So
cosa state pensando.
Mi
vedete qui, seduto inerme su questa sedia.
Un
vecchio.
Un
uomo nell'ultima stagione della vita.
Mi
guardate e pensate che la mia esistenza deve essere stata
estremamente banale. Mi immaginate a lavorare duramente per anni, ad
accumulare, e ora a godermi in qualche modo i frutti delle mie
fatiche.
So
che pensate che non deve esserci stato niente, nel mio passato, che
valga la pena di essere ricordato. Niente di straordinario.
La
mente dei giovani. So bene come sia facile giungere a conclusioni
affrettate, a quell'età.
Mi
vedete qui, vecchio e inerme, e assimilate il mio passato a quello
delle persone che conoscete bene, ai vostri nonni, ai vostri parenti.
Monotonia,
fatica, banalità.
Non
avete idea di quanto vi state sbagliando.
Vedendomi
oggi, qui, seduto nel giardino della mia grande e vecchia casa,
nessuno potrebbe mai immaginarlo.
Vedendomi
oggi...
Eppure
nella mia vita ho vissuto un'avventura straordinaria. Qualcosa di
magico e inaspettato, qualcosa che ha cambiato per sempre il mio modo
di guardare il mondo.
Non
so quanti possano dire altrettanto.
Quando
ero giovane - molto più bello di adesso, molto
più vitale di adesso
- ho avuto la fortuna di incontrare una dea. E ho potuto condividere
per un periodo troppo breve il tempo eterno e immutabile degli
immortali...
*
* * * * * * * * * *
Ero
solo un ragazzo, la prima volta che la incontrai.
Stavo
camminando sulla strada polverosa che univa la fattoria dove vivevo
con la mia famiglia al paese. Portavo uova e latte da vendere al
mercato.
Improvvisamente
avvertii una strana elettricità percorrermi la schiena. Uno
strano
calore.
Mi
voltai, e lei era lì.
Capelli
neri che le cadevano in morbide onde fino alla vita.
Occhi
cristallini – gli occhi più chiari e trasparenti
che avessi mai
visto e che mai mi sarebbe capitato di vedere dopo.
E
il suo sorriso... così dolce e al contempo così
allegro.
Non
avevo mai visto niente di più bello. È vero che
la mia esperienza
di bambino di 10 anni era limitatissima, ma come posai lo sguardo su
di lei capii subito, senza bisogno di fare domande, che avevo a che
fare con qualcuno di non umano.
"Ciao",
mi disse. Semplicemente.
Mentalmente
dovetti ricredermi. Il suono della sua voce... quella era la cosa
più
bella sulla faccia della terra.
"Sei
un angelo?" le chiesi in risposta, con la spontaneità della
mia
giovane età.
Lei
scoppiò a ridere. La sua risata aveva il suono cristallino
dell'acqua che scorre sulle rocce. Era profonda, veniva da dentro. E
aveva un che di contagioso.
Senza
sapere come o perché anche io mi ritrovai a sorridere.
"Non
proprio", disse lei dopo qualche istante, quando il riso si fu
spento sulle sue labbra.
"Mi
chiamo Pietro."
"Io
sono Aliya."
Restammo
in silenzio, dopo questa strana presentazione.
D'un
tratto mi resi conto che il tempo stava passando e che se avessi
tardato ancora nella mia consegna, i prodotti si sarebbero guastati e
io non avrei avuto il denaro in cambio. Questo significava prendere
una bella strigliata, come minimo, una volta tornato a casa.
Senza
bisogno che dicessi una parola, lei capì.
Stavamo
per congedarci.
"Ti
vedrò ancora?" le chiesi di slancio, senza poter frenare le
parole.
"Tu
cosa vorresti, Peter?" disse lei.
"Sì,
io voglio rivederti." Sentii le orecchie diventare rosso
scarlatto, segno evidente del mio imbarazzo.
"Allora
succederà." E mi sorrise dolcemente.
Rincuorato
da quella prospettiva, mi voltai per riprendere il mio cammino verso
il villaggio. Arrivato a una curva nella strada girai appena il capo
per guardare indietro.
Lei
era sparita.
* * * * * * * * * * *
Come
promesso, Aliya tornò a farmi visita.
Ogni
anno, a primavera, mentre percorrevo la strada polverosa che portava
dalla nostra fattoria di campagna al paese vicino, avvertivo il
consueto formicolio attraversarmi la schiena. Il calore nelle membra.
Mi
voltavo, e lei era lì.
Io
crescevo, ma per lei il tempo sembrava non esistere.
Ogni
volta era esattamente come la ricordavo. Capelli scuri, occhi
trasparenti. La pelle liscia e senza imperfezioni, come quella di una
ragazzina.
La
mia era un'attesa che non conosceva delusioni.
