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Autore: snow nymph    13/08/2012    2 recensioni
AU | Criminal!Kurt | Klaine
Mentre il notiziario mette in guardia i Newyorkesi da un criminale soprannominato "Angel", Sebastian trascina Blaine in un ambiguo locale dove le coppie vengono formate da una combinazione di chiavi e lucchetti.
"« Muoviti, B.! Infila quella mano in quel buco! »
Caspita, i doppi sensi di Sebastian peggiorano di giorno in giorno. Infastidito, comincio a frugare nel sacchetto e prendo la prima pallina che mi capita: dentro c'è un lucchetto con il numero 666.
In realtà, lo trovo un po' inquietante."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando il diavolo ti accarezza


Ogni volta che si fa l'amore con qualcuno
ci dovrebbero essere tre persone coinvolte.
Tu, l'altra persona e il diavolo.

-Robert Mapplethorpe





E adesso le notizie dell'ultima ora: è riuscito di nuovo a sottrarsi alle autorità l'uomo sospettato di essere dietro i rapimenti e gli omicidi degli ultimi mesi. Il criminale è stato soprannominato alla stampa “Angel” dati i resoconti di alcuni testimoni che lo identificano come un uomo gentile e all'apparenza insospettabile. Si sospetta possa non lavorare da solo e avere uno o più complici, con i quali adesca giovani uomini in differenti locali. Vi invitiamo a prestare attenzione nel restare da soli in compagnia di...”

« Oh, al diavolo » sbotta Sebastian, infastidito, mentre con un gesto secco cambia stazione radio. Il notiziario cede il posto a della musica commerciale di dubbio gusto. « Ecco, così va meglio »
« Ehi, io stavo ascoltando! » sbotto, seccato.
« Blaine, quando lo capirai? Questo è solo allarmismo. Esagerano sempre, lo fanno per gli ascolti e per vendere i giornali »
« Sarà. Siamo arrivati? »
« Quasi ». Sebastian sembra sempre più eccitato. « Vedrai, Blaine, ti piacerà da morire. »
« Sicuramente. Poi se sapessi dove stiamo andando... »
« Fidati di me » mi fa l'occhiolino, cosa che di solito non preannuncia niente di buono. Finalmente arriviamo in una stradina stretta, dove l'unico segnale di vita è quello dato dal movimento di un gatto spaventato dai fari della macchina di Sebastian, che posteggia vicino a dei cassonetti. Scendo dall'auto e mi affretto a seguirlo; sta andando dritto sparato verso una porta chiusa.
« Ehi, vai piano » sbotto, affaticato.
« Scusa, B. , mi dimentico sempre che con quelle gambine corte non riesci a tenere il mio passo »
« Simpatico »
« Eccoci » dice finalmente, fermandosi davanti alla porta di ferro.
« E questo sarebbe il “posto dei sogni di tutti gli americani”? » chiedo, ironico.
« Beh, di tutti quelli gay ». Sebastian mi fa l'occhiolino e bussa alla porta. Questa si apre di poco, rivelando un uomo alto e ben messo.
« Documenti » grugnisce. Io e Sebastian glieli porgiamo. Quello li studia sotto la luce di una torcia, poi ci fa un brusco cenno d'assenso e ci fa entrare.
Siamo dentro una piccola stanzetta dove non c'è nulla a parte una rampa di scale che scende in quello che dovrebbe essere un seminterrato. Sebastian mi fa un cenno d'incoraggiamento, ancora su di giri. Io sospiro e comincio a scendere.
La scala da dritta a quella che sembra una gigantesca sala piena di musica alta, di luci soffuse e di altre scintillanti. Mi ci vogliono dei secondi per mettere a fuoco quello che mi sta intorno. Sebastian mi ha raggiunto e mi sta dando una piccola spinta, incitandomi ad avanzare.
