Nick Autore: Christine23 (forum); Labyrinthum (Efp)
Titolo: Labyrinth of her mind
Sindrome scelta: Schizofrenia
Personaggi (ho utilizzato il pacchetto, aggiungendo un personaggio
in più): Astoria Greengrass, Marcus Flitt, Draco Malfoy.
Genere: Drammatico, Mistero, Angst,
Triste
Rating: Giallo
Avvertimenti: One-shot
Introduzione: C’erano momenti in cui Astoria si perdeva nei propri
ricordi, ma, pian piano che il tempo passava, faceva sempre più fatica a
ricordare come fosse se stessa prima di entrare nel labirinto.
Prima che arrivassero le voci a spingerla e chiuderla lì dentro.
Labyrinth Of Her Mind
Fuori dalla finestra la pioggia cadeva, incessante, in una danza d'acqua e
tuoni che riempiva l'animo di nostalgia.
Astoria lo sapeva bene. Da giorni non vedeva altro che pioggia dalla sua
finestra, ad eccezione di qualche mago che usciva e riaccasava negli orari più
disparati.
Quel giorno non era diverso dagli altri; Astoria era chiusa nella sua stanza,
seduta al centro del proprio letto, inghiottita dal buio: non aveva ritenuto
necessario accendere la lampada, perché la luce significava vita e, in quella camera,
non c'era vita.
Fissava da ore un punto immaginario sul pavimento. Solamente il suono regolare
del suo respiro, ogni tanto, le ricordava di essere viva, se davvero poteva
definirsi vivo ciò che lei era.
Non parlava da mesi; ormai, stentava a ricordare che voce avesse,
dimenticandosi persino come si componessero frasi e parole.
Il tempo lo trascorreva in quel modo; fissando il pavimento, oppure, nei
momenti in cui si sentiva meglio, quando riusciva a trovare la
forza di alzarsi dal letto, guardava fuori dalla finestra.
Soffermava lo sguardo sulle case del vicinato, fantasticando su quello che le
persone stessero facendo al loro interno.
Non aveva mai rivolto parola a nessuno di loro, probabilmente non sapeva
neppure come si chiamassero; però, il fatto che fossero esseri umani, reali,
bastava a renderli terribilmente affascinanti ai suoi occhi. Talvolta, provava
ad immaginare di essere uno di loro.
Avrebbe volentieri scambiato se stessa per essere una qualunque.
Erano quelle le poche cose che le consentivano di restare attaccata alla
realtà, di non morire nel labirinto.
La sua pelle lattea, illuminata dai tenui raggi della luna, brillava
sinistramente, accentuando la magrezza di quel corpo, che una volta era stato
florido e in salute.
Una volta, tanto tempo fa.
Persino i suoi capelli, un tempo di un bellissimo nero corvino, adesso
erano spenti, privi di ogni riflesso.
Astoria non sapeva che giorno fosse. Il tempo si era cristallizzato per lei.
Non usciva mai dalla sua stanza, neppure per mangiare; il cibo le veniva
portato su un vassoio , insieme alle sue pillole – che aveva smesso di prendere
da una settimana - da qualcuno del personale, ogni giorno, ma lei non lo aveva
mai visto, lei non vedeva da tempo.
Era arrivata all'ultimo stadio della malattia, quello della catatonia e del
mutismo, le avevano detto.
Prendeva qualche pezzo di pane per non far bruciare lo stomaco, ma niente di
più: i sapori non destavano più il suo interesse. Un pezzo di pane o una torta
al cioccolato non facevano nessuna differenza per lei.
C'erano momenti in cui Astoria si perdeva nei propri ricordi, ma, pian piano
che il tempo passava, faceva sempre più fatica a ricordare come fosse prima di
entrare nel labirinto.
Prima che arrivassero le voci a spingerla e chiuderla lì dentro.
In quel luogo le avevano portato via la bacchetta e la sua identità. Chi
era Astoria Greengrass? Si sforzava di ricordare
qualcosa di quella donna altera, bella e passionale, che una volta avrebbe
potuto essere lei, senza successo; la sua mente le restituiva solo un'immagine
sbiadita, dai contorni indefiniti, di questa.
Nei primi tempi si era domandata perché fosse in quella clinica, che cosa
avesse fatto di male per meritare una punizione del genere; ben presto aveva
smesso di chiederselo.