Puntualmente
temevo, quando nel pieno di maggio mi rendevo conto che il momento di
rivederla non doveva essere molto lontano, che in lei ci sarebbe
stato qualcosa di diverso, qualcosa di più maturo o di
imperfetto.
Puntualmente venivo smentito dalla sua apparizione.
* * * * * * * * * * *
Il
giorno che cambiò tutto il resto della mia vita, mi
incamminavo
verso Castelnuovo senza fretta. Un sesto senso mi diceva che lei
sarebbe arrivata quella mattina.
Così
fu.
Mi
voltai e lei era lì – bellissima, giovane,
perfetta. Come ogni
volta.
Aliya
mi soppesò, con lo sguardo che brillava, in silenzio. Notai
una
strana sfumatura nei suoi occhi. Poteva trattarsi di desiderio?
Poteva un essere come lei provare interesse per una persona comune
come me?
Scossi
la testa per scacciare i pensieri inopportuni e le sorrisi, un
sorriso leggermente sghembo e malizioso che faceva sciogliere le
ragazze al paese.
“Sei
cresciuto, Pietro”, osservò come sovrappensiero.
“Ho
compiuto vent'anni”, la mia pratica risposta.
Lei
continuò a soppesarmi per un tempo che mi parve eterno, alla
fine
disse: “Ho una proposta da farti.”
Inutile
dire che ero tutto orecchi. Cosa poteva mai volere da me quella
creatura perfetta? Voleva rendermi schiavo? Far sì che
obbedissi a
ogni suo volere?
Inutile
dire che lo avrei fatto di buon grado. Avrei accettato qualsiasi
condizione, pur di poter dividere il mio tempo con lei. Qualsiasi
cosa, pur di poterla vedere ancora, spesso, ogni giorno.
Immagino
che sia inutile dire che ero completamente e irrimediabilmente
innamorato di lei.
Dalla
prima volta che l'avevo vista, a soli 10 anni di età, il
fuoco
dentro di me non aveva fatto che aumentare. Adesso che ero un giovane
uomo... be', bruciava più intenso che mai.
Potete
immaginare la mia gioia immensa quando lei pronunciò queste
parole
magiche?
“Ti
porterò con me, se lo vorrai. In un luogo dove il tempo non
esiste.
Dove potremmo stare insieme, tu ed io, fino alla fine delle
ere.”
Il
mio sguardo doveva tradire tutta la mia sorpresa.
“Farò
in modo che tu non invecchi. Mai. Avrai questo aspetto per sempre. E
divideremo insieme la nostra eternità.”
Restai
a bocca aperta.
Aliya
non aggiunse altro, dandomi il tempo di elaborare la cosa.
Alla
fine, non so quanto tempo restammo in silenzio, detti la mia
risposta: “Accetto.”
Lei
sorrise, dolce, materna.
“Non
vuoi neanche sapere quali sono le condizioni?”
“Non
mi interessa.” Beata incoscienza dei vent'anni.
“Molto
bene...”.
Lei
mi prese la mano. Avvertii una leggera pressione intorno al mio
corpo. Chiusi gli occhi d'istinto. Quando li riaprii, solo un attimo
dopo, la campagna circostante era sparita.
Niente
più strada polverosa e campi di grano verdeggianti. Niente
mura di
Castelnuovo all'orizzonte.
Ora
mi trovavo sulla veranda di una magnifica casa. Tutto era circonfuso
di una strana luce oro e arancio. Sotto di me si apriva la vista
più
mozzafiato che avessi mai visto. Mi trovavo sulla sommità di
un
promontorio roccioso. Ai miei piedi, una distesa di acqua color
smeraldo.
Non
avevo mai visto il mare. Ne avevo solo sentito parlare da qualche
avventuriero di passaggio... e ora eccolo lì.
“Peter”,
la voce di Aliya mi riportò alla realtà.
“C'è qualcosa che devo
mostrarti.”
Mi
prese di nuovo per mano e io avvertii un piacevole brivido di
anticipazione attraversarmi tutto il corpo.
“Questa
casa è a tua disposizione. Desidera qualcosa, e qui l'avrai.
Puoi
andare dove vuoi, fare tutto quello che desideri ma...”, i
suoi
occhi si incupirono appena, “non devi mai entrate in questa
stanza.”
Mi
indicò con lo sguardo una porta di legno scuro. Chiusa.
“Cosa
c'è dentro?” non potei trattenermi dal domandare.
“Il
tempo”, rispose lei.
Aggrottai
la fronte, dubbioso e confuso.
Aliya
mi sorrise, tornando serena e imperscrutabile. “Con il mio
potere
ho reso il tuo corpo immune allo scorrere del tempo. Non
invecchierai, non morirai mai. Ma dentro quella stanza il tempo
scorre ancora in modo naturale. Non devi entrarci. Pensi di poterlo
fare?”