« Benvenuti! » ci accoglie una ragazza bionda affiancata da un uomo sorridente, « E' la vostra prima volta qui? »
Io annuisco, ancora un po' intontito dalla musica e dai fumi di quel posto.
« Lasciate che vi spieghi allora. Da questo sacchetto » e gli mostrò quello che l'uomo teneva in mano, « pescherete un lucchetto o una chiave con sopra un numero. Il vostro compito è trovare il vostro complementare -se voi avete il lucchetto, dovete cercare la chiave. Questo giochino aiuterà a rompere il ghiaccio. In fondo a destra ci sono le scale che portano alle camere; voi e i vostri partner dovrete occupare solo quella che corrisponde al numero sul vostro lucchetto o chiave. Siete pronti?»
Cerco con lo sguardo Sebastian, per dirgli che ho capito i sottintesi di quella spiegazione e che tutto questo non mi piace, ma lui ha già tuffato la sua mano nel sacchetto e ne ha estratto una chiave argentata.
« Perché ci sono due sacchetti? » chiedo, nel tentativo di rimandare il momento in cui anch'io dovrò pescare. La ragazza mi sorride. « Uno per gli uomini e uno per le donne. Non vogliamo che si formi qualche coppia etero per sbaglio. Ai bisessuali lasciamo scegliere a propria discrezione. E' il tuo caso? »
« No » rispondo. Ma tu guarda che genere di posto.
« Muoviti, B.! Infila quella mano in quel buco! »
Caspita, i doppi sensi di Sebastian peggiorano di giorno in giorno. Infastidito, comincio a frugare nel sacchetto e prendo la prima pallina che mi capita: dentro c'è un lucchetto con il numero 666.
In realtà, lo trovo un po' inquietante.
« Lo sapevo che preferivi lasciarti aprire, B! » ride Sebastian, guardando l'oggettino tra le mie mani.
Ho già detto quanto patetiche siano le sue battute?
La ragazza e l'uomo ci augurano buon divertimento e ci lasciano passare, mentre ci addentriamo in quello che sembra un mix di viola e dorato, di divanetti ed enormi cuscini su grandi tappeti dove stanno sdraiate coppie che si imboccano di ciliege imbevute nell'alcol. A sinistra c'è un enorme bancone da bar, e in fondo a destra ci sono le famose scale.
« Stanze, Seb? Che cosa dovrei fare col mio partner, imbucarmi da qualche parte e darci dentro? »
« Esattamente. La cosa dei lucchetti e delle chiavi è solo un incentivo, un aiuto ai più timidi per rompere il ghiaccio -come te- e ai più esperti per iniziare da qualche parte. »
« Gli esperti come te? »
« Già. »
Mi scappa da ridere.
« Beh, io vado a cercare il mio lucchetto, datti da fare anche tu. Non sarà difficile, punta a tutti quelli che sembrano soli »
Detto questo si passa la collanina con la chiave attorno al collo e mi lascia al mio destino. Tutto questo pseudo-gioco mi sembra una cretinata; che fa uno se il suo corrispondente arriva tra tre ore? Mi guardo attorno e penso che comunque non dovrebbe essere un problema, dato che difficilmente qualcuno qui aspetta la propria metà per darsi da fare. E' solo una formalità.
Patetico.
Non ho voglia di stare qui, né tanto meno di aspettare che la mia chiave mi trovi e mi faccia chissà quali proposte. Invece di appenderlo al collo in bella mostra metto il mio ciondolo nella tasca posteriore dei jeans e mi avvicino al bancone del bar.
Un giovane uomo di circa la mia età con una specie di scoiattolo morto in testa -penso che nelle sue intenzioni debba essere una cresta- sta pulendo un boccale di birra vuoto con uno straccio. L'etichetta attaccata alla maglietta rivela il nome “Puckerman”.Mi siedo su uno sgabello e tossicchio per attirare la sua attenzione.
