Capitolo 1
It’s a family business
Risa,
gioie, dolori, dispiaceri. Ricordi. In quel momento, mentre avanzava
verso la piccola sala laterale dove Niklaus aveva depositato le bare
dei loro familiari, la mente del vampiro virtuoso era attraversata da
mille rimembranze di un passato insieme lontanissimo e sin troppo
limitrofo. I giochi della fanciullezza, i lievi dibattiti tra i suoi
fratelli, i dolci sorrisi, le amabili tenerezze di infanti, tutto era
tornato alla sua memoria, straripando dagli argini della sua glaciale
compostezza. Elijah non aveva mai lasciato che le sue emozioni lo
soffocassero, non come in quel momento, annientando ciò che
aveva con fatica costruito sin dalla più tenera età,
sebbene non avesse mai spento la propria umanità, almeno non
quando si trattava della sua famiglia. Damon era al suo fianco, con il
consueto incedere baldanzoso consapevole di aver oramai la vittoria in
pugno, ma Elijah poco si curava di lui, il necessario per non correre a
velocità soprannaturale e precipitarsi a liberare le anime di
coloro che erano ciò che più aveva bramato in mille anni,
maggiormente anche rispetto al sangue alcune volte. Percepiva a stento
le voci di Klaus e Stefan nella sala in cui li avevano lasciati solo
pochi istanti prima. Erano sulla soglia. Elijah posò la grande
mano dalle dita affusolate sul cardine della porta di legno massello e
guardò all’interno della sala immersa
nell’oscurità. Quattro bare con dentro i corpi dei suoi
quattro fratelli ancora in vita. Il mite temperamento di Finn, il suo
buon cuore e la capacità di non venir mai meno ai propri
principi e valori. Gli occhi azzurri e sinceri, sempre onesti e dolci,
colmi di amorevolezza di Astrid. Il viso da eterno bambino di Kol
solcato da quel lieve sorriso che lo faceva rassomigliare a un angelo o
a un cherubino. L’innocenza strappata troppo presto, con violenza
e senza alcun diritto, dell’eterna fanciulla Rebekah. Erano tutti
lì, dinanzi a lui, racchiusi in quei simulacri freddi e vuoti.
Non s’era accorto d’essere avanzato al centro della bare
disposte quasi circolarmente nella sala sino a quando non sbatté
le palpebre. Damon era rimasto sulla soglia, forse per lasciargli
vivere nella più dolce delle solitudini quel momento magico in
cui si sarebbero finalmente riuniti. Le scoperchiò in ordine,
con i polpastrelli tremanti mentre tentava di regolare il respiro e di
non mostrarsi vulnerabile agli occhi del vampiro più giovane e
inesperto, e tolse i pugnali che ornavano in modo macabro i loro petti
prima che Damon premesse l’interruttore. La luce illuminò
i corpi dei suoi parenti, mostrandoli a lui. Le vene spiccavano sui
loro volti dalle palpebre serrate che li facevano rassomigliare a dei
cadaveri. Maledisse più volte Niklaus, soltanto nella sua mente,
e si domandò come avesse potuto compiere un tale delitto, con
quale coraggio. I volti erano grigiastri, ma si poteva scorgere la loro
eterea bellezza. Finn era in quella bara da novecento anni e i suoi
abiti, costituiti da una camicia grigia e una giacca di pelle, lo
dimostravano ampliamente. Kol, invece, era stato pugnalato nel 1913.
Poi v’erano le sue due sorelle, splendidi angeli che Elijah aveva
tentato di salvare con ogni mezzo. Astrid, la terzogenita di Mikael,
non era a tutti gli effetti sua sorella, ma non importava, non in quel
momento. Le sue vesti dimostravano che l’età a cui doveva
far risalire la sua morte era la seconda metà
dell’Ottocento. 1864, per la precisione. Era di stoffa leggera,
azzurra con dei disegni floreali. Il corpetto era rifinito da pizzo
dorato e lo stesso motivo era ripreso sulle maniche lunghe e sulla
gonna ampia. La sua pelle, ancora grigiastra sebbene le vene stessero
svanendo, avrebbe dovuto possedere la stessa tinta olivastra della
propria. I suoi lunghi e morbidi boccoli castani le coprivano il petto
e l’acconciatura s’era quasi sciolta del tutto. Le labbra
rosse e piene, il naso lievemente alla francese, le ciglia lunghe e
nere, poco folte, che celavano i suoi splendidi occhi color degli
zaffiri, di una tonalità di scura rispetto a quelli di Damon.
