«All thanks to a design.»
«Rae, tesoro, è pronta la cena!»
«Arrivo papà!» Esclamò di rimando la
moretta.
Finì di scrivere l’appunto sul libro di geografia e lo chiuse, lasciandoci la
matita dentro per tenere il segno. Scese dal letto, si legò i capelli in una
cipolla veloce, indossò la vestaglia, le pantofole e scese le scale,
raggiungendo la cucina. Sorrise ai papà e si sedette al suo solito posto.
«Cos’hai fatto oggi a scuola?» Chiese Leroy con un sorriso. «Cantato qualcosa
al Glee?» Continuò poi.
Rachel ci pensò su, avrebbe voluto rispondere “niente”, ma non era da lei. Di
solito raccontava tutto con entusiasmo, invece si sentiva triste, avrebbe tanto
voluto filare di nuovo in camera a finire di studiare, o piangere sul cuscino.
Inghiottì il boccone d’hamburger vegano, bevve un sorso d’acqua e sfoggiò uno
dei suoi migliori sorrisi falsi.
«Ho preso due A, Letteratura e Storia. Al glee, a dir la verità, non ho
cantato. Non sono dell’umore ultimamente.» Sospirò abbassando lo sguardo, non
poteva mentire ai suoi papà, dunque quel sorrisetto sparì.
«E’ per Finn, piccina?» Chiese Hiram, accarezzandole una guancia dolcemente.
Lei annuì e Leroy, sapendola triste, le riempì il bicchiere d’acqua, come
faceva sempre. Non avevano mai visto la loro reginetta del dramma così giù di
morale, ed era tutta colpa di quell’Hudson, che aveva preferito la perfetta
cheerleader Quinn Fabray a lei, che senz’altro era molto più bella e talentuosa
di quella lì.
«Non ci pensare tesoro, vai pure, non importa se non hai finito di mangiare.»
«Grazie, papà.» Li abbracciò entrambi e li baciò sulla guancia.
Salendo le scale si strinse nella vestaglia, abbassando lo sguardo. Se grazie
allo studio era riuscita a dimenticarsi per un po’ di Finn Hudson, a causa dei
suoi padri le era tornato in mente, e aveva di nuovo voglia di piangere a
dirotto. Ma no, doveva smetterla. Lei era un’attrice nata, se dentro era a
pezzi fuori doveva mostrarsi forte e sicura, non doveva far vedere che era affranta,
doveva far credere a tutti che stava meglio di prima, e magari riusciva anche a
far credere che si era liberata di un peso. Poteva farlo, lei era Rachel Berry,
un giorno avrebbe sfondato a Broadway! Un giorno sarebbe stata sulle labbra di
tutti, non doveva permettere ad un ragazzo di renderla fragile, o almeno non
più di quanto già non lo fosse.
Non appena dentro la sua camera, si tolse le pantofole e si sedette sul letto,
rannicchiandosi su se stessa. Cominciò a pensare all’indomani, avrebbe cantato
al glee, sarebbe stata forte e non avrebbe permesso a nessuno di abbatterla.
Sorrise e si sistemò a gambe incrociate, prese il libro di geografia, lo riaprì
e ricominciò a studiare l’Argentina là dove era rimasta.
Una ventina di minuti dopo, i papà si affacciarono con il capo nella stanza di
Rachel, osservandola.
«Noi andiamo a letto, Rae, buonanotte. Non fare tardi.»
Le mandarono un bacio, lei fece finta di afferrarlo e metterselo in tasca, facendo
loro un occhiolino.
«Notte notte.» Sorrise.
Quando furono usciti, si alzò dal letto e si avvicinò alla borsa con i libri che
le servivano, gli altri erano a scuola nel suo armadietto. Ripose il libro di
geografia e sistemò bene la borsa, mise a posto l’astuccio e lo infilò
anch’esso all’interno. Fece per chiudere la borsa sicura che fosse tutto apposto,
finché non vide un blocco blu, con al centro lo stemma di Superman.
