento ma ottimo soldato, Jill Valentine, il cui aspetto gentile e innocente non vi avrebbe fatto sospettare minimamente che potesse essere invece una tipa tosta, vera maestra nel sbloccare serrature, Barry Burton, ex membro della SWAT esperto di armi e responsabile del loro rifornimento alle squadre, Joseph Frost, specializzato in automezzi, Richard Aiken, elemento indispensabile per le comunicazioni, Forest Speyer, tiratore scelto, Kenneth Sullivan, il chimico del Bravo Team, e infine Rebecca Chambers, giovanissima ma intelligente, col fondamentale ruolo di aiuto in primo soccorso.
Tutti ottimi agenti, preparati per ogni evenienza. Ma non per quello che li aspettava...
Quando gli fu ordinato di partire subito, quella sera di luglio, qualcuno tentò di obiettare.
Effettivamente, sarebbe stato più opportuno per loro muoversi alla luce del sole, soprattutto se c’era davvero uno psicopatico che si aggirava nei boschi appena fuori città divertendosi a smembrare la gente. Ma, dopotutto, erano dieci armati contro uno...cosa poteva mai capitargli? Inoltre c’era il rischio che il suddetto psicopatico mietesse un’altra vittima mentre loro stavano lì a discutere su quando partire. Dovevano agire subito.
Così, senza indugiare oltre, la S.T.A.R.S. giunse sul luogo tanto temuto, disperdendosi per avere una visione più ampia della zona. Gli agenti scansionarono il terreno alla ricerca di qualche indizio, di prove, ma inizialmente la caccia fu molto scarsa. Sembrava che non ci fosse niente di strano, nulla fuori dall’ordinario.
Frost camminò a lungo uscendo infine dalla boscaglia per ritrovarsi in un ampia radura. Si asciugò il sudore dal viso con un braccio e sospirò. Vediamo...Cosa avevano detto i giornali? Corpi straziati, mutilati? Ma dove?!
Un rumore alle sue spalle lo fece voltare di scatto con la pistola puntata, pronta a far fuoco.
“La metta giù, Frost” disse Wesker, uscendo dagli alberi.
Frost ubbidì prontamente mentre lo scrutava. Se fosse stati lì avreste sicuramente notato lo sguardo corrucciato del giovane, il quale non riusciva a spiegarsi come il suo superiore fosse uscito dal bosco senza aver fatto una piega, mentre lui avesse le braccia graffiate dai ramoscelli e dai cespugli, i quali sembravano volergli impedire di continuare la missione.
Avrebbe fatto bene a cogliere quei segnali. Così come i suoi compagni.
La natura non lascia mai nulla al caso.
Ma questo, loro, sembrarono non capirlo.
Wesker gli chiese “Trovato qualcosa?”
“No, signore”
Frost fece qualche passo tra l’erba alta e si bloccò di colpo emettendo un mugolio sommesso.
“Forse ho parlato troppo presto, signore...” aggiunse poi.
Wesker lo raggiunse ed entrambi osservarono la scena sotto i loro occhi.
Uno sguardo sbarrato, vacuo.
Il volto orribilmente scarnificato.
Il torace squarciato.
Una mano mancante.
Una gamba maciullata.
E il sangue, naturalmente. Denso e scuro, scintillava alla luce argentea della luna piena quasi a voler catturare l’attenzione dei due osservatori su quel macabro spettacolino.
Frost deglutì sonoramente mentre Wesker portava istintivamente una mano sull’arma che teneva al fianco.
“Non sembra sia qui da molto...Si tenga pronto, Frost..”
Un ringhio basso e cupo portò la loro attenzione sulla vasta distesa erbosa che avevano di fronte, senza però riuscire a capire chi o cosa lo avesse emesso.
Così concentrati, sobbalzarono quando dal bosco dietro di loro fecero capolino Jill, Chris e Barry. La ragazza si avvicinò cauta ai due chiedendo “Ma che succed...?”
Le parole le morirono in gola alla vista dello scempio ai suoi piedi mentre sopraggiungevano anche Kenneth e Rick. Fecero per dire qualcosa ma un ringhio, più potente del precedente, costrinse l’intero gruppo a guardare un punto fisso tra l’erba. I lunghi fasci si muovevano regolarmente. C’era qualcosa lì...e sicuramente non doveva trattarsi di un coniglietto in cerca della tana. Era qualcosa di più grande e pericoloso. E non era solo.
Tutti loro fecero questi pensieri mentre un branco di cani apparve in mezzo alla radura puntando verso di loro, lentamente. Poi si fermò.
C’era qualcosa di strano in quegli animali...Nessuno dei presenti aveva mai visto dei cani così. Dalle fattezze sembravano dei dobermann ma il pelo era rado a mancante in molti punti. Ad essere più precisi, mancavano interi lembi di pelle che lasciavano scoperti i muscoli sottostanti e, a tratti, anche alcune ossa. Sulle teste, poi, le orecchie sembravano doversi staccare da un momento all’altro mentre le fauci spalancate, dalle quali uscivano lunghi filamenti di saliva frammista a sangue, non lasciavano presagire nulla di buono.
Entrambi gli schieramenti si studiarono un attimo.
Chi era preda e chi era predatore?
Nessuno si mosse finché Wesker non urlò ai suoi uomini di correre. Ovviamente, gli animali si lanciarono all’inseguimento. Una corsa fatta di urla concitate, spari e uggiolii.
Nello stesso momento gli ultimi tre membri del Bravo Team raggiunsero la radura, portati là dalle voci e dagli spari uditi. Forest, vedendo i compagni correre all’impazzata, esclamò “Ehi! Ma che diavolo...Perché tutta questa fretta?”
I tre fecero qualche passo avanti. Videro il cadavere a terra, poi, sentendo qualcosa, sollevarono lo sguardo su un cane ringhiante. Compresero al volo il motivo della fuga dei colleghi e non persero tempo a imitarli. Come loro, infatti, raggiunsero in fretta l’ingresso di una villa che figurava nella radura, al confine con il bosco. Marini spinse dentro Rebecca mentre Forest tentava ancora di colpire gli animali in corsa dietro sé. Poi entrò e si chiuse il pesante portone alle spalle.
Dieci persone si trovavano così in una villa, apparentemente abbandonata, non sapendo che avevano appena varcato la soglia dell’inferno.
No. No, aspettate.
“Inferno” non è la definizione esatta.
Secondo l’accezione dantesca sarebbe un luogo controllato da leggi e popolato da personaggi alquanto singolari.
In questo, invece, non vi è legge alcuna se non quella più naturale... “sopravvive solo il più forte”.
Per quanto concerne i personaggi...si, credo che si possano definire “singolari”.
Un uomo, se credente, sa cosa aspettarsi una volta morto.
Loro no. E la cosa peggiore è che non sono ancora morti.
Ancora.




   
 
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