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Autore: Charlie_2702    19/02/2007    16 recensioni
Il mattino dopo, quando si svegliò, Kaname pensò che fosse stato tutto un sogno: la dichiarazione, il bacio, e poi…
Trovandosi nuda nel letto, però, capì che non era così. Ma che ci faceva nel letto? E lui dov’era?
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Kaname Chidori, Sousuke Sagara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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DUE ANIME DIVISE DAL TEMPO

Lui

Abbiamo litigato, ancora, un’ennesima volta… e chiaramente, è colpa della mia stupidità… perché non riesco mai a comportarmi come vorresti tu?

Forse, lo faccio anche apposta… l’unico modo per avere un contatto con te, in fondo, è quando mi picchi, per punirmi della mia ennesima stupidaggine…

Sono settimane ormai, che mi chiedo il perché di questo mio bisogno di te…

Ed ho capito che è perché io, Sosuke Sagara, mi sono innamorato di te…

Mi chiedo quando, quando io sono cambiato così tanto…

E la risposta mi spaventa un po’… perché ho capito che tutto è successo dal primo momento che ti ho vista… io ho sempre pensato, forse inconsciamente, che tu sei una bella ragazza, ma da quella chiacchierata che abbiamo fatto dopo che mi ero buttato giù dal treno, ho capito che tu sei bella soprattutto dentro… e ciò che mi spaventa, è che tu, un passo alla volta, sia riuscita a cambiarmi, e che continui a farlo…

“Sosuke, vieni, dobbiamo tornare a casa! Per caso vuoi passare tutto il pomeriggio a scuola?”

“Sto arrivando!”

È sorprendente la tua capacità di perdonarmi… e vorrei poter pensare che tu lo faccia così in fretta perché i sentimenti che ti legano a me siano gli stessi che provo io per te.

Quante volte mi sono chiesto come mi fosse potuto accadere? Come abbia fatto tu, a distruggere quella maschera da sergente di ferro che mi ero duramente costruito in tutti questi anni passati a combattere…

E l’unica risposta che mi appare è il tuo sorriso… così magico, caldo, dolce…

Ed ecco che arriva il momento peggiore, separarci… non è per la distanza in sé, in fondo quello che ci separa è una strada, ma solo il fatto di saperti da un’altra parte, lontana da me, mi fa star male…

E all’improvviso mi rendo conto di cosa sto veramente pensando… e mi accorgo anche che io non posso… io sono un militare; quando tu sarai al sicuro, io me ne dovrò andare… lasciarti… e tutto ciò potrebbe accadere da un momento all’altro, lasciandomi per tutta la vita il rimpianto di non averti spiegato…

…Di non averti spiegato che i miei sentimenti sono sinceri, ma un giorno succederà, ci dovremo separare, e per questo tu non ti devi legare a me, non come io ho fatto con te…

Allora torno indietro, faccio tutte le scale d’un fiato, e arrivo alla tua porta…

Ho preso la mia decisione… ma allora perché non mi decido a suonare?

Semplice.

Perché così ti perderò.

Perché così mi rovinerò la vita.

Ma devo farlo, per te. Ti prego, cerca di capire che lo faccio per te.

Faccio un respiro profondo e suono.

Lei

Sosuke, ma perché? Perché devi rovinare sempre tutto?

Oggi era stato un giorno quasi memorabile… non mi avevi mai fatto arrabbiare, eri riuscito ad essere persino normale… ma naturalmente, come poteva andare tutto bene? Hai dovuto fare uno dei tuoi soliti disastri, per farti riconoscere…

A volte penso che tu lo faccia apposta, insomma, dopo un anno come si può non capire come vive una persona civile?

Ma in fondo è questo che mi piace di te… la tua ingenuità, il tuo non capire perché sparare in mezzo ad una folla, far saltare in aria la scuola o portare armi in classe non sia normale…

E, alla fine, mi piace starti dietro, mi piace cercare di farti capire… anche perché se divenissi normale e diligente, che scusa avrei per starti vicina tutto il giorno?

Ciò che mi fa soffrire davvero è il tuo non capire cose di altro genere… mi fa soffrire la tua ottusità esagerata, quando si tratta di me…

Perché non riesci a capirlo? In fondo, cosa chiedo?