«Questo non è mio.» Sussurrò con fare stupito e sorpreso.
Se non era suo, di chi poteva essere? Notò solo dopo la scritta in nero sul
bordino rosso del logo del supereroe, c’era scritto “Sam Evans”. Inarcò un
sopracciglio, com’era potuto finire lì dentro? Lo prese, dopodiché chiuse la
borsa e si sistemo a letto, con l’abat-jour accesa. Esitò ad aprirlo, perché
farsi gli affari del nuovo ragazzo, perché semplicemente non andare da lui e
ridarglielo? Non aveva senso leggere o vedere quel che c’era all’interno di
quel blocco, perché non era suo e lei non era un’impicciona. Beh, impicciona lo
era, ma doveva darsi un contegno. Ma dai,
sarà solo un quaderno di una materia e dentro non troverei altro che appunti
si disse a mente, era inutile sbirciare, dunque lo posò sul comodino, spense la
luce e chiuse gli occhi, addormentandosi poco dopo.
Fu verso le cinque del mattino che si sentì una folata di vento e un tonfo,
leggero, niente di ché. Ma nel sogno di Rachel quel tonfo si moltiplicò tanto
che si svegliò di soprassalto, spaventata. Si guardò attorno e si chiese cosa
fosse caduto, cercando qualcosa per terra solo con la luce della luna. Stava
per rassegnarsi quando si sporse dall’altra parte del letto, notando a terra il
blocco di Sam, aperto.
Ora, conoscendo Rachel e la sua determinatezza nel fare le cose che si
imponeva, se il quaderno fosse stato chiuso l’avrebbe preso, posato e si
sarebbe rimessa a dormire tranquillamente, come deciso in precedenza e come se
nulla fosse accaduto. Peccato che il blocco fosse aperto e la sua curiosità,
che già era presente quando l’aveva trovato nella sua borsa, si era triplicata
alla vista di quel che vi era all’interno. Scese dal letto, accese la lampadina
e prese il quaderno da terra, rinfilandosi poi sotto le coperte.
Se avesse visto delle scritte, degli schemi o delle operazioni di matematica
avrebbe sicuramente chiuso e lasciato perdere. Ma avanti ai suoi occhi sostava una
ragazza bellissima, neanche Quinn Fabray poteva essere paragonata a tanta
bellezza, era la perfezione, niente sembrava stonare su quel viso. Per un
attimo la moretta fu sicura che il foglio fosse stampato e che non fosse opera
di Sam, almeno finché non ci passò la mancina sopra, carezzando il foglio. Si
sentiva che il ragazzo, disegnando, aveva calcato, avendo usato anche
l’inchiostro per terminare il lavoro. Osservando meglio il disegno Rachel
constatò che quella fosse la controparte femminile del supereroe Superman,
dunque Superwoman, o Supergirl, avendo un top con la famosa S, come la
copertina del quaderno. Ne rimase incantata, non faceva che osservare le linee
così perfette che si estendevano sul foglio.
Si poteva dire che avesse saziato la sua curiosità, ora sapeva che nel blocco
c’erano i disegni del ragazzo, dunque poteva chiudere e tornare a dormire,
erano pur sempre le cinque del mattino. E invece no! Perché a Rachel Berry non
importava se quel ragazzo avesse scritto segreti, oltre ad aver disegnato, a
lei importava solo impicciarsi, non lo faceva apposta, era nella sua natura. Non deve per forza saperlo, giusto? pensò,
perché dirglielo, bastava che alla domanda “L’hai aperto?”, lei rispondesse un
semplice no, era un’attrice, anche quello era nella sua natura! Poteva farcela
benissimo.
Dunque tornò all’inizio del quaderno, alla prima pagina, dove non vi era altro
che una scritta, in cicciotto, leggermente trasandata. “Me, my self and I.”
poi, tra parentesi, il nome del ragazzo, anche se era illeggibile lei riusciva
a capirlo. Passò alla seconda pagina, alla terza, alla quarta, alla quinta, e
non si fermò più.
