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Autore: OneDee Swaggy    07/08/2012    0 recensioni
Ciao a tutti. Mi chiamo Emily, vivo a Los Angeles e ho una vita compleatmente normale. Almeno fino a quando arriverà lui.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPicCorro fuori. Un’idea folle unita al desiderio perverso di seguirla non sono un buon mix. Entro in casa e butto un po’ di tutto dentro uno zaino. Scendo e prendo dei soldi e la carta di credito. Esco e corro verso la strada principale. “Emily aspetta!” Mi giro e vedo Jason correre verso di me. “Taxi!” Grido mentre l’autista si ferma. Salgo e guardo mio fratello, che mi sta supplicando di rimanere con lo sguardo. “Aeroporto di Los Angeles.” Dico appoggiando la testa al finestrino. Il taxi parte. Ho il tempo di vedere Bonnie che raggiunge Jason, poi voltiamo a sinistra. Arrivata all’aeroporto pago il tassista ed entro. Vado verso il check-in e chiedo a una donna: “Salve, per Parigi?” La donna mi guarda. “Volo 395. Un biglietto?” Annuisco e pago. “Grazie.” Le dico. “Ti devi sbrigare, sta partendo.” Non posso perderlo. Scatto verso il gate e chiedo scusa a tutta la gente che urto. Salgo sull’aereo mentre le porte si stanno chiudendo. La hostess mi guarda come se fossi impazzita. “Scusi.” Le dico facendole vedere il biglietto e andandomi a sedere. Mentre l’aereo decolla inizio a pensare che avrei fatto meglio a rimanere a casa. Non ho un piano, non ho idea di dove sia, non so il francese e sono da sola. Guardo il cellulare: due chiamate perse, otto messaggi da Jason e Bonnie. Decido di spegnerlo. Ecco che se ne va il mio unico contatto con l’America. Mi chiedo perché abbia deciso di fare italiano e tedesco invece che francese, a scuola. So dire solo “Come stai?” “Bene, grazie” e “Vaffanculo.” Non penso che mi serviranno molto. Sbuffo. Metto le cuffie e ascolto un po’ quello che capita. Osservo le nuvole, mentre un nuovo dubbio mi assale. E se non mi volesse? Voglio dire, il nostro era un arrivederci ma può essere che si sia dimenticato di me. Non è che sia stata così importante per lui. Certo Selena, anche se si è rivelata una stronza, è durata molto più di me. In questo momento non riesco a non pensare che sia tutta colpa di Ashley. Se non fosse stato per lei e per la mia impulsività ora sarei in Francia, con un ragazzo dolcissimo e bellissimo e perfettissimo che parla francese accanto a me. Invece sono su un aereo per andare in Francia e magari avrò anche un tassista che non sa parlare inglese. Scuoto la testa e vado a cambiarmi nel bagno dell’aereo. Non ho idea di come sia la Francia, perciò mi metto una felpa blu con sotto una maglietta IloveNY e dei jeans. Le mie supra nere ai piedi, una lisciata ai capelli ed esco. Torno a sedermi a posto e continuo a guardare fuori. Stiamo sorvolando l’oceano. È una cosa meravigliosa. Passa la hostess per chiedere se vogliamo qualcosa. Non prendo niente. Mi si è chiuso lo stomaco. Provo a dormire ma non ci riesco. Provo ad accendere il cellulare ma ho troppe chiamate perse e messaggi. Decido di bloccare i numeri di Jason e Bonnie e di ascoltare un po’ di musica. Mi connetto su facebook e guardo dove sono i NRJ. Si accende il segnale della cintura. Mentre stiamo atterrando mi accorgo che piove. Perfetto.La Francia non potrebbe darmi un benvenuto migliore. Scendo dall’aereo, saluto il pilota e corro all’uscita dell’aeroporto. Una volta fuori, mi guardo intorno. Sta diluviando. Chiamo un taxi ed entro. “Buonasera. Parla inglese?” Mi guarda stupefatto. “Un po’.” Annuisco e dico: “Mi può portare agli NRJ?” Borbotta qualcosa in francese. “Non capisco, mi