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Autore: Dearly Beloved    08/08/2012    2 recensioni
Non c’era più nessuna squadra, nessun ‘Noi’. Non c’era nient’altro. Oppure, forse, non c’era mai stato qualcosa di diverso da quello che aveva adesso. Il resto poteva essere stato reale, come anche un’illusione.
Il mare era più bello, visto da quello scoglio. Bastava questo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Black*Star/Tsubaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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After the sunset, before the night.





Quando il cielo non era ancora nero, ma aveva già perso le tonalità vermiglie di quando il sole lentamente scompare alla vista, dopo il tramonto, prima della notte; le gambe lasciate in gran parte scoperte dallo spacco della gonna, i capelli sottili raccolti in una coda di cavallo che fluttuavano leggeri, sospinti dolcemente dai soffi freschi a tratti più intensi, a tratti meno, della brezza di mare, le braccia strette al petto e gli occhi blu sbarrati, persi nel vuoto.
Tsubaki tremava, e non per il fresco venticello di una sera di fine estate.
Le piaceva andare al mare a quell’ora, dopo le prime volte era diventata presto un’abitudine. Da lassù, sul suo scoglio, vedeva tutto. Con la mente sapeva anche andare oltre l’orizzonte, oltre quello che gli occhi vedevano, seguiva il volo dei gabbiani e quello degli stormi di rondini, in viaggio verso terre lontane.
Eppure lei non avrebbe mai lasciato quel posto, non ne aveva la minima intenzione.
Le zaffate iodate che le arrivavano portate dalla brezza la invogliavano a respirare a pieni polmoni. Si sentiva rigenerata.
Spesso, quando vi andava con Maka e gli altri si sentiva lievemente a disagio. In mezzo a così tante persone, a tutto quel frastuono, diventava invisibile. Eppure, loro erano la sua famiglia.
Quando si rifugiava in quel ‘suo’ angolo di mondo, ascoltando il rumore delle onde che s’infrangevano sugli scogli, non se ne sentiva di certo la regina, o tanto meno la padrona. Al contrario di quanto avveniva di solito, però, in quei momenti non era la sua anima ad adattarsi a quella di un altro. Quel posto era fatto su misura per lei, era l’unico nel quale riuscisse a sentirsi a casa, da quando la sua anima non era più modellata in modo da riempire le mancanze di Black Star, o al contrario, priva di ego, determinazione, e tutte quelle doti che lui possedeva in abbondanza, e che bastavano per entrambi. A suo tempo, era stata quella la sua casa.
A suo tempo.
Adesso, in quel ritaglio di mondo, era solo Tsubaki.
E basta.
Non c’era più nessuna squadra, nessun ‘Noi’. Non c’era nient’altro. Oppure, forse, non c’era mai stato qualcosa di diverso da quello che aveva adesso. Il resto poteva essere stato reale, come anche un’illusione.
Il mare era più bello, visto da quello scoglio. Bastava questo.

“Mi sono stancato”, le aveva detto una volta, mentre facevano i compiti, saltando in piedi sul tavolo.
Allora lei aveva alzato lo sguardo e aveva incontrato il suo. “…Stancato?”
“Sì” Aveva confermato lui annuendo. “Io devo superare Dio. Potrei farlo anche adesso, volendo, però… però c’è qualcosa che mi frena, evidentemente. Secondo te cos’è, Tsubaki?”
Lei aveva scosso le spalle e gli aveva sorriso “Tra un po’ di tempo passerà. Io sono convinta che supererai Dio, non avere fretta.”
“E invece sì che ne ho!” era sbottato lui pestando i piedi per terra. “Io sono il più Big di tutti! Deve ancora nascere colui che riuscirà a superarmi! E allora perché non faccio che collezionare fallimenti, eh? Come te lo spieghi?”
“Calmati, Black Star! Tu supererai tutti, lo sai. Cosa ti succede?” aveva chiesto guardandolo preoccupata.
Il ragazzo si era seduto, a gambe incrociate, gonfiando il labbro inferiore e distogliendo lo sguardo dalla sua buki per mascherare l’imbarazzo “Io mi ero ripromesso di non sfiorare la donna che amo finché non ne fossi stato degno, finché non avessi superato almeno Dio, visto che anche lei è divina. Ma mi sono stancato di aspettare.”
Poi, in un secondo, aveva unito le sue labbra a quelle della compagna. Un bacio non approfondito, inesperto. Il primo bacio di Black Star.
Quando poi si era staccato, la mora, con gli occhi sgranati e le guance rosse, aveva lasciato cadere la penna sulle ginocchia, macchiandosi la gonna in modo irreparabile.