Passò disegni di supereroi, ritratti di attori e attrici, ritratti di
personaggi di film come Avatar, ritratti dei fratellini, fino a quando non
arrivo ad un ritratto di Quinn. Per quanto Rachel odiasse la ragazza per
essersi presa Finn, sapeva che non poteva vincere contro di lei. Non aveva
senso, lei era bella, bionda, aveva un naso perfetto e aveva una bella voce.
Solo su quest’ultimo punto Rachel aveva delle speranze, ma su tutti gli altri,
sul corpo, sulla fama o altro, lei perdeva, anzi, non c’era nemmeno competizione.
Quinn Fabray riusciva ad avere ai suoi piedi i ragazzi più belli del McKinley,
Finn, Noah e chissà quanti altri ragazzi che avevano una cotta per lei, magari
anche sin dalle elementari. Perfino Sam era ai suoi piedi, per Rachel era un
bel ragazzo, aveva anche una bella voce, e una mano molto artistica, dati quei
disegni. Se fosse andata avanti cos’avrebbe trovato? Altri ritratti di Miss
Perfezione? Sospirò e girò la pagina, trovando appunto altri ritratti della
bionda, per una decina di pagine, poi girò e vide un disegno pasticciato con l’inchiostro.
Evidentemente, al momento della rottura, lui aveva ancora quel disegno da
finire e invece di lasciarlo così com’era aveva deciso di rovinarlo, per
sfogarsi come meglio credeva. Rachel si portò una mano davanti alla bocca,
rattristendosi. Non ci aveva pensato che non era l’unica che usciva sconfitta
da quella storia, perché anche Sam era stato lasciato, proprio come lei, a
favore della coppia Hudson-Fabray.
Dopo quel disegno il ragazzo aveva ripreso a disegnare supereroi e attori, e
quando sorpassò il disegno di Supergirl visto all’inizio, Rachel vide un
ritratto. Per un attimo chiuse gli occhi, li strizzò forte e li riaprì,
credendo di aver visto male. Ma no. Non si sbagliava, era lei e stava
sorridendo. Accarezzò il disegno notando quanto fosse bello e fatto bene, ma
non capiva. Andò avanti e ne vide un altro, una Rachel a sguardo basso mentre
camminava con i quaderni stretti al petto. Poi ancora, una Rachel stufa della
lezione che si teneva la testa con le mani. Ancora, ancora e ancora disegni su
di lei! Dopo un attimo di stupore sorrise arrossendo. Quando dopo un suo
ritratto incompleto vide una pagina bianca, ancora da disegnare, chiuse di
scatto il blocco e come se niente fosse lo poggiò sul comodino, spense la luce
e si rimise a dormire.
«Dov’è? Dove sta? No, no, no!»
«Sammy, è pronta la cena.» La vocina adorabile che contrastava le lamentele del
ragazzo era di Stacy, la sorellina di lui, che aveva infiltrato la testolina
nella stanza.
«Hasey, hasey.» Fece lui passandosi una mano fra i capelli.
«Che?» Chiese la piccina arricciando il naso.
Lui sorrise, scosse la testa e le spiegò di aver detto che aveva fatto in Na’vi.
«Sammy come fai? Le ricordi tutte a meromia?»
Avvicinandosi la prese in braccio e uscì dalla stanza, andando verso la cucina.
A lui quella lingua inventata piaceva, gli piaceva così tanto che in poco tempo
era riuscito ad imparare tutto, facendo ricerche e andando in biblioteca, per
confrontare il tutto. Ce l’aveva messa tutta ed ora poteva dire fieramente di
saper parlare una lingua nuova, il Na’vi.
«Si dice memoria, Stacy.» La corresse lui. «E sì le ricordo tutte a memoria
perché le ho studiate e imparate!»
Arrivato in cucina sistemò sulla sedia la sorella e poi si mise seduto.
