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Autore: lady_talia    07/08/2012    4 recensioni
[ Mikealson Family, Klaus/Nuovo Personaggio/Jeremy, Elena/Elijah, Bonnie/Kol, Rebekah/Stefan, Sage/Finn]
Dal primo capitolo:
« È splendido essere liberi,» sussurrò sensuale, come per ricordarle che lei non era da molto tempo, se mai lo era stata. Astrid e le sue ferree regole da signora dell’alta società. Astrid e il suo controllo. Se Elijah era virtuoso, Finn compassionevole, Niklaus passionale, Rebekah spontanea e legata alla famiglia, Kol rivoluzionario, Astrid era sempre stata quella più controllata alle volte, sino a risultare quasi impostata. Non s’era mai lasciata andare ai propri istinti, non era mai venuta meno alle aspettative di suo padre e, soprattutto, non aveva mai agito d’impulso. Solo con Niklaus s’era lasciata andare e non avrebbe mai più compiuto quell’errore, anche a scapito della propria libertà. Non se ne faceva poi molto, « L’hai mai provato, sorella?» soffiò accostando le labbra al suo orecchio, inspirando il dolce profumo di rose dei suoi morbidi capelli castani. Astrid si sentì come svenire e pregò che qualcuno lo fermasse. E così avvenne.
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Elena Gilbert, Elijah, Jeremy Gilbert, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 1

It’s a family business

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Risa, gioie, dolori, dispiaceri. Ricordi. In quel momento, mentre avanzava verso la piccola sala laterale dove Niklaus aveva depositato le bare dei loro familiari, la mente del vampiro virtuoso era attraversata da mille rimembranze di un passato insieme lontanissimo e sin troppo limitrofo. I giochi della fanciullezza, i lievi dibattiti tra i suoi fratelli, i dolci sorrisi, le amabili tenerezze di infanti, tutto era tornato alla sua memoria, straripando dagli argini della sua glaciale compostezza. Elijah non aveva mai lasciato che le sue emozioni lo soffocassero, non come in quel momento, annientando ciò che aveva con fatica costruito sin dalla più tenera età, sebbene non avesse mai spento la propria umanità, almeno non quando si trattava della sua famiglia. Damon era al suo fianco, con il consueto incedere baldanzoso consapevole di aver oramai la vittoria in pugno, ma Elijah poco si curava di lui, il necessario per non correre a velocità soprannaturale e precipitarsi a liberare le anime di coloro che erano ciò che più aveva bramato in mille anni, maggiormente anche rispetto al sangue alcune volte. Percepiva a stento le voci di Klaus e Stefan nella sala in cui li avevano lasciati solo pochi istanti prima. Erano sulla soglia. Elijah posò la grande mano dalle dita affusolate sul cardine della porta di legno massello e guardò all’interno della sala immersa nell’oscurità. Quattro bare con dentro i corpi dei suoi quattro fratelli ancora in vita. Il mite temperamento di Finn, il suo buon cuore e la capacità di non venir mai meno ai propri principi e valori. Gli occhi azzurri e sinceri, sempre onesti e dolci, colmi di amorevolezza di Astrid. Il viso da eterno bambino di Kol solcato da quel lieve sorriso che lo faceva rassomigliare a un angelo o a un cherubino. L’innocenza strappata troppo presto, con violenza e senza alcun diritto, dell’eterna fanciulla Rebekah. Erano tutti lì, dinanzi a lui, racchiusi in quei simulacri freddi e vuoti. Non s’era accorto d’essere avanzato al centro della bare disposte quasi circolarmente nella sala sino a quando non sbatté le palpebre. Damon era rimasto sulla soglia, forse per lasciargli vivere nella più dolce delle solitudini