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Autore: l_s    12/08/2012    8 recensioni
{Classificatasi seconda al "Summer contest - Obbligo e Tabù"!}
Un uomo settantenne e una donna sessantenne incontrano a Palazzo Pitti, a Firenze, a quarant'anni dall'origine della loro amicizia, nata da una promessa bizzarra e inusuale.
In fin dei conti, Andrea sperava che Rosa fosse confortata dall'aver avuto la sua dose di maledettismo, che, da giovane, tanto ardentemente ricercava, con il suo cianciare intorno a Baudelaire. Gli sembrò strano, perché si parlava della maledizione insita nell'individuo stesso, nell'amore, ma mai in un'amicizia. Forse la loro era stata la prima amicizia maledetta della storia.
Accenni slash e femslash.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La promessa
Nota: Questa storia si è classificata seconda al "Summer contest -  Obbligo e Tabù", indetto da Butterphil, CinziaBella1987, ElleSinclaire, Emily Alexandre.
Le condizioni del contest erano queste:
Location: un museo famoso;
Personaggi: un uomo di settant'anni e una donna di sessanta, entrambi vedovi;
Obblighi: pesce rosso, condizionatori, bacio.
Spero che questo racconto delirante vi piaccia almeno la metà di quanto è piaciuto a me scriverlo! (:


La promessa

Baudelaire proponeva alla madre Caroline incontri clandestini al Louvre: «Non c'è posto dove si possa chiacchierare meglio; è riscaldato, si può rimanere in attesa senza annoiarsi, e d'altra parte per una donna è il luogo d'incontro più decente».
(R. Calasso, “La folie Baudelaire” - Lettera di C. Baudelaire a C. Aupick, 16 Dicembre 1847)


Spesso, quando sentiva il suo passo lento e pesante, si rammaricava della sua vecchiezza.
Ora, il giorno dopo la morte di Benedetta, le sale immense del museo glielo ricordavano crudeli in mille echi.
Sospirò, ma subito l'aria si incastrò nella sua gola e gli provocò un attacco di tosse, come a rimarcare il suo accordo ai pavimenti, all'impressione dei suoi passi. Si fermò e lo costrinse in un fazzoletto elegante. Passò piuttosto in fretta, ma non abbastanza da non lasciarlo più spossato di prima.
Aveva sempre fumato, ma mai come negli ultimi vent’anni. Dopo la morte di Alfredo aveva ardentemente desiderato di morire lui stesso, e l'avrebbe fatto, se Rosa non l'avesse minacciato in quel suo modo buffo e tremendo insieme, rammentandogli la promessa ancestrale del loro rapporto. Il ricordo lo faceva sempre sorridere e non poteva fare a meno di esserle sempre grato, non tanto per il gesto in sé, quanto per l'affetto che sempre e da sempre nutriva per lui. Ripensò ai loro primi giorni, alla spietata coincidenza in quel pub malandato, a quella promessa sbagliata fatta da ubriachi e mai più dimenticata. Oh, non sbagliata per lui, certo: l'aveva praticamente salvato.
Sbagliata per lei, che era ancora una ragazzina vorace di vita.
In fin dei conti, Andrea sperava che Rosa fosse confortata dall'aver avuto la sua dose di maledettismo, che, da giovane, tanto ardentemente ricercava, con il suo cianciare intorno a Baudelaire. Gli sembrò strano, perché si parlava della maledizione insita nell'individuo stesso, nell'amore, ma mai in un'amicizia. Forse la loro era stata la prima amicizia maledetta della storia.