« Che tipi di succhi di frutta avete? »
Il barista interrompe il suo lavoro di strofinamento e si guarda attorno, spaesato. Visto che non c'è nessun altro oltre a me, a parte una donna bionda dal trucco pessimo seduta dall'altra parte del bancone, la cosa mi da un po' fastidio.
« Ehi, sono qui. »
Finalmente il tipo sembra mettermi a fuoco. Sbatte gli occhi un attimo e mi chiede di ripetere.
Sbuffo. « Ho chiesto quali tipi di succhi di frutta avete. »
Quello scoppia a ridere. « Amico, questo è un vero bar, non il distributore automatico in una scuola elementare. »
Imbarazzato, mi rendo conto che quello che ci si aspetta qui è che io ordini un superalcolico, mi sbronzi e mi faccia la mia chiave in una di quelle stanze appartate. Ma io non sono mai stato uno di questi tipi; se sono venuto in questo posto deprimente è solo perché non mi andava di rimanere solo a casa di venerdì sera. E, in realtà, non mi piace molto nemmeno bere.
Il barista deve aver capito di avermi messo in imbarazzo, perché ora sta rovistando in una piccola credenza alla ricerca di un succo di frutta.
« Ecco qui! » dice, vittorioso. « Non pensavo di averne, non li chiede mai nessuno. Magari saranno anche scaduti. »
Alla mia espressione inorridita, fa marcia indietro. « Ehi, scherzavo! Qui è tutto di ottima qualità. Garantisce la casa. Preferisci alla carota o al pompelmo? »
Non l'ho mai assaggiato al pompelmo.
« Uhm... l'ultimo. »
Puckerman -se questo è il suo nome- svita il tappo della bottiglietta e lo versa in un bicchiere, per poi metterci del ghiaccio e un ombrellino con attaccato un limone.
« Ecco. Così gli altri crederanno che è uno strano tipo di drink e non ti prenderanno per uno smidollato. »
Mi fa un cenno e torna alle sue faccende. Smidollato? Solo perché non voglio ubriacarmi, rimorchiare e avrei preferito rimanere sul divano a vedere un bel film con Meg Ryan?
Beh, forse non ha tutti i torti. Bevo un sorso dal mio bicchiere per poi riposarlo subito, con una smorfia disgustata in volto. Bleah. Troppo amaro. Fisso depresso il mio succo e valuto l'idea di chiamare un taxi e tornare a casa. Non penso che Sebastian si accorgerebbe della mia assenza.
« Non pensavo ci fosse ancora qualcuno che tenesse al proprio fegato. »
Quella voce mi prende alla sprovvista e sussulto involontariamente, prima di girarmi verso la fonte. Accanto a me, in piedi, c'è un bel ragazzo alto e snello dai capelli castani acconciati con cura e la schiena diritta.
« Cosa? »
Sorride. « Dicevo che in questo posto sono in pochi a preferire un buon succo a un superalcolico spacca-fegato »
Sembra gentile, ma non posso trattenere l'impressione di stare facendo la figura dell'idiota seduto qui, col mio succo che non ho intenzione di toccare mai più.
« Beh si, io... non reggo molto l'alcol. »
« Neanch'io » mi sorride di nuovo. Ha un sorriso dolcissimo. « Posso? » chiede, indicando lo sgabello accanto al mio.
« C...certo. »
Rimaniamo un po' in silenzio. Probabilmente si aspetta che io dica qualcosa, ma in questo momento il mio cervello è in panne e non trovo nulla di interessante con cui intrattenerlo. Non sono mai stato bravo nel rapportarmi con i ragazzi.
Fortunatamente lui sembra accorgersene e mi viene in aiuto.
« Comunque sono Kurt. » dice, tendendomi una mano liscia dalle bianche dita affusolate. Sono un idiota. Perché non mi sono presentato io per primo? Questa era facile.
« Blaine » rispondo, stringendogli la mano. Lui sorride, gentile.
