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Autore: Aya_Brea    10/08/2012    5 recensioni
"Così, mi sporsi ancor di più oltre il davanzale della finestra e finalmente i miei occhi si illuminarono per lo stupore.
Eccolo, riuscivo a vederlo chiaramente mentre sotto di me, percorreva sicuro il viottolo che lo separava dal cancello d’ingresso.
Stavolta aveva optato per un travestimento decisamente elegante."
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ritorno di Arsenio Lupin




Di fronte alle mie pupille vigili ed attente, il paesaggio della Normandia si stava lentamente assopendo.
Allungavo lo sguardo oltre le vallate lontane, i cui contorni apparivano spumosi ed evanescenti per via di una leggera coltre di nebbia. Poi, pian piano quel soffice manto biancastro si diradava, mostrandomi come per incanto, delle splendide distese di verde, scure come la pece per via della notte che inghiottiva quel panorama così suggestivo. Udivo distintamente un canto melodioso di uccelli e a giudicare dall’entusiasmo del loro battito d’ala, compresi che si stavano rincorrendo l’un l’altro in cerca di un caldo rifugio ove trascorrere quel che restava della giornata. Sorridevo fra me e pensavo che presto anche il mio fedele compagno si sarebbe ritirato presso la nostra base operativa.
D’improvviso ogni rumore venne smorzato e anche il vento sembrò placarsi, rilassarsi: lo spicchio di mare che riuscivo ad intravedere mi sembrava calmo e limpido. Così, mi sporsi ancor di più oltre il davanzale della finestra e finalmente i miei occhi si illuminarono per lo stupore.
Eccolo, riuscivo a vederlo chiaramente mentre sotto di me, percorreva sicuro il viottolo che lo separava dal cancello d’ingresso.
Stavolta aveva optato per un travestimento decisamente elegante.
Avvolto in quel suo soffice mantello di seta nera, Arsenio Lupin stava facendo roteare il suo bastone con estrema grazia e morbidezza: i suoi passi erano felpati e modulati, cadenzati oltre ogni limite. Quel figurino col cappello a cilindro e il monocolo, era così composto ed impostato da sembrare finto. Pareva che qualche Dio, traboccante di creatività e manualità, avesse deciso di plasmarlo come un moderno Demiurgo che da’ forma alle cose informi. Sicuramente aveva preso spunto da una pagina strappata ad uno di quei libri vecchi ed incredibilmente polverosi.
Il gentiluomo col fiore all’occhiello si fermò proprio di fronte al cancello, ma prima che potesse muovere un muscolo, io fui più lesto di lui. Incredibile, per la prima volta fui più rapido del più abile ladro che la storia conoscesse!
Quel pensiero mi inondò la mente e acquietò bonariamente il mio spirito di aiutante. In me, il cuore palpitava di orgoglio e di riconoscenza. Ero fortunato nell’avere al mio fianco, uno fra gli uomini più eccezionali che fossero mai esistiti sulla faccia della Terra. E dovevo ammettere inoltre, che in quei giorni mi era assai mancato.
Con incedere flemmatico ma lento, Arsenio Lupin salì le scale che lo separavano dal suo piccolo rifugio, poi mi trovò proprio al fianco dello stipite, pronto ad accoglierlo con un largo e caloroso sorriso.
“Salve Principale. Mi sembrate un po’ stanco, questa sera. Bentornato.”
Arsenio si sfilò il cappello a cilindro e dopo averlo adagiato all’appendiabiti, mi rivolse la sua solita espressione, che io conoscevo a menadito. Quante e quante volte avevo visto quegli occhi scuri e profondi, illuminarsi di soddisfazione per un’impresa conclusasi vittoriosamente: in lui vi erano spesso accenni di fatica e di stanchezza, ma mai l’avevo visto abbandonare quel sorriso così gioviale. 
“Grazie Grognard. E’ un piacere far ritorno a casa. Finalmente posso sdraiarmi un po’ e godermi qualche ora di riposo.” Arsenio sfoggiava una folta chioma bionda, che presumevo fosse il suo colore naturale. Ebbene, nessuno ad eccezione del sottoscritto, conosceva il vero aspetto di Lupin. Forse ero l’unico a preservare questo grande privilegio, forse ero l’unico in grado di scrutare gli occhi dell’originale.
Egli si scostò un lembo del suo lungo mantello e con aria altrettanto pacata e disinvolta, mi mostrò un meraviglioso diamante dalle mille sfaccettature: ognuna di quelle facce riluceva con estrema limpidezza ed i suoi bagliori sgargianti mi stavano accecando. Quell’oggetto così prezioso era talmente bello che le parole mi si strozzarono in gola: così speciale che l’occhio umano non avrebbe osato spingersi oltre l’apparenza di quelle superfici levigate alla perfezione, quasi per timore di afferrarne un’essenza inviolabile che la Natura stessa si era premunita di riporvi. Ma Arsenio Lupin, aveva fra le mani quel segreto ed il suo tocco esprimeva l’accuratezza del suo nuovo proprietario, impegnato nel custodire gelosamente il fascino ed il mistero che scaturiva ad ogni brillio.
“Grognard, questo è forse il gioiello più prezioso che avessi mai avuto nella mia collezione.” Sussurrò, senza abbandonare minimamente quel sorriso, ora più che mai ammaliato da cotanta meraviglia. “Lo affido a te. Ma trovagli un posto d’onore, mi raccomando.”
“Non vi preoccupate, Principale. Piuttosto, volete raccontarmi quali mirabolanti imprese avete compiuto in questi tre giorni?”
Dopo aver riposto il fresco cimelio fra le altre bellezze che splendevano nella nostra teca di vetro, mi avvicinai nuovamente al letto dove v’era sdraiato Lupin, ancora bell’e vestito, ma decisamente più rilassato di com’era arrivato.
Mi raccontò tutto con estrema tranquillità. Adoravo la minuzia che adottava ogni qualvolta dovesse narrarmi quel che aveva vissuto: se avessi chiuso gli occhi, avrei sicuramente visualizzato e rivissuto tutto quel che aveva visto.
Parola dopo parola, mi immersi a capofitto in quella narrazione così avventurosa. Mi pareva di riviverla. Il suo tono era incalzante, rapido ma a tratti lento, come se per qualche istante si fermasse appositamente per prendermi la mano e condurmi con lui, con più attenzione, con più trasporto. Ed io rimanevo affascinato.
Come sempre era riuscito ad ammaliare una dolce donzella. Pur essendo un grande amatore e pur ammirando le leggiadre movenze di una donna, comprendevo perché le fanciulle crollassero letteralmente ai piedi di quell’uomo.
Ognuna riusciva a fidarsi di lui e donarsi incondizionatamente, senza alcun freno, senza remore.
Lupin era sicuro, spavaldo. Ma onesto. Paradossalmente, pur essendo un ladro, Arsenio Lupin dimostrava onestà e lealtà e mai giungeva a sfiorare il grilletto di un’arma.
Aveva appreso il valore della vita umana, credeva nella giustizia e aveva un suo codice morale che non avrebbe infranto, per nessun motivo al mondo.
Quando il mio interlocutore tacque e socchiuse le labbra, si allungò per empirsi un bicchiere di Champagne ed io mi ritrovai imbambolato a seguirlo con lo sguardo, mentre il contenuto di quella preziosa bottiglia scivolava in parte nella coppa di vetro.
“Sei rimasto incantato, amico mio?” Rise leggermente.
“No. E’ che voi riuscite sempre a farmi sognare e a farmi provare un briciolo di quel che voi stesso avete vissuto.”
Lo invidiavo.
Io, suo fedele servitore ed amico, lo invidiavo profondamente.
Non riuscivo a spiegarmi, né tantomeno a capacitarmi delle sue straordinarie capacità camaleontiche: come faceva quell’uomo, ad essere contemporaneamente in mille luoghi? Come faceva a rivestire i panni di avvocati, burocrati, giudici, servi, baroni? Come faceva a mostrare di volta in volta un abito ed un volto differenti, senza mai perdere di vista la propria identità? Era mille uomini, ma alla fine era sempre e soltanto uno: Arsenio Lupin. Il ladro gentiluomo, il chiodo fisso della polizia e del Commissario Guerchard, il più acerrimo rivale di Herlock Sholmes e l’amico più speciale che un qualsiasi uomo potesse desiderare.
Mi interrogavo spesso su quali potessero essere i suoi difetti, eppure, rimuginando a lungo, non avevo ancora trovato nulla che potesse intaccare la sua figura ben consolidata, inarrestabile ed inattaccabile come una roccia: poi mi resi conto che lui era esattamente come quel diamante dai mille volti.
Impossibile da scalfire, luminoso e resistente ma al contempo così imprendibile e sfuggevole. Sì, lui era un diamante, uno fra i più rari e bizzarri che la Natura fosse riuscita a concepire.
Pian piano, perso nei miei infiniti pensieri, lo vidi assopirsi gradualmente, mentre la stanchezza prendeva il sopravvento. Gli rimboccai le coperte finché mi fu possibile e nuovamente mi avvicinai al davanzale della finestra.
Sollevai il capo in alto: un numero illimitato di stelle brillava nel cielo. Più mi soffermavo su una zona, e più essa si popolava di nuovi, minuscoli arrivi. Tutta quella bellezza era imprescindibile. Lontana. Incredibilmente lontana. Come lui.
“Ah, Grognard.” Eccolo nuovamente. Sapevo quel che aveva da dire, ma lasciai che proseguisse. “Prepara una valigia. Domani mattina abbiamo del lavoro da sbrigare.”
Lavoro da sbrigare? Un sorriso mi illuminò il volto.
“Sarà un’altra, irripetibile avventura per Arsenio Lupin.”. Anche lui sorrideva. Ne ero certo. Riuscivo a percepirlo.
 