La trovò dove si aspettava, ritta accanto alla porta, davanti a quel quadro semi-sconosciuto che ogni volta la rapiva e le rinnovava il ricordo della bassezza dell'umanità, dell'avidità umana.
Per un momento gli mancò il respiro.
Sembrava che il suo corpo fosse fatto apposta per la vecchiaia. Piccola e ritta com'era sempre stata, nei suoi sessant'anni perdeva ogni ridicolo e acquistava una nuova dignità, con la sua energia ridotta ben rinchiusa nel corpicino. Dopotutto, pensò Andrea, aveva sempre avuto il carattere di una vecchia bisbetica: ora ne aveva l'attributo principale.
“Come hai fatto a trovarmi?” chiese lei, senza neppure voltarsi.
Andrea rifletté che la sua voce era diventata più scura, graffiante e ricordò che le sue parole erano sempre state di carta vetrata, quando lei l'aveva desiderato.
“Conosco la tua ossessione per Baudelaire, e so che non ami gli Uffizi.” rispose lui, “Quanto al fatto che fossi a Firenze, tua nipote l'aveva scritto su Facebook.” mentì.
Immediatamente, Rosa si voltò e tornò ad avere vent'anni: “Quella ha bisogno di una bella lavata di capo! Le piace troppo burlarsi della nonna che prende l'aereo Ryanair da sola per andare dall'amica morta!” proruppe d'un fiato.
Andrea rimase a guardarla, estasiato.
“Non sei cambiata per niente in questi vent'anni.”
“Non dire sciocchezze! Ho più rughe di quante ne aveva mia nonna a novanta.”
Andrea tentò di ridere, ma la risata si trasformò ben presto in un attacco di tosse. Un brivido d'allarme scosse lo sguardo di Rosa, mentre lei gli si avvicinava e gli poneva una mano sulla schiena.
“Se continui così, sputerai i polmoni.” disse, con un tono fintamente indifferente, evitando di guardarlo.
Lui si coprì la bocca con il fazzoletto, chiuse gli occhi e, sforzandosi di respirare normalmente, si raddrizzò e si ricompose, mentre Rosa toglieva in fretta la mano dalla sua schiena.
Solo allora, si azzardò a parlare: “Sempre la solita gentile!”
“Sempre il solito ingenuo, che si aspetta che io lo sia!”
“Non sei cambiata per niente.” ripeté lui, facendosi serio.
“Non fare il sentimentale.”
“No, sul serio: non so proprio dove tu prenda tutta quell'energia, alla tua età.”
“Certo che non lo sai: tu, di energia, non ne avevi nemmeno a trent'anni.”
“Touché, hai ragione.”
“Oh, ecco che fine hanno fatto i corsi di Francese di tua moglie!” scherzò lei, ma subito la voce le si spense, e il suo sguardo si perse nel vuoto.
“Sai cosa odiavo di più di Benedetta?” fece Andrea, dopo una lunga pausa, “I suoi baci. Immagino che fosse la stessa sensazione che si prova nel baciare un pesce rosso: se ne stava lì, con gli occhi spalancati e le labbra tirate in fuori, in attesa che tu facessi il lavoro sporco.”
Rosa rise, incerta, ma si rabbuiò subito.
“Avrei dovuto baciarla io, per prima, così avrei cambiato idea sull'intera faccenda.” parlava sottovoce, come se ogni parola che fuggiva via le costasse uno sforzo immenso.
Andrea rimase ad osservarla in un silenzio attonito: non l'aveva mai sentita parlare così, pur conoscendola da una vita.
“La vecchiaia ha reso sentimentale anche te, vecchia mia.”
Lei sbuffò controvoglia un sorriso, poi parlò con voce più tenue.
“Te lo ricordi, il giorno in cui è iniziato tutto?”
“Secondo te, potrei mai dimenticarlo?”
“Sei vecchio, potresti avere l'Alzheimer.”
“D'accordo, dammi tregua. Sì, me lo ricordo ancora.”
“E cosa ti ricordi?”
