07/08/2012
2 recensioni“You could say that I’m distracted
But ah you got me so attracted
But boy I’ll tell you what the fact is
Is no one else in this room
Looking like like you, you, you
Ain’t nobody know your name
But looking like you do could be famous
I could see us making ways
From the back of the club
To a bed in the shade”
Si poteva immaginare l’allegria di Demetria Devonne Lovato quella sera, nell’andare ad una festa a cui mai e poi mai avrebbe voluto partecipare, con delle scarpe che non avrebbe voluto mettere ed un abito che non avrebbe mai voluto indossare.
Ma la sua amica l’aveva letteralmente trascinata fuori di casa, vestita, truccata, pettinata e portata in quella mega villa di un ragazzo della scuola, esageratamente ricco e, anche se Demi non lo conosceva, sicuramente esageratamente stronzo e puttaniere.
Demetria, per gli amici Dems, era all’ultimo anno del liceo. Amava scrivere, cantare e liberare le sue fantasie dipingendo. Vestiva sempre con dei jeans lunghi, le scarpe da ginnastica e maglie a maniche lunghe, per coprire tutto. Tutto cosa? I segni dei lividi, lasciati dalle percosse di suo padre. Già, suo padre, che tornava alla sera, ubriaco e pieno di rabbia che veniva scaricata su sua figlia, come un pugile fa con il suo sacco. Dems era ad un passo dallo scoppiare, lei non ce la faceva più, non aveva più una vita felice, ma nascondeva tutto con un sorriso e si diceva ‘vai avanti, non puoi fermarti adesso’. Ma tutto sembrava una stupida promessa ‘finite le medie lo denunci Demi, fatti forza’ si disse quando aveva tredici anni, quasi alla fine dell’anno scolastico. Poi iniziarono quello successivo e quello dopo ancora. Lei non ebbe la forza di farlo, si lasciava scivolare tutto addosso perché, infondo, era suo padre e nonostante tutto gli voleva bene.
Ma quella notte, qualcosa cambiò.
Demi
Ero seduta in un divanetto, vicino al tavolo, dove un ragazzo serviva dei drink. Mentre tutti ballavano, io stavo ad annoiarmi, pensando a cosa mi aspettava quando sarei tornata a casa. Un ragazzo si sedette vicino a me ma ero talmente persa nei miei pensieri da non accorgermene.
«Ti annoi?» mi chiese.
«No … sono solo un po’ … ma chi voglio prendere in giro, sì, mi annoio a morte.» risposi.
«Allora, ti va di fare un ballo con me?» chiese lui.
«Con questi tacchi?» chiesi indicando le mie scarpe. «Ballerebbe meglio un dinosauro in tutù.»
Lui si mise a ridere.
«Toglili. Non vale la pena stare qui ad annoiarsi.» disse lui.
Così mi tolsi le scarpe e lui mi portò fino alla pista da ballo. Intanto era partito un lento, le luci si erano abbassate e lui mi stava abbracciando.
«Come ti chiami?» mi domandò.
«Demetria, per gli amici Dems. E tu?» domandai a mia volta.
«Justin.» mi sussurrò all’orecchio, facendomi segno di appoggiare la mia testa sulla sua spalla.
Tutto era perfetto, quella sua voce, quei suoi occhi, quei suoi capelli, lui. Mi fece dimenticare del resto del mondo.
Quella sera nacque qualcosa, destinato a cambiare le nostre vite, che ci riservò tanti dolori e a noi il compito di trasformare tutto quello che sembrava un errore, nella cosa più bella che potesse succedere.
spazio autrice C:
salve, questa è la mia prima ff che scrivo su justin, ma come si può ben capire da questo prologo, ci sarà anche demi e … nulla. volevo dire che ho tratto ispirazione dal video di as long as you love me e dal testo di ‘for the love of a daughter’. basta, non vi anticipo altro, spero solo che vi piaccia.