E tutta quella bellezza era imprescindibile. Lontana. Incredibilmente lontana.
 
Il mondo, avrebbe potuto soltanto starsene a guardare.
 
Nessuno sarebbe riuscito a prenderlo.
Ne’ ora, ne’ mai.
 

 

 

 






Questa One Shot l'ho scritta per riportare alla memoria tutti i bei momenti trascorsi a guardare questo magnifico telefilm degli anni '70.
Uno fra le uniche cose belle che in questi anni mi ha veramente colpita, mi ha emozionata, mi ha fatto sognare, mi ha trascinato letteralmente in altri tempi. 
Mi ha fatto innamorare di un uomo affascinante come Arsenio Lupin. Imprendibile, determinato, sicuro di sè e delle proprie capacità. Uomo e gentiluomo come ormai, ahimè, non ne esistono più.
La Shot è tratta da questo telefilm e se vi ho un minimo incuriosito, vi lascio un link che forse potrà esservi utile. 

http://www.serietv.net/guide_complete/arsenio_lupin/la_serie.htm

La dedico a tutti coloro che sanno ancora fermarsi a guardare un panorma, un tramonto. A tutti coloro che riescono a gettarsi a capofitto nelle molteplici avventure della vita.
A tutti coloro che sanno ancora sognare ad occhi aperti. 

Aya_Brea
  
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