« Piacere, Blaine. ». Il suo sguardo cade sul mio bicchiere ancora pieno. Cielo, mi verrebbe da svuotarlo nel gabinetto.
« Pompelmo, vero? »
Annuisco. « Si, ma penso rimarrà lì in eterno. Oltre a farmi fare la figura dello studentello astemio, è anche disgustoso. »
Incredibilmente Kurt ride. Già mi piace; non sono proprio un tipo divertente, e la sua risata mi mette a mio agio.
« Si, non piace molto neanche a me. Perché non lo prendi alla carota? E' ottimo, e fa anche bene alla pelle. »
« Per caso allora sei un coniglio travestito? »
Kurt mi guarda educatamente perplesso. Evidentemente il mio patetico tentativo di battuta non è stato colto.
« Intendo, i conigli mangiano carote, le carote fanno bene alla pelle e la tua è così... levigata... »
Ok, voglio sprofondare. Perché finisco sempre col mettermi in ridicolo?
Kurt, che ha finalmente capito il sottinteso, emette uno strano suono che sembra una risata repressa.
« Beh, grazie. Anche se espresso in un modo un po' strano, era un complimento no? »
Borbotto qualcosa e Kurt ride, stavolta apertamente.
« Sei tutto rosso! Adorabile. Di solito in questi posti sono tutti così disinibiti, mentre tu sei una piacevole novità. »
Mi trova adorabile e non noioso? O vuole solo portarmi a letto a forza di complimenti, o è il mio principe azzurro.
« E tu? » chiedo, per sviare l'attenzione da me prima che vada in escandescenza, « come mai sei qui? »
« In realtà ero venuto per svagarmi. » intercetta il mio sguardo e si affretta a giustificarsi. « Non mi giudicare, non sono solito a queste cose, ma ho anche io i miei bisogni. »
« Non c'è bisogno di scusarsi, è perfettamente normale » dico, sorridendo. « Capita anche a me, ma se posso evito. Mi piacciono le storie d'amore, non le avventure, e trovo questi posti solo deprimenti e le trovate che inventano semplicemente squallide. »
Il mio tono è un po' amareggiato, e ne ho davvero motivo. Senza sapere bene il perché, e prima di potermene pentire, rigurgito la mia frustrazione su questo povero malcapitato che ho appena incontrato. « Ho ventitrè anni e non ho mai avuto una storia d'amore degna di questo nome, fatta di sorrisi e complicità, fiducia e amore, e non solo di sesso occasionale. A volte penso che nel mondo non ci sia più spazio per un idiota romantico come me. »
Kurt mi guarda con una strana espressione, e comincia a scivolare sul bordo dello sgabello, pronto ad andarsene. Ah, che idiota che sono. Lo agguanto per un braccio prima che scappi.
« Scusa, scusa! Lo so che posso risultare pesante. Ricominciamo, d'accordo? Farò finta di essere un playboy pronto a rimorchiarti » e detto questo gli faccio un occhiolino e mi passo la lingua sulle labbra, cercando di sembrare provocante.
Inutile dire che finisco col risultare solo patetico.
Kurt trattiene un sorriso, ma è ancora combattuto. Se Sebastian scoprisse come faccio scappare i ragazzi, mi prenderebbe in giro a vita.
Alla fine Kurt si siede di nuovo, non del tutto convinto. Io cerco di cambiare argomento.
« Allora, come mai non sei col tuo complementare? »
« Non ho ancora trovato il mio lucchetto. Ma non è importante, preferisco parlare con te. Sembri un tipo interessante. ». Mi sorride di nuovo.
Questo ragazzo è la gentilezza fatta persona. Oltre a essere davvero bello, non vuole mollarmi qua come un fesso ed è disposto a sacrificare la sua sana scopata per rimanere a conversare con uno sfigato dal livello di sex appeal che va sotto lo zero.
Sto per dirgli che non è obbligato a rimanere con me, quando lo sguardo mi cade sulla chiave che porta al collo, e sul numero inciso sopra.
