Anime & Manga > Hakuouki
Ricorda la storia  |      
Autore: SilentWings    12/08/2012    2 recensioni
"...Non sapeva dire cosa lo attraesse tanto di quel ragazzo. Forse i folti capelli ramati? Forse quegli occhi penetranti del colore dell’erba? Forse le sue braccia forti? Forse le sue mani… Quando lo sguardo di Saito si fermò sulle mani, il cuore prese a battergli a una velocità folle, in un misto di curiosità e preoccupazione. Cos’erano quelle macchie rosse?"
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hajime Saitou, Souji Okita
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ATTENZIONE!! Chiedo scusa umilmente alle 19 persone che hanno aperto la storia e l'hanno trovata vuota, ci dev'essere stato qualche problema con l'editor, dato che ho una pessima connessione >.< gomen!!


^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^°^
Due occhi blu scrutavano il cielo sereno della notte estiva.
 I quartieri della Shinsengumi erano silenziosi, fatta eccezione per il tranquillo canto dei grilli. I guerrieri che non erano di ronda in città, o che non si stavano divertendo al bordello di Shimabara, di certo stavano già dormendo.
Solo quel giovane uomo, arrampicato sul tetto, sembrava essere ancora sveglio. Nessuno sapeva della sua abitudine di arrampicarsi lassù nelle tiepide notti estive, a guardare il cielo e assorbire il piacevole calore delle tegole che durante la giornata erano state accarezzate dal sole.
Anche quella notte, Hajime Saito era uscito di soppiatto dalla sua stanza, e con l’agilità degna di un gatto si era disteso in posizione supina al solito posto. Da quel preciso punto si godeva di una fresca brezzolina, che portava con sé un delicato profumo di fiori.
Un vociare indistinto mise sul chi va là il samurai, che estrasse fulmineamente la sua katana, per poi riporla con un sospiro sollevato non appena si accorse che tutto quel trambusto era causato solamente da Shinpachi, Heisuke e Sano che stavano tornando al quartier generale, ubriachi e barcollanti come non mai. A Saito scappò un sorriso: quei tre, per quanto amassero darsi fastidio l’uno con l’altro, erano molto uniti. Compagni di bevute e di combattimenti, litigavano, si insultavano, si azzuffavano, ma erano fatti così, era il loro modo di tenere vivo il loro cameratismo. Lui invece, lo spadaccino mancino, era sempre stato isolato. Furtivo e silenzioso, sembrava tenere sotto controllo tutto e tutti, con quella sua espressione accigliata e quei perforanti occhi blu. Serio, compassato, dotato di un incredibile autocontrollo, Hajime causava non poca perplessità nei suoi compagni, i quali non riuscivano a comprendere quel suo carattere freddo e distaccato. Eppure…
Eppure…
Saito non ricordava il momento preciso in cui, in quel mare ovattato di indifferenza, aveva sentito qualcosa di diverso.
Non riusciva a definire l’attimo esatto in cui quegli occhi smeraldini avevano cominciato ad introdursi nel flusso dei suoi pensieri, interrompendolo. Ormai succedeva spesso. Nei momenti più disparati, il suo sguardo si fissava nel vuoto, e cominciava a pensare a quel ragazzo spaccone ma generoso con cui inevitabilmente doveva convivere ogni giorno.
Il capitano della prima divisione, Souji Okita. Un genio della spada, che a soli diciannove anni era già un maestro.
Da persona calma e pacata quale era, spesso il samurai mancino sentiva l’irrefrenabile desiderio di suonarle di santa ragione a quel ragazzo fin troppo baldanzoso e sicuro di sé, imponendosi però di placare i suoi istinti omicidi per il bene della comunità. Souji era un valido elemento, alla bravura con le armi univa sempre un sorriso accattivante e contagioso. In fondo, era benvoluto da tutti, nonostante gli inevitabili dissidi che talvolta si creavano tra i membri della Shinsengumi.
La realtà era, che Saito non aveva provato mai nessun tipo di attrazione verso qualsivoglia essere umano. La spada era la sua vita, la sua compagna, il suo unico interesse, il suo unico amore.
Eppure…
Lui e Souji erano diversi come il giorno e la notte: il primo cupo, serio, ligio al dovere e compassato, il secondo ironico, sorridente, e spesso ribelle.
Gli opposti di attraggono, è così che si dice?