quel momento magico in cui si sarebbero finalmente riuniti. Le scoperchiò in ordine, con i polpastrelli tremanti mentre tentava di regolare il respiro e di non mostrarsi vulnerabile agli occhi del vampiro più giovane e inesperto, e tolse i pugnali che ornavano in modo macabro i loro petti prima che Damon premesse l’interruttore. La luce illuminò i corpi dei suoi parenti, mostrandoli a lui. Le vene spiccavano sui loro volti dalle palpebre serrate che li facevano rassomigliare a dei cadaveri. Maledisse più volte Niklaus, soltanto nella sua mente, e si domandò come avesse potuto compiere un tale delitto, con quale coraggio. I volti erano grigiastri, ma si poteva scorgere la loro eterea bellezza. Finn era in quella bara da novecento anni e i suoi abiti, costituiti da una camicia grigia e una giacca di pelle, lo dimostravano ampliamente. Kol, invece, era stato pugnalato nel 1913. Poi v’erano le sue due sorelle, splendidi angeli che Elijah aveva tentato di salvare con ogni mezzo. Astrid, la terzogenita di Mikael, non era a tutti gli effetti sua sorella, ma non importava, non in quel momento. Le sue vesti dimostravano che l’età a cui doveva far risalire la sua morte era la seconda metà dell’Ottocento. 1864, per la precisione. Era di stoffa leggera, azzurra con dei disegni floreali. Il corpetto era rifinito da pizzo dorato e lo stesso motivo era ripreso sulle maniche lunghe e sulla gonna ampia. La sua pelle, ancora grigiastra sebbene le vene stessero svanendo, avrebbe dovuto possedere la stessa tinta olivastra della propria. I suoi lunghi e morbidi boccoli castani le coprivano il petto e l’acconciatura s’era quasi sciolta del tutto. Le labbra rosse e piene, il naso lievemente alla francese, le ciglia lunghe e nere, poco folte, che celavano i suoi splendidi occhi color degli zaffiri, di una tonalità di scura rispetto a quelli di Damon. Sembrava una bambolina di porcellana ed Elijah si trattenne a stento dal ringhiare per ciò che Niklaus aveva compiuto. Mentre osservava ancora Astrid, notò che Rebekah stava prendendo un profondo respiro ed era scattata a sedere. Subito le si avvicinò, sfiorandole le spalle nude mentre anche Kol riprendeva conoscenza. I suoi due fratelli più giovani. Kol si guardò intorno mentre Rebekah alzava lo sguardo su di lui come se non riuscisse a comprendere che fosse realmente lì con lei. Insieme. Sempre e per sempre. 
« Rebekah, Kol, fratelli miei, quanti anni ci hanno divisi?» domandò loro con un sorriso pacifico per richiamarli a lui, per non farli sentire come persi in quella sala colma di sotterfugi, inganni e tradimenti come chi li aveva rinchiusi nelle bare, mentre dentro di sé mille emozioni gli stavano squassando il petto. Dinanzi a sé aveva la sua unica ragione di vita, lo scopo che l’aveva animato per più di mille anni. Potevano essere nuovamente uniti, non più dispersi agli angoli della Terra per fuggire da un padre che di umano non aveva mai avuto nulla nemmeno prima della trasformazione. Non più soli. Mai più. Uniti come una persona sola, ma Niklaus non era più degno di quella promessa che aveva calpestato ogni dannato giorno in quei mille anni. Sleale traditore a cui non importava nulla di ferire le persone che avrebbe dovuto amare di più. L’amore è la più grande debolezza di un vampiro. Non erano quelle le parole che aveva pronunciato dinanzi a Elijah quando s’era reso conto dell’amore che nutriva nei confronti di Katerina Petrova? L’amore rendeva deboli, umani, e Klaus non voleva provare nulla di umano, nessun sentimento, nessuna emozione. Quindi per lui doveva essere stato semplice pugnalarli. 
