Sigarette, antidepressivi e maledizioni
Caro
Jason,
sono
una tua grande
fan, amante assoluta della tua musica e delle tue parole.
Si, sai. Sei l'unico
cantante in tutto il mondo che si prende cura delle sue fan con
un'accuratezza
e amore che nessuno si aspetterebbe, come se ti importasse davvero di
loro, di
noi.
Questo è uno dei tanti
motivi per cui sono tua fan.
Ti seguo da quando hai
iniziato a recitare in "Crazy Hearts" e non mi sono ancora stancata
di seguirti come tutta la gente che mi sta attorno si sarebbe aspettata.
Ci sono molte cose che
amo di te, potrei fare un elenco e non terminarlo più,
quindi mi limiterò ad
elencare i punti più salienti che ci tengo a farti presente:
Punto numero uno: Amo
i tuoi capelli. Sono deliziosamente meravigliosi. Di un biondo
così chiaro che
sembrano tanti raggi di sole. Uno dei miei più grandi sogni
sarebbe passarci la
mano sopra, scompigliandoteli tutti, così per il gusto di
vedere la tua
reazione, certa che sarà seccata, ma sicuramente dopo
divertita.
Punto numero due: Amo
il modo in cui sorridi a tutte le tue fan. Ogni volta che le vedi le
abbracci o
sussurri loro parole dolci. Si insomma, un giorno mi piacerebbe essere
una di
loro, fare parte di quelle tue sostenitrici fortunate che hanno avuto
l'occasione di conoscerti.
E, per finire, punto
numero tre: Amo il modo in cui canti. Le tue canzoni sono meravigliose.
So che
le scrivi da solo quindi sono molto fiera di te.
Non è da tutti avere
il dono di poter esprimere i propri sentimenti con poche parole, e tu
ce l'hai.
Quindi, caro Jason,
sei fantastico.
Sappi che ti sosterrò per sempre, perchè
è questo che le beliebers
fanno, ti accompagnano d'ovunque andrai, qualunque scelta farai.
Ti auguro il meglio
perchè è quello che meriti,
con amore,
Allie.
Tua
fan per sempre.
Justin
scosse la testa,
rassegnato.
Quella era la terza
lettera che leggeva nel giro di dieci minuti e già voleva
morire.
Estrasse dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette, cercando
con
frustrazione l'accendino, nascosto chissà dove.
Non trovandolo lanciò il
pacchetto contro il computer, arrabbiato come non mai. Quella non era
giornata,
si disse. Sprofondò nella morbida poltrona in camoscio,
prendendosi la testa
tra le mani sopraffatto da una forte emicrania.
Ultimamente aveva spesso
dolori alla nuca, ma non aveva detto niente a nessuno, solito a tenersi
tutto
dentro. D'altronde era un tipo molto introverso, chiuso in se stesso,
immerso
nel suo tetro mondo. Quando qualcuno parlava di lui c'era una forte
superficialità, la gente lo definiva strano, ma a Justin non
importava, non gli
interessava ciò che pensava la gente.
Si passò una mano sulla
fronte bollente, gli occhi gli bruciavano per lo troppo sfregamento.
Non gli
faceva bene stare ore e ore davanti al computer, ma non aveva altra
scelta, ciò
consisteva nel suo lavoro.
Affondò la testa nello
schienale della poltrona, osservandosi attorno.
Si trovava nel
ripostiglio di casa di Scooter, era piccolo e scomodo, ma gli avevano
assicurato che sarebbe stato un collocamento provvisorio, come se lui
ci
credesse. L'arredamento era monotono, c'era un scrivania in mogano
nuova di
zecca, un computer Mac di utlima generazione, una poltrona di pelle
nera e una
chitarra per mancini addossata ad un angolo della parete.
Justin si sentiva chiuso
dentro quella stanza, in prigione. Lo faceva infuriare il fatto che sua
madre
sapesse che soffriva di claustrofobia ma che sdrammatizzava, dicendogli
che non
era un luogo piccolo e che comunque c'era un finestra, l'aria passava
tranquillamente.
Ma ciò che lo faceva
ancora più arrabbiare erano tutte quelle lettere
sparpagliate sulla scrivania e
sul pavimento.
Lettere, lettere e
lettere di centinaia di migliaia di fan che raccontavano quanto i Suoi
occhi
fossero meravigliosi e le Sue canzoni incredibili.
Justin ne aveva
Ma un'altra cosa che detestava era quando sua madre e Scooter lo
obbligavano a
stare segregato in quella stanzetta, condannato a passarci ore intere
finchè
non avrebbe risposto a tutte le lettere. Gli sembrava di essere uno di
quei
fenomeni da baraccone costretti a stare chiusi su un ripostiglio per
non
spaventare la gente o disonorare la famiglia.
Pattie gli aveva spiegato
come tutte le altre solite mattine che era necessario che aggiornasse
il blog
di Jason, seguendo qualche fan e rispondendo a
qualche tweet di ragazzine in fase ormonale disperate.
Inoltre Scooter aveva
rincarato la dose raccomandandogli di essere cordiale e gentile con le
ragazzine, dicendogli di essere delicato e che pur sempre si riferiva a
ragazzine di un target che partiva dagli undici anni, non dai venti, e
quindi
di non essere sboccato e brutale come al suo solito.
Il ragazzo si sentiva
alquanto irrequieto quel giorno,infatti oltre al fatto che non aveva
fatto
colazione come al suo solito con una dose extrastrong di
caffè lungo con doppia
panna, non aveva neppure l'accendino per godersi almeno un piccolo
sfizio nato
quando tutto il casino di Jason aveva preso forma.
