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Autore: Ariana_Silente    04/08/2012    2 recensioni
TITOLO PROVVISORIO.
"Lo sguardo era fiero e sicuro, una corta barba sul volto ovale che non copriva lo sfregio fresco sulla guancia destra"
Genere: Fantasy, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sapevo chi fosse, ma lo conoscevo.

 

 

Com'è iniziata? Non lo so.

No, non è vero.

Lo ricordo benissimo, ricordo qualsiasi particolare, persino il più insignificante, anche se ho cercato di dimenticare, cancellare, eliminare... Ho tentato tutto, per evitare la sofferenza.
Ma ogni volta torno a dirmi che la tortura maggiore è fingere che non sia mai successo niente, ignorare il suo ricordo presente e costante in ogni mio pensiero e gesto, in ogni singolo respiro. Perché quel che sono ora, e ne vado orgogliosa, è grazie a quello che è successo, per merito suo.

 

***

Era stata una giornata come tutte, iniziata presto e finita tardi. Stavo passeggiando nel parco sotto casa per far sporcare il cane.
Era buio, le stelle che si vedevano fra le nuvole si contavano sulla punta delle dita di una mano, una brezza appena appena fredda soffiava, non pensavo a niente di particolare, se non a visualizzare mentalmente gli impegni del giorno dopo, quando il cane alza il muso e le orecchie, teso ad avvertirmi che qualcuno stava avanzando verso di noi.
Una figura nera, longilinea con un lungo cappotto, molto stile medioevale/fantasy, avanzava sicura e tranquilla sulla mia sinistra lungo il vialetto.
Di solito quando si passeggia, lo sguardo recepisce la presenza delle persone che ci sono attorno, ma nemmeno li guarda. Passa oltre, indifferente perché indifferente è la presenza di tale elemento.
Quella sera, invece, nonostante il buio e nonostante la normalità della situazione, i nostri sguardi si incrociarono.

Soltanto quello.

Si intrecciarono per quei brevi attimi che impiegammo a superarci, ognuno nella sua direzione opposta, per proseguire senza voltarci indietro nemmeno una volta.
Soltanto dopo qualche passo, mi accorsi del cuore che mi martellava nel petto, del mio viso in fiamme e del fatto che udivo chiaramente i suoi passi scricchiolanti sulla ghiaia, soffocati dal ritmo crescente del mio respiro affannato.
Feci ancora qualche passo e mi fermai, respirando l'aria fredda, cercando di calmare il cuore impazzito e continuando ad ascoltare i suoi passi. Stavo per voltare la testa, nella speranza di individuare almeno la sua sagoma nella notte ma il cane mi strattonò, rincorrendo forse qualche riccio preso nella ricerca del cibo. Imprecai un po' contro la mia piccola belva, ma quando cercai di rimettere ordine nei pensieri e nelle sensazioni, mi resi conto che l'incantesimo si era spezzato.
Non sentivo più nemmeno i suoi passi.
Non mi voltai, non lo cercai e finii il giro, tornando a casa.
Durante il giorno seguente la mia mente cancellò totalmente quella figura misteriosa, fui impegnata in tutte le mie attività, corsi alla mattina, pomeriggio alla stalla a pulire e a fare i miei test sul comportamento, poi finalmente a casa per sbrigare il lavoro con l'editor, e poi, alla fine di un'altra lunga giornata, premio del mio impegno e della mia costanza, la passeggiata della sera, a godere del fresco e del buio.
Passeggiavamo io e il cane lungo il vialetto in penombra.
Non pensavo a niente, il giorno dopo sarebbe stato sabato, avrei dovuto lavorare al negozio ma niente di che, non avrei dovuto partecipare a nessuna gara per l'arrivo in orario coi mezzi pubblici. Sarebbe stata una giornata tranquilla.
Ci incrociammo ancora, i nostri sguardi si salutarono un'altra volta, ci superammo più lentamente in quest'occasione come se volessimo accertarci di qualcosa che ci sfuggiva. Una volta che anche le nostre ombre si furono separate però tornammo a ignorarci.
Non successe null'altro quella sera né quella successiva.
Fu la terza che fece iniziare la mia grande storia.

D'altronde, tre è il numero perfetto.

Io e la belva camminavamo sulla ghiaia gelata, con poco entusiasmo.
Il cane abbaiò due volte, sollevai lo sguardo nella direzione in cui guardava.
Il tempo si fermò e mi giocò un brutto tiro: improvvisamente la figura misteriosa e longilinea, nera, ritornò ad occupare la mia mente, il cuore a battere forte e fui pienamente consapevole del suo sguardo. Il cane smise di abbaiare, mi si sedette accanto.

Rimanemmo fermi così un attimo o forse per sempre.
Ci osservammo, tacendo, soppesandoci.
Provai una sensazione strana.

Non lo stavo guardando. E nemmeno lui guardava me.

Ci stavamo vedendo.

Un giovane uomo, la corporatura alta e solida, le braccia rilassate lungo i fianchi erano muscolose, stava dritto, in piedi ad attendere. Lo sguardo era fiero e sicuro, una corta barba sul volto ovale che non copriva lo sfregio fresco sulla guancia destra, la fronte coperta dalla frangia sbieca e i capelli cadevano sulle spalle, indomiti. Bianche vesti coprivano il suo corpo sottolineando le sue forme ben disegnate.
Mi guardai attorno, consapevole di conoscere quel luogo e la persona che mi stava difronte. Non eravamo nel parco buio sotto casa, con la vegetazione silente e il raro passaggio di auto rumorose.  Attorno a lui c'era un'ampia terrazza di pietra, con una balaustra a impedire di cadere di sotto. 
Annuì soddisfatto, come se avesse ottenuto quanto voleva e fece un gesto di saluto con la mano.

Il cane si appoggiava su di me con le zampe anteriori, col naso cercava di attirare di nuovo la mia attenzione. Gli diedi uno sguardo frettoloso e una carezza sulla testa.
Mi affrettai a guardarmi attorno: l'uomo di nero vestito mi aveva superato e camminava tranquillo e sicuro lungo il vialetto, non riuscii a capire niente di quanto era successo. Sentivo il freddo della notte così come poco prima avevo percepito il tepore del sole primaverile sulla pelle.
Scossi la testa e mi sedetti sulla panchina fredda e brinata, il cane mi si mise sulle ginocchia e io continuai ad accarezzarlo, riflettendo.
Non sapevo dire cosa fosse successo. Cosa avessi visto.
Una cosa però mi era chiara.
Conoscevo quel ragazzo vestito di nero e dall'aura misteriosa.
Mi guardai attorno. Era buio e l'inverno ormai iniziato lasciava spogli gli alberi e i cespugli. Di quella grande dimora di pietra e della mitezza della giornata non era rimasto niente.
Era stato un de-ja-vu? Un flashback?
“Studiare fa male” scossi la testa, per cancellare le immagini luminose che avevo in mente.
Faceva freddo, tornai a casa col mio cane che mi trotterellava di fianco soddisfatto della scelta che avevo preso.
Il giorno dopo però fu difficile non pensare a quanto mi era successo.

Non sapevo chi fosse, ma lo conoscevo.



§§§§



Non lo so. ho avuto un flash di un attimo ed ho iniziato a scrivere, non so come e se proseguirà. Comunque, eccola qua.
Come ho già detto, il titolo è provvisorio, dipende da come si evolve la vicenda^^ anche se una mezza idea ce l'ho.
Grazie, per aver letto tutto, sin qua infondo.

 

AS

  
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