«Sam cosa stavi cercando sopra?» Chiese subito la madre girandosi verso di lui,
attirando l’attenzioni di tutti a tavola. «Sembra importante, è da quando sei
tornato che non fai altro che mettere sottosopra la tua stanza.» Continuò.
«Cerco il mio quaderno, sai quello di superman...» Fece lui.
«Forse l’hai lasciato a scuola!» Commentò il padre.
Era ragionevole, probabilmente s’era distratto e invece di metterselo in borsa
l’aveva lasciato nel suo armadietto. Dunque non c’era problema! E invece no, il
problema c’era, perché nonostante l’averlo lasciato nell’armadietto era
probabile, lui temeva che qualcuno l’avesse preso. E se era successo allora
stava a significare che qualcuno era a conoscenza di tutto ciò che gli piaceva.
Beh no, lui era preoccupato che quel qualcuno potesse scoprire la sua cotta per
Rachel Berry. Non che se ne vergognasse, però a scuola nessuno teneva la bocca
chiusa e sarebbe stato sulla bocca di tutti presto, e poi l’avrebbe saputo
anche lei stessa. E dopotutto lui era il nuovo, quale migliore occasione per deriderlo
mostrando a tutti i suoi disegni!
«Sì, sarà così...» Sospirò lui, giocherellando con la pasta nel piatto,
smuovendola.
«In quel libro c’è disegnata la ragazza che piace a Sammy! L’ho vista!» Esclamò
di punto in bianco Stacy.
«Zitta!» Il ragazzo strabuzzò gli occhi incredulo e guardò male la sorella, che
invece ridacchiava insieme a Steve, e dopo poco si aggiunsero anche i suoi
genitori.
«Che c’è di male, ti piace una ragazza non c’è problema, è un bene che tu abbia
dimenticato Quinn dopo quel che è successo.» Fece il padre, dandogli una pacca
sulla spalla.
Non voleva che i genitori gli facessero una predica sul come comportarsi. Continuava
a giocherellare con la pasta, prendendone un boccone di tanto in tanto.
«Già.» Mormorò.
Cominciò a mangiare più velocemente, voleva solo andarsene a letto, così che il
giorno dopo potesse finalmente prendere il suo blocco dall’armadietto, perché
era lì che l’aveva lasciato, no? Beh no, ma lui questo non lo sapeva.
«Stacy, Steve, cos’avete fatto a scuola oggi?»
Fortunatamente cambiarono discorso, e a Sam non restava che sorbirsi le
chiacchiere dei fratellini che raccontavano di come avessero imbrattato un
foglio di mani colorate, avendole intinte nella pittura. Neanche dovette per
forza ascoltare, dunque finì in fretta di mangiare, bevve l’acqua e poi chiese
di poter andare. Ricevuto il consenso si avviò subito verso la stanza, preparò
le cose per l’indomani mattina, mise a posto ciò che aveva scombussolato per
cercare il suo quaderno e si mise a letto dopo aver preso un fumetto, Ranma ½.
Prese a leggerlo con la lampadina accesa, fino a quando non si addormentò con
ancora il libricino in mano.
Rachel, arrivata a scuola, si guardava attorno mordicchiandosi il labbro
inferiore. Stava cercando il suo compagno, così che potesse ridargli il blocco
mentendo spudoratamente alla domanda che sarebbe sicuramente arrivata dalle
grandi labbra del ragazzo. Come una cantilena si ripeteva a mente non l’ho aperto, non l’ho aperto
sperando di convincere perfino se stessa. Ma a chi la dava a bere, poteva anche
essere la regina del dramma, un’attrice perfetta e quel che voleva ma non
poteva mentire su una cosa del genere. Aveva visto quei disegni, tutti li aveva
visti e, sebbene fossero splendidi, erano sbagliati! Del tutto sbagliati! Come
poteva dirgli che non li aveva visti, se ancora ne era scioccata e gratificata
allo stesso tempo?! Si sentiva speciale,
qualcuno l’aveva disegnata su ben più di quindici pagine di un quaderno, ma
quel qualcuno era Sam Evans, quarterback, ex ragazzo della capo cheerleader,
era un ragazzo bello e uno come lui non poteva interessarsi a Rachel Barbra
Berry. Certo, era più o meno la stessa storia con Finn, ma quest’ultimo era
diverso. O forse no?
