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Autore: Emily Kingston    12/08/2012    8 recensioni
Lights will giude you home
And ignite your bones
And I will try to fix you

“Starai meglio,” sussurrò Hermione, appoggiando la guancia sui capelli di Ron. “Ci vorrà del tempo, ma starai meglio. Ti farò stare meglio io.”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ed io proverò ad aggiustarti

 

Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try, to fix you

Fiamme.
Fiamme e macerie.
Se Ron avesse dato le spalle al Lago Nero per guardare verso Hogwarts, era questo ciò che avrebbe visto. Solo fiamme e macerie.
Le torri del campo da Quidditch crollate al suolo, i muri della scuola distrutti, il prato del cortile dato alle fiamme.
E c’erano corpi, corpi ovunque.
La Sala Grande era piena di corpi. Il cortile era pieno di corpi. I suoi occhi erano pieni di corpi.
Le sue orecchie erano piene di urla.
Il suo naso pieno dell’odore di bruciato causato dalle fiamme.
E i suoi occhi erano pieni di corpi.
Dentro di lui, ancora bruciava l’immagine di Harry che veniva portato in braccio da Hagrid verso di loro, apparentemente privo di vita.
Il dolore lancinante che aveva provato in quel momento non si poteva descrivere a parole.
Era come se, in mezzo a tutta quella morte e quella distruzione, solo la morte di Harry avesse avuto significato. Come se senza Harry tutto non avesse avuto davvero più alcun senso.
Si era sentito un maledetto egoista ad averlo pensato.
Perché adesso che Harry era vivo, vincitore e probabilmente soffocato da tutte quelle persone che volevano ringraziarlo, Ron riusciva a sentire altre morti bruciargli dentro.
Riusciva a sentire quando male faceva pensare alle vivaci pettinature di Tonks, ai saggi consigli di Remus e alla risata di suo fratello, e a tante altre piccole cose appartenuti a quelli che, adesso, non erano altro che volti pallidi allineati nella sala grande, come soldati pronti ad una battaglia che non possono più combattere.
Avrebbe voluto urlare.
Se solo avesse avuto la parvenza di essere ancora vivo, avrebbe voluto urlare. Allargare le braccia, alzare il viso verso il cielo illuminato dalle prime luci dell’alba e gettare fuori tutta la voce che aveva in corpo.
Passandosi una mano sul viso sporco e bruciante di ferite, Ron si mise seduto a terra, sull’erba bruciacchiata del giardino.
Il sole stava uscendo dalle acque scure del Lago Nero e, come se volesse farsi beffa di loro, era più splendente di quanto lo era stato nei giorni precedenti. Brillava su quella che una volta era stata Hogwarts, illuminando la distruzione che aveva trovato dimora nel castello la notte precedente.
Se avesse potuto, Ron avrebbe volentieri spento il sole per tutto il giorno.
Sospirò, appoggiando le mani sull’erba e socchiudendo lievemente gli occhi, godendo per un attimo dell’effetto ristoratore della brezza mattutina.
Tutte le ferite che aveva addosso, quelle dell’anima e quelle del corpo, non bruciavano come avrebbero dovuto. Era come se, in un certo senso, lui non fosse più capace di sentire nulla che non fossero le grida di suo fratello Percy di fronte al corpo senza vita di Fred.
Fred morto. Sembrava quasi una cosa comica.
Fred Weasley era morto. Andato.
Era…andato.
Sentì una lacrima scivolargli sulla guancia, ma la scacciò via, tirando su col naso.
“Non dovresti stare qua fuori.”
Ron sussultò, voltandosi di scatto.
I raggi luminosi di quel sole beffardo stavano illuminando la figura minuta di Hermione che, con i capelli bruciacchiati ed il volto sudato e sporco di terra, si stava avvicinando a lui.
“Se-sei stata in Sala Grande?” chiese, la voce arrochita.
Hermione scosse il capo, sedendosi accanto a lui.
Adesso che la guardava da vicino, Ron poteva notare che gli occhi di Hermione erano segnati da profonde occhiaie violacee, che le sue guance erano scarne e che il suo viso era ricoperto da tanti piccoli taglietti sanguinanti.
“Non ce l’ho fatta,” rispose. “Faceva…troppo male.”
Ron annuì, distrattamente.
