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Autore: 9Pepe4    11/08/2012    4 recensioni
Catching fire (La ragazza di fuoco). Una delle notte di Katniss e Peeta sul treno.
“Il giovane, però, non le lasciò il tempo di dire nulla.
Quasi con impazienza, sollevò le lenzuola per infilare una gamba nel letto. Katniss, presa alla sprovvista, lo fissò e cercò debolmente di respingerlo.
«Non essere stupida, Katniss» le disse lui.
Le riserve poco convinte della ragazza svanirono immediatamente, e Katniss lasciò che Peeta prendesse posto sul materasso accanto a lei.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia Abby,
che è stata immensamente sollevata quando ha scoperto che ero per la coppia Katniss/Peeta,
che vuole assolutamente che io descriva ogni notte che loro due hanno passato sul treno,
che per ora dovrà accontentarsi di una notte sola.




Tra il buio e le ombre

May I hold you as you fall to sleep
When the world is closing in
And you can’t breathe here
May I love you, may I be your shield
When no one can be found
May I lay you down

Peeta percorreva i corridoi del treno.
Avanti e indietro. Ripetutamente, senza sosta.
Con ogni plausibilità, se Effie o il suo staff di preparatori avessero saputo che la notte non dormiva, avrebbero avuto molto da ridire. Probabilmente, Effie avrebbe cercato di rifilargli una delle pillole di sonnifero che aveva dato a Katniss.
Peeta, però, era stato ben attento a non mostrarsi troppo stanco. Qualche volta, tra l’altro, a dormire ci riusciva anche. Solo per una manciata di minuti, e si trattava sempre di un sonno agitato, però era sufficiente per evitare di avere occhiaie troppo marcate.
Quella notte non aveva nemmeno provato ad appisolarsi. Man mano che visitavano altri distretti, i suoi incubi si facevano sempre più insistenti, rievocando con nitidezza spaventosa i giorni passati durante gli ultimi Hunger Games.
Stava passando davanti alla cabina di Katniss, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Si bloccò nel mezzo del corridoio, tendendo le orecchie. Sì, erano proprio urla…
Senza esitare oltre, aprì la porta. Visto che solo parte dei corridoi era illuminata, i suoi occhi erano già abituati al buio, così non ebbe difficoltà a vederla.
Katniss, nel letto, si agitava, sbattendo la testa da una parte all’altra del cuscino, scalciando inutilmente.
Peeta le si avvicinò e la scrollò con decisione, chiamandola per nome. La ragazza continuò a dibattersi e a gridare. A quanto pareva, le pillole di Effie non servivano a niente contro gli incubi, rendevano solo più difficile il risveglio.
Controllandosi quanto bastava per non farle male, Peeta diede degli schiaffi leggeri sulle guance di Katniss, mentre con l’altra mano continuava a scuoterla.
Alla fine, la ragazza si svegliò con un ansito.
I suoi occhi sbarrati corsero da una parte all’altra della stanza, e lei si divincolò istintivamente dalla presa di Peeta, con un nuovo urlo.
«Sta’ calma, Katniss» disse lui, cercando di tenerla ferma. «Era solo un incubo».
A quel punto, gli occhi della ragazza si fermarono sul viso del giovane. Sembrava così agitata che Peeta non si sarebbe meravigliato più di tanto, se fosse scoppiata a piangere, ma alla fine lei si limitò a deglutire a vuoto, guardandolo negli occhi.
Peeta si accorse che ora non cercava più di dimenarsi. Al contrario, teneva le dita serrate sui suoi polsi, così forte da fargli quasi male.
Sembrava non riuscisse a respirare: schiudeva le labbra e dilatava le narici come se cercasse disperatamente di catturare un po’ di ossigeno.
Nella sua espressione, Peeta riconobbe il terrore claustrofobico che si intensificava via via che Capitol City si avvicinava.
Il pensiero di rivedere il luogo in cui erano stati preparati per essere mandati al macello… Peeta rabbrividì. Gli dava l’impressione di trovarsi in trappola, gli faceva provare l’angosciante sensazione che il mondo gli si stesse restringendo attorno, e presto non ci sarebbe stato più spazio per niente, nemmeno per gridare.
A giudicare dal tremore che la scuoteva, Katniss doveva provare qualcosa di simile, mentre inspirava ed espirava troppo velocemente.
«Era un incubo» ripeté Peeta, liberandosi a fatica da una delle mani di Katniss per accarezzarle le spalle e la schiena.
Finalmente, lei parve riprendere il controllo di sé. Trasse un’enorme boccata d’aria, come qualcuno che riemerga da un lago dopo aver trascorso ore di apnea in quelle acque gelide. Il suo respiro si regolarizzò, e lei allentò la presa sul polso di Peeta.
Mosse la labbra, probabilmente per ringraziarlo. Il giovane, però, non le lasciò il tempo di dire nulla.
Quasi con impazienza, sollevò le lenzuola per infilare una gamba nel letto. Katniss, presa alla sprovvista, lo fissò e cercò debolmente di respingerlo.
«Non essere stupida, Katniss» le disse lui.
Le riserve poco convinte della ragazza svanirono immediatamente, e Katniss lasciò che Peeta prendesse posto sul materasso accanto a lei.