Immersa nei suoi pensieri non si accorse che Sam era passato accanto a lei,
praticamente correndo verso il suo armadietto per poter finalmente essere
sicuro che nessuno aveva preso per sbaglio il suo quaderno. Mise in fretta la
combinazione, aprì l’armadietto e il sorriso che teneva sulle labbra sparì. No, no, no! pensò spostando tutto all’interno,
scoprendo che non c’era. Continuò a cercarlo, e per sicurezza lo ricercò anche
nello zaino.
«Cerchi questo?»
Sorrise felice vedendo che il suo quaderno gli era appena apparso davanti, ma
quando riconobbe la mano che lo teneva e ripensò alla voce che aveva parlato,
il sorriso sparì nuovamente. Deglutì e prese in mano il blocco che gli porgeva
Rachel, abbassando lo sguardo.
«Grazie, ehm, dove l’hai trovato?» Chiese sperando che la ragazza l’avesse trovato
poco prima, e non che l’avesse avuto per tutto il tempo.
«Era nella mia borsa, evidentemente mi sono sbagliata a lezione di Letteratura
e l’ho preso.» Fece spallucce lei, stringendosi al petto i libri che aveva
appena preso, sfoggiando un sorriso.
Lei cercava di non essere fredda con lui, per quel che aveva scoperto, e lui
cercava di non sembrare un tipo che nascondeva qualcosa.
«E... L’ha-’hai...» Deglutì e schiarì la voce, prima di continuare: «mh, l’hai
aperto?» concluse alzando lo sguardo su di lei, come speranzoso.
«Perché, c’è qualcosa di scandaloso?» Fece lei ancora sorridendo.
Lui espirò l’aria che aveva trattenuto per almeno cinque secondi, sollevato che
lei, con quella domanda, aveva ammesso di non averlo aperto. Non poteva sapere
che la moretta, invece, stesse cercando di fargli dire la verità o magari di
farlo dichiarare. Dichiarare? No, non voglio
farlo dichiarare, non importa se Sam Evans è innamorato di me, io amo Finn pensò.
Eppure il cuore le batteva, perché sperava che lui le dicesse qualcosa. Abbassò
anche lo sguardo, mentre il sorriso si ammosciava un po’.
«Beh c’è un segreto che non voglio che le persone sappiano, non l’ho detto
neanche a Quinn.» Fece lui arricciando il naso. «Beh, grazie per avermelo
riportato, Rachel, ci vediamo al glee!»
«Ciao, Samuel.» Sorrise lei.
Stupida, stupida, stupida! Doveva dirgli che l’aveva visto, perché mentire?
Perché farlo illudere? Avrebbe dovuto dirgli che lei non provava nulla per lui,
che avrebbe dovuto cercarsi una ragazza più adatta, che potesse amarlo a
dovere, come meritava.
E stupido lui, che non le aveva detto cosa c’era all’interno che non voleva che
vedesse. Doveva mostrarglielo e dichiararsi, male che fosse andata ci sarebbe
passato sopra. Magari da solo, senza adoperare la teoria del “Chiodo scaccia
chiodo”. Nì’awtu, da solo.
Era arrivato il week-and di quella stancante settimana. Rachel era a letto, al
computer, cercando video di suoi idoli per non pensare ad altro. Anzi, non
pensare a lui. Da martedì che gli aveva riportato il blocco, a venerdì che era
finita la settimana, non aveva fatto altro che guardarlo, spiarlo quando
poteva, osservarlo a lezione, sperare sempre di vederlo in ogni minuto e quando
ci riusciva il cuore cominciava a battere. Finn? No, Sam Evans. Da quando aveva
scoperto quei disegni non faceva altro che pensarci. E quando riusciva a
pensare ad altro, lui la guardava e i loro occhi si incontravano. A quel punto
lei sprofondava, avvampava e abbassava lo sguardo meravigliata da quei suoi
occhi blu oceano.
