-Haymitch Abernathy…-
Sentire il mio nome pronunciato dalle sue labbra, quel giorno ricoperte da uno
strato di rossetto color verde acceso, in un sussurro così flebile e dolce era
sempre stato il mio sogno segreto. Quello che rinchiudi nel cassetto ma che
prova a uscire con tutte le sue forze.
Volevo che lo dicesse, ma non in quel giorno, non in quel momento. Non durante
l’estrazione per i 75° Hunger Games.
Tutto il mio mondo mi era caduto addosso, non che fosse composto di qualcosa di
più sostanzioso che di qualche bottiglia di bourbon, ma quel vetro tagliava più
di quanto credessi.
Non appena anche la mente di lei riesce a collegare cosa significhi il mio nome
scritto su quel fogliettino tra le sue mani il suo solito sorriso da “Felici Hunger Games” viene sostituito da una smorfia.
Il mio nome appena sussurrato dalle sue labbra significa che dovrò tornare
nell’arena, affrontare nuovamente gli Hunger Games
con la consapevolezza che tutto l’alcool che ho mandato giù in questi anni non
mi lascerà sopravvivere contro i tributi che incontrerò. Questa volta sono
sicuro di morire.
Mi lascerò morire.
Non permetterò che sia di nuovo la persona che amo a farlo per me. Lo scopo
degli Hunger Games, per noi dei Distretti è morire,
non vincere e vivere. Perché vivere significa tornare a casa e non avere
nessuno, significa essere ricattati per sempre, non significa vivere.
Tanti anni prima la persona che amavo era stata uccisa e anche se questa volta
avevo cercato di tenere tutto nascosto, di sotterrarlo con tutto l’alcool che
avevo trovato, ero sicuro che non fosse bastato.
Snow sapeva sempre tutto, era un passo avanti agli
altri, sempre. E se ancora non sapeva me lo sarei lasciato scappare. Magari nel
sonno, durante una notte fredda in cui l’unica fonte di calore sarebbe stato un
fuoco che non potevo permettermi il lusso di accendere, o forse avrei urlato il
suo nome sperando che sarebbe venuta a salutarmi e riuscire a vedere l’ultima
sua parrucca colorata prima che l’ultimo colpo di qualche altro tributo
strappasse la vita dal mio corpo.
Perché la verità è che non posso permettere che Effie
sia torturata per colpa mia, che sia uccisa per colpa mia.
In questi anni ho imparato a volerle bene, forse ho semplicemente bevuto troppo
e mi sono abituato alla sua presenza fino a descriverla anche gradevole.
Pensavo che gli “esseri” nati a Capitol City non
potessero capire cosa si provava a perdere i propri tributi ma lei mi aveva
dimostrato il contrario quando, dopo i suoi primi Hunger
Games, l’avevo trovata in una fontana di lacrime. Il trucco era tutto colato,
forse l’unica volta in cui ero riuscito a vederla senza.
Mi aveva dimostrato che teneva alla vita di Katniss e
Peeta forse più di quanto ci tenessi io quando alla loro
vittoria, davanti al grande televisore, aveva esultato cominciando a saltare su
quei strani trampoli che portava ai piedi e chiamava “tacchi”. Urlava come se
fosse una bambina gioiosa su una giostra.
Ora quel sorriso sembrava solo un vago ricordo perché sul suo volto leggevo
solo sofferenza. Sulla sua pelle tirata alla perfezione dall’ultimo lifting era
addirittura comparsa una piccola ruga.
Le sorrido. E’ l’unico mezzo che ho per farle capire che andrà tutto bene,
almeno per lei.
Vorrei
abbracciarla, stringere quel corpicino ricoperto da strati e strati di abiti
tra le mie braccia, avvicinarmi al suo viso, talmente vicino che quando le
avrei sussurrato che non le sarebbe successo niente, lei avrebbe potuto sentire
l’odore di alcool nel mio alito.
Non potevo farlo o ogni possibilità di salvezza per lei si sarebbe sgretolata.
Stavo combattendo contro l’istinto di correre da lei e asciugare i suoi occhi,
diventati ormai lucidi come due stelle che illuminavano quel viso così perfetto,
quando sento la voce di Peeta.
Si stava offrendo volontario. Voleva stare con Katniss,
assicurarsi che lei si salvasse. Stava salvando il suo amore, ma non sapeva che
con il suo gesto, ne aveva salvati due.
Quattro persone che per un motivo o per un altro non potranno mai stare
insieme. Quattro innamorati sventurati del 12.
Vedo un sorriso apparire sulle labbra della donna che era stata nei miei
pensieri fino a quel momento. Un sorriso di sollievo, uno di quelli che ti da
la speranza di credere in un futuro migliore.
Infondo,
lei non era del 12.
Angolo autrice.
Allora…Prima
di tutto dedico questa FanFiction a Forelsket e spero che le piaccia <3
Le Hayffie ti piacciono tanto e spero che questa sia
all’altezza. Mi hai aiutato in ogni cosa che ti ho chiesto e questo è l’unico
modo di ripagare che ho trovato. Anzi scusami per tutto il tempo che ci ho
messo.
Passando alla FF invece, so che la coppia non è delle più normali e che molti
la criticheranno ma a me non mi smuove nessuno. Loro due li adoro, c’è poco da
fare u.u
Il titolo lascia molto a desiderare, ma non sono brava con i titoli…
Il finale non so se si capisce bene…Dicendo che lei non è del 12 intendevo dire
che non sono innamorati sventurati e che quindi per loro c’è una possibilità.
Spero che si capisse…
Che altro dire? Spero che vi sia piaciuta e che recensirete in tanti :D