Sembrava una bambolina di porcellana ed Elijah si trattenne a stento
dal ringhiare per ciò che Niklaus aveva compiuto. Mentre
osservava ancora Astrid, notò che Rebekah stava prendendo un
profondo respiro ed era scattata a sedere. Subito le si
avvicinò, sfiorandole le spalle nude mentre anche Kol riprendeva
conoscenza. I suoi due fratelli più giovani. Kol si
guardò intorno mentre Rebekah alzava lo sguardo su di lui come
se non riuscisse a comprendere che fosse realmente lì con lei.
Insieme. Sempre e per sempre.
« Rebekah, Kol, fratelli miei, quanti anni ci hanno
divisi?» domandò loro con un sorriso pacifico per
richiamarli a lui, per non farli sentire come persi in quella sala
colma di sotterfugi, inganni e tradimenti come chi li aveva rinchiusi
nelle bare, mentre dentro di sé mille emozioni gli stavano
squassando il petto. Dinanzi
a sé aveva la sua unica ragione di vita, lo scopo che
l’aveva animato per più di mille anni. Potevano essere
nuovamente uniti, non più dispersi agli angoli della Terra per
fuggire da un padre che di umano non aveva mai avuto nulla nemmeno
prima della trasformazione. Non più soli. Mai più. Uniti
come una persona sola, ma Niklaus non era più degno di quella
promessa che aveva calpestato ogni dannato giorno in quei mille anni.
Sleale traditore a cui non importava nulla di ferire le persone che
avrebbe dovuto amare di più. L’amore è la più grande debolezza di un vampiro. Non erano quelle le parole che aveva pronunciato dinanzi a Elijah quando
s’era reso conto dell’amore che nutriva nei confronti di
Katerina Petrova? L’amore rendeva deboli, umani, e Klaus non
voleva provare nulla di umano, nessun sentimento, nessuna emozione.
Quindi per lui doveva essere stato semplice pugnalarli.
« Elijah,» esclamò dolcemente sua sorella, prima di
cingergli il collo con le sue esili braccia candide e posare il capo
nell’incavo dello stesso. Elijah inspirò il lieve profumo
di fiori che emanavano i suoi biondi boccoli lunghi sino alle spalle
poi s’accorse che Kol, in un balzo felino, s’era liberato
della sua bara e stava avanzando verso di loro con un impercettibile
sorriso impresso sulle labbra esangui. Astrid e Finn, coloro che erano
rimasti più a lungo nella bara, avevano bisogno di maggior tempo
per riprendere conoscenza. Notò anche che Damon era ancora sulla
soglia e osservava la scena con un certo distacco prima di volgersi
verso la sala principale per accertarsi che nessuno potesse sentirli.
Elijah abbracciò più forte la sua sorellina poi si
scostò da lei, posandole un piccolo bacio tra i capelli come
quando era bambina prima di ritirarsi nelle proprie camere per
ristorarsi in un dolce riposo. Non era tempo. Dopo essersi allontanati
da Niklaus, avrebbero potuto vivere quei meravigliosi momenti, doveva
soltanto pensare a risvegliare gli altri.