Lui non era da meno, stava iniziando un altro disegno, a casa, ritraendo
perfettamente il momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli di lui.
Sorrideva mentre la sua mano scorreva veloce, quel disegno poteva ultimarlo
anche ad occhi chiusi per quanto ricordasse bene quel preciso istante. Beh, era
innamorato! Si poteva capire, sentiva le farfalle nello stomaco quando lei lo
salutava, sorrideva come un ebete e Santana Lopez, accanto a lui al glee club,
poteva giurare di averlo visto con la bocca aperta mentre Rachel cantava, e
forse anche con la bava. «Se non chiudi
quella bocca giuro che ti ci ficco delle palle da tennis un giorno, così
rispondiamo finalmente a Puck e alle sue domande idiote. Vale*?» gli aveva
detto, e lui l’aveva chiusa immediatamente spaventato dall’ira dell’ispanica.
Aveva deciso, salì in macchina con sguardo sicuro e si avviò a casa Evans. Non
ci avrebbe girato intorno, l’avrebbe fatto davvero. Sarebbe andato da lui e gli
avrebbe detto tutto quanto, tutto quel che pensava, tutto quel che non gli
aveva detto quando avrebbe dovuto. Si era convinta, se non riusciva a togliersi
dalla testa quel biondino un motivo c’era e l’avrebbe rivelato proprio a lui.
Quando arrivò scese dalla macchina stirandosi la gonnellina marrone, fece un
passo e poi si girò tornando verso l’auto credendo di non poterci riuscire. Posso farcela, posso farcela si ripeté
prima di girarsi di nuovo e andare verso la porta. Respirò ed espirò, prese
coraggio e poi suonò il campanello. Però tutta la fermezza che aveva racimolato
cedette a due mani che si torturavano fra loro dietro il corpo esile della
Berry e un labbro morsicato insistentemente pur di non pensare di fare
figuracce.
La porta si aprì e comparvero due bambini sorridenti, con qualche dentino
dondolante, che fecero sorridere Rachel e la tranquillizzarono.
«Tu sei la ragazza che ho visto nei disegni di Sammy!!» Sorrise Stacy
indicandola col ditino della mancina.
Rachel stava per chiedere di poter entrare, ma la bimba fece prima, infatti la
prese per mano e la trascinò dentro sotto lo sguardo della madre.
«Sa-Salve signora Evans. Ecco, io... potrei parlare con Sam?» Fece Rachel con
ancora la manina della bimba nella sua.
«Certo, Sam è di sopra, vieni ti accompagno. Stacy, Steve, andate da papà forza,
non date fastidio a...»
«Rachel Berry, signora, piacere.»
Allungò la mano sorridendo e la donna la strinse, per poi accompagnarla su per
le scale. Era contenta di non essere stata accolta da Sam, altrimenti sarebbe
diventata all’improvviso balbuziente.
La donna bussò alla porta della camera del ragazzo. Quest’ultimo chiuse di
scatto il quaderno, lo ripose sotto il cuscino e si sdraiò sul letto, facendo
finta di leggere.
«Sam, c’è un’amica che
vuole vederti.»
«Va bene!»
La porta si aprì e Rachel, dopo aver ringraziato la donna, entrò chiudendosi la
porta alle spalle. Sam s’era messo seduto osservandola, con un sopracciglio
inarcato.
«Ehm, ciao, Sam. Scusami se non ti ho detto nulla del mio arrivo, ma è stata
una decisione presa all’ultimo momento... ecco io, devo parlarti.» Fece tutto d’un
fiato.
Il ragazzo le fece cenno di sedersi accanto a lui e lei lo fece, sistemandosi
in modo da poterlo guardare negli occhi. Giunse le mani sulla gonnellina e
guardò in basso, prese tutto il coraggio che potesse avere e poi alzò lo
sguardo verso di lui.