“Sciocchezze” pensò Saito. Per Okita non esisteva altro al difuori della sua katana. E del suo adorato capitano Kondo.
D’un tratto, il suo udito sensibile percepì qualcosa, una leggera vibrazione dell’aria, e il suono delicato di uno shoji che scorreva. Poi, un respiro agitato.
Saito si sporse per vedere cosa stava succedendo. Quando vide Souji in mezzo al cortile, con addosso solo uno yukata molto corto, il suo cuore perse un battito. Lo vide inginocchiarsi, posare le mani e terra e respirare profondamente. Cosa diavolo stava facendo?
Senza volerlo, Hajime causò lo spostamento di una tegola, che provocò un rumore vibrante nell’aria immobile della notte. Il samurai mancino cercò di rimanere fermo, in modo da confondere il più possibile la sua figura con le tenebre.
Okita si alzò lentamente e i suoi occhi da gatto si volsero nella sua direzione, penetranti come coltellate.
-Ne, Hajime-kun. Ho sempre pensato che tu fossi un tipo strano, ma non così tanto da appostarti sui tetti nel cuore della notte per controllare indebitamente le mosse dei tuoi compagni.-
“Come diavolo avrà fatto a vedermi?”
Silenzioso come uno spettro, Souji si posizionò esattamente sotto la porzione di tetto occupata da Saito.
-Posso salire?- chiese con voce appena percettibile.
Il ragazzo dagli occhi blu gli indicò il modo più semplice per arrampicarsi, e in un momento i due furono l’uno vicino all’altro.
-Souji…-
Il capitano della prima divisione gli rivolse un sorriso sornione, di quelli che avevano il potere di spaventarlo ed eccitarlo allo stesso tempo.
-Non avrei mai detto che Saito-kun fosse il tipo di persona che rimane sveglio la notte per guardare il cielo.-
Hajime alzò un sopracciglio –Potrei dire lo stesso di te.-
Souji ridacchiò –Semplicemente non riuscivo a dormire. Tutto qui.- chiuse gli occhi e rivolse il viso alla luna, la cui luce lattiginosa contribuiva ad aggiungere ulteriore pallore alla sua pelle già diafana.
Saito lo fissava, incapace di formulare nemmeno un pensiero coerente. Probabilmente era immerso in un sogno alquanto bizzarro. Quella situazione non poteva, nella maniera più assoluta, essere reale. Eppure, quello strano profumo nell’aria, gli indicava che era tutto vero, che era seduto accanto all’unica persona al mondo verso la quale provava qualcosa, a guardare le stelle. Era un profumo che adorava, era buono, sapeva di spezie e di bosco. Sapeva di Souji.
Non sapeva dire cosa lo attraesse tanto di quel ragazzo. Forse i folti capelli ramati? Forse quegli occhi penetranti del colore dell’erba? Forse le sue braccia forti? Forse le sue mani… Quando lo sguardo di Saito si fermò sulle sue mani, il cuore prese a battergli a una velocità folle, in un misto di curiosità e preoccupazione. Cos’erano quelle macchie rosse?
Con uno scatto felino, il samurai silenzioso prese le mani del compagno tra le sue, sgranando gli occhi.
-S-Souji…-
Ancora non rendendosi completamente conto del gesto dell’altro, Okita si irrigidì, per poi ritirare le mani in grembo, pulendole sullo yukata.
-Souji, quello è sangue…-
Gli occhi verdi del ragazzo erano persi nel vuoto, seri. Saito, nonostante cercasse di ostentare calma, sentiva che c’era qualcosa che non andava, decisamente non andava.
-Souji… quel sangue è tuo?-
-…Sì.- rispose semplicemente l’altro.
-Ti sei ferito le mani maneggiando la katana?-
-…No.-
Saito non capiva. Fino a quando Souji si portò una mano alla bocca, macchiando il palmo e le dita di ulteriore sangue.
Il capitano della prima divisione gli rivolse un piccolo sorriso imbarazzato, come per scusarsi, pulendo il sangue residuo col pollice.
In un attimo, tutti i tasselli si sistemarono nella mente del ragazzo dagli occhi blu. Lo strano comportamento del compagno, il suo pallore, l’assenza di fame, e la decisione improvvisa di assumere l’Ochimizu.
Saito chiuse gli occhi, incredulo. “Come ho fatto a non capire?” Sentì gli occhi bruciare, e una grossa lacrima di rabbia scappò dalle sue ciglia socchiuse.