« Elijah,» esclamò dolcemente sua sorella, prima di cingergli il collo con le sue esili braccia candide e posare il capo nell’incavo dello stesso. Elijah inspirò il lieve profumo di fiori che emanavano i suoi biondi boccoli lunghi sino alle spalle poi s’accorse che Kol, in un balzo felino, s’era liberato della sua bara e stava avanzando verso di loro con un impercettibile sorriso impresso sulle labbra esangui. Astrid e Finn, coloro che erano rimasti più a lungo nella bara, avevano bisogno di maggior tempo per riprendere conoscenza. Notò anche che Damon era ancora sulla soglia e osservava la scena con un certo distacco prima di volgersi verso la sala principale per accertarsi che nessuno potesse sentirli. Elijah abbracciò più forte la sua sorellina poi si scostò da lei, posandole un piccolo bacio tra i capelli come quando era bambina prima di ritirarsi nelle proprie camere per ristorarsi in un dolce riposo. Non era tempo. Dopo essersi allontanati da Niklaus, avrebbero potuto vivere quei meravigliosi momenti, doveva soltanto pensare a risvegliare gli altri. 
« Parla a bassa voce, Rebekah,» l’ammonì blando e dolce, con la sua voce profonda che fece sorridere sua sorella. Rebekah, l’indomita e forte Rebekah, aveva gli occhi imperlati di lacrime trattenute a stento nel guardare da lui a Kol, poi Elijah indietreggiò e lasciò che si scostasse da quel simulacro di morte. Tremava, sua sorella, le sue esili spalle si distendevano e si contraevano a scatti mentre prendeva lunghi respiri per calmare il battito impazzito del proprio cuore. Guardò verso le bare di Finn e Astrid e trattenne a stento un sussulto. Non avrebbe mai pensato che a sua sorella sarebbe capitata la loro stessa sorte ed Elijah era rimasto sorpreso quanto lei, « Niklaus è nella sala,» comunicò loro per smuoverli da quel torpore momentaneo. 
« Quel traditore. Dobbiamo vendicarci,» sibilò Kol irato per com’era stato tradito da suo fratello un secolo prima. S’era fidato di Nik, per l’ennesima volta, e lui l’aveva quasi pugnalato alle spalle. soltanto perché gli aveva esternato tutto il proprio risentimento quando aveva scoperto chi era il fautore della morte della loro madre. 
« Quando Astrid e Finn si saranno destati. È tempo, fratelli miei,» affermò in modo solenne con la consueta eleganza prima guardarli seriamente negli occhi. Notò quanta decisione albergasse nei loro sguardi. Di cos’era tempo lo intuirono tutti e tre. Non si trattava dell’asettica vendetta contro chi li aveva costretti a un riposo perpetuo, no, era tempo di essere uniti come una famiglia, di far risorgere dalle ceneri la Fenice del loro vincolo eterno. Elijah sorrise loro, alzando l’angolo destro delle labbra, poi avanzò verso l’uscita, prendendo i due pugnali di Kol e Finn per garanzia e per mostrare a Niklaus che orami aveva perduto ogni tipo di lealtà da lui. Fece un lieve cenno col capo a Damon per comunicargli di seguirlo e far ritorno nella sala, che sorrise accattivante in direzione di Rebekah prima di assentire. In un battito d’ali di farfalla Kol si ritrovò stretto, come prima aveva fatto con Elijah, da sua sorella minore soltanto di tre anni. Cinse la sua vita con il braccio destro mentre la mano sinistra le carezzava i boccoli dorati. Poche volte s’erano dimostrati dell’affetto reciproco, Rebekah era sempre stata più legata a Nik e Kol non era mai stato né spontaneo né espansivo. Sciolsero la presa all’unisono solo quando sentirono Astrid prendere un lungo respiro, rinvenendo. I suoi occhi, fari nella notte, zaffiri preziosissimi. Mai nessuno avrebbe potuto dimenticarli. Erano identici a quelli di Rebekah, li avevano entrambe ereditati da Mikael . 