Justin si alzò dalla
sedia, camminando su è giù per il piccolo
ripostiglio.
Non ce la faceva più,
ogni giorno era sempre la solita solfa. Lettere, lettere, blog,
lettere. Le
uniche volte che amava quella sua stupida routine era ogni sei mesi,
dove
iniziava a buttare già bozze di canzoni che poi si sarebbero
spacciate per
canzoni di Jason.
Ne aveva già composta una
nonostante mancassero quasi due mesi prima dell'uscita del terzo album,
parlava
di un'amore non corrisposto, costretto a soffocarsi a causa delle
tristi
circostanze. Dubitava che Scooter accettasse di inserirla nell'album,
ma
comunque a lui non interessava, gli piaceva il suo piccolo lavoro e non
l'avrebbe cestinato per nulla al mondo.
Justin appoggiò lo
sguardo su quel mucchio di stupide lettere e si costrinse a rispondere
a
qualcuna, prima avrebbe iniziato, prima avrebbe finito.
Si gettò sulla poltrona
come un sacco di patate e prese a digitare sulla tastiera qualche
parola:
Cara
Allie,
ti ringrazio per
questa meravigliosa lettera.
Sono onorato di avere
fan incredibili come te, senza le mie beliebers
morirei.
Sono lusingato per
quei piccoli elenchi, davvero.
Per quanto riguarda il
secondo punto nulla è impossibile, sai? C'è
sempre quella piccola possibilità
che un giorno ci potremmo vedere, abbracciare, stringere la mano.
Mai dire mai, insomma.
Continua a crederci.
Vai contro vento, sii te stessa e segui i tuoi ideali.
Ama i tuoi sogni e falli sbocciare.
Grazie per quelle
belle parole,
mi hai illuminato la
giornata,
sappi che nessun sogno
è troppo grande e che nessun sognatore è troppo
piccolo,
con amore,
Jason.
Justin
trattenette un
conatto di vomito.
Scrivere risposte a
ragazzine di dodici anni non era di certo la sua più grande
aspirazione.
Sapeva di essere
destinato a qualcosa di grande, di straordinario.
Qualcosa che non aveva a
che fare con fare il lavoro sporco per uno stupido ragazzino di
diciassette anni
pieno di acne in viso.
Tutte le fan si
affidavano completamente a Jason, ignare del fatto che fosse un falso
ipocrita.
Justin sapeva tutto di
lui. Era a conoscenza del fatto che odiasse gli animali (al contrario
di come
raccontava ai media), era consapevole del fatto che approfittava delle
sue fan
più grandi per spassarsela, e sapeva che non aveva affatto
la voce che si
sentiva nei suoi cd o ai suoi concerti.
Justin era la doppia
faccia di Jason. Se il primo era introverso e per le sue, il secondo
aveva un
forte carisma e una potente personalità.
Forse era quello il
motivo se era stato scelto Jason come quello con una carriera
promettente tra i
due, anche se Justin ne dubitava.
Da piccolo non era così, ne
era pienamente consapevole. Amava ridere e combinare cazzate ogni volta
che ne
aveva l’occasione, così, perché gli
andava di farle. Tutto cambiò con la
separazione dei suoi genitori. Ma ora Justin non voleva pensare a
quella
faccenda, troppo dolorosa addirittura da rammentare.
Così sospirò, e dopo
essersi stretto la testa tra le mani armeggiò con il
cassetto più basso della
mensola, tirandone fuori una scatoletta bianca. Con mano tremante la
aprì,
sfilandone alcune pasticche lilla. Ne ingurgitò tre, senza
acqua, a secco.
Pochi istanti dopo si
sentì già meglio. Gli antidepressi che gli aveva
consigliato il dottor Kellan
sembravano funzionare.
Ciò nonostante, seppur
fossimo dei validi medicinali non permisero a Justin di impallidire
davanti a
quell’ammasso di lettere che non aspettavano altro che la sua
risposta.
L’odio che il biondo
nutriva nei confronti di Jason crebbe a dismisura per quanto gli
sembrasse
impossibile. Lo detestava, lo detestava con tutto se stesso.
E stava iniziando a
odiare anche le Beliebers, un ammasso di fracassa palle
–almeno così a detta
sua-. E poi, cavoli, le fan erano di Jason, e ciò
determinava automaticamente che
lui stesso si sarebbe dovuto prendere cura di loro; ma no, ovvio che no.
Era Justin quello che
doveva sgobbare, facendo tutto il lavoro sporco, seppellendo tutte le
sue
proteste sotto miglia di sigarette, maledizioni e antidepressivi,
mentre Jason
si sarebbe preso tutto il merito, come al solito d'altronde.
Ma la cosa che più lo
faceva inorridire era il fatto che tra i due ci fosse lo stesso sangue,
perchè
si, Justin e Jason Bieber erano fratelli.
Ahiee.
Ciao
belle, è da una vita che non visito questo
fandom. Mi è mancato. çç
Che dire? Questa storia l’ho pubblicata un po’ di
tempo fa, ma l’ho cancellata
per il poco successo che ha ‘scatenato’. Ma che
posso farci? Io AMO l’idea di un
Justin seconda scelta, perché –diciamocelo
insomma- lui è sempre la nostra
prima!
Chi vuoi sposare da grande? Justin!
Chi sarà il tuo amante? Justin!
Qual
è il tuo cibo preferito? Justin?!
HAHAH, si sto male. D:
Spero che questa volta, dopo le scarse correzioni che ho fatto, questa
storia
venga apprezzata.
Mi farebbe davvero piacere avere qualche vostro segno di vita, quindi
non
sentitevi in imbarazzo a lasciare una recensioncina. (occhietti dolci).
Un bacio enorme
ciervu