NdA: La storia è stata scritta per il contest i 7 peccati capitali. Erano previste alcune limitazioni (nello specifico, delle parole da non utilizzare parlando dei diversi peccati). Guardate il bando alla pagina web che vi ho linkato per saperne di più. ^^
La storia è ambientata durante la 3x01. Damon osserva Elena che si
prepara per la festa organizzata da Caroline contro il volere della
ragazza. Ho immaginato i pensieri di Damon guardandola.
Le
frasi o le parole in corsivo sono
sottolineature, o battute di Damon tra sé e sé – penso si capisca
bene dal contesto.
Il
titolo della storia è quello di una canzone di Bennato (penso che ci
stia bene :)
La
citazione iniziale è presa da una canzone dei Modà.
Buon compleanno bambina
Dicono
che non si può rinascere
Facile
dirlo per chi non ha incontrato la tua pelle
[Urlo e non mi senti - Modà]
Fisso
la porta accostata davanti a me, indugiando un momento prima di
entrare.
So
che lei si trova all'interno, anche da qui avverto il battito stabile
del suo cuore.
Nessun
regalo – la parola d'ordine di questa strana celebrazione del
tempo che passa. La sola condizione che lei ha voluto dettare,
lasciando per il resto carta bianca agli amici di sotto.
Sorrido
tra me, sentendo il lieve peso dell'oggetto che nascondo nella tasca.
Di fatto non le ho comprato alcunché - non potrà
certo dire che sono venuto meno alla parola data. Congratulandomi con
me stesso per la trovata che ho escogitato per aggirare lo stupido
divieto di Elena sui presenti di compleanno, entro nella stanza.
Senza fare rumore, silenzioso come un predatore.
Lei
è lì.
Mi
dà le spalle.
Nonostante
il silenzio non sia stata incrinato da alcun suono, le bastano pochi
secondi per percepire la presenza estranea. I suoi sensi umani devono
essere stati acuiti dagli avvenimenti che si sono succeduti nella sua
vita negli ultimi anni.
Alza
gli occhi, leggermente turbata. Incontra i miei nel riflesso dello
specchio e si rilassa quando vede che non ha niente da temere.
Così
crede.
Io
non ne sono troppo sicuro, in questo momento. Una volta di più mi
sento vicino al predatore che possiede la mia anima molto più che
all'uomo mansueto che lei crede di avere plasmato. Perché in questo
contatto di sguardi, ghiaccio contro fuoco, mediato dalla fredda
superficie di vetro, sento bruciare in me sette sfumature di peccato.
Sette gradi di sentimento che guardarla mi provocano mi divorano da
dentro...
Accidia
Il
primo impulso è non fare niente. O meglio, smettere di fare
qualsiasi cosa a fin di bene.
Mi
pervade un'indolenza sorniona e profonda, un desiderio quasi atavico
di sistemarmi in un angolo e osservare. Osservare semplicemente
questi piccoli e insignificanti esseri umani che cercano di lottare
contro forze che non possono controllare, che non possono capire.
Non
sono mai stato un patito dell'azione, soprattutto se questa
significava mettere in pericolo me stesso per un fine che non fosse
la mia propria soddisfazione.
Nel
fissare i suoi occhi dal colore così caldo, nel vederla qui davanti
a me, eppure così irrimediabilmente lontana... mi pervade la voglia
di tornare a non fare proprio niente. Di dismettere questo strano e
insolito ruolo da cavalier servente che so di stare interpretando a
causa sua – anche se a voce alta non oserei mai ammetterlo.
Cosa
sono io per questa strana creatura, passionale e algida al contempo,
che vedo riflessa nello specchio? Niente altro che un mostro da
compagnia, qualcuno, qualcosa, da tenere alla catena in attesa
del momento del bisogno.
Allora
mi prende la noia, mi avvolge. E per un momento vorrei solo annegare
nel nulla.
Avidità
Ma
l'attimo dopo sono già preda di un altro impulso. Del tutto in
contrasto con quello precedente. L'opposto.
Agire,
subito, senza perdere un solo istante. Agire, adesso che tutti hanno
le difese abbassate e non si aspettano niente del genere. Agire.
Strapparla
da questa casa festante e portarla via con me.