« Dove sono?» si domandò la giovane, che dimostrava avere non più di venticinque anni, spaesata, guardandosi intorno e non riconoscendo nulla di quella sala. Si guardò gli abiti. Indossava ancora il suo bel vestito turchese sebbene i suoi lunghi boccoli color del mogano, dalle venature rossastre, che le arrivavano sino alla metà della schiena, erano slegati dalla sua sobria acconciatura come se qualcuno li avesse carezzati molte volte. Non sapeva dov’era né in che epoca fosse, ma, stranamente, era certa di essere al sicuro. V’erano due presenze che le rinfrancavano l’animo. Alzò lo sguardo puntandolo in quello dei suoi fratelli e sentì il suo povero cuore animarsi e perdere un battito mentre i suoi occhi si velavano di lacrime, « Kol. Rebekah,» li chiamò dolcemente, quasi ribaltandosi dalla bara e avvicinandosi a velocità fulminea a loro due. Guardò dall’uno all’altro incapace di far nulla se non sorridere e piangere di gioia. 
« Non è tempo dei sentimentalismi, sorellona. Abbiamo un fratello di cui vendicarci,» le comunicò Kol con il suo solito tono scherzoso che riusciva a smorzare la peggiore tra le atmosfere. Kol, il suo fratellino tanto amato, il ragazzo dagli occhi scuri e il viso da bambino, e Rebekah, la sua unica sorella, quella che sarebbe sempre stata la persona più importante del suo cuore, dopo Nik. Nik. Spalancò gli occhi e quasi trattenne il pianto.
« Niklaus. Mi ha pugnalata,» sussurrò chinando lo sguardo verso il petto dove sulla veste era evidente uno squarcio dove il pugnale era penetrato per farla cadere in un torpore perpetuo. Il suo Nik, il suo amato Nik, l’aveva pugnalata, davvero, nonostante tutto ciò che albergava nel cuore di entrambi. Ma Nik non aveva più un cuore, rimuginò Astrid, e per quello non poteva provare più nulla di quello che nutriva nei suoi riguardi quand’erano soltanto dei ragazzi umani. Rebekah annuì alle sue parole, facendole comprendere che anche con loro non era stato clemente, poi entrambi i suoi fratelli sparirono, lasciandola sola. Sobbalzò visibilmente quando udì un rumore vicino. Proveniva dalla bara in cui v’era ancora un corpo, quello del suo fratello più prossimo che quasi strappò l’imbottitura candida per la furia presente nel suo sguardo scuro, « Finn,» lo chiamò. L’uomo la guardò, la rabbia si sciolse sino a divenire dolcezza, poi Finn avanzò verso di lei, azzerando la già breve distanza tra di loro, e l’abbracciò tenendola stretta sé. Astrid ricambiò stringendolo così forte da farsi male, ma non le importò. Chiuse gli occhi e pianse una sola lacrima. Finalmente erano tutti insieme. Contro Niklaus. Quello fu il suo primo pensiero rinfrancato dalle precedenti parole di Kol. non avrebbe mai potuto ferire Niklaus, ma una collera infinita l’animava. Perché lui l’aveva uccisa. Se si sforzava, però, poteva ancora percepire le sue dita affusolate e candide tra i suoi boccoli. Quelle carezze dovevano averla accompagnata per anni, ne era sicura. Non era l’epoca in cui era stata messa a tacere, ma presto si sarebbe abituata. In fondo era una vampira e la sua cara Rebekah l’avrebbe aiutata di certo. Non s’accorse che Finn aveva scostato la presa sino a quando non le fece cenno di seguirlo per un corridoio poco illuminato dalle pareti bianche e rifinite da alcuni quadri dipinti da Nik stesso. Rammentò in un attimo la sua vanità. Nik amava circondarsi di proprie creazioni e la pittura era sempre stata la sua forma d’arte preferita, seguita dalla letteratura. Seguì suo fratello, guidata dalla familiare fragranza dei suoi parenti, i loro elevatissimi Poteri mescolati ad altri due. Vampiri di gran lunga più giovani e inesperti rispetto a loro. Non sapeva chi fossero, né li aveva mai conosciuti prima né le importava. Elijah, il suo caro Elijah, era sulla soglia accanto a una ragazza bellissima e