Era difficile credere che quella figura fatiscente avesse davvero avuto una
vita prima, che fosse stata sana, un tempo.
Che avesse amato qualcuno talmente disperatamente da farle abbracciare il
delirio.
La vita di Astoria era cambiata dall'oggi al domani, all'improvviso, senza
pietà.
Lei non era pazza. Si era solamente persa nel labirinto e non riusciva più
a tornare a casa. Sapeva di non essere pazza, tuttavia c'erano volte in cui,
quasi, lo credeva.
Non trovava l'uscita del labirinto.
Si era rassegnata a passeggiarci dentro, ponendo fine ad ogni tentativo di
fuga.
«Sono
state loro ad ordinarmelo. Lui mi ha tradita, sì, mi ha tradita. Dovevo farlo,
sono stata costretta a farlo. Loro hanno ragione: andava fatto, non ho colpa» nei
suoi occhi c'era la follia, buio all'interno delle orbite, che stavano
sgranate, guardando qualcosa, senza vederla davvero.
Si aggirava nervosamente per il salotto, come un'anima in pena, con un
misterioso ed inquietante furore nello sguardo. Come
una matta.
Le voci le ordinavano quello che doveva fare, non aveva più il libero arbitrio;
se le avessero chiesto di gettarsi da un ponte, lei l'avrebbe fatto, senza
battere ciglio.
Astoria non sapeva quanto queste, che si erano improvvisate sue amiche, fossero
pericolose. Erano diventate la sua guida, le uniche divinità in cui credere.
Astoria Greengrass si trovava nel limbo: la sottile
linea che c'è tra realtà e finzione, tra verità e pazzia.
Il varco d'entrata del labirinto era aperto e aspettava solamente lei.
«Chi? Chi è che ti ha tradita, Astoria?».
Draco Malfoy era
sull'orlo della disperazione. Era da un mese a quella parte che sua moglie
urlava al vento parole senza senso, parole che lui si accaniva di capire.
Era divenuta paranoica, presa da maniacali ossessioni che avevano reso la loro
vita un infinito tormento.
Un giorno, sussurrando febbricitante, col timore che qualcuno avesse potuto
sentirla, gli aveva confidato che i loro Elfi Domestici avevano tentato di
ucciderla.
In un altro, gli aveva giurato che erano state le posate riposte nella
credenza a marchiarle la schiena con quei segni rossi.
«Marcus. Marcus Flitt».
Aveva amato qualcuno talmente disperatamente da farle abbracciare il delirio.
Ma quel qualcuno non era Draco Malfoy,
suo marito.
Era trascorso un mese dalla morte di Marcus Flitt –
quando Astoria si era persa per sempre.
La Gazzetta aveva riportato la notizia in prima pagina, e Astoria, quando
l'aveva letta, era svenuta tra le braccia di Draco:
deceduto in circostanze misteriose, avevano scritto.
Anche il cuore di un uomo innamorato, seppur tradito, continua a battere a
causa di circostanze misteriose – crudeli.
Rassegnato, arrabbiato e inevitabilmente impotente.
Draco sapeva che il suo amore non sarebbe mai stato
ricambiato. Nonostante lui avesse scoperto di amarla, col tempo, conoscendosi
l'un l'altra, lo stesso non era accaduto alla donna.
Aveva amato e continuava ad amare un altro uomo.
Il loro era stato un matrimonio combinato, voluto e ordinato dai loro genitori,
secondo le usanze dei Purosangue.
Eppure, un giorno, Draco si era chiesto se, mescolare
tutta quella purezza, non fosse pericoloso.
Astoria ne aveva pagato le conseguenze: matti si nasce, è questione di
cromosomi.
Una catena lunghissima di sangue puro come aveva potuto generare una tale deformazione?
Due
poli uguali non generano corrente. Questa è l'amara verità.
Era
stata una cortese menzogna quella che voleva la nonna di Astoria morta per uno
sfortunato incidente. Fatale ingenuità quella di confondere il sangue col
veleno.
Astoria non sapeva che la sua discendenza fosse maledetta. Ben nascosta per
anni, certo, ma la sua sciagura non aveva tardato molto a colpire anche lei.