666.
Le guance, se prima erano rosse, ora mi vanno in fiamme.
« Tutto ok? »
« Si... ecco... » faccio un respiro e ripesco dalla tasca il mio lucchetto, per poi mostrargli il numero. Lui sgrana gli occhi. « Abbiamo scoperto perché non trovi il tuo complementare. »
Kurt ridacchia, incredulo. Io gli sorrido a mo' di scusa.
« Non preoccuparti » mi dice, e sembra sincero. « Invece di un incontro con uno sconosciuto ho trovato un bel ragazzo assolutamente tenerissimo e diverso dagli altri. Direi che mi è andata bene lo stesso. » Mi fa l'occhiolino, complice. Sento che lo adoro già.
« Ma io ho preso il lucchetto e così ti sto privando della possibilità di svagarti con qualcuno di davvero interessato... » Mi interrompo per guardarlo, un po' preoccupato.
« Oddio. Forse ti aspetti che io vada con te in una camera...? »
Non che l'idea mi dispiaccia troppo, considerando che tipo è Kurt, ma morirei dall'imbarazzo.
« Blaine » lui interrompe i miei pensieri, sorridendo, « davvero, non preoccuparti. Non ti costringerei mai a fare qualcosa che non ti mette a tuo agio. Possiamo benissimo rimanere a parlare qui, che ne dici? »
Ho già detto che lo adoro?
Improvvisamente Kurt si irrigidisce. Abbassa lo sguardo sulla tasca dei pantaloni e ne estrae un cellulare, per poi farmi cenno di scusarlo. Deve aver avuto la vibrazione, con questo fracasso la suoneria non si sarebbe sentita. Gli dico di non preoccuparsi e lui si allontana, accettando la chiamata.
Mi giro a contemplare il mio succo al pompelmo, per lasciargli un po' di privacy, ma la sua voce mi arriva lo stesso, anche se flebile e confusa.
« Stavo giusto per chiamarti » sta dicendo Kurt, duro. « Per stasera passo, ti dispiace? »
Mi impressiona come il suo tono di voce sia cambiato; è prepotente e autoritario, privo della gentilezza che aveva quando parlava con me.
« Non ho trovato nessuno » continua a dire, deciso. Segue un silenzio, durante il quale posso vedere il volto già chiaro di Kurt sbiancare un po'. Getta un'occhiata fugace verso di me, apparentemente preoccupato, e io mi affretto a distogliere lo sguardo per non fargli capire che sto origliando.
« No, questo... lui non va bene. Ho detto di no. No! Domani, d'accordo? Oppure posso trovare qualcun altro da... »
Di nuovo silenzio. Per un attimo Kurt sembra spaventato, poi la sua espressione torna impenetrabile e tutto quello che riesco a scorgere è un pizzico di amarezza.
« Va bene, hai vinto tu. Si, lo farò. A dopo » Detto questo chiude la chiamata e rimane un momento fermo, in piedi, con gli occhi chiusi. Sembra si stia preparando per qualcosa.
Torno al mio succo, decidendo che non sono fatti miei. Deve aver avuto qualche problema o altro. Dopo poco sento che lo sgabello accanto al mio si muove e lui è lì, vicino a me. Sul suo volto non c'è traccia di nessun tipo di disagio, o comunque nulla che lasci trasparire che abbia una qualche difficoltà. Sorride amabile come sempre.
La strana telefonata viene cancellata dai miei pensieri e rimango a concentrarmi a quanto io sia fortunato ad avere l'occasione di conoscere un ragazzo così bello e gentile. Per quanto imbranato io sia, non devo lasciarmela sfuggire.
« Tutto ok? » gli chiedo, per riprendere la conversazione.
« Tutto ok. Era solo uno che chiedeva se potevamo vederci... ma io ho cose più importanti da fare ora » e mi sorride eloquente. Sento il sangue salirmi alle guance. Sta anche flirtando. Cosa ho fatto per meritarmi una fortuna del genere?