svestita tanto da infastidirla che doveva essere stata ammaliata e a uno dei due vampiri, un uomo prestante, abbastanza alto e vestito totalmente di nero. Aveva un ottimo profumo, doveva ammetterlo, forse era bourbon, il nuovo whiskey del Kentucky, misto a colonia e il suo Potere era poco superiore alla norma, segno che doveva avere più di cent’anni, ma meno di duecento. Suo fratello maggiore osservava con una certa soddisfazione la scena che aveva dinanzi a sé. Finn aveva appena pugnalato la mano di Nik che aveva emesso un gutturale grido di dolore e Rebekah, fiera come una vera donna vichinga l’aveva pugnalato allo stomaco facendolo arretrare sino a essere tra le braccia di Kol, « Lascialo a me, Bekah,» la pregò, avanzando nella sala sotto lo sguardo dolce di Elijah. Sentì Nik trattenere il fiato e le sue labbra si aprirono in un sorriso subdolo e malevolo. Incrociò lo sguardo simile a due smeraldi preziosi dell’altro vampiro vicino al fuoco del camino prima di ritornare a quello che non aveva mai considerato un fratello. Kol lo lasciò e Nik fu in grado di volgersi a osservarla. Astrid, sebbene stesse tentando con tutte le proprie forze di non cadere nella trappola dei suoi splendidi occhi azzurri, non riuscì a trattenere un brivido che corse languido su tutta la spina dorsale. Nel frattempo sentì i due vampiri andar via. Erano soltanto loro. Niklaus non era cambiato, sebbene i suoi abiti fossero ben differenti da quelli con cui lo ricordava, ma non si soffermò a lungo su di essi. Nik aveva le labbra e gli occhi spalancati e Astrid poté giurare a se stessa che mai l’aveva scorto così sorpreso come in quel momento. Era alla sua completa mercé, pensò soddisfatta. Vendetta. Era quella la parola marchiata a fuoco nella sua mente. Il suo tradimento bruciava sulla pelle come la corrosiva verbena. 
« Astrid,» la chiamò sorpreso, sbigottito come se avesse davvero pensato che Elijah avrebbe esitato nel toglierle il paletto dal cuore. Ma Elijah non era lui, Elijah era un uomo d’onore, non certo un traditore. Il sorriso si allargò sino a divenire inquietante poi avanzò di un altro passo, la veste che sfiorava il pavimento lucido della sala semibuia, come piacevano a Niklaus. 
« Ciao, fratello,» mormorò come se stette intonando una cantilena o una nenia per bambini prima di assottigliare gli occhi chiari, avanzare fulmineamente verso la giovane donna e prendere uno dei due paletti sul ripiano di cartone dorato. Altrettanto fulmineamente fu dinanzi a Nik, a un soffio, trattenendosi dall’inspirare il suo profumo angelico elegante e magnetico, un profumo tutto suo, quello proprio della sua pelle. Gli piantò il pugnale nel cuore, ma Nik non emise alcun fiato. Su di lui non funzionavano. Sul suo volto rotondo e privo di rughe apparve una smorfia delusa come quella che avrebbe potuto possedere una bambina insoddisfatta e Nik quasi sorrise dalla tenerezza, togliendoselo dal petto marmoreo che ricordava così bene. Lo lasciò cadere, come se non gli importasse ben sapendo di meritare quel trattamento. 
« Sapevi che non mi avrebbe ucciso,» le ricordò quasi dolcemente, come se fossero soltanto loro due in quella camera, come se gli altri non esistessero. Eppure Kol era ancora al suo fianco pronto ad attaccare come un serpente e Rebekah era appena dietro di lui, Finn ed Elijah a pochi metri. 
« Sei indistruttibile tu,» commentò solamente con un lieve tono di sdegno che a Niklaus non sfuggì, « Vedo bene che non sono stata l’unica a ricevere il trattamento mortifero. Che caratteraccio. Certe volte penso sia proprio il degno figlio di Mikael,» lo sbeffeggiò prima di volgere gli angoli della labbra verso il basso in un’espressione di sufficienza. Nik corrugò la fronte e sorrise in modo furbo, scaltro, ammaliatore, tanto da farla tremare, poi si volse verso gli altri. 