Forse c'era una vena di pazzia nella sua famiglia e avevano aspettato che
avesse toccato il fondo per lasciarglielo sospettare.
«Lui non ti ha mai tradita, Astoria» sussurrò Draco
tra sé e sé, col tono di un peccatore, consapevole che lei non stesse
ascoltando - lei non lo ascoltava da tempo - troppo presa dalle sue visioni,
dalle sue allucinazioni ingannevoli.
Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è starci seduto vicino e
sapere che non lo potrai avere mai.
Astoria sorrise alla parete che stava di fronte a lei, come se quella fosse
stata una persona in carne e ossa.
«Marcus» sospirò lei, in tono affettuoso, accarezzando i mattoni.
Draco aveva scoperto di esser geloso di un fantasma.
Una sera, mentre dormiva, l'aveva sentita ridere, come non faceva da tempo.
Allora si era messo a sedere sul letto, con un sorriso sereno a solcargli il
viso, che era svanito, quando si era reso conto che sua moglie stava baciando
un fantasma.
Draco aveva pianto silenziosamente, premendo la
guancia sul cuscino, quella notte.
Le lacrime bruciavano sul viso come gocce di limone.
Era sdraiato al suo fianco, ma sembrava non esistere per lei.
In quella stanza c'erano solo Astoria e il fantasma del suo amore perduto: non
c'era posto per lui.
E se fosse entrato dentro la sua testa, uccidendo le voci, uccidendo il suo
fantasma, ci sarebbe stato?
C'era stata un'altra notte in cui, invece, l'aveva sentita piangere in modo
straziante.
«Ti ho ucciso! Ti ho ucciso! Perdonami, perdonami, amore mio!» aveva
gridato, coprendosi gli occhi con le mani, schiacciata dal peso della colpa di
cui si era macchiata.
At the time of my last pain
I scream, so l can run away
What I see in front of me
Is only the reflection of my insanity
«Ci
sono visite per te» un Guaritore entrò nella stanza di Astoria, interrompendo
la conversazione che stavano tenendo le voci nella sua testa.
Astoria non si voltò a guardarlo; i suoi occhi erano dei baratri profondi,
velati del nero più efferato, con lo sguardo fisso su ciò che c'era fuori dalla
finestra.
I passi di qualcuno riecheggiarono sulla superficie del pavimento, facendo
sobbalzare improvvisamente Astoria.
«Marcus?» farfugliò con difficoltà, come se non ricordasse in che modo si
parlasse, a causa dell'inutilizzo della voce.
«Ciao, tesoro» Draco poté scorgere la delusione nelle
orbite vuote della moglie, che si volse di nuovo verso la finestra.
Quale atroce disperazione doveva provare un uomo per esser grato di aver letto
finalmente un sentimento su quel viso, anche se di mera delusione.
Non parlava da tempo, quindi sentire la sua voce gli sembrò una cosa talmente
sensazionale da poter cacciare via l'amarezza.
«Come stai oggi?» chiese Draco, stanco, andandole
vicino e posandole sulla scarna guancia un delicato bacio, che lei nemmeno
percepì.
«Non è venuto a trovarmi» protestò lei, col tono capriccioso di una bambina.
Draco strinse i pugni lungo i fianchi; si sentiva un
debole, un patetico marito che aveva sopportato per anni la relazione
extraconiugale della moglie senza dire una parola. In fondo, cosa avrebbe
potuto dire? Lei era stata costretta a sposarlo, ciò non includeva che fosse
anche costretta ad amarlo ed essergli fedele.
Eppure, lui l'amava. Come un elefante amava una farfalla.
«Stai prendendo le medicine?» cercò di ignorare la sua
rabbia, fingendo che tutto andasse bene.
Il suo cuore lacerato faceva meno male, se non si fermava a pensare.
I lividi sulle braccia di lei e i graffi sulle mani erano una risposta più che
sufficiente.
Draco preferì essere cieco. Si sarebbe cavato gli
occhi con le dita pur di non ammettere che fosse lei a farsi del male.
«Ieri è stato qui, abbiamo parlato per ore» Astoria piegò le labbra fino
a formare qualcosa che ricordava un sorriso.
Con le dita tracciava il percorso delle goccioline d'acqua che scivolavano sul
vetro, lasciando dei piccoli serpenti immaginari sulla superficie, ormai
impregnata di vapore acqueo.
