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Autore: Cara_Sconosciuta    24/02/2007    9 recensioni
Calleigh ha finalmente trovato un uomo in grado di renderla felice... ma la paura di perderlo è sempre con lei.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Calleigh Duquesne, Ryan Wolfe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I promise

I promise

 

DISCLAIMER: Non  possiedo CSI Miami e tutti i suoi personaggi e questa storia non è scritta a fini di lucro.

 

Il cinema si stava velocemente svuotando dagli spettatori del primo spettacolo, lasciando il posto a quelli del secondo.
Il multisala di Miami Dade aveva deciso di dare una rassegna dei film più visti degli ultimi dieci anni e quel sabato sera era toccato a “L’esorcista”, “Titanic” e al primo capitolo de “Il Signore degli anelli”.
Dalla sala dove il grande transatlantico aveva appena finito di affondare uscirono, tra gli altri, una donna bionda sui trent’anni e un uomo di poco più giovane di lei.
“Non posso credere che tu mi abbia convinto a pagare per vedere un film trasmesso e ritrasmesso da tutte le reti fino alla nausea.” Lo rimproverò lei.
“E io non posso credere che, nonostante questo, tu ti sia messa a piangere per il finale.”
“Non stavo piangendo. Sono raffreddata.”
“Sì, certo, come vuoi… In ogni caso è incredibile come tu sia riuscita a commuoverti vedendo solo l’ultima mezz’ora del film.”
Già, dovrei denunciare quello che sedeva accanto a me per disturbo della quiete e molestie a pubblico ufficiale.”
“Quel poveretto potrebbe dire in sua difesa che è statoli pubblico ufficiale a baciarlo per primo.”
“Touchè.”
L’uomo fece scivolare un braccio intorno alla vita sottile della sua compagna.
“Sai, prima o poi dovremo dire agli altri che usciamo insieme.”
“Sì, forse dovremmo davvero, anche perché…”
“Calleigh! Ryan!”
Sentendosi chiamare, i due si voltarono, allontanandosi immediatamente l’uno dall’altra.
“Ciao, ragazzi!” Li salutò Natalia Boa Vista raggiungendoli.
“Ciao, Natalia.” Rispose lei, mentre lui alzava una mano in un cenno di saluto non troppo convinto.
“Che coincidenza trovarvi qui! Che film avete visto?”
“Titanic.” Rispose secco Ryan, senza guardarla in faccia. Quella donna era l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare. Non le aveva mai perdonato il fatto di essere uscita con lui solo per far ingelosire Eric.
La donna parve non accorgersene, al contrario di Calleigh.
“Io ‘Il Signore degli anelli’. Bello, devo dire, ma un po’ pesan…”
“Scusaci, Natalia, ma dobbiamo andare.” La bloccò Ryan.
Calleigh lo guardò storto, ma non disse nulla. Sapeva perché Ryan ce l’aveva con Natalia, e non poteva certo biasimarlo, ma era dell’idea che avrebbe dovuto guardare oltre. Lei era una CSI, ora, e lui non poteva farci assolutamente nulla.
“Oh, ok….” Disse Natalia, un po’delusa. “Allora ci vediamo lunedì al lavoro. Ciao ciao.”
Natalia si allontanò e Calleigh guardò Ryan con un’espressione comprensiva.
“Perché la tratti così?”
“Lo sai perché. E comunque non ho voglia di parlarne.” Tagliò corto lui. “Fai un salto da me?” Chiese poi, con tono più dolce.
Calleigh annuì, prendendolo per mano.
Una volta saliti nell’automobile di Ryan, l’argomento Natalia fu totalmente messo da parte.
“Allora, mi spieghi o no cosa ti ha tanto commosso in quel film?”
Calleigh decise di arrendersi. Dopotutto, per lui lei non era solo la forte e coraggiosa Bullet Girl. Lui era una delle pochissime persone che la conoscevano veramente, debolezze e difetti compresi… Quindi perché nascondersi?
”Beh, penso sia più che altro perché è successo davvero. Pensa a quante persone sono morte solo per una leggerezza dei costruttori. E poi quella donna….Hai idea della forza d’animo che ha avuto per andare avanti dopo la morte del più grande amore della sua vita? A volte è tutto così ingiusto…”
Il viso di Calleigh si rabbuiò.
Ryan sapeva che anche a lei era successo di doversi rifare una vita dopo il suicidio dell’uomo di cui era innamorata. Stava per rivolgerle qualche parola consolatoria, ma pensò che, forse, non era ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
“Vorrà dire che proibirai al tuo grande amore di salire su un transatlantico.” Scherzò, invece.
Calleigh sorrise.
“Non sarà difficile, visto che è una specie di maniaco dell’ordine che non si muove di casa se non sotto tortura perché le camere d’albergo non sono mai abbastanza perfette per lui.”
“Perché mi sembra di conoscerlo?”
Calleigh si voltò verso il proprio finestrino, con aria indifferente.
Pochi minuti dopo, la macchina si fermò nel cortile del condominio dove viveva Ryan.
I due salirono le scale fino al terzo piano, dove lui aprì la porta contrassegnata dal campanello con il nome ‘Ryan Wolfe’. Si portò poi di lato, facendo a Calleigh un piccolo inchino.
“Milady, le do il benvenuto.”
La donna sorrise, mentre entrava nell’ormai familiare appartamento e Ryan si chiudeva la porta alle spalle.
Sebbene ci fosse già stata parecchie volte, non smetteva mai di stupirsi di come quel posto fosse sempre assolutamente impeccabile, proprio come lui.
Ryan le si avvicinò da dietro e le scostò i capelli biondi dalla nuca, iniziando a baciarla delicatamente sul collo. Lei lo lasciò fare per un attimo, semplicemente rilassandosi nel suo abbraccio, poi si voltò e gli gettò le braccia al collo, più sorridente che mai.
“Qualcosa mi dice che non mi hai invitata per un caffè.”
Ryan sorrise a sua volta.
“Ma lo sai che sei davvero in gamba? Ti hanno mai detto che dovresti entrare in polizia?”
***