Okita spalancò le palpebre, sinceramente sorpreso. –E così Hajime-kun ha dei sentimenti? Oh, che sorpresa, ormai avevo abbandonato la speranza.- Rise piano, prendendo la mano dell’altro.
Il capitano della terza divisione sentì un brivido salire lungo la spina dorsale, percependo le dita di Souji intrecciarsi con le sue, fredde e umide come pezzi di ghiaccio. Non si sottrasse però al contatto, incapace di reagire.
Lo stesso pensiero gli martellava in testa: “A Souji non rimaneva tempo. A Souji non rimaneva tempo. A Souji non rimaneva tempo…per lui?”
Ora o mai più. Saito sospirò profondamente.
-Io…-
Improvvisamente, il samurai silenzioso si sentì sbattere con la schiena contro le tegole.
-Ma che cos…?- inghiottì a vuoto, sentendo la punta della spada di Okita premergli contro il pomo d’Adamo.
L’altro sogghignò. –Hai scoperto il mio segreto, Hajime-kun. Non penserai di andartene come se niente fosse?- in meno di un battito di ciglia, le loro labbra si erano unite.
Saito, preso in contropiede, ringraziò tutti gli dei possibili e immaginabili per il fatto che l’altro tenesse gli occhi chiusi, e che non vedesse il colorito rosso e deciso che avevano preso le sue guance.
Socchiuse gli occhi a sua volta, fremendo di piacere a ogni contatto. Adorava il modo in cui Souji mordicchiava le sue labbra, e lo sfiorarsi delicato delle loro lingue. Sospirò. Alla fine non c’era stato bisogno di esporsi, aveva ricevuto tutto ciò che desiderava senza nemmeno chiederlo.
Mezz’ora dopo, i due erano ritornati a guardare il cielo, abbracciati e con i vestiti ammucchiati al loro fianco.
Il breve scintillio di una stella cadente tagliò il buio della volta celeste come un colpo di falce. Souji strinse con maggior decisione le dita del compagno.
-Hajime-kun, esprimi un desiderio!-
Il moro stette un po’ in silenzio. –Non ne ho bisogno.- decise dopo un po’. –Trovo insensato desiderare qualcosa che è già avvenuto.- e così rivolse un timido sorriso al capitano della prima divisione.
-Beh… puoi sempre desiderare che si realizzi di nuovo.- con un sorriso felino gli morse il collo, per poi tornare a fissare il cielo.
-…E il tuo desiderio?-
Souji si rabbuiò, per poi sorridere rassegnato.
-Non ho grandi desideri. L’unica cosa che vorrei…è un po’ di tempo in più. Un paio d’anni. So che non sono molti, ma…- Okita si mise in ginocchio, appoggiando le mani a terra, in modo da sovrastare il compagno, per poi appoggiare la fronte alla sua. –Ma credo che noi due sapremo sfruttarli bene.-
*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°
 
L’alba li colse addormentati nella stanza di Souji, nello stesso futon. Un braccio del capitano della prima divisione era appoggiato trasversalmente sul torso del suo amante. Con un movimento lento, Saito si girò sul fianco, aprendo gli occhi e svegliò Souji con un piccolo bacio.
-Mhhh… buongiorno.-
Okita si stiracchiò, con un sorriso soddisfatto. –Buongiorno… ho dormito come un sasso. Abbiamo lasciato in sospeso qualcosa?-
 Hajime ridacchiò. –Abbiamo tempo per recuperare stanotte.-
I due si vestirono e, assicurandosi che nessuno li vedesse uscire dalla stessa stanza, si avviarono alla stanza adibita ai pasti per una veloce colazione.
Una volta arrivati, trovarono un imbronciatissimo Hijikata, con due occhiaie terribili, e di pessimo umore.
-Cos’è quella faccia, Hijikata-san?- rise Souji.
L’altro gli rivolse un’occhiata velenosa. –C’è poco da ridere, Souji. Ho passato la notte insonne. Ci dev’essere stato qualche gatto randagio che stanotte ha fatto muovere per un bel pezzo le tegole del tetto proprio sopra la mia stanza. Non sono riuscito a chiudere occhio.-
Okita e Saito si scambiarono un’occhiata, trattenendosi a stento dal ridere.
Quel “gatto” avrebbe tormentato ancora il sonno di Hijikata, molto, molto presto.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Hakuouki / Vai alla pagina dell'autore: SilentWings