Quando il diavolo ti accarezza
Ogni
volta che si fa l'amore con qualcuno
ci
dovrebbero essere tre persone coinvolte.
Tu,
l'altra persona e il diavolo.
-Robert Mapplethorpe
“ E adesso le notizie dell'ultima ora: è riuscito di nuovo a sottrarsi alle autorità l'uomo sospettato di essere dietro i rapimenti e gli omicidi degli ultimi mesi. Il criminale è stato soprannominato alla stampa “Angel” dati i resoconti di alcuni testimoni che lo identificano come un uomo gentile e all'apparenza insospettabile. Si sospetta possa non lavorare da solo e avere uno o più complici, con i quali adesca giovani uomini in differenti locali. Vi invitiamo a prestare attenzione nel restare da soli in compagnia di...”
« Oh, al diavolo »
sbotta Sebastian, infastidito, mentre con un gesto secco cambia
stazione radio. Il notiziario cede il posto a della musica
commerciale di dubbio gusto. « Ecco, così va
meglio »
« Ehi, io stavo
ascoltando! » sbotto, seccato.
« Blaine, quando lo
capirai? Questo è solo allarmismo. Esagerano sempre, lo
fanno per
gli ascolti e per vendere i giornali »
« Sarà. Siamo
arrivati? »
« Quasi ». Sebastian
sembra sempre più eccitato. « Vedrai, Blaine, ti
piacerà da
morire. »
« Sicuramente. Poi se
sapessi dove stiamo andando... »
« Fidati di me » mi fa
l'occhiolino, cosa che di solito non preannuncia niente di buono.
Finalmente arriviamo in una stradina stretta, dove l'unico segnale di
vita è quello dato dal movimento di un gatto spaventato dai
fari
della macchina di Sebastian, che posteggia vicino a dei cassonetti.
Scendo dall'auto e mi affretto a seguirlo; sta andando dritto sparato
verso una porta chiusa.
« Ehi, vai piano »
sbotto, affaticato.
« Scusa, B. , mi
dimentico sempre che con quelle gambine corte non riesci a tenere il
mio passo »
« Simpatico »
« Eccoci » dice
finalmente, fermandosi davanti alla porta di ferro.
« E questo sarebbe il
“posto dei sogni di tutti gli americani”?
» chiedo, ironico.
« Beh, di tutti quelli
gay ». Sebastian mi fa l'occhiolino e bussa alla porta.
Questa si
apre di poco, rivelando un uomo alto e ben messo.
« Documenti »
grugnisce. Io e Sebastian glieli porgiamo. Quello li studia sotto la
luce di una torcia, poi ci fa un brusco cenno d'assenso e ci fa
entrare.
Siamo dentro una piccola
stanzetta dove non c'è nulla a parte una rampa di scale che
scende
in quello che dovrebbe essere un seminterrato. Sebastian mi fa un
cenno d'incoraggiamento, ancora su di giri. Io sospiro e comincio a
scendere.
La scala da dritta a
quella che sembra una gigantesca sala piena di musica alta, di luci
soffuse e di altre scintillanti. Mi ci vogliono dei secondi per
mettere a fuoco quello che mi sta intorno. Sebastian mi ha raggiunto
e mi sta dando una piccola spinta, incitandomi ad avanzare.
« Benvenuti! » ci
accoglie una ragazza bionda affiancata da un uomo sorridente,
« E'
la vostra prima volta qui? »
Io annuisco, ancora un po'
intontito dalla musica e dai fumi di quel posto.
« Lasciate che vi
spieghi allora. Da questo sacchetto » e gli mostrò
quello che
l'uomo teneva in mano, « pescherete un lucchetto o una chiave
con
sopra un numero. Il vostro compito è trovare il vostro
complementare
-se voi avete il lucchetto, dovete cercare la chiave. Questo giochino
aiuterà a rompere il ghiaccio. In fondo a destra ci sono le
scale
che portano alle camere; voi e i vostri partner dovrete occupare solo
quella che corrisponde al numero sul vostro lucchetto o chiave. Siete
pronti?»