Devo passare all'attacco.
« Posso offrirti qualcosa da bere? » chiedo, ostentando sicurezza.
« Sicuro. Prendo un succo alla carota » ridacchia piano, e io lo imito. « Prendine uno anche per te, fa benissimo »
Annuisco e do l'ordine al barista, Puckerman, che sorride divertito.
« Dovrò rifornirmi di succhi, a quanto pare » borbotta, per poi servirci. Faccio per pagarlo, ma Kurt mi blocca. « Posso? » chiede, sorridendo appena. Prima che io possa ribattere ha allungato delle banconote al barista. Con uno sguardo stupito, vedo che sono troppi soldi per due semplici succhi. Puckerman li guarda con la mia stessa aria allibita, ma poi lancia un'occhiata d'intesa a Kurt e se ne va. Non prima di averne lanciata una di compassione a me.
« Ops! » mormora Kurt, distraendomi. Mi giro e noto che il suo cellulare è caduto per terra, scivolando dietro il mio sgabello.
« Lascia, faccio io » dico, premuroso. Kurt mormora un “grazie” appena accennato, mentre mi chino per prendere il telefono. Quando mi rialzo avverto, più che vedere, una mano allungarsi e un movimento concitato sul bancone, ma quando torno seduto non noto niente di strano.
Lascio correre -dopotutto sono qui, con un ragazzo bellissimo che mi fa la corte e non ho voglia di pensare ad altro- e alzo il bicchiere per un brindisi.
« Ai non-alcolici nei bordelli » brindo, facendo tintinnare il vetro contro il suo bicchiere. Lui fa un sorriso un po' tirato, per poi portare il bicchiere alle labbra, senza bere. L'atmosfera, dopo quella telefonata, si è fatta un po' pesante e comincio a sentirmi un po' a disagio, ma decido di non farci caso e mi calo buona metà del succo alla carota.
Ha un sapore un po' strano, in realtà, e non sa esattamente di carota. O meglio, sì, ma il gusto è come soffocato da qualcos'altro. Poso il bicchiere e torno a concentrarmi su Kurt, che si è accorto di essere rimasto immobile a osservarmi e si è affrettato a posare il bicchiere ancora pieno sul bancone.
Voglio giocarmela bene. Kurt sembra avere tutto ciò che ho sempre cercato in un ragazzo, e sono sicuro che conoscendolo meglio avrò modo di apprezzarlo ancora di più.
« Allora... che cosa fai nella vita? Oltre il modello di professione » chiedo civettuolo ammiccando, accavallando le gambe e cercando di perdere almeno un po' la mia aria da scolaretto ingenuo.
Ho già detto quanto fare questo genere di cose mi faccia sembrare patetico? Bene, lo ripeto, perché sembro non averlo capito nemmeno io dato che continuo a provarci. Kurt deve aver pensato che avessi un tic all'occhio o qualcosa del genere, perché mi fissa come se aspettasse qualcosa, un'espressione dispiaciuta in volto. Probabilmente sta cercando di capire se possiedo ancora un qualche senso del pudore.
« Scusa » dico, abbandonando le mie aspirazioni da star da bar gay. Ho la bocca un po' impastata e un saporaccio che mi sale dallo stomaco. Prendo un altro sorso di succo fino a quasi svuotare il bicchiere. « Rinuncio definitivamente a cercare di flirtare con te. Ormai avrai intuito che non sono un asso nel rimorchiare »
Kurt sorride, un po' triste, gli occhi fissi sul mio bicchiere semi-vuoto e ora sento davvero che qualcosa non va. Andava tutto alla grande fino a poco prima, no? Perché ora mi guarda come se stessi per andare al patibolo?
