Non ero mai stata così felice.
Provavo un emozione indescrivibile.
Visitare Londra, quella Londra che avevo visto in foto, quella dei
racconti delle ragazze che l'avevano visitata e che lo facevano
ancora e ancora.
Premetto che odio viaggiare e che amo
stare sempre nel solito paesino (sì, sono una tipa abbastanza
abitudinaria).
La mia scuola ha dato un aiuto alla
sfiga che fino a quel giorno mi aveva accompagnata, tagliando i
finanziamenti per uno stage, proprio in quell'isola perfetta. Per
fortuna mia madre, in quanto professoressa, aveva avuto l'opportunità
di accompagnare i suoi alunni, sempre in Inghilterra e il preside le
aveva permesso di portarmi con lei, a nostre spese ovviamente.
Mi trovavo così all'aeroporto di
Brindisi, con la mia valigia fucsia, che avevo preso per la gita di
quinta elementare e che era pronta da una settimana ormai. C'era
davvero di tutto.
E' stata la prima volta che viaggiavo
in aereo e sinceramente ero piuttosto tranquilla. Ogni tanto mi
rendevo conto di pensare “E se succede qualcosa?” oppure “Cos'è
stato?”.
Ma sapevo che non poteva assolutamente
capitare qualcosa quella prima volta sull'aereo, per Londra
oltretutto. E' stato lo stesso molto rilassante ascoltando a palla
'Look after you' cantata da Louis, per cui quella voce di angelo, mi
ha fatto addormentare per un'oretta.
Era arrivato il momento di scendere.
Ero emozionata e credevo fosse un sogno. La prima cosa che vidi, era
una folla di ragazzine urlanti. Sinceramente ho provato una sorta di
compassione; chissà quale celebrità stavano aspettando. Avevano i
visi stanchi, sicuramente si trovavano là da parecchio tempo. All'
improvviso mia madre mi prese per il polso, e mi trascinò vicino ad
una porta. Li c'era la collega di mia madre, quella con cui doveva
fare il cambio; si salutarono, mi presentai e alla fine ci indicò un
uscita secondaria dove ci aspettava l'autobus che ci avrebbe portato
al college.
Intanto la folla di ragazzine iniziava
a gridare ancora più forte e sventolavano cartelloni e poster. Io
vidi semplicemente alcune figure muoversi, potevano essere cinque o
sei. Intanto mia madre mi strattonò per la seconda volta e arrivammo
davanti a una porta beige. Era chiusa. Provò ad aprirla ma niente e
così mi disse: ''Eleni, chiedo a questi ragazzi come possiamo fare.
Rimani qua e non muoverti''.
Io ero un po' confusa. Mia madre che
chiede indicazioni in inglese, è una cosa che non si può vedere e
neanche sentire. Dopo appena due minuti sento il rumore dei tacchi
dietro di me, era molto svelto, quasi nervoso. ''Oddio'' gridò mia
madre e poggiò la sua mano sulla mia spalla ''Quello non è Liam?
Quelli non sono gli One Direction?''. All'improvviso avevo capito
tutto, la folla, le ragazzine che gridavano.
Mi girai di scatto, ma non vidi nessuno
dei cinque. ''Bello scherzo mà. Non fa così ridere, sai?''.
Lei mi guardò sorpresa e delusa
''Davvero credimi.''.
Con forza, afferrai il pomello, la
porta si aprì. Senza pensarci due volte mi precipitai fuori e andai
a sbattere contro una ragazza.
“Sorry” le dissi.
“Sei italiana, vero?” rispose di
scatto. ''L'accento'' aggiunse.
Io la guardai sorpresa: ''Si capisce
così tanto?''.
Scoprì che anche lei era doveva andare
nel mio stesso college, e che quindi doveva prendere il mio autobus.
Ci sedemmo vicine e parlammo di tutto.
Nacque così la nostra amicizia.
Non ero mai stata così felice.