 « Sedetevi, fratelli. Parliamo,» esclamò aprendo le braccia come per dimostrar loro di avere soltanto buone intenzioni. Come per dimostrare la propria completa innocenza. Falso, bugiardo, traditore. Imponente, avvenente e dannatamente sensuale. Astrid quasi si maledisse per quei pensieri, ma averlo a un soffio da lei dopo i suoi ultimi ricordi prima di venire pugnalata era davvero troppo arduo da sopportare per i suoi poveri nervi. E anche Nik non era del tutto indifferente. Aveva notato il lieve tremolio delle sue forti e ampie spalle e l’espressione nei suoi occhi era ancora sbigottita. E turbata.  
« Mi sono stancato delle tue false parole, Niklaus,» affermò duramente Finn guardandolo con occhi di fuoco. Cent’anni aveva vissuto come vampiro prima che Niklaus lo pugnalasse, lo strappasse dalla sua Sage. Sage. Finn pensò subito che doveva averlo dimenticato, rimosso dalla sua memoria e intrapreso una nuova vita, forse con un altro uomo. Non sapeva quanto tempo doveva essere rimasto nella bara, ma sospettava dovesse essere stato parecchio e Sage, sebbene l’avesse amato dal primo istante in cui s’erano incontrati, non poteva averlo atteso per così innumerevoli anni. Ed era tutta colpa di Niklaus e del suo dannato carattere.  
« E cosa vorresti fare, Finn? Sentiamo. Uccidermi? Non puoi, a meno che tu non abbia un paletto di quercia bianca, ma non credo di averti messo nella bara un simile gadget. L’unico di Mikael è andato distrutto. Non possiamo essere uccisi,» annunciò loro con un gran sorriso come se la notizia dovesse rallegrarli, e per certi versi era così. Niente paletto di quercia bianca, nessun cacciatore di vampiri a dar loro la caccia. Avrebbero potuto trovare la libertà, nonché la pace, ma Astrid non era dello stesso avviso. 
« Nostro padre è qui? » domandò Astrid insieme intimorita da quello che il cacciatore avrebbe potuto compiere a loro danno e con il batticuore di sapere che suo padre poteva essere davvero lì, sebbene non sapesse dove fosse quel lì. Suo padre. Lo raffigurò in attimo, sebbene l’avesse visto di sfuggita in ottocento anni. Un uomo imponente, inquietante che aveva seminato nella sua famiglia terrore e distruzione, dai capelli biondi come il grano e gli occhi glaciali dello stesso colore dei propri. Nonostante tutto ciò che aveva compiuto, Astrid non era mai stata capace di odiarlo. Perché era suo padre e perché lei e Rebekah erano le sue figlie amate, i suoi gioielli, le perle che curava sempre con riguardo, allontanandole da ogni pericolo esterno, da ogni sguardo troppo impertinente, da ogni gesto fatto con troppa libertà. 
« L’ho ucciso,» esclamò lapidario facendola quasi sobbalzare. La guardò ammonendola per quel comportamento ricordandole che Mikael aveva dato la caccia anche a lei, che non l’avrebbe risparmiata se l’avesse trovata, « Non dobbiamo temere nulla da lui né da nessun altro,» assicurò parlando come se fossero tutti una famiglia, una persona sola. ma non era più così. Lui aveva distrutto tutto con le sue mani omicide e con i suoi strani modi di prendersi cura di loro, « Vi avrei risvegliati, io stesso, ma Elijah ha deciso di non fidarsi di me,» lo accusò come se davvero Elijah dovesse sentirsi in colpa per ciò che aveva fatto. Mentre Elijah non aveva alcuna colpa. Suo fratello era l’uomo più innocente, buono e virtuoso che fosse mai esistito e Niklaus non aveva il diritto di screditarlo in quel modo. 
« Pensi seriamente che io mi fidi di te?» gli domandò indignata, riportando l’attenzione su di sé, « Mi hai pugnalata, Niklaus. Soltanto perché avevo.»