« Parla a bassa voce, Rebekah,» l’ammonì
blando e dolce, con la sua voce profonda che fece sorridere sua
sorella. Rebekah, l’indomita e forte Rebekah, aveva gli occhi
imperlati di lacrime trattenute a stento nel guardare da lui a Kol, poi
Elijah indietreggiò e lasciò che si scostasse da quel
simulacro di morte. Tremava, sua sorella, le sue esili spalle si
distendevano e si contraevano a scatti mentre prendeva lunghi respiri
per calmare il battito impazzito del proprio cuore. Guardò verso
le bare di Finn e Astrid e trattenne a stento un sussulto. Non avrebbe
mai pensato che a sua sorella sarebbe capitata la loro stessa sorte ed
Elijah era rimasto sorpreso quanto lei, « Niklaus è nella
sala,» comunicò loro per smuoverli da quel torpore
momentaneo.
« Quel traditore. Dobbiamo vendicarci,» sibilò Kol irato per
com’era stato tradito da suo fratello un secolo prima.
S’era fidato di Nik, per l’ennesima volta, e lui
l’aveva quasi pugnalato alle spalle. soltanto perché gli
aveva esternato tutto il proprio risentimento quando aveva scoperto chi
era il fautore della morte della loro madre.
« Quando Astrid e Finn si saranno destati. È tempo,
fratelli miei,» affermò in modo solenne con la consueta
eleganza prima guardarli seriamente negli occhi. Notò quanta
decisione albergasse nei loro sguardi. Di cos’era tempo lo
intuirono tutti e tre. Non si trattava dell’asettica vendetta
contro chi li aveva costretti a un riposo perpetuo, no, era tempo di
essere uniti come una famiglia, di far risorgere dalle ceneri la Fenice
del loro vincolo eterno. Elijah sorrise loro, alzando l’angolo
destro delle labbra, poi avanzò verso l’uscita, prendendo
i due pugnali di Kol e Finn per garanzia e per mostrare a Niklaus che
orami aveva perduto ogni tipo di lealtà da lui. Fece un lieve
cenno col capo a Damon per comunicargli di seguirlo e far ritorno nella
sala, che sorrise accattivante in direzione di Rebekah prima di
assentire. In un battito d’ali di farfalla Kol si ritrovò
stretto, come prima aveva fatto con Elijah, da sua sorella minore
soltanto di tre anni. Cinse la sua vita con il braccio destro mentre la
mano sinistra le carezzava i boccoli dorati. Poche volte s’erano
dimostrati dell’affetto reciproco, Rebekah era sempre stata
più legata a Nik e Kol non era mai stato né spontaneo
né espansivo. Sciolsero la presa all’unisono solo quando
sentirono Astrid prendere un lungo respiro, rinvenendo. I suoi occhi,
fari nella notte, zaffiri preziosissimi. Mai nessuno avrebbe potuto
dimenticarli. Erano identici a quelli di Rebekah, li avevano entrambe
ereditati da Mikael .
« Dove sono?» si domandò la giovane, che dimostrava
avere non più di venticinque anni, spaesata, guardandosi intorno
e non riconoscendo nulla di quella sala. Si guardò gli abiti.
Indossava ancora il suo bel vestito turchese sebbene i suoi lunghi
boccoli color del mogano, dalle venature rossastre, che le arrivavano
sino alla metà della schiena, erano slegati dalla sua sobria
acconciatura come se qualcuno li avesse carezzati molte volte. Non
sapeva dov’era né in che epoca fosse, ma, stranamente, era
certa di essere al sicuro. V’erano due presenze che le
rinfrancavano l’animo. Alzò lo sguardo puntandolo in
quello dei suoi fratelli e sentì il suo povero cuore animarsi e
perdere un battito mentre i suoi occhi si velavano di lacrime, «
Kol. Rebekah,» li chiamò dolcemente, quasi ribaltandosi
dalla bara e avvicinandosi a velocità fulminea a loro due.
Guardò dall’uno all’altro incapace di far nulla se
non sorridere e piangere di gioia.
« Non è tempo dei sentimentalismi, sorellona. Abbiamo un
fratello di cui vendicarci,» le comunicò Kol con il suo
solito tono scherzoso che riusciva a smorzare la peggiore tra le
atmosfere. Kol, il suo fratellino tanto amato, il ragazzo dagli occhi
scuri e il viso da bambino, e Rebekah, la sua unica sorella, quella che
sarebbe sempre stata la persona più importante del suo cuore,
dopo Nik. Nik. Spalancò gli occhi e quasi trattenne il pianto.