«Ti ho mentito.»
La mente di Sam si rabbuiò cercando di ricordare in quale possibile circostanza
lei avrebbe potuto mentirgli, non pensava minimamente che fosse per il
quaderno, l’aveva superato ed era così sicuro che lei gli avesse detto la verità
che scartò subito l’opzione. Forse aveva mentito quando gli aveva spiegato la
Rivoluzione Francese, quando lui non l’aveva capita bene? Oppure aveva mentito
sul luogo della morte di Pablo Picasso quando l’aveva chiesta per il compito in
classe? Erano quelle le lezioni che avevano insieme ed erano quelli gli
argomenti di cui parlavano ultimamente, dato che prima della restituzione del
blocco non s’erano mai parlati a dovere. Quindi non capiva su cosa lei potesse
avergli mentito.
«Su cosa?» Chiese dunque.
«Sul quaderno!»
Lo sguardo di Sam si incupì.
«E’ successo per caso, mi sono svegliata di soprassalto per un rumore e ho
trovato il blocco aperto su un disegno. Curiosa l’ho sfogliato tutto, fino all’ultimo
disegno. Non fare così... Ti ho mentito perché non volevo ferirti dicendoti che
non provavo nulla per te, e una parte di me desiderava che mi raccontassi tu
cosa ci fosse all’interno. Forse c’era bisogno che io vedessi quel quaderno per
rendermi conto che» Si bloccò di colpo.
Le mani di Sam s’erano insinuate fra i suoi capelli e le sue labbra s’erano
avvicinate così velocemente che non terminò la frase, incantata da quegli occhi
che la fissavano poco prima di chiuderli. Il cuore di entrambi prese a
martellare velocemente. Rachel circondò il suo collo con le braccia e si
avvicinò, così da riuscire ad assaporare meglio quelle meravigliose labbra su
cui fantasticava da una settimana.
«mi sono innamorata di te.» Concluse non appena si allontanarono un poco.
Sam fu così felice di quel che udirono le sue orecchie, che rise facendo
sfiorare i loro nasi con un moto lento ed estremamente dolce, che fece
sorridere Rachel.
«Mamma mamma si sono baciati!» Urlò scappando Stacy.
Non s’erano accorti della testolina bionda che li spiava da un po’.
I due ragazzi si girarono verso la porta e scoppiarono a ridere.
Quattro mesi dopo.
«Kaltzì!» Fece
una Rachel sorridente, andando ad abbracciare il suo ragazzo che era apparso
sulla soglia di casa Berry.
Non aveva detto altro che “ciao”, in Na’vi, che aveva chiesto espressamente di
farsi insegnare dopo essersi innamorata del film Avatar, che non era
assolutamente un musical.
«Vedo che impari in fretta!» Rise lui, lasciandole un piccolo bacio sbrigativo
sul collo, prima che arrivassero i papà della moretta.
«Ho un buon professore.» Disse lei facendo spallucce.
«Allora eccoti
un’altra lezioncina. Oel ngati kameie.» Sussurrò Sam. «Significa.
“Io vedo dentro te”, o se preferisci... Ti amo.»
Sorrisero entrambi, sfiorandosi con le labbra.
«Oh beh, allora Oel ngati kameie anche io.»
*Va bene?
{Autrice.
D: TITOLO ORRIBILE LASCIATELO PERDERE NON SAPEVO CHE CAVOLO SCRIVERCI. XD
Oh, sono quattro giorni che ci lavoro sopra e spero che non sia uscita
una
cagata assurda. Q-Q Ci ho messo il cuore, davvero, non vedevo
l’ora di postarla
questa OneShot e spero davvero che vi piaccia. *w* L'ho messa OOC anche
se non sembra che sia uscita tanto fuori dal personaggio, però
per sicurezza. XD
Oh, citiamo Kathlyn per i nomi dei bambini, sembra stupido ma non si sa mai. è.é adoro come scrive. :3
xoxo,
Elena.