« Per le tue manie suicide, sciocca,» la riprese interrompendo ogni suo tentativo di protesta, alzando la voce, irato come se non sopportasse di saper che non era con lui, che forse non sarebbe mai più ritornata a essere sua. Quell’epiteto la sconvolse. Mai l’aveva chiamata schiocca, mai l’aveva insultata. Era come se la sua rabbia fosse amplificata, proprio come durante i primi giorni della sua trasformazione, quando doveva gestire, oltre al vampiro, anche il lupo dentro di lui. E forse era nuovamente così. Era avanzato e le loro vesti quasi si sfioravano. Nik era più alto di lei di qualche centimetro abbondate, infatti dovette chinarsi per riuscire a guardarla davvero negli occhi. era così vicino che avrebbe potuto contare le sue lunghe ciglia scure, le pieghe delle sue belle labbra rosse e invitanti, le pagliuzze brillanti nei suoi occhi color del mare che di esso avevano lo spirito, « Ti saresti offerta a Mikael,» mormorò con più calma, ferito. Come se davvero ritenesse che, se si fosse lasciata morire, anche lui sarebbe morto con lei. 
« Perché ero stanca, Nik,» lo bloccò con le lacrime agli occhi, « Non volevo più vivere, se questa può essere chiamata vita,» aggiunse guardandosi con disprezzo. Aveva sempre odiato essere un vampiro, cibarsi di innocenti, essere una predatrice e aveva odiato la sua matrigna per averli resi immortali. Nonostante tutto ciò che Esther aveva fatto per lei quand’era soltanto un’umana. S’era presa cura di lei, come se fosse stata sua figlia, l’aveva trattata al pari degli altri sebbene fosse il frutto di un antico tradimento di Mikael. Quando aveva scoperto di Nik, aveva compreso perché. Esther si sentiva in colpa. 
« Se ci pensi bene, ti ho fatto un favore,» ribatté beffardo, non più rabbioso né accorato, soltanto derisorio. Com’era bravo a indossare le sue maschere. Sarebbe stato un attore eccezionale nel teatro ellenico proprio come lei lo era in quello vittoriano, ma Astrid non lo sopportava quando celava la propria anima. Un ringhio rabbioso fuoriuscì dalle sue labbra e in attimo, in una folata di vento gelido, lo sbatté contro il muro più vicino, afferrandolo per i baveri della giacca nera. Aveva i canini sguainati e le vene in rilievo sulle palpebre e gli zigomi, gli occhi azzurri iniettati di rosso. In un attimo, ancora prima che se ne potesse rendere conto, Nik ribaltò le posizioni, costringendola al muro, incastrata tra esso e il suo corpo perfetto, « Sono più forte di te, Astrid,» le comunicò per nulla provato, anzi divertito a un soffio dalle sue labbra. Tant’era sbigottita da quell’improvvisa quanto inaspettata posizione, le vene ritornarono sotto pelle, come i canini e gli occhi ritornarono a essere del consueto colore. 
« Cosa?» gli domandò spaesata, proprio come quando s’era appena destata da quel sonno di morte pochi minuti prima. Si sporse di poco, sino quasi a incrociare le sue labbra prima di scendere, carezzandogli la pelle ispida della guancia con la punta del naso, scendendo lungo la gola. Accostò il volto alla sua carotide, inspirando il profumo del suo sangue. Era come pensava. Sia un vampiro che un licantropo, l'odore era inconfondibile e soltanto lei avrebbe potuto riconoscerlo così bene, « Hai spezzato la maledizione? Sei impazzito?» continuò con voce alterata, sgranando gli occhi. Non era possibile. Per spezzare la maledizione necessitava della doppelganger Petrova, di una donna uguale a Tatia, la sua più cara amica. Niklaus non avrebbe mai potuto ucciderla. Eppure il suo sorriso beffardo dimostrava l’esatto contrario. V’era una certa malizia nel suo sguardo che le fece correre un brivido al basso ventre e le sue belle labbra tentatrici si allargarono in un sorriso inquietante. Si fece ancora più vicino, inchiodandola del tutto alla parete. La sua mente le stava ordinando di scansare quella presa inadeguata e sbagliata, ma il suo corpo faceva il contrario perché agognava Niklaus tanto quanto bramava il sangue per vivere. 