« Non devi scusarti » dice, alzando lo sguardo su di me. Sembra davvero dispiaciuto per qualcosa. « Sei la persona più adorabile che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Adoro come arrossisci per ogni cosa e il fatto che tu sia uno dei pochi uomini romantici rimasti è un aspetto bellissimo di te. E anche tu sei davvero bello. Mi sarebbe piaciuto poterti frequentare, in circostanze normali. »
Perché mi parla come se stessi su un letto d'ospedale in punto di morto? Mi agito sullo sgabello. Non sono più molto a mio agio con questo tizio.
« Senti, devo andare » dico, cercando con gli occhi Sebastian. Noto che però non riesco a focalizzare l'attenzione su quello che mi sta attorno. Mi si chiudono gli occhi. Fisso lo sguardo su Kurt, che sembra davvero dispiaciuto. E in colpa.
Qualcosa non quadra.
« Cosa mi hai fatto? » esclamo, alzando la voce. Corro il rischio di sembrare paranoico, ma con mia sorpresa noto che lui non risponde ed evita il mio sguardo, colpevole. Si tradisce quando lo fissa involontariamente sul mio bicchiere vuoto.
Ho molto sonno, ma riesco a fare due più due. La telefonata. Lo strano cambiamento di atmosfera. Il cellulare che ha fatto cadere e lo strano movimento sopra il bancone.
« Mi hai drogato? »
Kurt ora fissa di nuovo me. Ha gli occhi azzurri, noto per la prima volta. Sono bellissimi, anche se così tristi. Gli occhi di un angelo che soffre.
« Mi dispiace » sussurra con la sua voce melodiosa, e sembra davvero sincero. « Non volevo fossi tu. Sei un bravo ragazzo. Ma capisci, devo eseguire gli ordini... io non ho scelta... »
Il panico prende il sopravvento. Chi è davvero questo tizio? Cerco di guardarmi attorno in cerca di aiuto, ma la sala non è molto piena -saranno tutti nelle camere a darci dentro- e i pochi rimasti sono avvinghiati tra di loro e non prestano attenzione a noi. Anche il barista non si vede più. D'un tratto mi ricordo delle banconote che Kurt gli ha allungato; deve averlo pagato per farsi gli affari suoi.
Era tutto programmato.
Ho un groppo alla gola, vorrei urlare, ma sono così stanco e la sala mi gira attorno. Chiudo gli occhi per non fare esplodere il cervello, e scopro di avere anche tanto sonno.
Ma non posso cedere. Cerco di ribellarmi, andarmene, ma Kurt mi trattiene senza sforzo. Sono debole e indifeso. Vulnerabile.
« Non preoccuparti » mormora nel mio orecchio. « Non sentirai dolore. Mi premurerò che tu non soffra più del necessario. »
Lo guardo un'ultima volta, aggrappandomi a lui. Non riesco a reggermi in piedi, ma riesco a domandare con un filo di voce: « Perché? »
Kurt sembra non farcela più. E' straziato. « Mi dispiace, Blaine. Mi piacevi davvero »
Dopodiché, senza che io possa fare nulla, sfiora le mie labbra con le sue. Questo gesto offusca completamente i miei sensi e mi confonde ancora di più, ma non riesco a non pensare a quanto siano morbide le sue labbra.
Eppure tutti i miei sensi sono allerta, il cervello cerca di avvertirmi del pericolo, ma io non ho più forze. Il buio mi avvolge e svengo tra le braccia di quell'angelo che di angelico ha solo il volto.









Buonasera a tutti. Questa è una mini-long un po' diversa da ciò che sono solita scrivere, ma spero apprezziate. Andrà dai 3 ai 5 capitoli max, con un aggiornamento a settimana. Due, se riesco.
E' anche la prima fic che scrivo in prima persona e al presente, visto che di solito uso la terza e il passato remoto, ma conto di migliorare con un po' di pratica. Se avete qualche consiglio o commento, sarò felicissima di leggerlo.
A presto!

  
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