“Non l'orario. So solo che era notte, ma i troppi alcolici mi avevano obnubilato la mente. Ricordo che il posto era sporco e squallido, pieno di gente losca, pronta ad ammazzarti per poche lire. È per questo che ero lì. È per questo che tu eri lì. Alternavi pianti a racconti fitti a risate folli e, quando ti arrivai vicino, mi prendesti per il collo e dicesti: 'Questo è il mio amico della sera!'”
“Avevo ragione, resti il sentimentale di sempre.” commentò lei, ma la sua voce era incrinata.
“E tu ami, come sempre, sentirmi raccontare storie che già conosci.”
“È vero.” ammise lei, tornando a guardare il dipinto. “Continua.”
“Quando sedetti vicino a te, cambiasti completamente tono. Non so se fosse perché ero palesemente triste e omosessuale e da me non temevi nulla, o perché mi sentivi simile a te. Forse, eri semplicemente stanca e, quasi tornata lucida, mi raccontasti nei dettagli la tua storia d'amore non ricambiato. Io bevvi, per restare in tema, dalla prima all'ultima parola. Poi, in onore alla straordinaria coincidenza, ricambiai raccontandoti la mia storia. Tu l'ascoltasti per un po'; poi, non riuscisti più a trattenerti e scoppiasti a ridere.”
Andrea si mosse e le si avvicinò di più, fino a toccarle la spalla con la sua, come a offrirle un sostegno discreto, più emotivo che fisico.
“Ci pensi mai” soggiunse infine, “a come questa coincidenza ha cambiato le nostre vite?”
“Negli ultimi tempi? Tutti i giorni. Da quando è morto mio marito, il tuo Alfredo, mi sono resa conto di avere davvero solo te. Lui, sposato per caso, è sempre stato un marito modello. Oh, naturalmente anch'io sono stata una moglie modello, non avrei potuto fare altrimenti... Ma lui era commovente, e realmente tutte le mattine ti sono stata grata come di solito la gente è grata a Dio, per avermi donato un marito così. Sai che non l'ho mai amato, ma tra gli uomini che non avrei mai amato lui era uno dei migliori, dei più giusti per me.”
“Lo so, mia cara. Lo seppi non appena ti vidi. Pensai che dovevo impegnarmi molto nella mia missione, perché la tua sarebbe stata per te una passeggiata. D'altra parte, sappiamo entrambi che la donna di cui tu ti eri innamorata aveva un carattere assai più difficile. Non è stato facile convivere con Benedetta per quasi quarant'anni: passavo da momenti di affetto, di sopportazione, a giorni di odio profondo. E l'intimità era sempre così complicata! Ma simulavo amore, sapevo farlo molto bene. Lo dovevo a te, perché mi avevi affidato la persona più importante per te; ad Alfredo, perché ho sempre ritenuto di dovere qualsiasi cosa a lui, quasi che la vita me l'avesse donata lui; lo dovevo a Benedetta stessa, che, per qualche ragione, mi amava.”
“Già, era maniacale. Mi ricordo quando venne ad annunciarmi che vi sareste trasferiti qui a Firenze, facendomi intendere che aveva scoperto che io e te avevamo una tresca, che tu la tradivi da un po’. Io ero tanto incredula per il paradosso della situazione, che scoppiai a ridere. Lei, allora, gonfiò le labbra e gli occhi in quel suo modo peculiare – hai ragione, era molto simile ad un pesce rosso – e strillò che mai e poi mai si sarebbe aspettata un comportamento simile da me. Se non avessi già smesso di amarla da tempo, l'avrei fatto in quel momento. A pensarci ora, credo che l'amassi per quel mio desiderio di dannazione. Cosa c'era di amabile, in Benedetta? Guardava alla vita come un pesce rosso, girando e rigirando nella sua bolla di rancori stupidi e periodicamente decideva di infrangerla, trasformandosi in urlante mostro marino. Era fondamentalmente stupida e capricciosa. Certo, era bella, e forse questo a vent'anni mi bastò.”
“E quand'è che cominciasti ad odiare me?”