Non cercò di sottrarsi quando lui la abbracciò, stringendola con fare protettivo, e anche se all’inizio la sua posa era un po’ rigida, impiegò poco tempo per rilassarsi e poggiare la testa sul petto del ragazzo, rannicchiandosi contro di lui.
«Va tutto bene» dichiarò Peeta, con decisione, anche se non ci credeva nemmeno lui. «Andrà tutto bene».
La replica non si fece attendere. «È solo che… mi sento come se fossimo lontani da tutto. Come se niente potesse raggiungerci» sussurrò Katniss, in tono assente. Forse non aveva nemmeno avuto intenzione di dirlo ad alta voce.
Peeta si ritrovò ad annuire, comprendendo appieno le parole della ragazza. Addirittura, si sentì come se lei avesse definito una delle sue più grandi ansie.
Si sentiva così dalla visita al distretto 11, dopo che avevano visto i pacificatori sparare a quel vecchio.
Era come se la sua casa e la sua famiglia fossero lontane mille miglia, come se lui non avesse più speranza di rivedere i suoi genitori o i suoi fratelli. E se anche ci fosse riuscito, avrebbe scoperto solo che averli vicino non significava nulla. Si sarebbero guardati e basta, senza che loro potessero immaginare cosa lo tormentava.
In uno dei suoi incubi ricorrenti, si ritrovava in una foresta – molto simile all’Arena degli Hunger Games – e correva da una parte all’altra. Nel sogno, sapeva che la sua famiglia e i suoi amici erano lì, ma per quanto li chiamasse non riusciva a trovarli.
Trovava solo Katniss. Ma questo, se possibile, era ancora più spaventoso del resto – era molto più spaventoso del resto –, perché significava che lei era costretta ancora una volta a partecipare a quei Giochi disumani.
«È solo un’impressione» disse comunque, con decisione. «È solo il modo in cui Capitol City vuole che ci sentiamo». Si sforzò di ridere, ma non gli venne molto bene. «Credi che, se fossimo davvero soli, avremmo Effie e Haymitch alle costole in questo modo?»
Katniss emise una specie di sbuffo. Anche lei avrebbe dovuto allenarsi per riuscire a tirar fuori una risata convincente.
«Sono uno peggio dell’altra» riprese Peeta, perché aveva l’impressione che tacere non sarebbe stata una buona idea. «Però ci stanno aiutando. O almeno ci provano». Respirò, prima di proseguire. «E anche se non ci fossero loro, siamo sempre in due».
Katniss mosse la testa e si aggrappò a lui. «Grazie» bisbigliò.
Rimase ferma, con la guancia poggiata contro il petto di Peeta. Lui la osservava e riusciva a vedere che aveva gli occhi aperti.
Probabilmente stava ascoltando i loro respiri. O forse – il ragazzo osava a malapena pensare – il battito del suo cuore.
Dopo un po’, le palpebre di Katniss iniziarono a calare, e lei si addormentò.
Peeta, invece, rimase immobile, con gli occhi aperti nel buio. A causa di tutto il suo girovagare, sino a un momento prima aveva avuto i piedi gelidi, ma ora si stavano scaldando rapidamente.
Il peso di Katniss contro di lui era piacevole. Il ragazzo abbassò lo sguardo su di lei. Con fare esitante, percorse con un dito la linea delle sopracciglia della giovane, poi si limitò ad esaminarla, tornando a stringerla con entrambe le braccia.
Il cuore gli batteva un po’ più forte, e una volta tanto la causa non era l’ansia.
Nel sonno, Katniss si premeva di più contro di lui, nella ricerca istintiva di calore e protezione. Sembrava tranquilla, però.
Da parte sua, Peeta scoprì di sentirsi rilassato come non succedeva da tempo.
Vagò col pensiero, cercando di non soffermarsi sulle scene che avevano visto nei vari distretti. Si ricordò della propria collera, quando Katniss gli aveva raccontato della visita di Snow e lui aveva saputo che Haymitch era già stato messo al corrente di tutto.
Senza meravigliarsi più di tanto, scoprì di non essere più arrabbiato.
Sistemando meglio la propria testa contro il cuscino, ascoltò il respiro lento di Katniss. Lo confortava sapere di poterla aiutare a tenere lontani gli incubi.
Se soltanto avesse potuto chiudere fuori anche gli orrori che appartenevano alla realtà…
Si morse il labbro, rendendosi conto che averla vicino funzionava alla perfezione per evitare gli incubi.
Non gli sembrava di essere lì per consolarla. Piuttosto, sentiva che si stavano aiutando a vicenda, stretti l’uno all’altra. Erano alleati contro i ricordi peggiori.
Bastarono pochi istanti, e anche Peeta scivolò nel sonno.
In quel rifugio inaspettato, creato dal peso caldo di Katniss e dai loro respiri intrecciati, ritagliato tra il buio e le ombre, il giovane non ebbe incubi per la prima volta da un tempo lunghissimo.









Spazio Autrice:
Basta, mi piacciono. Tanto
Spero che questa oneshot sia leggibile, perché Katniss e Peeta se lo meritano.
Ah, la citazione in corsivo là in alto a destra è della canzone “May I” dei Trading Yesterday. Quella canzone è Peeta/Katniss dall’inizio alla fine, giuro. Ascoltate per credere.
Grazie per aver letto!
  
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