Che i tuoi occhi non mi vedano più come un missione, ma solo come una ragazza da amare… sai pilotare AS, usare pistole e armi, costruire bombe, attuare stratagemmi di guerra, e non riesci a fare quello che ti chiedo io? Darmi un po’ di amore?

Ma probabilmente è impossibile… Sosuke Sagara, il professionista dei professionisti, come ami definirti, l’uomo perennemente imbronciato, come ti apostrofo sempre io, non si innamorerà mai della sua missione…

Io sono solo un’illusa, che spera che il suo sogno si avveri…

Ma perché io? Perché non un’altra? Perché sono dovuta essere io, quella che si è innamorata del più irraggiungibile fra i ragazzi?

Sento suonare alla porta… so che sei tu senza neanche controllare…

Sei venuto perché la tua radio ti ha fatto sentire strani rumori provenienti da casa mia?

Sono singhiozzi, quelli che senti… sono lacrime, quelle che non vogliono saperne di smettere di bagnarmi le gote… sto piangendo, per l’ennesima volta, a causa di una colpa che non sai di avere.

Mi asciugo le lacrime e mi stampo un sorriso in faccia… un sorriso finto, che non rispecchia i miei veri sentimenti…

Per dirti che va tutto bene, per dirti l’ennesima bugia, per fingere ancora…


***


Kaname andò ad aprire alla porta, e si stupì non poco vedendo il ragazzo. Era molto nervoso, e stava sudando freddo. Decisamente non aveva l’aria di uno venuto per un semplice controllo.

Si scostò da davanti alla porta per farlo entrare, poi lo fece accomodare sul divano. Sembrava che non avesse la minima voglia di aprire bocca.

“Mi volevi dire qualcosa?” lo incoraggiò la ragazza, e lui la guardò, per la prima volta da quando le si era presentato alla porta. Fu uno sguardo strano, indecifrabile, quasi di confusione o segno di una lotta interiore… uno sguardo che Kaname non aveva mai visto negli occhi di nessuno, tanto meno in quelli sempre freddi del sergente.

Sosuke aprì la bocca, e mormorò: “Chidori, io ti devo dire una cosa della massima importanza…”

Poi si bloccò, lasciando il discorso in sospeso, e la ragazza si fece impaziente: si stava innervosendo per l’attesa, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi… Sosuke non era mai stato così restio a parlarle, doveva essere successo qualcosa di davvero grave: forse doveva tornare sul Danaan, o qualcuno era rimasto gravemente ferito in un’ennesima missione, per non dire peggio…

“Allora, mi vuoi spiegare?”

“Ecco, Kaname, vedi io…”

Sosuke si interruppe un’altra volta, ma Kaname non ci fece caso: per la prima volta l’aveva chiamata per nome…

“Tu…?” chiese la ragazza trepidante… poteva sembrare stupido, ma il solo fatto che lui l’avesse chiamata per nome cambiava tutto… improvvisamente tutte le sensazioni negative erano scomparse, per lasciare spazio solo ad una marea di speranze ed aspettative.

“Io… credo di essermi… innamorato di te… ma…”

Quando aveva ricominciato a parlare, Sosuke aveva abbassato lo sguardo: in quel momento l’idea di un rifiuto, l’idea che lei potesse ridergli in faccia per quelle parole gli era sembrata tanto spaventosa, quanto probabile.

Ma, nel momento in cui si decise ad incrociare nuovamente lo sguardo della ragazza, si convinse che le sue paure erano infondate; nei suoi occhi non c’era ombra di derisione, e quella luce che stava splendendo in quel mare color nocciola non pareva affatto un rifiuto…

La ragazza si tuffò fra le braccia del sergente, il quale si rese conto di non poter più continuare il discorso come se lo era prefissato… o forse non voleva?

Quando Kaname alzò lo sguardo, il primo istinto di Sosuke fu quello di unire quelle labbra rosee alle sue… istinto che non poté fare a meno di seguire.

A Kaname sembrava un sogno… lui che si dichiarava, e poi quel bacio - il suo primo bacio - che sentiva pian piano divenire più profondo, più appassionato… e lui, audace come non era mai stato, che la stringeva a sé… neanche nei suoi sogni era stato così bello…

E così, guidati da quell’amore e da quella passione che li univa, divennero l’uno parte dell’altro, su quello stesso divano che troppe volte era stato testimone delle lacrime di Kaname.