Rapirla.
Non
per un impulso altruistico di salvarle la vita, per allontanarla da
tutto questo male che sembra seguirla come la più maledetta delle
ombre. Non per lei.
Per
me. Per me solo.
Sottrarla
al mondo per soddisfare il mio bisogno insano di possesso. Per
placare la mia sete di controllo e di dominio.
Rapirla.
Perché nessuno possa più bearsi della sua vista, senza il mio
permesso.
Perché
nessuno possa portarmela via, mai.
Sono
sempre stato geloso delle mie cose, delle mie conquiste.
'Condividere'
è una parola che suona estranea e velenosa alle mie orecchie.
Gola
Nello
stesso istante in cui formulo il pensiero, so che è del tutto
irreale.
Non
potrei mai farlo.
Allora
la mia voglia si dirotta su altro. Un desiderio possibile, qualcosa
di praticabile...
Sentire
il suo sapore in bocca.
Niente
altro che bere il suo sangue scarlatto, come fosse il nettare degli
dei. Placare la mia sete eterna. Avere l'illusione di placarla per un
attimo, almeno.
La
voglia di assaggiarla è forte come non mai. I pochi passi che ci
separano non bastano a smorzare il battito del suo cuore alle mie
orecchie sensibili. Sento il sangue che scorre nelle vene, sento la
vita che si muove impetuosa attraverso il suo corpo. Arriva a ogni
estremità di lei, vivifica. Sento questo fiume di liquido
paradisiaco che mi scorre accanto e desidero abbeverarmi come un
assetato nel deserto.
Sarei
in grado di dire basta? Di fermarmi in tempo, prima di prosciugare da
lei ogni palpito di vita? Non so dirlo con certezza.
La
sete è la nostra più grande maledizione. Non si placa mai del
tutto. Anche se col tempo puoi imparare a controllarla, a zittirla
per qualche momento... è solo un'illusione. È un cancro che ci
divora dall'interno. Sempre. Per sempre. È qualcosa che fa parte di
noi e lotta per distruggerci.
Ma
mai come in questo momento, negli anni che ho passato da vampiro, mai
ho desiderato con tale intensità saziarmi di qualcuno.
Mai
ho sentito così forte il richiamo della gola.
Invidia
Anche
questo impulso ferino di nutrirmi si smorza.
Ora
la guardo e sapere che altri hanno sfiorato la sua pelle, che hanno
potuto godere del suo corpo e anche solo della sua compagnia... mi
dilania dentro.
Invidio
dal profondo ogni essere che ha incrociato il suo cammino. Invidio
ogni occhio che si è posato su di lei, ogni mano che l'ha sfiorata
anche solo per caso o di passaggio.
Invidio
mio fratello più di tutti, per il tempo che ha passato con lei.
Non
pensavo potesse capitare di nuovo. Mi ero ripromesso che mai, mai nel
presente senza fine che si apriva per noi, mai nell'eternità di
tenebra che ci attendeva, mai sarei stato di nuovo il secondo di
Stefan. Avevo giurato... e una ragazzina fin troppo umana, una
ragazzina con fin troppi principi, ma una ragazzina che somiglia
troppo sinistramente a lei mi ha fatto capitolare.
Dovevo
aspettarmelo.
Per
la seconda volta non sono che il secondo arrivato. Il non-scelto,
quello a cui non resta altro che vedere e bramare la felicità
altrui. Una felicità preclusa.
Invidio
la tua felicità, Elena. Invidio quello che hai condiviso con Stefan,
con Matt, o con chiunque altro. Lo invidio... anche se questo mi
rende pericolosamente umano e instabile.
Ira
E
all'invidia segue l'odio. Immediato. Il desiderio folle e irrazionale
di distruggere ogni ostacolo che si frapponga tra di noi. Il
desiderio di smembrare chiunque abbia anche solo osato guardarla.
È
un delirio di sensazioni, e nessuna sembra portare a un finale
positivo.
Detesto
mio fratello, una volta di più, per averla tenuta tanto vicina, per
averla avuta per sé.
Detesto
i patetici umani di sotto – amici? - che si frappongono tra
noi in mille modi diversi, ricordandole quando anche lei se ne
dimenticasse per un secondo, che io non sono e non potrò mai essere
Stefan.