“Circa cinque minuti dopo che se ne fu andata. Tu non eri obbligato, pensai, a seguirla così, senza dir nulla. Ad abbandonarmi, sola con una figlia adolescente e il trauma della morte di mio marito ancora troppo fresco. Avevo sempre pensato che ci saremmo salvati insieme, curati l'un l'altro per la perdita, e invece tu andavi via, al Nord, con tua moglie...”
“Ma era il patto, Rosa. Non potevo lasciarla, non potevo farla soffrire. È stato terribile sacrificare te al posto suo, ma glielo dovevo.”
“Lo so, ora lo so. Ma allora vidi solo un abisso immenso che mi divorava. Più tardi mi rallegrai di avere una figlia, perché, in realtà, non fui mai sola, mai. Oriana cresceva bella e forte, all'altezza di suo padre. Credo che la prima volta che piangemmo insieme si instaurò tra noi un legame indissolubile, più forte di ogni altro. Fu grazie a lei che, alla fine, riuscii a perdonarti.”
“... e mi mandasti quella lettera.”
“Non sorridere in quel modo: sembri scemo!”
“Credo sia stata una delle dichiarazioni di affetto più dolci che abbia mai ricevuto da te. La conservo ancora nel portafogli, vedi?”
“Oh, come sei melenso!”
“Su, Rosa, non ti è mai piaciuto essere tanto ripetitiva! Eccola. Caro Andrea, ero indecisa se firmare con un nome falso per sventare le paranoie di tua moglie. Ma non ti illudere: ti scrivo solo perché mi si è rotto per la terza volta il condizionatore, e i tecnici sono drammaticamente incompetenti. Ora, benché io mi giudichi piuttosto intelligente, temo che una guida via lettera non basterebbe (il libretto delle istruzioni non è bastato), e neppure un consulto telefonico. Dunque, se per le tue vecchie ossa non è troppo faticoso, dovresti venire qui e darci un'occhiata. Naturalmente, ti rimborserei le spese di viaggio, che saranno comunque molto più basse dei costi di questi ragazzini incompetenti. Fammi sapere, Rosa.
“Io non capisco proprio cosa ci trovi di dolce nei condizionatori. Ci dev'essere qualcosa di maniacale in te.”
“Di dolce ci trovo che era pieno inverno.”
“Mi preparavo per l'estate.”
“Mentre leggevo quella lettera, pensavo: 'Come ho fatto a stare quasi cinque anni senza di lei?'.”
“Oh, sì, mi ricordo la tua lagna, quando arrivasti.”
E io mi ricordo tua figlia, quell'incrocio perfetto tra Alfredo e te, che mi diceva: 'Non preoccuparti, le piace fare la dura!'. E, guardando Oriana, mi chiedevo ancora: 'Come ho fatto a vivere quasi cinque anni senza di loro?'. È come se voi foste sempre state la mia vera famiglia, il dono e la responsabilità che il mio amore mi ha lasciato.”
“A volte ti ammiro, per questo tuo amore imperituro e infinito. Pensi ancora a lui, dopo tutti questi anni! Senza rimorsi, senza pena, senza biasimo...”
“Oho! La vecchia bisbetica che dice questo a me! Quale onore!”
“Non ti esaltare troppo, vecchio! Lo dico solo perché so che presto lo dimenticherai!”
“Io sono sempre stato un romantico. Questo era il mio fascino, ma anche il mio limite. Sono sempre stato il tipo da 'amore o morte'. Forse, semplicemente non so andare al di là di questo amore, ho paura che dopo ci sia solo morte.”
“Ma ora è tempo di andare, Andrea. Tutto ciò che ti ancorava a quell'amore è morto.”
“Io non sono morto.”
Rosa tornò a guardare il dipinto davanti al quale si era fermata, senza realmente vederlo. Ascoltava il respiro pesante, stanco di Andrea e la sua ultima frase le riecheggiava nella mente, in un'eco continua.
“Ti ricordi?” disse infine, con voce impalpabile, “Quella sera eri così ubriaco che non riuscivi nemmeno a dire 'suggello'.”
“Ora è la fine, vero?”

