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Autore: Nice_    12/08/2012    2 recensioni
Paul avrebbe voluto solo dirgli 'Ciao'.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Dirti Ciao..

 

 

Paul sedeva sulla comoda poltrona girevole dell’immenso e solitario soggiorno di casa sua. Osservava con sguardo spento e occhi lucidi le varie foto appese per le pareti della dimora. Era IL giorno. Sentiva che doveva essere felice, ma non ci riusciva. I pensieri lo tormentavano e il Suo viso era deciso a non lasciarlo in pace quel giorno.
Era il nove ottobre del lontano 2012. Sentiva che doveva essere forte. Tanti anni erano passati, e poi sapeva che doveva sorridere. Per Nancy, per loro..
Ma quella foto che dominava incontrastata nel riflesso dei suoi occhi verde bosco, non assecondava le sue intenzioni di dimenticare.
Più la guardava, più capiva che avevano sbagliato tutto, che avevano ragione George e Ringo e che non dovevano comportarsi come bambini, ma nessuno poteva dire a Lennon/McCartney cosa fare, specie quando nemmeno loro sapevano, nonostante il grande successo, cosa volevano veramente dalla vita; o solamente cosa volevano l’uno dall’altro.
Cercando inutilmente di posare lo sguardo su altro che non comportasse il “ricordare”, nei suoi occhi si materializzò l’immagine di un mazzo di fiori posato sul tavolo.
Margherite.
Le preferite di John.
Occhi lucidi appannavano la vista sul mondo reale, per riportarlo a quel 1965.
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“Corri Macca, corri!” gridava John trafelato, impegnato a fuggire dalle ragazzine che rincorrevano senza sosta, ormai da tre isolati, lui e il povero bassista che minacciava di accasciarsi al suolo.
Londra era invivibile. Sembrava impazzita, e solo per loro quattro, per i Beatles. In fondo a John e Paul piaceva molto.
“Sembra facile, ma… non hai.. appena .. mangiato.. tu!”
“Che donnicciola!”
“Aspetta, siamo.. vicino… casa… mia.. eccola!” si ritrovarono estremamente sudati per la corsa, sul porticato della casa di Paul, che cercava di estrarre con mano tremante le chiavi dalla tasca dei pantaloni.
Si chiusero dentro per il terrore, gettandosi, quasi all’unisono, con la schiena contro la porta e scivolando lentamente verso il pavimento.
“Sei peggio di una ragazzina Paul!”
“Ha parlato lui” cercò di rispondere Paul, senza trovare valide motivazioni.
“Io non tengo fiori in casa!”
“Ma servono.. per la casa, e poi sono margherite!”
“Sono i miei fiori preferiti.. Hai, p-per caso qualche biscotto?” chiese John dirigendosi curioso verso la cucina.
“Lo so” bisbigliò Paul, attento a non farsi sentire. Ma nonostante la premura presa dal bassista, nulla poteva sfuggire alle orecchie di John, specie parole pronunciate da lui.
John si avvicinò al giradischi di Paul per analizzare qualsiasi 45 giri fosse nelle mani del suo migliore amico.
“Hai ancora i vecchi LP di quando eravamo ragazzini?”
“Certo sono.. tutti.. li” Paul era sempre agitato in presenza di John. Sentiva che gli sudavano le mani, nonostante facesse freddo.
“Credi che se ne siano andate?”
“Non lo so.. può darsi”
Paul sa che non potrà tenersi tutto dentro per l’intera vita, perché sa che potrebbe scoppiare e non reggere il peso che gli blocca la gola ogni volta che vede gli occhi nocciola di John.
John si lancia sfaticato sul divano, mentre il bassista rimane impalato ancora davanti alla porta, con la testa bassa.
Il cantante non sa cos’ha il suo migliore amico. Sente che non riesce proprio a capirlo, anche se vorrebbe. Lo vorrebbe dannatamente, perché per lui perdersi nei pensieri di Paul, è come navigare nel mare.
Infinitamente piacevole.
Vuole vedere i suoi occhi verdi che lo rassicurano, facendogli capire che per qualcuno a questo mondo, lui è davvero importante.
John afferra il telecomando per accendere la televisione, ma con gesto repentino, Paul lo afferra e la spegne.
Tiene la testa bassa e gli occhi chiusi ermeticamente, perché sa che si pentirà di ciò che sta per dire.
Tiene i pugni serrati e le braccia ricadono dure lungo il corpo.
Lo deve dire.
“Che ti prende Pau..” Paul non lascia finire la frase all’amico, che sputa fuori tutte quelle amare parole che gli ronzavano in testa. La voce calda di John per lui è come un meccanismo, che lo spinge ad agire senza pensare.
“Sono importante per te?”
John non riusciva a credere alle parole dell’amico.
“..Paul ma che stai..”
“Rispondi”
“Io non capisco cosa..”
“RISPONDIMI CAZZO”
Non aveva mai visto Paul in quelle condizioni. Lui era quello che ogni tanto dava di matto, l’iracondo. Non lui, non il suo migliore amico.. non la sua probabile “anima gemella”.. non Paul.
Una goccia d’acqua cadde sulla moquette della casa del bassista. John capì, forse troppo tardi, che non era acqua o qualche infiltrazione, ma erano lacrime. Ne cadevano sempre di più. Paul era in lacrime.
John stava per rispondere, ma non era stato abbastanza veloce nel farlo.
“Lo sapevo. ESCI DI QUI”
“Paul io..”
“ESCI”
John si alzò lentamente, ma Paul lo spinse fuori casa, chiudendo la porta alle sue spalle.
Si accasciò contro di essa e si prese il viso, il suo famoso viso così perfetto che gli aveva fatto guadagnare l’appellativo di “cutie” e si chiuse con le gambe sul viso.
Un pianto silenzioso e soffocato.
Si sentiva un coglione.
John non se ne sarebbe andato da quel maledetto porticato. Non l’avrebbe lasciato solo. Avrebbe voluto essere li dentro, per consolarlo e scusarsi.
Batteva sulla porta, ma sapeva che era tutto inutile. Si ricordò della chiave di riserva sotto il vaso di gerani e la utilizzò.
Paul, dal canto suo, non voleva restare così vicino a John, perché sentiva che non se n’era ancora andato. Se ne andò con l’intenzione di salire al piano di sopra ma si accasciò sul primo scalino, disgustato da se stesso.
Non capì nemmeno che John era appena entrato e era impalato davanti a lui, da quanto erano appannati i suoi occhi.
John si sedette in quel piccolo spazio esistente vicino a Paul e lo strinse a se, portando quasi la testa di Paul vicino al suo cuore che batteva molto forte.
“Sei la cosa più importante per me.. cazzo capiscilo”
“Anche tu”
Entrambi sapevano che avrebbero voluto rimanere li per sempre, ma non potevano, e questo li feriva più di una lama.
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“Paul, sei pronto? Siamo in ritardo per il memoriale.. sai cosa succede poi.. Lei ci assale se facciamo tardi, e dopo tu non mantieni il controllo.. nemmeno Ringo potrebbe fermarti!”
Paul si riprese. Avrebbe voluto che non ci fosse mai stato bisogno di un memoriale.
Voleva John.
Li, a dirgli che era ancora importante per lui, perché Paul sentiva che se era importante per John, poteva esserlo per il mondo.
Voleva solo un unico momento con lui per salutarlo e dirgli solo... ciao.

  
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