« Niklaus. Mi ha pugnalata,» sussurrò chinando lo
sguardo verso il petto dove sulla veste era evidente uno squarcio dove
il pugnale era penetrato per farla cadere in un torpore perpetuo. Il
suo Nik, il suo amato Nik, l’aveva pugnalata, davvero, nonostante
tutto ciò che albergava nel cuore di entrambi. Ma Nik non aveva
più un cuore, rimuginò Astrid, e per quello non poteva
provare più nulla di quello che nutriva nei suoi riguardi
quand’erano soltanto dei ragazzi umani. Rebekah annuì alle
sue parole, facendole comprendere che anche con loro non era stato
clemente, poi entrambi i suoi fratelli sparirono, lasciandola sola.
Sobbalzò visibilmente quando udì un rumore vicino.
Proveniva dalla bara in cui v’era ancora un corpo, quello del suo
fratello più prossimo che quasi strappò
l’imbottitura candida per la furia presente nel suo sguardo
scuro, « Finn,» lo chiamò. L’uomo la
guardò, la rabbia si sciolse sino a divenire dolcezza, poi Finn
avanzò verso di lei, azzerando la già breve distanza tra
di loro, e l’abbracciò tenendola stretta sé. Astrid
ricambiò stringendolo così forte da farsi male, ma non le
importò. Chiuse gli occhi e pianse una sola lacrima. Finalmente
erano tutti insieme. Contro Niklaus. Quello fu il suo primo pensiero
rinfrancato dalle precedenti parole di Kol. non
avrebbe mai potuto ferire Niklaus, ma una collera infinita
l’animava. Perché lui l’aveva uccisa. Se si
sforzava, però, poteva ancora percepire le sue dita affusolate e
candide tra i suoi boccoli. Quelle carezze dovevano averla accompagnata
per anni, ne era sicura. Non era l’epoca in cui era stata messa a
tacere, ma presto si sarebbe abituata. In fondo era una vampira e la
sua cara Rebekah l’avrebbe aiutata di certo. Non s’accorse
che Finn aveva scostato la presa sino a quando non le fece cenno di
seguirlo per un corridoio poco illuminato dalle pareti bianche e
rifinite da alcuni quadri dipinti da Nik stesso. Rammentò in un
attimo la sua vanità. Nik amava circondarsi di proprie creazioni
e la pittura era sempre stata la sua forma d’arte preferita,
seguita dalla letteratura. Seguì suo fratello, guidata dalla
familiare fragranza dei suoi parenti, i loro elevatissimi Poteri
mescolati ad altri due. Vampiri di gran lunga più giovani e
inesperti rispetto a loro. Non sapeva chi fossero, né li aveva
mai conosciuti prima né le importava. Elijah, il suo caro
Elijah, era sulla soglia accanto a una ragazza bellissima e svestita
tanto da infastidirla che doveva essere stata ammaliata e a uno dei due
vampiri, un uomo prestante, abbastanza alto e vestito totalmente di
nero. Aveva un ottimo profumo, doveva ammetterlo, forse era bourbon, il
nuovo whiskey del Kentucky, misto a colonia e il suo Potere era poco
superiore alla norma, segno che doveva avere più di
cent’anni, ma meno di duecento. Suo fratello maggiore osservava
con una certa soddisfazione la scena che aveva dinanzi a sé.
Finn aveva appena pugnalato la mano di Nik che aveva emesso un
gutturale grido di dolore e Rebekah, fiera come una vera donna vichinga
l’aveva pugnalato allo stomaco facendolo arretrare sino a essere
tra le braccia di Kol, « Lascialo a me, Bekah,» la
pregò, avanzando nella sala sotto lo sguardo dolce di Elijah.