Il mattino dopo, quando si svegliò, Kaname pensò che fosse stato tutto un sogno: la dichiarazione, il bacio, e poi…

Trovandosi nuda nel letto, però, capì che non era così. Ma che ci faceva nel letto? E lui dov’era?

Si rizzò a sedere, e si guardò attorno spaesata; alla fine, notò quel pezzo di carta sul suo comodino… era un biglietto…

“Chidori,
mi dispiace andarmene così, ma devo farlo. Tutto quello che ti ho detto ieri è vero, io ti amo, ma non ti ho detto tutto: noi non possiamo stare insieme, io sono un militare, nella mia vita la guerra è una presenza costante, che non deve far parte della tua. Io non ti scorderò mai, e sarai sempre speciale per me, ma tu devi dimenticarmi, rifarti una vita.
Da oggi in poi sarà Kurz ad occuparsi della tua protezione.
Addio,
Sosuke Sagara”

A quel punto lacrime di dolore e rabbia si affacciarono sul volto della ragazza, per poi rigarle le gote e bagnare il lenzuolo, che presto venne sommerso dal liquido salato.

“BASTARDO! MI HAI ILLUSA, ED IO CHE TI HO DATO TUTTO!” urlò la giovane, stringendo convulsamente il lenzuolo nei pugni; poi abbassò il capo e si strinse le ginocchia al petto continuando a piangere sommessamente.

“…Tutto…”


Tre anni dopo


Kaname si trovava all’isola di Merida, nella base della Mithril. Un gruppo di uomini armati aveva fatto irruzione nel palazzo dove viveva ed aveva cercato di portarla via; fortunatamente il tentativo era andato male, grazie anche al tempestivo intervanto di Kurz e degli altri militari.

Ai vertici della Mithril erano sicuri che l’attacco fosse di matrice terroristica, e avevano ritenuto più sicuro trattenere Kaname, almeno fino a quando non avessero ottenuto maggiori informazioni.

In quel momento la ragazza si trovava in una stanza insieme ad altre due persone, ed una di esse era proprio lui.

Improvvisamente, la giovane venne travolta dal ricordo del loro ultimo incontro.

*

Erano passati sei mesi da quel giorno, dal giorno della dichiarazione. Kaname era stata convinta da Kurz ad incontrare Sosuke, almeno una volta; in quel periodo, il biondino tedesco le era stato molto vicino.

Sosuke parve piuttosto sorpreso alla vista della ragazza; certo non era la stessa.

“Ma tu… tu sei…”

Kaname sbuffò, infastidita dal ragazzo. Ora rimpiangeva di aver dato retta all’amico.

“Sei perspicace, eh? Sì, sono incinta…”

“E… cioè, il padre…”

“Non ti ricordavo così bravo a balbettare, sai?”

Così, dopo aver dato una muta conferma alla domanda inespressa di Sosuke, la ragazza si girò e se ne andò, promettendo a se stessa di non rivederlo mai più.

*

Ma a quanto pare il destino doveva esserle avverso, se ora se lo ritrovava di fronte.

Il fisico della ragazza era tornato quello di sempre, ma in un certo senso era diverso; era più bella, più donna.

Nonostante Kurz avesse cercato di convincerla della buona fede di Sosuke, del fatto che in qualche modo lui avesse agito in questo modo unicamente per lei, lui non l’aveva più cercata, e lei non lo poteva perdonare. Aveva cresciuto quel bambino da sola, quel bambino bellissimo che ora aveva in braccio; moro come il padre, con gli occhi nocciola della madre.

Kaname aveva chiesto aiuto a suo padre, che l’aveva accolta a casa sua, in America, ed era stato molto comprensivo; e lei, per ringraziarlo, aveva chiamato suo figlio come lui, Shunya.

Tuttavia, la sola persona con cui avrebbe voluto crescere il suo bambino non c’era.

“Mamma… chi è quel signore?” chiese il piccolo, tirando una ciocca alla madre per ricevere attenzione.

Kaname si voltò per guardare il figlio ed accennò un triste sorriso.

“Nessuno.”

FINE

Note: ed ecco finita la “ristrutturazione” (ma si dice così?!) della mia prima fanfic… questa volta però non posso proprio dire che sia stato faticoso… infatti devo ringraziare la mia beta-rider Skyless_star, che mi aiutata moltissimo, soprattutto per il biglietto di Sosuke!XD
Baci, Charlie^^

   
 
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