Allooora, io prometto solennemente di sposare Alfredo, di farlo sentire sempre amato ma di non amarlo mai, di non tradirlo, di non lasciarlo e di dargli una vita felice. Ora tocca a te.”
“Io prometto solennemente di sposare Benedetta, di farla sentire sempre amata... com'era poi?”
“... di non amarla mai. Te l'ho scritto qui, capra!”

Hai ragione. Dunque, prometto di non amarla mai, di non tradirla, di non lasciarla e di... cos'è che hai scritto qui?”
“Ma allora sei proprio tardo!”
“Sei tu che scrivi da cani!”
“Maledetta me che insisto nell'avere a che fare con gli ubriachi! Darle una vita felice, diamine!”
“Sì, di darle una vita felice. Sì, prometto tutto.”

Finalmente! Ora ci serve un suggello ed è fatta!”
Un... cosa?”
Un gesto, un segno che sancisca il patto!”
...”
...”
Ce l'ho! Ce l'ho! È un patto d'amore, quindi il... coso non può essere altro che...”

“Quindi che si dice in questi casi?”
“Idiota: non esistono casi come questo!”
“Dunque, può andar bene 'Io, Andrea, libero te, Rosa...'?”
“Direi di sì.”
“Io, Andrea, libero te, Rosa, dal patto contratto quarant'anni or sono, e ti invito a tornare a vivere la tua vita!”
“Sapevo che mi sarebbe toccata una chiusa tanto melensa! D'accordo: io, Rosa, libero te, Andrea, dal patto contratto quarant'anni or sono, e ti invito a tornare a vivere la tua vita. Ammesso che tu ne abbia ancora una, ad attenderti.”
“Come sei cattiva!”
“Poche chiacchiere! Ora zitto e dissuggellami!”
“Avrai sempre vent'anni, eh?”

Andrea si chinò a fatica, per posizionare il suo volto all'altezza di quello di Rosa. Poi, avanzò deciso verso il viso di lei e posò le labbra sulle sue. Erano molto più rugose e segnate dell'ultima volta, ma Andrea si stupì di nuovo nel constatare la loro morbidezza, quasi intatta sotto la scorza rigida dell'età, dopo tutti quegli anni, quei dolori.
Fuggì una lacrima dall'occhio destro di Andrea, mentre le sue mani, leggerissime, accarezzavano piano i capelli di Rosa.
In quel momento, lei si sentì un oggetto sacro e, come in un istinto folgorante, ricordò quanto aveva perso e, oltre tutte le illusioni possibili, non avrebbe mai più riavuto.
Gli pose esitante le mani sulle spalle e, in un modo del tutto ignoto, le lasciò scivolare verso il centro della sua schiena, per stringerlo dolcemente a sé. Si stupì nel sentirlo così rigido, così vecchio, come se si potesse sgretolare tra le sue braccia da un momento all'altro.
Sentiva su di sé lo sguardo avido della donna che lasciava scorrere le monete nella mano paffuta di suo figlio, e pensò che era stato sempre Andrea a preservarla dallo squallore del mondo.
E ora lui correva incontro alla morte, e niente l'avrebbe salvato, e nessuno avrebbe salvato lei.

Il mondo vorticava intorno ai due vecchi, in forma di folla anonima, li additava e li giudicava ridicoli e romantici insieme, fermi davanti a un quadro squallido, sconosciuto, accanto a una porta, quasi fossero pronti a fuggire via.
Il nonnetto settantenne, quando interruppe il bacio, piangeva e tossiva insieme, portandosi al viso un fazzoletto ricamato, d'altri tempi. La sua amante sessantenne si guardava intorno, orgogliosa ma a disagio, sotto il flash di qualche ragazzina, consapevole che il giorno stesso il loro bacio sarebbe stato su Facebook, accompagnato da qualche nota sull'amore eterno.
Infine, aiutò il vecchio a raddrizzarsi e, lenti, insieme, si mossero verso l'uscita del museo, scomparendo alla vista del pubblico.

   
 
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