Arrivo
persino a odiare lei, Elena, la dea crudele che mi ha rubato il cuore
dopo cento anni di anestetica solitudine e malinconia.
L'hai
fatto, sì, ragazzina, ma senza alcuna intenzione. Senza proposito.
O
forse peggio, l'ha fatto volontariamente?
Non
riesco a trovare una risposta a questo interrogativo che mi lacera. Quello
che so è che, in un caso o nell'altro, non vuole farne nulla di quel
cuore, ora che lo possiedo.
E per questo la disprezzo. Per questo il
mio furore si indirizza anche e soprattutto verso di lei.
Perché
è lei la mia carnefice più vera e spietata.
Lussuria
E
allora sento il desiderio di averla bruciare come fiamma. Una voglia
animale di scoprire il suo corpo mi pervade tutto.
Voglia
di vederla per la prima volta davvero nuda, senza nessun filtro a
proteggere dal mio sguardo predatore il profilo delle sue forme.
Voglia
di averla indifesa, alla mia mercé. Voglia di farle tutto quello che
mi passa per la testa.
Accarezzare
quella pelle così dolce e delicata.
Baciarla
fino a imprimerle a fuoco nella memoria il mio sapore e la
consistenza delle mie labbra.
E
dopo (i miei desideri virano verso il violento, lo so bene)...
Morderla
e lasciare il segno su quel corpo che mi ossessiona da mesi. Morderla
e lasciare una traccia del mio passaggio che non possa in nessun modo
venire obliata.
Possederla,
completamente, fino in fondo.
Possederla,
anche contro la sua volontà?
Possederla,
per sentire il suo calore avvolgente e palpitante intorno alla mia
freddezza di non-essere. Possederla, per sentire la sua morbidezza di
donna, di viva, contro la mia durezza che sa di morte. Perdermi in
quel contatto. Perdermi e sprofondare... fino a non sapere più dove
finisce il mio corpo e inizia il suo. Fino a essere uno, uno
soltanto.
Superbia
Scuoto
la testa. Non potrei mai abbassarmi a prenderla contro il suo volere.
Sono un mostro e un assassino, ho fatto di peggio che violentare una
ragazza nella mia lunga seconda vita.
Ma
in questo caso sarebbe diverso.
Sono
troppo integro per arrivare a tanto. Per arrivare a tanto, con lei.
Essere
costretto a ricorrere alla violenza, alla coercizione, sarebbe uno
smacco personale. Non essere riuscito a conquistarla in altro modo,
una sconfitta per il mio ego. Sono troppo superbo, troppo convinto di
me e delle mie doti di seduttore per arrivare a tanto.
Dovrò
trovare un altro modo per averla... Un altro modo per estinguere
questo bisogno e questa sete di lei, che mi assale in molte forme
diverse.
Ma
è sempre la stessa cosa.
Si
presenta sotto sette nomi, ma tutto torna come un vortice infinito
verso il centro.
Ed
è Elena l'unico centro.
* * * * * * *
Questi
pensieri durano in realtà lo spazio di un battito di ciglia.
Ma
ho come l'impressione di avere viaggiato per mondi lontani, per
molto, molto tempo. Eppure non mi sono mosso di un centimetro. Eppure
sto ancora guardando il riflesso nello specchio di una ragazza che me
ne ricorda tristemente un'altra, ma che con questa, di fatto, non ha
proprio niente a che spartire. Una bella conclusione.
Mi
riscuoto e torno in me, in questa stanza, in questa vita. Mi riscuoto
e torno a distinguere i suoi occhi nocciola nello specchio.
Lei
così vicina.
Lei
così desiderabile.
Lei
così irraggiungibile.
Mi
avvicino senza interrompere il contatto e le passo intorno al collo
la collana che ho ritrovato, la collana delle streghe.
Lei
sorride.
Non
sembra troppo infastidita del regalo non richiesto. Forse mi
risparmierà la ramanzina. Forse si limiterà a guardarmi con quegli
occhi complici eppure distanti.
Forse
si limiterà, come sempre, a guardarmi senza ammettere niente.
Buon
compleanno, Elena.
* * * * * * * * * * * * * * *