Forse il fantasma era proprio lui, si disse Draco.
Invisibile, inesistente. Si trascinava sulla terra come uno di
loro, in cerca di una pace che non sarebbe mai arrivata. Dannato per
l'eternità.
Marcus Flitt, invece, era andato via da tempo. Il
destino non l'aveva condannato a vagare sulla terra e a camminare tra la gente
con la morte negli occhi.
Throwing me to the present
Alone almost in despair
My head throws itself against the
Wall
Making my blood flow free of me
To be born again, it'll be a sad
Destiny
To seek death when it's inside of
Myself
I throw up trying to put it out
I try to sleep sitting on the cold
Ground
«Draco Malfoy è morto! È
lui che è morto!».
Era morto, ma non per lei, chiaramente.
Astoria fece ruotare i suoi occhi vitrei verso di lui, con l'espressione di chi
si era appena risvegliata da un coma profondo e aveva scoperto che tutte le sue
certezze erano andate infrante.
Quando non prendeva le sue pillole, perdeva ogni barlume di lucidità -
realtà.
Quando non prendeva le sue pillole, non ricordava più niente.
Marcus era stato con lei la notte prima, avevano fatto l'amore e si erano
promessi di non lasciarsi mai.
«Tu menti!» il suo urlo squarciò il silenzio della sera, coprendo lo scroscio
della pioggia.
Astoria s'avventò su Draco, con l'intenzione di
ferirlo, posseduta dall'ira; il cuore dell'uomo sanguinò per l'ennesima volta.
«Sono io, sono vivo, sono reale,
guardami, maledizione!» non si accorse di aver iniziato a piangere, mentre la
implorava, trattenendole le braccia, che spingevano per colpirlo.
Astoria si dimenò, lo strattonò con tutte le sue forze, invocando il nome
dell'uomo che amava.
«Non è vero! Non
può essere vero!
Marcus! Marcus, dove sei?!».
Reminders from the past
Repulsion of the present
Fear of the future
Septic Schizo
E
fu in quel momento che lo vide; poggiato di schiena al davanzale della
finestra, con l'espressione contrita.
La sua essenza era fumosa, incorporea, ma, agli occhi di Astoria, appariva come
un angelo.
La donna smise di lottare e, sorridendo di gioia, gli corse incontro,
dimenticandosi di tutto il resto.
Draco non poté che vedere, inerme, sua moglie correre
verso il nulla e coprirsi il volto per non assistere a quella follia.
Dal suo cuore continuava a sgorgare sangue.
Astoria si arrestò con la mano in aria, nell'atto di accarezzare il viso di
quello che per lei era Marcus; una mezza verità si prese improvvisamente gioco
di lei.
«Mi hanno detto loro di ucciderti. Io non volevo!» piagnucolò, disperata,
aggrappandosi alle sue mani – lei riusciva a sentirle lo stesso.
A Draco scappò un singhiozzo; fece di tutto per
ricacciare indietro le lacrime, premendosi i palmi sugli occhi.
Marcus non le disse nulla, sul suo viso non c'era traccia di odio o rancore;
l'accolse tra le sue braccia, cullandola come una bambina.
«Smettila di dirlo, smettila!» la supplicò Draco,
stanco di sentirla delirare, logorato dal suo senso di impotenza.
Come ci si sente a non esser riconosciuto, a non esser ricordato, dalla persona
che ami?
«Sono io Marcus! Sono io! Sono di fronte a te!» aggiunse poi, colpendosi il
petto coi pugni.
Marcus Flitt era lì, di fronte a lei, vivo, ma lei
non lo vedeva – non lo ricordava.
Da quando aveva cominciato a vederlo con il volto di Draco.
La raggiunse in poche falcate, facendo dissolvere in una nuvola argentea il
fantasma del Marcus che lei aveva creato.
«I tuoi genitori ti hanno obbligata a sposare Draco,
ricordi? Ma tu amavi me, e un giorno abbiamo deciso di scappare insieme. Draco si suicidò poco dopo, quando apprese la notizia del
nostro matrimonio» le raccontò, tentando di farle ricordare quello che aveva
dimenticato da quando si era ammalata – dalla morte di Draco.
«Tu sei Draco, non sei Marcus! Marcus è morto,
sono stata io ad ucciderlo!»