“Dovresti andare a farti medicare,” le disse dopo un po’. “Quelle ferite potrebbero infettarsi.”
Hermione non rispose, gli afferrò una mano e ne girò il palmo verso l’alto, rivelando un profondo taglio arrossato e sanguinolento.
Tu dovresti farti medicare.”
“Non mi fa male,” ribatté Ron, ritraendo la mano ed appoggiandosela sulle gambe.
La ragazza lo scrutò per qualche secondo, osservando la mascella contratta e le guance ispide, le spalle larghe ed i capelli, più rossi e più lunghi di qualche mese prima.
Quando Ron si voltò verso di lei, la fragilità del suo sguardo la colpì dritta al petto, facendola barcollare.
“Come stai?” gli chiese, anche se la domanda sembrava piuttosto stupida, in realtà.
Conosceva Ron da anni; sapeva perfettamente la risposta.
“Bene,” rispose. “Sto…bene.”
Hermione annuì e, stringendo gli occhi per impedire alle lacrime di rotolare giù, si slanciò in avanti, avvolgendo le braccia attorno al collo di Ron.
Lo strinse forte, facendogli appoggiare il capo nell’incavo del proprio collo.
Non lo sentì dire una parola né rilasciare un singhiozzo, percepiva solo il suo respiro regolare sulla pelle ed il battito del suo cuore contro il petto.
Rimasero così per un po’, in silenzio, con Hermione che stringeva forte le mani attorno al colletto bruciacchiato della sua maglietta e Ron che osservava la piccola cicatrice pallida che solcava la pelle del suo collo.
“Starai meglio,” sussurrò Hermione, appoggiando la guancia sui capelli di Ron. “Ci vorrà del tempo, ma starai meglio. Ti farò stare meglio io.”
Hermione gli posò un delicato bacio sulla testa e Ron strabuzzò gli occhi.
In quel momento, con le labbra di Hermione premute sui suoi capelli, Ron cominciò a sentire le ferite che bruciavano, il cuore che faceva male ed una strana sensazione di vuoto che gli dava noia allo stomaco.
Tutte le emozioni che non era stato in grado di provare fino a quel momento gli si riversarono addosso e pianse. Singhiozzò sul collo di Hermone, stringendo forte la maglietta della ragazza e poi i suoi fianchi, affondando il viso nel suo petto mentre se la stringeva contro il corpo.
Pianse sussurrando il nome di suoi fratello e tutti i nomi delle altre persone che erano morte quella notte.
Avrebbe voluto dire tante cose a Hermione, in quel momento. Adesso che aveva ritrovato le parole che aveva cercato per tanto tempo, avrebbe davvero voluto dirgliele.
E invece, pianse.
Quando si fu calmato, Hermione gli accarezzò amorevolmente la testa, frizionandogli i capelli incrostati di sangue e sporco con le dita.
“Vuoi andare in Sala Grande?” chiese, guardandolo negli occhi.
Ron annuì ed Hermione lo liberò dal suo abbraccio, osservandolo mentre si alzava in piedi.
Una volta alzato, Ron le porse la mano e lei l’afferrò, lasciando che l’alzasse e la trascinasse dietro di sé verso ciò che rimaneva del castello.
Si fermò davanti all’ingresso della Sala Grande ed osservò il grande portone di legno. Quello stesso portone dal quale era entrato ed uscito centinaia di volte e che, adesso, aveva così paura ad aprire.
Sentì Hermione che gli stringeva forte la mano e guardò verso di lei.
Osservando i suoi occhi scuri, segnati da stanchezza e dolore, Ron sentì che avrebbe dovuto aprire quella porta per lei.
Perché qualcosa, dentro di lui, era andata in mille pezzi, ma Hermione avrebbe potuto aggiustarla.
Hermione avrebbe potuto aggiustare tutto.
Hermione avrebbe potuto aggiustare lui.
 

 
Le luci ti guideranno a casa
E ti infiammeranno le ossa
Ed io proverò ad aggiustarti

 




Emily's Corner
Ciao a tutti! Spero che stiate passando delle belle vacanze in qualche bel posto. 
Questa storia non è niente di speciale, solo un piccolo Missing Moment che ho buttato giù qualche mese fa, ma che non ho avuto il coraggio di pubblicare. 
Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate - dato che mi convince e non mi convince. 
Un bacio a tutti e grazie a chiunque leggerà/recensirà questa storia, 
Emily. 

 
   
 
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