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Autore: Mushroom    11/08/2012    4 recensioni
Di quando Rose e John provano davvero a fare una lista della spesa, ma sul T.A.R.D.I.S. non si sa mai ciò di cui si ha bisogno
[Crossover Doctor who/Sherlock]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Doctor who/Sherlock BBC
Personaggi:
Ten, Rose, John Watson, Sherlock Holmes
Genere:
Generale, vagamente inutile, comico
Rating:
Verde
Avvertimenti: Crossover

Note:
Scritta per la community Piscina di prompt e l’iniziativa Maratona in piscina, con il prompt:  Crossover SherlockBBC&DoctorWho, Watson&Rose, improbabili liste della spesa


I've Got you (Gotcha!)
In cui Sherlock e John viaggiano sul T.A.R.D.I.S. e Rose e il Dottore si adattano a questo.

Si diceva che il T.A.R.D.I.S. avesse in sé ogni sapore dell’universo. Rose, con una biro – nera – che scricchiolava tra le dita e un foglietto consunto e scribacchiato, però, sarebbe di un opinione diversa.
Quasi sicuramente il T.A.R.D.I.S. era il suono dell’universo – nessun rumore era come quello del T.A.R.D.I.S., nessun blu era blu come quello del T.A.R.D.I.S. e nessuna, nessuna esperienza poteva essere anche solo lontanamente paragonata a quel fastidioso ronzio che scompariva nel nulla. Rose lo sapeva bene, oh, e ricordava anche la sensazione di terribile vuoto quando la cabina blu si dissolveva e tu rimanevi lì, nel niente, come se lo strato della realtà avesse perso la sua consistenza.
Rose fissò il foglietto, poi alzò gli occhi verso la dispensa, desolatamente vuota, se non per alcune centinaia di scatolette rosse, in fila perfetta, provenienti dalla galassia Lithio e contenenti una qualche specie di fagiolo alieno, dalla forma tutt’altro che appetibile. Rose non avrebbe sopportato di mangiare un’altra di quelle lattine e, tantomeno, di nutrirsi ancora per troppo di Fish and chips.
Era necessario fare la spesa. Ne andava della loro salute e della sua sanità mentale.
Chiuse l’anta scricchiolante, chiedendosi perché una dispensa più grande all’interno fosse popolata solo da quel genere di cibo.
«Qui ci sono solo fagioli» disse, segnando sul fogliettino (che aveva l’impressione non sarebbe bastato, no signore) “Non comprare fagioli, di nessuna specie, provenienza o galassia” per poi annotare anche un “E se sono fagioli magici, chiedi prima al Dottore” perché non si poteva mai sapere. Una volta avevano avuto un brutto problema con dei fagioli magici di Hool – un piccolo pianeta a nord dell’universo – e non voleva di certo ripetere l’esperienza.
Rabbrividì.
«Qui abbiamo una piantagione di banane proprio affianco al frigo» la testa di John sbucò dalla porta affianco, direttamente dalla seconda dispensa più grande all’interno. Rose alzò un sopracciglio, mentre il dottor Watson alzava le spalle. Aveva quell’espressione tipica di John quando succedeva qualcosa di particolarmente inverosimile dal punto di vista umano, quella che sembrava dire “Oh, Sherlock ha messo una testa di Slitheen nel frigo e il Dottore è dell’opinione che dovrebbe provare a bruciarla, per vedere che potrebbe accadere e, oh, sì, Rose, quanto zucchero nel thè?”.
L’adattabilità di quell’uomo lasciava spesso Rose sorpresa; un po’ come il suo essere pronto a tutto – requisito comune a ogni persona presente in quella piccola cabina.
«Una piantagione di banane?» chiese, senza troppa convinzione. John annuì, ma non rispose. Si guardarono con la stessa espressione stranita, poi scossero la testa.
 «Quindi, necessitiamo di molta acqua»
«Affianco alla piantagione c’è una sorgente – aggiunse John, tirando fuori, a sua volta, un altro foglietto – e sembra abbastanza potabile» stirò le labbra,  convinto delle sue parole; e non solo perché c’era un grande cartello con la scritta “Potabile” affianco alla suddetta fonte, ovviamente.
«Niente acqua»
«Ma dobbiamo comprare il latte»
«E il thè»
«Giusto»
«Magari… della carne?» domandò incerta Rose. Si guardarono di nuovo, sperando che almeno uno di loro potesse avere una qualche idea su cosa portare con sé in una navicella spazio dimensionale attrezzata per i viaggi nel tempo.
Ci fu un momento di silenzio in cui entrambi fissarono i rispettivi foglietti con il vuoto in mente.
«Pizze surgelate?» propose John. Per lui e Sherlock era stato un trauma non poter più ordinare dal cinese sotto l’angolo. Una volta John aveva telefonato lo stesso. Il cibo era arrivato tre giorni dopo. Scosse la testa, segnando qualche verdura (perché facevano sempre bene), qualche confezione di pasta e riso (se mai fosse riuscito a convincere il Dottore a liberare la cucina da quelle spore aliene) e dei biscotti (perché ormai erano finiti).
«Minestroni surgelati»
«Ah, e pesce surgelato»
«… e gelato. Mi manca il gelato».
Annuirono entrambi, del tutto convinti che il pistacchio sarebbe stata la decisione migliore.
Si sentì un tonfo e un rumore del tutto abituale di qualcosa che viene ripetutamente schiacciata e torturata, a cui né Rose né John diedero troppa importanza. Un lamento, un track e un «Sherlock, guarda, il sistema solare tra cent’anni!»
«Il Dottore vorrà sicuramente che gli compri quel pezzo di ricambio» continuò Rose, grattandosi il capo con la biro «Lo stabilizzatore quantico. Non so se sia comprabile in un supermercato»
«Hanno il prendi tre paghi due» John fece una smorfia che somigliava a un sorriso interrotto a metà. Il concetto del “non provarci con Rose” gli era stato ben chiaro fin dal primo istante; fin dalle prime taglienti occhiate del dottore e dai primi, platonici sbuffi da “sei un’idiota” di Sherlock. Si portò una mano dietro il collo «Come possono, quindi, non avere anche uno stabilizzatore quantico?».
Rose sorrise «Ovviamente. Come possono? Sono sicura che troveremo anche le gelatine tutti i gusti più uno e una cioccorana, se cerchiamo bene».
John annuì sinceramente convinto, tirando fuori il cellulare. Le fessure dei suoi occhi si fecero più piccole man mano che leggeva il messaggio. Rose poteva intravedere il nome di Sherlock ovunque, sul viso di John: sugli occhi piccoli, la fronte corrucciata, il muscolo che si inclinava affianco al suo labbro inferiore e il battito di palpebre che seguiva alla lettura. La mano del dottore che si chiudeva  a pugno, ovviamente, era un altro recettore ugualmente importante. «A quanto sembra ci servirà anche della formalina, un pizzico di acido cloridrico, una cosa di cui non riesco a pronunciare il nome – e che credo sia reperibile solo al mercato nero – e un fegato di pavone. Ah, anche un Fennec, se possibile».
Alzò gli occhi verso la ragazza, alla ricerca di un vano conforto. Rose scosse la testa: no, John, non puoi soffocarlo con i fagioli.
«Credevo peggio» disse infine, mettendo in tasca il telefono «Insomma, per essere Sherlock…» si fermò, come per riflettere su qualcosa «Sai cosa stavamo per dimenticarci? Il pane, Rose, il pane»

   
 
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