E l'aveva ucciso davvero. Nella sua mente, nel suo cuore, lui era morto.
La condanna di aver accanto a te l'uomo che hai sempre amato e non poterlo più
vedere. La punizione per aver provocato la morte di un altro uomo.
«Sono io, guardami! Guardami, guardami, guardami ...» ripeteva Marcus
col viso rigato di lacrime, scuotendola per le spalle.
Ma lei vedeva il viso di Draco, vedeva le lacrime di Draco.
Era intrappolata nel labirinto dei suoi sensi di colpa.
Intrappolata nella sua mente, che la puniva ogni giorno per quello che aveva
fatto.
Un uomo sarebbe stato ancora vivo, se lei non l'avesse tradito.
La mente, qualcosa di misterioso. Studiata da sempre per comprenderne i segreti
più nascosti. Ma mai capita a fondo.
«L'ho ucciso io» soffiò
Astoria nuovamente, ma col tono della verità.
Lasciò scivolare un dito sulla fredda superficie del vetro, come a voler
accarezzare la pioggia. Un timido saluto alla sua più cara amica.
Le sarebbe dispiaciuto non vederla più. Tuttavia, era necessario dirle addio,
perché finalmente aveva trovato l'uscita del labirinto.
Bisognava perdersi per trovarsi realmente?
***
Astoria sorrideva quando
le persone si radunarono in cerchio intorno al suo corpo.
Stained by blood on the face
I see that my life goes by in front of
Me
As an old movie. I feel not proud of
Anything
I've done
I scorn myself with anguish
Sentiva
le proprie ossa rotte, maciullate, stanche di vivere.
Si era sempre chiesta che sensazione fosse quella di volare; finalmente l'aveva
provato sulla sua pelle.
Aveva spiccato il volo dalla sua finestra, come un angelo. E come un angelo era
caduta sulla terra.
Marcus non aveva potuto far niente per fermarla; era volata via,
all'improvviso.
Era corso di sotto, con la patetica convinzione di poterla afferrare, di
poterla salvare.
Invece, non ce l'aveva fatta; non era riuscito a salvarla.
«Astoria!Astoria! Amore mio, apri gli occhi!
Ti prego, non lasciarmi!» il viso premuto sul suo petto, che ormai era freddo e
umido di lacrime mischiate a pioggia.
«Marcus» esalò lei, accarezzandogli i capelli.
L'aveva riconosciuto. Vedeva di nuovo il suo viso.
«Sì. Sono io, sono qui,
tesoro» il cuore di Marcus smise di sanguinare, per un singolo attimo.
«Mi dispiace» tossì lei, senza più fiato.
Prima di spirare Astoria vide una mano fumosa tendersi verso di lei.
«Ti perdono».
Draco Malfoy l'aveva
perdonata.
Il
labirinto non c'era più.
Ora
state cercando il segreto, ma non lo troverete, perché in realtà non state
davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati.
Fine.
Questa
storia fu scritta in occasione del Contest "Welcome Home {Sanitarium}" di Sunflower Bright sul forum di EFP, a cui si classificò prima,
vincendo anche il "Premio Sindrome" e "Premio Stile".
Note
e Citazioni:
-"Il
peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è starci seduto vicino e sapere
che non lo potrai avere mai." (Marquez);
-"Ora state cercando il segreto, ma non lo troverete, perché in
realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere
ingannati." (The Prestige);
- La canzone che ho utilizzato è "Septic Schizo"dei Sepultura;
- "Forse c'era una vena di pazzia nella sua famiglia e avevano
aspettato che avesse toccato il fondo per lasciarglielo sospettare", frase
ispirata a una citazione di Chuck Palahniuk.
I
classificata Christine23; Labyrinth of her mind
Grammatica e Stile:19,6/ 20
Caratterizzazione dei personaggi:10/10
Descrizione sindrome:9,5/10
Gradimento personale: 10/10
Punti bonus:3
Totale 52,1/53
La schizofrenia è una delle malattie più
'affascinanti' - dal punto di vista dell'eziologia, dei sintomi, e del quadro
completo-, ma anche una delle più difficili da inquadrare e da 'descrivere'; ci
sono così tanti aspetti della malattia in sé, che non si riuscirebbe mai a
trattarli tutti in maniera approfondita. Inoltre il pacchetto di per sé non era
proprio semplice: i personaggi erano entrambi 'complicati' per motivi diversi,
e si poteva rischiare di cadere nel tranello delle Mary-SueGary Stu, o nel delineare i loro caratteri come delle belle
copie di altri personaggi della saga. Tutto questo è naturalmente un mio
pensiero, e mi serve soltanto per entrare nel 'vivo' della tua valutazione.