I capelli, adesso sciolti sulle spalle, le incorniciavano il volto con grazia. La lunga gonna svolazzava di qua e di là, mentre lei cercava, per quanto in suo potere, di farla aderire al suo corpo, pudicamente.
Tsubaki teneva gli occhi chiusi, e faceva respiri lenti e profondi.
I giorni felici erano lontani.

“Vado e torno, Tsubaki. Questa è la mia battaglia. Aspettami.”

Aveva aspettato, fiduciosa, come le era stato detto.

Fu lui a non mantenere la parola data.

Black Star non aveva superato Dio, come si era ripromesso di fare. Ci sarebbe riuscito, di sicuro, se ne avesse avuto il tempo. Ma quello che rincorreva era un Dio orgoglioso che non voleva essere spodestato per nessuna ragione.
E lo sfacciato era stato punito, strappato alla vita nel modo più brutale.

Maka e Soul avevano pianto, quel giorno, davanti alla bara chiusa circondata da rose rosse. La bionda si teneva il pancione, e continuava a ripetere che il piccolo Arthur avrebbe saputo tutto dello ‘zio’. Gli avrebbero rivolto un pensiero ogni notte, prima di andare a dormire, lo sarebbero andati a trovare ogniqualvolta avessero voluto condividere con lui la gioia di un successo o la tristezza di una nuova sconfitta.
Tsubaki aveva sorriso sentendo quelle parole, il sorriso penoso di una donna finita.

Aveva perso tutto, e adesso guardava con gli occhi lucidi quello che le rimaneva. In piedi, sullo scoglio che si era scelta per compiere l’azione più giusta. Black Star se n’era andato perché puntava troppo in alto, e lei, lei che l’aveva accompagnato per anni nel suo folle progetto meritava la stessa fine. Era l’ultima cosa da fare. Avrebbe dato una dimostrazione di fede, raggiungendo il dio nel quale aveva creduto con tutta sé stessa, e nel quale credeva ancora.


 

“Ho fatto un incubo, amore mio. Una nuova vita prendeva il posto della tua.”

 

 







Sapete, non so quanto questa cosa possa risultare gradevole da leggere. Io credo che sia sgradevolissima non solo a livello di contenuto, ma anche a livello stilistico, e che farei meglio a cestinarla, ma non so, non so.
Io non ho niente contro Black Star e Tsubaki, anzi, è una coppia che amo profondamente (non immagino che gli farei fare a questi poveracci, se non li amassi ò_ò), solo… vedete, io sono una mestruata cronica, che un attimo prima sclera, un attimo dopo ringhia con la bava alla bocca, e l’attimo dopo ancora piange sullo schermo di un computer. Chi mi capisce è bravo, e merita un Nobel, davvero.
La presenza random di Soul e Maka era ovvia. SoMa everywhere, ricordatelo sempre, oh miei prodi (?)

Quindi, questo è solo per farvi capire un po’ da che razza di persona è stato scritto quello che avete letto.
Se poi volete lasciare un commento, o magari una critica, siete i ben venuti, lo sapete ormai.
Si accettano gli insulti pesanti.


La vostra mestruata cronica di quartiere   (?)

Dearly Beloved.




Comunque, la dedica c’è, ed è per una persona che non la leggerà mai.
Persona Misteriosa,
 nella remota probabilità in cui stia leggendo queste righe -per qualche strano caso del destino-, sappia che è per lei.
So che avrei potuto dedicarle di meglio, so che qualunque cosa non sarebbe abbastanza, ma la prego,
 sia indulgente con me, sa che io ci provo.

   
 
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