dispiace.” Parla più forte. “Non sono sorda, non capisco!” Urlo. Annuisce e dice: “Dove?” Guardo l’orario. Mezzanotte. Cerco di fargli capire con le lettere mute: “NRJ” Dico sillabando. L’autista annuisce e parte. Mi appoggio al sedile chiudendo gli occhi. Deo farcela. Devo farcela. Devo farcela. Il taxi sfreccia per le strade di Parigi, mentre do un’occhiata ai monumenti più famosi. Ci fermiamo davanti ad un edificio. Il tassista picchietta contro il display. Merda, i soldi. Mi sono dimenticata che in Francia si usano gli euro, non i dollari. Cerco di chiedergli se accetta i dollari. Annuisce e pago. Prendo lo zaino e scendo. Neanche un minuto e sono completamente bagnata. Che meraviglia. Entro sciaguattando e mi guardo intorno. Completamente vuoto. Sto per piangere quando corro sul retro. Mi fermo e mi guardo intorno. Respiro profondamente per calmarmi. Delle persone stanno entrando in limousine. Magari sanno qualcosa. Inizio a correre per raggiungerli, ma dopo pochi passi mi fermo. “Justin.” Sussurro, iniziando a piangere. Il mio angelo con i capelli dorati e gli occhi color miele è a pochi metri da me. Tutto quello che avrei voluto dirgli, tutto quello che avrei voluto fare è finito non so dove. La sua bellezza mi abbaglia. Non mi importa che sono in uno stato che non conosco, che magari mi prendo la broncopolmonite perchè sono fradicia, che potrebbe non volermi. Adesso sono qui. Non ho il coraggio di muovermi. Justin si ferma. No. È impossibile che mi abbia sentito, sono troppo lontana. Continua a camminare. Non posso perderlo, devo fare qualcosa. “Justin!” Dico con voce un po’ più forte. Questa volta si ferma, con Kenny che gli fa segno di muoversi. Si gira lentamente. Inizio a piangere più forte. Appena mi vede sgrana gli occhi. Muove un passo verso di me, incredulo. Non riesco a muovermi. Me ne sto qui a piangere sotto la pioggia, mentre il mio angelo viene verso di me lentamente, come se avesse paura. Provo a fare un passo. Non riesco a credere che è passato così tanto tempo dal nostro ultimo abbraccio, penso quando mi è vicino. Mi stringe a sé. È una cosa naturale, nonostante è da più di un mese che non ci vediamo. Gli sto bagnando tutto il completo, penso cercando di sciogliere l’abbraccio. Non mi molla. Lo guardo negli occhi. “Ciao.” Mi dice sorridendo. “Ciao.” Singhiozzo abbozzando un sorriso. Si toglie la giacca e me la fa indossare. Prende l’ombrello e ci copre tutti e due. “Vieni, pulcino.” Lo guardo confusa. Sorride. “Andiamo ad asciugarci.” Annuisco. Con un braccio mi circonda le spalle e mi conduce verso la macchina. Kenny mi saluta. Arriviamo al suo albergo, prenota una stanza anche per me (rimango estasiata dal suo francese) e vado ad asciugarmi. Mi cambio e mi stendo sul letto. Mi sento già la febbre ed ho mal di testa. Forse è la troppa tensione. Mi infilo sotto le coperte e sto per addormentarmi, quando sento bussare alla porta. “È aperto.” Bofonchio da il mio rifugio caldo. Entra Justin con due cioccolate calde. “Dormivi?” Mi chiede. Scuoto la testa. Emergo dal groviglio di coperte e lo ringrazio. Ci comportiamo come se non fosse successo nulla. Forse è meglio così, ma devo chiedergli qualcosa. Lo guardo bere, e so che sta pensando la stessa cosa. Appoggio la testa alla sua spalla, e lui mi sorride. Come ai vecchi tempi. Una lacrima bagna il mio viso ripensando a questo ultimo mese. Justin mi guarda e mi asciuga la faccia con i pollici. “Cosa ti fa piangere?” Dice guardandomi. Scuoto la testa. “Dimmelo.” Fa gli occhi da cucciolo. Sorrido. “È solo che dobbiamo mettere in chiaro delle cose.”
 
   
 
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