Sentì Nik trattenere il fiato e le sue labbra si aprirono in un
sorriso subdolo e malevolo. Incrociò lo sguardo simile a due
smeraldi preziosi dell’altro vampiro vicino al fuoco del camino
prima di ritornare a quello che non aveva mai considerato un fratello.
Kol lo lasciò e Nik fu in grado di volgersi a osservarla.
Astrid, sebbene stesse tentando con tutte le proprie forze di non
cadere nella trappola dei suoi splendidi occhi azzurri, non
riuscì a trattenere un brivido che corse languido su tutta la
spina dorsale. Nel frattempo sentì i due vampiri andar via.
Erano soltanto loro. Niklaus non era cambiato, sebbene i suoi abiti
fossero ben differenti da quelli con cui lo ricordava, ma non si
soffermò a lungo su di essi. Nik aveva le labbra e gli occhi
spalancati e Astrid poté giurare a se stessa che mai
l’aveva scorto così sorpreso come in quel momento. Era
alla sua completa mercé, pensò soddisfatta. Vendetta. Era
quella la parola marchiata a fuoco nella sua mente. Il suo tradimento
bruciava sulla pelle come la corrosiva verbena.
« Astrid,» la chiamò sorpreso, sbigottito come se
avesse davvero pensato che Elijah avrebbe esitato nel toglierle il
paletto dal cuore. Ma Elijah non era lui, Elijah era un uomo
d’onore, non certo un traditore. Il sorriso si allargò
sino a divenire inquietante poi avanzò di un altro passo, la
veste che sfiorava il pavimento lucido della sala semibuia, come
piacevano a Niklaus.
« Ciao, fratello,» mormorò come se stette intonando
una cantilena o una nenia per bambini prima di assottigliare gli occhi
chiari, avanzare fulmineamente verso la giovane donna e prendere uno
dei due paletti sul ripiano di cartone dorato. Altrettanto
fulmineamente fu dinanzi a Nik, a un soffio, trattenendosi
dall’inspirare il suo profumo angelico elegante e magnetico, un
profumo tutto suo, quello proprio della sua pelle. Gli piantò il
pugnale nel cuore, ma Nik non emise alcun fiato. Su di lui non
funzionavano. Sul suo volto rotondo e privo di rughe apparve una
smorfia delusa come quella che avrebbe potuto possedere una bambina
insoddisfatta e Nik quasi sorrise dalla tenerezza, togliendoselo dal
petto marmoreo che ricordava così bene. Lo lasciò cadere,
come se non gli importasse ben sapendo di meritare quel trattamento.
« Sapevi che non mi avrebbe ucciso,» le ricordò
quasi dolcemente, come se fossero soltanto loro due in quella camera,
come se gli altri non esistessero. Eppure Kol era ancora al suo fianco
pronto ad attaccare come un serpente e Rebekah era appena dietro di
lui, Finn ed Elijah a pochi metri.
« Sei indistruttibile tu,» commentò solamente con un
lieve tono di sdegno che a Niklaus non sfuggì, « Vedo bene
che non sono stata l’unica a ricevere il trattamento mortifero.
Che caratteraccio. Certe volte penso sia proprio il degno figlio di
Mikael,» lo sbeffeggiò prima di volgere gli angoli della
labbra verso il basso in un’espressione di sufficienza. Nik
corrugò la fronte e sorrise in modo furbo, scaltro, ammaliatore,
tanto da farla tremare, poi si volse verso gli altri.
« Sedetevi, fratelli. Parliamo,»
esclamò aprendo le braccia come per dimostrar loro di avere
soltanto buone intenzioni. Come per dimostrare la propria completa
innocenza. Falso, bugiardo, traditore. Imponente, avvenente e
dannatamente sensuale. Astrid quasi si maledisse per quei pensieri, ma
averlo a un soffio da lei dopo i suoi ultimi ricordi prima di venire
pugnalata era davvero troppo arduo da sopportare per i suoi poveri
nervi. E anche Nik non era del tutto indifferente. Aveva notato il
lieve tremolio delle sue forti e ampie spalle e l’espressione nei
suoi occhi era ancora sbigottita. E turbata.