Annuii,
convinto.
Un
unico, piccolo divieto. In cambio, potevo avere tutto.
Allora
ero davvero convinto di potercela fare.
* * *
* * * * * * *
Non
so dire quanto tempo passai con lei, nella casa in cima alla
scogliera.
Ogni
giorno sembrava distendersi all'infinito, come mille giorni. Eppure
ogni momento era magico, unico, irripetibile.
L'amore
che il primo incontro aveva fatto germogliare in me, sbocciò
in quel
periodo come un fiore in maggio.
Aliya
era tutto quello che avrei mai potuto desiderare.
Era
bella, intelligente, passionale. Non mi negava nulla, e io
condividevo con lei tutto.
Era
il paradiso.
Ma
la natura umana è infida a traditrice. Per quanto il mio
corpo fosse
stato reso impermeabile allo scorrere del tempo, simile in questo a
quello di una divinità, simile al suo, il mio spirito era
sempre lo
stesso. Non era divino, era di una natura molto più terrena.
Cominciai
a diventare inquieto.
Comincia
a chiedermi con sempre maggiore insistenza cosa Aliya mi tenesse
nascosto. Cosa si celasse dietro la porta scura che mi era stato
detto di non aprire mai.
I
primi tempi era solo un formicolio leggero. Controllabile.
Col
passare dei giorni si fece sempre più forte. Era un tarlo
che non mi
abbandonava mai. Cercavo di simulare con lei, di fingere che nulla
fosse cambiato, e lei di rimando non mi faceva alcuna domanda.
Mi
sono chiesto molte volte se sapesse perfettamente cosa mi si agitava
dentro e fingesse solo di ignorarlo. Mi sono chiesto perché
non mi
ha messo in guardia, perché non mi ha impedito di fare
quello che ho
fatto.
Non
gliel'ho mai chiesto.
Lottai
contro quell'impulso. Lottai contro la mia umana curiosità.
Finché
un giorno, la smania mi vinse.
Mentre
Aliya faceva il bagno nel mare spumoso sotto di noi, mi avvicinai
alla porta proibita.
Non
potei fermarmi. L'aprii.
La
stanza era avvolta nella semi-oscurità. Feci un passo
all'interno...
non successe nulla.
Mi
rilassai, pensando che forse non sarebbe accaduto niente di
drammatico.
Mi
guardai intorno. L'ambiente
era spoglio. Vuoto, eccetto uno specchio sulla parete più
lontana da
me.
Uno
specchio - in casa non ce n'era nessuno.
Mi
avvicinai, come chiamato da una forza primordiale.
Mi
avvicinai, fino a trovarmi davanti alla cornice bronzea.
Allora
alzai gli occhi.
E
quello che vidi mi lasciò senza fiato.
Il
mio viso era cambiato. Si era fatto più adulto,
più vissuto.
Piccole rughe di espressione mi circondavano gli occhi come una fitta
ragnatela. La bocca aveva preso una piega amara.
Non
c'era niente, in quell'uomo che mi restituiva lo sguardo dal vetro,
del ragazzo che ricordavo.
Non
c'era niente, di quello che ero quando avevo deciso di seguire Aliya.
Mi
allontani bruscamente dallo specchio, in preda al terrore.
“Pietro.”
Lei
era lì. Si stagliava sulla porta, in piena luce. Sembrava
molto più
alta ed imponente.
Non
sapevo che cosa dire.
Improvvisamente
cosciente della stupidità ed enormità del mio
gesto, non trovai
niente di meglio da fare che restare in silenzio.
Lei
mi lanciò il più dolente degli sguardi. Ma al
contempo il più
tenero.
“Sapevo
che prima o dopo l'avresti fatto.”
Chiuse
gli occhi per un istante, e la stanza intorno a noi sparì.
Mi
guardai intorno, ero di nuovo sulla strada dove lei mi aveva
incontrato la prima volta.
“Aliya...”,
ma le parole mi morirono in gola. Sapevo che non c'era niente da
dire. Stavo pagando il prezzo della mia follia, il prezzo della mia
umanità.
“Vedi
quella casa?” chiese lei d'un tratto, indicando una dimora
signorile sulle colline, a qualche chilometro da noi.
Annuii.
“È
tua adesso.”
Spostai
lo sguardo dalla casa a lei, poi di nuovo alla casa. Non avevo mai
sognato niente del genere.
“Avrai
bisogno anche di questi...”.
Sentii
le mie tasche farsi più pesanti. Senza bisogno di
controllare,
immaginai che si trattasse di denaro.
“Non
devi”, le dissi piano.
“Devo,
invece”, ribatté lei piccata. “Ti ho
sottratto 20 anni. La
possibilità di farti una famiglia, una vita. Di costruire
con le tue
mani un avvenire. Il minimo che io possa fare è risarcirti
per
questo.”