Come al solito parto dalla grammatica e dallo stile: non ci sono errori
eclatanti, proprio a voler fare la pignola - cosa che mi riesce bene con le
storie altrui, e fin troppo poco con le mie, l'unico errore che ho riscontrato
è uno spazio mancato fra un parola e l'altra; chiaramente un errore di
distrazione, ma visto che l'ho contato anche per le altre, mi sembrava 'di
parte' non farlo anche con te. E qualche ripetizione di troppo. Per
il resto lo stile è perfetto, consono al tipo di narrazione, e ricercato.
Grazie al tuo modo di scrivere riesci a catturare la mente del lettore, che si
ritrova catapultato nel labirinto schizofrenico della protagonista, ma di
questo parlerò più approfonditamente nella voce 'gradimento personale'.
Ineccepibile è anche la caratterizzazione dei personaggi; Astoria persa nel suo
mondo fantastico, diversa da ciò che si presume fosse stata prima dell'esordio
della malattia, ma che conserva un barlume di lucidità, che la porta a voler
essere normale, come quei vicini che osserva dalla finestra della sua camera.
Astoria che pensa di aver commesso un omicidio, che si colpevolizza per
una morta che è avvenuta, ma che in fin dei conti non è del tutto colpa sua.
Astoria che per non sopperire del tutto alla realtà dolorosa, si inventa un
mondo tutto suo, dove un dolore quasi sopportabile, prende il posto di un altro
che l'avrebbe uccisa del tutto. Marcus che l'ama, ma che non viene
riconosciuto. Marcus che indossa i panni di un'altra persona, che forse ha
odiato, diventando in alcune parti una sorta di vittima designata dalla stessa
Astoria. Ed infine Draco, che si uccide perché
tradito; forse non è una cosa 'totalmente' da Draco,
paradossalmente ci vuole 'coraggio' per un gesto simile, e lui ha dimostrato
più volte di non averne. Ma l'amore può cambiare le carte in tavola, e quindi
un simile comportamento ci può stare, decisamente. Il gesto finale di Astoria,
il perdono, e tutto il resto danno ancor più credibilità ai due protagonisti.
I vari personaggi sono descritti alla perfezione, non credo di aver nulla da
dire di più.
La sindrome c'è, ed è così 'forte' da impigliare il lettore stesso in una sorta
di anello 'schizofrenico'. L'unico appunto che ho da farti è che la
schizofrenia catatonica non è la fase 'finale' della malattia, ma uno dei tanti
sottotipi della malattia stessa; la fase 'finale' della malattia è quella
residua, ovvero il paziente continua ad avere qualche strascico dovuto alla
malattia, ma non ha quelle fasi 'acute' in cui i sintomi deliranti si fanno
prevalenti. Questo è l'unico neo nella descrizione.
Forse l'avrai capito dal modo in cui ho parlato fino ad ora, ma la tua storia
mi è piaciuta moltissimo, fin dal principio. L'utilizzo della canzone è
perfetto, i personaggi sono perfetti, è tutto perfetto!
Come dici tu alcuni punti sono rimasti in sospeso, ma credo che se
avessi rivelato anche quelli la magia di fondo si sarebbe spenta. Hai rinchiuso
il lettore in quello che molti chiamano 'anello simbiotico', che non è
nient'altro che l'universo creato dal soggetto schizofrenico, che lentamente
ingloba il resto della famiglia, dei suoi amici, ed anche dell'equipe
ospedaliera in una sorta di realtà parallela dove nessuno sa cosa stia
realmente succedendo, e cosa invece sia il frutto delle loro fantasie. Durante
la lettura è un costante chiedersi cosa sia reale o meno; cosa sia solo il
frutto della fantasia dei personaggi, e cosa stia accadendo realmente. Un
labirinto nel labirinto, e scusami il parallelo, ma è come in quel vecchio film
con David Bowie! Complimenti!