« Mi sono stancato delle tue false parole, Niklaus,»
affermò duramente Finn guardandolo con occhi di fuoco.
Cent’anni aveva vissuto come vampiro prima che Niklaus lo
pugnalasse, lo strappasse dalla sua Sage. Sage. Finn pensò
subito che doveva averlo dimenticato, rimosso dalla sua memoria e
intrapreso una nuova vita, forse con un altro uomo. Non sapeva quanto
tempo doveva essere rimasto nella bara, ma sospettava dovesse essere
stato parecchio e Sage, sebbene l’avesse amato dal primo istante
in cui s’erano incontrati, non poteva averlo atteso per
così innumerevoli anni. Ed era tutta colpa di Niklaus e del suo
dannato carattere.
« E cosa vorresti fare, Finn? Sentiamo. Uccidermi? Non puoi, a
meno che tu non abbia un paletto di quercia bianca, ma non credo di
averti messo nella bara un simile gadget. L’unico di Mikael
è andato distrutto. Non possiamo essere uccisi,»
annunciò loro con un gran sorriso come se la notizia dovesse
rallegrarli, e per certi versi era così. Niente paletto di
quercia bianca, nessun cacciatore di vampiri a dar loro la caccia.
Avrebbero potuto trovare la libertà, nonché la pace, ma
Astrid non era dello stesso avviso.
« Nostro padre è qui? » domandò Astrid
insieme intimorita da quello che il cacciatore avrebbe potuto compiere
a loro danno e con il batticuore di sapere che suo padre poteva essere
davvero lì, sebbene non sapesse dove fosse quel lì. Suo
padre. Lo raffigurò in attimo, sebbene l’avesse visto di
sfuggita in ottocento anni. Un uomo imponente, inquietante che aveva
seminato nella sua famiglia terrore e distruzione, dai capelli biondi
come il grano e gli occhi glaciali dello stesso colore dei propri.
Nonostante tutto ciò che aveva compiuto, Astrid non era mai
stata capace di odiarlo. Perché era suo padre e perché
lei e Rebekah erano le sue figlie amate, i suoi gioielli, le perle che
curava sempre con riguardo, allontanandole da ogni pericolo esterno, da
ogni sguardo troppo impertinente, da ogni gesto fatto con troppa
libertà.
« L’ho ucciso,» esclamò lapidario facendola
quasi sobbalzare. La guardò ammonendola per quel comportamento
ricordandole che Mikael aveva dato la caccia anche a lei, che non
l’avrebbe risparmiata se l’avesse trovata, « Non
dobbiamo temere nulla da lui né da nessun altro,»
assicurò parlando come se fossero tutti una famiglia, una
persona sola. ma non era più così. Lui aveva distrutto
tutto con le sue mani omicide e con i suoi strani modi di prendersi
cura di loro, « Vi avrei risvegliati, io stesso, ma Elijah ha
deciso di non fidarsi di me,» lo accusò come se davvero
Elijah dovesse sentirsi in colpa per ciò che aveva fatto. Mentre
Elijah non aveva alcuna colpa. Suo fratello era l’uomo più
innocente, buono e virtuoso che fosse mai esistito e Niklaus non aveva
il diritto di screditarlo in quel modo.
« Pensi seriamente che io mi fidi di te?» gli
domandò indignata, riportando l’attenzione su di
sé, « Mi hai pugnalata, Niklaus. Soltanto perché
avevo.»