Alzai
le spalle. Era impossibile discutere con lei.
Restai
in silenzio a fissarla, rimandando il più possibile il
momento del
distacco. Perché sapevo perfettamente che lei stava per
andarsene.
“Ti
vedrò ancora?” osai chiederle.
“Tu
cosa vorresti, Peter?”
Quelle
parole, che rimandavano al nostro primo incontro, mi strapparono un
sorriso
"Sì,
io voglio rivederti."
"Allora
succederà."
* * * * * * * * * * *
Aliya
tornò a farmi visita ogni anno, per molti anni.
Ogni
volta lei era sempre la stessa, bellissima, perfetta, mentre lo
scorrere del tempo lasciava su di me segni indelebili.
Credevo
che non mi importasse.
La
sua vista era per me fonte di enorme gioia. Credevo che non mi sarei
mai privato volontariamente di quel balsamo.
Ma
un giorno, avevo da poco compiuto 60 anni, mi resi conto di non poter
continuare.
La
mia pelle iniziava ad essere segnata dalle rughe. I miei capelli, un
tempo scuri e folti, portavano i segni degli inverni trascorsi.
Vecchio.
Stavo diventando vecchio.
Aspettai
l'arrivo di Aliya al nostro solito posto.
Potevo
vedere la mia bella e signorile casa sulla collina davanti a me.
Tutto intorno si stendevano le mie proprietà: campi di
grano,
oliveti e vigne, fattorie. Avevo fatto fruttare al meglio i doni che
lei mi aveva elargito. Ero diventato un possidente, con ottime
entrate.
Il
mio futuro era assicurato. Avrei potuto vivere serenamente quello che
mi restava.
"Ciao
Pietro.”
Mi
voltai e lei era lì. Bellissima, perfetta, come sempre.
Presi
fiato per farle il mio discorso, parole che mi ero detto e ripetuto
mille volte negli ultimi tempi.
È
troppo doloroso per me, farmi vedere da te così.
Non
voglio che tu assista al mio disfacimento.
Voglio
che mi ricordi com'ero.
Stavo
per dirglielo, ma lei mi zittì con un gesto dolce della mano.
Sapeva
già tutto.
Mi
sorrise, materna e rassicurante come solo Aliya sapeva essere.
Io
tacqui. Tornai a voltarmi verso il panorama.
Lei
mi si fece vicina. Sentii il suo calore in tutto il corpo, quella
elettricità magica che dal primo momento avevo associato a
lei.
Per
un tempo infinito restammo immobili, fianco a fianco, a osservare la
campagna.
Quando
mi voltai per guardarla di nuovo, lei era sparita.
* * * * * * * * * * * * *
Non
l'ho più vista da allora.
Molte
volte nelle lunghe giornate tiepide di primavera mi è
sembrato di
avvertire di nuovo una leggera scarica elettrica sulla pelle, uno
strano calore... ma lei non si è palesata più ai
miei occhi.
Altri
inverni sono passati su di me, ai miei anni se ne sono sommati altri.
Sono
vecchio, ora. Un vecchio stanco, un vecchio privo di attrattive.
Così
mi vedete voi.
Ma
non sapete quanto vi sbagliate.
Quando
ero giovane, molto più bello di adesso, molto più
vitale di adesso,
ho avuto la fortuna di incontrare una dea. L'ho tenuta tra le
braccia, ho assaggiato il suo sapore.
Avrei
potuto averla per sempre... Ma l'uomo è debole, la
mortalità ci
permea tutti.
L'ho
persa. È scivolata via tra le mia dita come acqua piovana.
So
che lei non me ne ha fatto una colpa. Mai. È la nostra
natura di
mortali.
7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'
NdA
Il nome Aliya l'ho preso da una ginnasta russa delle Olimpiadi - Aliya Mustafina per l'appunto.
La storia della dea e del mortale (o del dio e della mortale) si trova spesso nella mitologia (greca e non solo). In particolare questa storia fa pensare a quella di Dioniso e Semele o di Amore e Psiche. In entrambi i casi, i due dei impongono alle rispettive amate di non fare qualcosa... e loro naturalmente vengono meno alla parola data, e perdono tutto. E' la maledizione della natura umana. Ho voluto darne la mia versione.
Per
quello che riguarda il periodo in cui si svolge la storia, io pensavo a
inizio 1900, non oggi - ma poi ognuno può collocarla dove
preferisce. Diciamo che è un'avventura che sarebbe potuta
capitare al babbo della mia nonna paterna (da cui ho preso il nome del
protagonista, Pietro).
Per l'ambientazione, avevo in mente le colline di
casa mia quando scrivevo. Le colline del Chianti, vicino a Siena
(Castelnuovo è un borgo medievale molto caratteristico).
Sono davvero la Terra di Mezzo, per me. ^^