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Autore: Mapel    07/08/2012    2 recensioni
I pensieri di un soldato costretto a combattere nelle trincee.
Una storia che ho scritto nella lontana seconda media quando stavamo facendo la Prima Guerra Mondiale, l'ho ritrovata su un foglio vagante e ho deciso di pubblicarla.
Non l'ho modificata per niente, quindi mi scuso se c'è poca concordanza dei tempi verbali a volte ^^
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Non vedo neanche quello che sto scrivendo, di tanto in tanto gli scoppi dei fucili fungono da luce. Non so più cosa ci faccio qui, se dovessi sopravvivere la vita non sarebbe più quella. A volte rivedo ancora contingenti di ragazzi, poco più che diciottenni, andare verso morte certa, strisciando nel fango come vermi. Forse è così che ci siamo ridotti, vermi senza vista, spinti dall'odio di persone che ci ordinano di morire per una patria che si sta già disintegrando, senza uno scopo.

Ci hanno privato di tutto, famiglia, amici, speranza. Adesso vogliono privarci anche della vita. Tanto siamo solo strumenti, strumenti al pari delle vanghe con cui si cerca di sfondare il filo spinato che circonda le trincee.


Stiamo decimando l'esercito nemico, ma ai comandanti non importa, ubriachi di sangue e di sete di vittoria continuano a spedirci contro le linee avversarie, per cercare di conquistare quei pochi metri di terra, rossa del sangue dei soldati che hanno cercato di fare quello che anche noi saremo costretti a fare.


Quante famiglie saranno senza padre, senza figlio, senza neanche un cadavere da piangere, solo la consapevolezza che lui non tornerà mai e che forse non ha mai perdonato le piccolezze quotidiane, ricordando tutte le volte che avete litigato, soffrendo come per una pugnalata per tutte le scuse che non gli hai mai fatto e che non gli farai mai.


Sono circondato da corpi mutilati, una testa con ancora gli occhi sbarrati per l'ingiustizia della vita, se guardi con attenzione ci sono ancora tracce del filo spinato con cui è stato strozzato.


Ho visto così tanti morti, così tanto fango, così tanta terra resa spugnoso dal sangue, che non ricordo più com'è la natura, le vallate verdi, i boschi interminabili, il gorgoglio dell'acqua, il cinguettio degli uccelli.


Tanto, sto morendo da quando sono arrivato qui, ho perso la concezione della vita, è stata sostituita dalla morte, morte ovunque mi giri, si sente persino nell'aria.


Ormai so che non rivedrò mai più una forma umana che non abbia la faccia sconvolta, sentirò solo le urla di dolore di persone martoriate, lo scoppio degli spari, addirittura l'odore dei gas che ormai fanno parte dell'aria.


La cosa peggiore è che neanche quando sarò morto potrò essere in pace.

Il mio corpo si trasformerà in erba, quella stessa erba su cui ora scorre il mio sangue.


Tanto, sono morto per la “patria”.

  
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