Il suono di un telefono la raggiunse nel sonno, facendole aprire gli occhi.
Distese un braccio di lato, cercando Ryan, ma lui non c’era. Si spostò, allora, sull’altra metà del letto per rispondere al cordless, situato sul comodino di Ryan. Non pensò a chi avrebbe potuto essere, rispose e basta.
“Pronto?”
“Calleigh? Sono Horatio.”
“Ciao, Horatio, hai bisogno di Ryan?”
“No, cercavo te.”
“Come…come facevi a sapere che mi avresti trovata qui?”
“Questo ora non ha importanza. Devi venire subito qui.”
“Che cosa…”
“Calleigh, vieni in laboratorio. Subito.”
Horatio chiuse la comunicazione, lasciando Calleigh con una domanda sulla punta della lingua.
La donna si alzò, si vestì e andò in cucina per mangiare qualcosa al volo, prima di uscire di casa. Il tono di Horatio l’aveva fatta un po’ preoccupare…Era così diverso dal solito…
Mentre mangiava una merendina pescata a caso dal frigorifero, notò un biglietto sul tavolo della cucina. Era la grafia di Ryan.
“Horatio mi ha chiamato dicendo che c’era bisogno di me in laboratorio. Dormivi così bene che non ho voluto svegliarti.. Ci vediamo a pranzo.
Ti amo
Ryan”
Calleigh sorrise, prendendo il foglietto e riponendolo nella borsetta, poi uscì.
Impiegò circa mezz’ora per raggiungere a piedi il laboratorio. Ad aspettarla, seduto sui gradini dell’ingresso, trovò Horatio, con un’espressione indecifrabile in volto.
“Ciao, Horatio.” Lo salutò lei, allegra come sempre.
“Calleigh…” L’uomo si alzò e si avvicinò a lei, per poi abbracciarla. “Mi dispiace. Mi dispiace davvero…”
Calleigh, spaventata, si sciolse bruscamente dall’abbraccio del suo capo.
“Horatio, che cosa è successo?”
“Si tratta di Ryan. Stava lavorando sulla scena di un omicidio tra bande del quale abbiamo arrestato il colpevole. Gli altri componenti della sua gang devono averlo saputo subito, perché c’è stata una sparatoria che aveva tutta l’aria di essere una rappresaglia.”
“Oh mio…” Sussurrò lei, cercando un appoggio. “Ma..ma Ryan non è ferito gravemente….Horatio, dimmi cosa gli è successo…dimmi che sta bene…”
Horatio abbassò gli occhi sul pavimento. Non sarebbe mai riuscito a sostenere lo sguardo di Calleigh.
“Mi dispiace, Calleigh.”
La donna si sentì mancare la terra sotto ai piedi.
Non era vero.
Non poteva esserlo
Le aveva promesso che non sarebbe accaduto.
Era successo la sera prima; lui le aveva giurato che non l’avrebbe mai lasciata, che sarebbe stato sempre con lei.
Quella notte, la loro prima notte insieme, era stata la più magica della sua vita. Chiudendo gli occhi, poteva ancora sentire le sue mani sul proprio corpo, il suo respiro sulla pelle, mentre la sua voce le risuonava nella mente come una canzone ascoltata troppe volte, dalla quale non ci si riesce più a liberare.
“Non mi lascerai sola, vero?” Gli aveva chiesto, prima di addormentarsi. Lui le aveva accarezzato i capelli, fissandola con quei suoi meravigliosi occhi verdi.
“Mai, Calleigh. Mai.”