« Per le tue manie suicide, sciocca,» la riprese
interrompendo ogni suo tentativo di protesta, alzando la voce, irato
come se non sopportasse di saper che non era con lui, che forse non
sarebbe mai più ritornata a essere sua. Quell’epiteto la
sconvolse. Mai l’aveva chiamata schiocca, mai l’aveva
insultata. Era come se la sua rabbia fosse amplificata, proprio come
durante i primi giorni della sua trasformazione, quando doveva gestire,
oltre al vampiro, anche il lupo dentro di lui. E forse era nuovamente
così. Era avanzato e le loro vesti quasi si sfioravano. Nik era
più alto di lei di qualche centimetro abbondate, infatti dovette
chinarsi per riuscire a guardarla davvero negli occhi. era così
vicino che avrebbe potuto contare le sue lunghe ciglia scure, le pieghe
delle sue belle labbra rosse e invitanti, le pagliuzze brillanti nei
suoi occhi color del mare che di esso avevano lo spirito, « Ti
saresti offerta a Mikael,» mormorò con più calma,
ferito. Come se davvero ritenesse che, se si fosse lasciata morire,
anche lui sarebbe morto con lei.
« Perché ero stanca,
Nik,» lo bloccò con le lacrime agli occhi, « Non
volevo più vivere, se questa può essere chiamata
vita,» aggiunse guardandosi con disprezzo. Aveva sempre odiato
essere un vampiro, cibarsi di innocenti, essere una predatrice e aveva
odiato la sua matrigna per averli resi immortali. Nonostante tutto
ciò che Esther aveva fatto per lei quand’era soltanto
un’umana. S’era presa cura di lei, come se fosse stata sua
figlia, l’aveva trattata al pari degli altri sebbene fosse il
frutto di un antico tradimento di Mikael. Quando aveva scoperto di Nik,
aveva compreso perché. Esther si sentiva in colpa.
« Se ci pensi bene, ti ho fatto un favore,» ribatté
beffardo, non più rabbioso né accorato, soltanto
derisorio. Com’era bravo a indossare le sue maschere. Sarebbe
stato un attore eccezionale nel teatro ellenico proprio come lei lo era
in quello vittoriano, ma Astrid non lo sopportava quando celava la
propria anima. Un ringhio rabbioso fuoriuscì dalle sue labbra e
in attimo, in una folata di vento gelido, lo sbatté contro il
muro più vicino, afferrandolo per i baveri della giacca nera.
Aveva i canini sguainati e le vene in rilievo sulle palpebre e gli
zigomi, gli occhi azzurri iniettati di rosso. In un attimo, ancora
prima che se ne potesse rendere conto, Nik ribaltò le posizioni,
costringendola al muro, incastrata tra esso e il suo corpo perfetto,
« Sono più forte di te, Astrid,» le comunicò
per nulla provato, anzi divertito a un soffio dalle sue labbra.
Tant’era sbigottita da quell’improvvisa quanto inaspettata
posizione, le vene ritornarono sotto pelle, come i canini e gli occhi
ritornarono a essere del consueto colore.
« Cosa?» gli domandò spaesata, proprio come quando
s’era appena destata da quel sonno di morte pochi minuti prima.
Si sporse di poco, sino quasi a incrociare le sue labbra prima di
scendere, carezzandogli la pelle ispida della guancia con la punta del
naso, scendendo lungo la gola. Accostò il volto alla sua
carotide, inspirando il profumo del suo sangue. Era come pensava. Sia
un vampiro che un licantropo, l'odore era inconfondibile e soltanto lei
avrebbe potuto riconoscerlo così bene, « Hai spezzato la
maledizione? Sei impazzito?» continuò con voce alterata,
sgranando gli occhi. Non era possibile. Per spezzare la maledizione
necessitava della doppelganger Petrova, di una donna uguale a Tatia, la
sua più cara amica. Niklaus non avrebbe mai potuto ucciderla.
Eppure il suo sorriso beffardo dimostrava l’esatto contrario.
V’era una certa malizia nel suo sguardo che le fece correre un
brivido al basso ventre e le sue belle labbra tentatrici si allargarono
in un sorriso inquietante. Si fece ancora più vicino,
inchiodandola del tutto alla parete. La sua mente le stava ordinando di
scansare quella presa inadeguata e sbagliata, ma il suo corpo faceva il
contrario perché agognava Niklaus tanto quanto bramava il sangue
per vivere.