« È splendido essere liberi,» sussurrò sensuale, come per ricordarle che lei non era da molto tempo, se mai lo era stata. Astrid e le sue ferree regole da signora dell’alta società. Astrid e il suo controllo. Se Elijah era virtuoso, Finn compassionevole, Niklaus passionale, Rebekah spontanea e legata alla famiglia, Kol rivoluzionario, Astrid era sempre stata quella più controllata alle volte, sino a risultare quasi impostata. Non s’era mai lasciata andare ai propri istinti, non era mai venuta meno alle aspettative di suo padre e, soprattutto, non aveva mai agito d’impulso. Solo con Niklaus s’era lasciata andare e non avrebbe mai più compiuto quell’errore, anche a scapito della propria libertà. Non se ne faceva poi molto, « L’hai mai provato, sorella?» soffiò accostando le labbra al suo orecchio, inspirando il dolce profumo di rose dei suoi morbidi capelli castani. Astrid si sentì come svenire e pregò che qualcuno lo fermasse. E così avvenne. 
« Non ci offri neanche un bicchiere di vino, Nik?» esclamò Kol riportandoli entrambi alla realtà. Nik inspirò per l’ultima volta, beandosi di quel leggero contatto, poi si allontanò a velocità fulminea. Rivolse un sorriso ai suoi fratelli, poi allargò gentilmente la mano destra mostrando loro la tavola su cui v’era una brocca di cristallo contenente dell’ottimo vino rosso. Avrebbe detto cognac. Lei, intanto, si rassettò la veste e osservò sua sorella. Rebekah di certo non avrebbe bevuto. Osservò le scene nei minuti successivi, vide i suoi fratelli bere del vino, che somigliava tanto a quello che avevano ingerito la notte di mille anni prima in cui il loro stesso padre aveva trapassato i loro cuori con la sua spada. Poi Elijah si mosse, affermando che loro, e soltanto loro, senza Niklaus, sarebbero stati una famiglia. Era arrivato il momento di scegliere. Niklaus o i suoi fratelli? Camminò adagio e si fermò al fianco di Kol. Era quella la scelta e lo sarebbe stato per sempre e oltre. Uniti come una persona sola. Seppur il suo cuore morisse dinanzi alle lacrime di rabbia e dolore di Niklaus. Tradimento, delusione, era questo che leggeva nel suo sguardo, ma non avrebbe mai fatto un passo in avanti per raggiungerlo. Non più. Non dopo che l’aveva pugnalata. Sarebbe rimasto solo, per sempre e Rebekah avrebbe ucciso la doppelganger. Quasi trasalì. Non era quello che voleva. Avrebbe tanto desiderato che Niklaus fosse felice. Soffocò quelle sensazioni, l’amore e persino se stessa per mettere a tacere la propria coscienza. Niklaus non meritava più nulla. Poi un suono squassò quella notte di tradimenti. Si volsero tutti insieme. Astrid trattenne il fiato per ciò che vide. Imponente, bellissima, invincibile. La sua matrigna era appena tornata. E dietro di lei v’era una presenza ancora più sconvolgente. Incrociò gli occhi glaciali dell’uomo che era stato insieme suo padre e il suo carnefice. Mikael posò lo sguardo su di lei, poi le sorrise. Di quel sorriso dolce, amorevole che le aveva riservato il giorno del suo matrimonio. E Astrid, come quella dannata mattina, pensò che fosse totalmente falso. Ora sì che era un affare familiare.

 

Angolo autrice

Salve a tutte. Sono nuova sul sito e questa è la mia prima storia, incentrata sui personaggi che adoro di più al mondo: gli Originali. Siamo ancora all’inizio, ma posso anticiparvi che saranno loro gli assoluti protagonisti in una FF di intrighi, tradimenti e sotterfugi attuati dalla famiglia di vampiri più antica del mondo. Spero vorrete seguire la storia e lasciare un commento se vi va. A me farebbe piacere. Un bacio e alla prossima, lady_talia.

  
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