“Calleigh?”
La voce triste di Horatio la riportò a una realtà dalla quale avrebbe voluto scappare. Una domanda, una sola, si presentò sulle sue labbra.
“Horatio…Avete preso chi…chi gli ha sparato?”
Il tenente annuì.
“Portami da lui.”
“Calleigh, non mi sembra il caso.”
“Volgio vedere quell’uomo.” Il tono di Calleigh non ammetteva repliche. La strana luce nei suoi occhi spaventò non poco Horatio. L’aveva già vista molte volte negli sguardi di mogli e madri che avrebbero voluto piangere la perdita dei loro cari, ma non riuscivano a farlo.
“Seguimi.”
Il laboratorio era deserto, o forse solo Calleigh lo vedeva così. Non riusciva a fare un passo senza sentire la voce di Ryan, senza vedere i suoi occhi. Tutto in quel posto le ricordava lui.
Seguì Horatio fino ad una cella dove era rinchiuso un giovane ispanico. Calleigh lo guardò a lungo. Doveva essere un novellino, probabilmente al suo primo omicidio.Rintanato in un angolo, con gli occhi dilatati per la paura, sembrava non avere più di diciassette anni. Calleigh sapeva che l’aver ucciso un poliziotto lo avrebbe quasi di certo condotto all’iniezione letale, ma non riusciva a provare pena per lui.
Gli occhi verde smeraldo erano gelidi, privi di espressione. Non voleva che quel giovane morisse. Voleva che soffrisse, che soffrisse ciò che avrebbe dovuto patire lei, che provasse i suoi stessi sentimenti.
Lo guardò ancora per un istante, poi si voltò e corse via.
“Chi era quella?” Chiese il ragazzo. “Il mio avvocato?”
“No.” Rispose Horatio. “Quella è Calleigh Duquesne, la più grande esperta di armi da foco del paese, nonché persona meravigliosa e fidanzata dell’uomo che hai ucciso oggi. Guarda bene quella donna, non dimenticare mai il suo sguardo, perché le hai appena distrutto la vita.”

Calleigh entrò piano nell’obitorio, dove Alexx stava riponendo degli oggetti in una busta. Con una stretta al cuore, riconobbe l’orologio che lei stessa aveva regalato a Ryan per il suo ultimo compleanno, due settimane prima.
Alexx si accorse della presenza della donna non appena la porta si richiuse alle sue spalle.
“Tesoro…” Sussurrò, avvicinandosi a lei per abbracciarla. Calleigh rimase rigida come una statua di marmo.
“Alexx, dov’è lui?”
Senza dire un’altra parola, l’anatomopatologa prese per mano la collega e la guidò verso il tavolo di metallo che si trovava in mezzo alla stanza.
Alexx rimosse il lenzuolo dal volto del cadavere che vi era disteso.
“Vi lascio soli.” Disse, uscendo dalla fredda camera.
Calleigh passò delicatamente le dita tra i capelli scuri di Ryan.
E così, anche quella volta, tutto era finito per sempre. Milioni di sguardi, migliaia di parole, centinaia di giorni trascorsi insieme avevano trovato la loro conclusione in una sola parola: morte. Non era stato diverso da Hagen, o Speedle. Il Dio al quale, oramai, Calleigh faceva fatica a credere, anche quella volta le aveva concesso solo pochi istanti di autentica felicità.
Non avrebbe più visto il suo sorriso, né avrebbe più potuto ridere con lui. I suoi occhi non avrebbero più visto nulla e nessuna parola sarebbe più uscita dalle sue labbra.
Le aveva mentito anche lui, proprio come tutti gli altri.
Già, gli altri…aveva creduto che con lui sarebbe stato diverso…Lo aveva amato, e ancora lo amava con tutta se stessa e aveva ottenuto come unico risultato di soffrire di più.
Malgrado questo, non avrebbe scambiato quei pochi giorni passati al suo fianco con nulla al mondo.
Si chinò a dargli un ultimo bacio sulla fronte, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime e lontano suonava un telefono.
***
Calleigh si svegliò con il fiato corto e la fronte imperlata di sudore.
Il telefono squillava sul comodino di Ryan. Si mise seduta, aspettandosi di vedere l’uomo accanto a lei, ma lui non c’era.
Sollevò la cornetta, con nel cuore il terrore che il suo incubo si realizzasse.
“Pronto..?”Disse esitante.
“Calleigh?” Il suo cuore fece una capriola, sentendo la voce di Horatio. “Calleigh, sei tu? Credevo di aver chiamato Wolfe.”
“Sì, è così. Ono..sono da lui.”
“Capisco. Me lo puoi passare?”
Calleigh sorrise, sollevata.
Chiama Delko, Horatio. Oggi noi non ci siamo.” E’, senza dare tempo al suo capo di replicare, riattaccò.sapeva che Horatio si sarebbe arrabbiato, ma in quel momento non c’era cosa che le importasse di meno.
Calleigh sentì la pota del bagno che si chiudeva e, poco dopo,Ryan apparve all’ingresso della camera da letto.
“Ciao! Vedo che la bella addormentata si è svegliata…Chi era al telefono?”
“Nessuno…” Rispose lei, alzandosi. Gli si avvicinò e lo baciò con tutto l’amore che aveva nel cuore.
“E questo era perché…?” Chiese lui quando lei si allontanò, lasciandolo quasi senza fiato.
“Questo era perché ci sei, e sei con me.”
fine

   
 
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