« È splendido essere liberi,» sussurrò
sensuale, come per ricordarle che lei non era da molto tempo, se mai lo
era stata. Astrid e le sue ferree regole da signora dell’alta
società. Astrid e il suo controllo. Se Elijah era virtuoso, Finn
compassionevole, Niklaus passionale, Rebekah spontanea e legata alla
famiglia, Kol rivoluzionario, Astrid era sempre stata quella più
controllata alle volte, sino a risultare quasi impostata. Non
s’era mai lasciata andare ai propri istinti, non era mai venuta
meno alle aspettative di suo padre e, soprattutto, non aveva mai agito
d’impulso. Solo con Niklaus s’era lasciata andare e non
avrebbe mai più compiuto quell’errore, anche a scapito
della propria libertà. Non se ne faceva poi molto, «
L’hai mai provato, sorella?» soffiò accostando le
labbra al suo orecchio, inspirando il dolce profumo di rose dei suoi
morbidi capelli castani. Astrid si sentì come svenire e
pregò che qualcuno lo fermasse. E così avvenne.
« Non ci offri neanche un bicchiere di vino, Nik?» esclamò Kol
riportandoli entrambi alla realtà. Nik inspirò per
l’ultima volta, beandosi di quel leggero contatto, poi si
allontanò a velocità fulminea. Rivolse un sorriso ai suoi
fratelli, poi allargò gentilmente la mano destra mostrando loro
la tavola su cui v’era una brocca di cristallo contenente
dell’ottimo vino rosso. Avrebbe detto cognac. Lei, intanto, si
rassettò la veste e osservò sua sorella. Rebekah di certo
non avrebbe bevuto. Osservò le scene nei minuti successivi, vide
i suoi fratelli bere del vino, che somigliava tanto a quello che
avevano ingerito la notte di mille anni prima in cui il loro stesso
padre aveva trapassato i loro cuori con la sua spada. Poi Elijah si
mosse, affermando che loro, e soltanto loro, senza Niklaus, sarebbero
stati una famiglia. Era arrivato il momento di scegliere. Niklaus o i
suoi fratelli? Camminò adagio e si fermò al fianco di
Kol. Era quella la scelta e lo sarebbe stato per sempre e oltre. Uniti
come una persona sola. Seppur il suo cuore morisse dinanzi alle lacrime
di rabbia e dolore di Niklaus. Tradimento, delusione, era questo che
leggeva nel suo sguardo, ma non avrebbe mai fatto un passo in avanti
per raggiungerlo. Non più. Non dopo che l’aveva pugnalata.
Sarebbe rimasto solo, per sempre e Rebekah avrebbe ucciso la
doppelganger. Quasi trasalì. Non era quello che voleva. Avrebbe
tanto desiderato che Niklaus fosse felice. Soffocò quelle
sensazioni, l’amore e persino se stessa per mettere a tacere la
propria coscienza. Niklaus non meritava più nulla. Poi un suono
squassò quella notte di tradimenti. Si volsero tutti insieme.
Astrid trattenne il fiato per ciò che vide. Imponente,
bellissima, invincibile. La sua matrigna era appena tornata. E
dietro di lei v’era una presenza ancora più sconvolgente.
Incrociò gli occhi glaciali dell’uomo che era stato
insieme suo padre e il suo carnefice. Mikael posò lo sguardo su
di lei, poi le sorrise. Di quel sorriso dolce, amorevole che le aveva
riservato il giorno del suo matrimonio. E Astrid, come quella dannata
mattina, pensò che fosse totalmente falso. Ora sì che era
un affare familiare.
Angolo autrice
Salve a tutte. Sono nuova sul sito e questa è la mia prima storia, incentrata sui personaggi che adoro di più al mondo: gli Originali. Siamo ancora all’inizio, ma posso anticiparvi che saranno loro gli assoluti protagonisti in una FF di intrighi, tradimenti e sotterfugi attuati dalla famiglia di vampiri più antica del mondo. Spero vorrete seguire la storia e lasciare un commento se vi va. A me farebbe piacere. Un bacio e alla prossima, lady_talia.