Cerco con lo sguardo
Sebastian, per dirgli che ho capito i sottintesi di quella
spiegazione e che tutto questo non
mi piace, ma lui ha già tuffato la sua mano nel sacchetto e
ne ha
estratto una chiave argentata.
«
Perché ci sono due sacchetti? » chiedo, nel
tentativo di rimandare
il momento in cui anch'io dovrò pescare. La ragazza mi
sorride. «
Uno per gli uomini e uno per le donne. Non vogliamo che si formi
qualche coppia etero per sbaglio. Ai bisessuali lasciamo scegliere a
propria discrezione. E' il tuo caso? »
« No
» rispondo. Ma tu guarda che genere di posto.
«
Muoviti, B.! Infila quella mano in quel buco! »
Caspita,
i doppi sensi di Sebastian peggiorano di giorno in giorno.
Infastidito, comincio a frugare nel sacchetto e prendo la prima
pallina che mi capita: dentro c'è un lucchetto con il numero
666.
In
realtà, lo trovo un po' inquietante.
« Lo
sapevo che preferivi lasciarti aprire, B! » ride Sebastian,
guardando l'oggettino tra le mie mani.
Ho già
detto quanto patetiche siano le sue battute?
La
ragazza e l'uomo ci augurano buon divertimento e ci lasciano passare,
mentre ci addentriamo in quello che sembra un mix di viola e dorato,
di divanetti ed enormi cuscini su grandi tappeti dove stanno sdraiate
coppie che si imboccano di ciliege imbevute nell'alcol. A sinistra
c'è un enorme bancone da bar, e in fondo a destra ci sono le
famose
scale.
«
Stanze, Seb? Che cosa dovrei fare col mio partner, imbucarmi da
qualche parte e darci dentro? »
«
Esattamente. La cosa dei lucchetti e delle chiavi è solo un
incentivo, un aiuto ai più timidi per rompere il ghiaccio
-come te-
e ai più esperti per iniziare da qualche parte. »
«
Gli esperti come te? »
«
Già. »
Mi
scappa da ridere.
«
Beh, io vado a cercare il mio lucchetto, datti da fare anche tu. Non
sarà difficile, punta a tutti quelli che sembrano soli
»
Detto
questo si passa la collanina con la chiave attorno al collo e mi
lascia al mio destino. Tutto questo pseudo-gioco mi sembra una
cretinata; che fa uno se il suo corrispondente arriva tra tre ore? Mi
guardo attorno e penso che comunque non dovrebbe essere un problema,
dato che difficilmente qualcuno qui aspetta la propria metà
per
darsi da fare. E' solo una formalità.
Patetico.
Non ho
voglia di stare qui, né tanto meno di aspettare che la mia
chiave mi
trovi e mi faccia chissà quali proposte. Invece di
appenderlo al
collo in bella mostra metto il mio ciondolo nella tasca posteriore
dei jeans e mi avvicino al bancone del bar.
Un
giovane uomo di circa la mia età con una specie di
scoiattolo morto
in testa -penso che nelle sue intenzioni debba essere una cresta- sta
pulendo un boccale di birra vuoto con uno straccio. L'etichetta
attaccata alla maglietta rivela il nome
“Puckerman”.Mi siedo su
uno sgabello e tossicchio per attirare la sua attenzione.
«
Che tipi di succhi di frutta avete? »
Il
barista interrompe il suo lavoro di strofinamento e si guarda
attorno, spaesato. Visto che non c'è nessun altro oltre a
me, a
parte una donna bionda dal trucco pessimo seduta dall'altra parte del
bancone, la cosa mi da un po' fastidio.
«
Ehi, sono qui. »
Finalmente
il tipo sembra mettermi a fuoco. Sbatte gli occhi un attimo e mi
chiede di ripetere.
Sbuffo. « Ho chiesto quali tipi di succhi di frutta avete.
»
Quello
scoppia a ridere. « Amico, questo è un vero bar,
non il
distributore automatico in una scuola elementare. »
Imbarazzato,
mi rendo conto che quello che ci si aspetta qui è che io
ordini un
superalcolico, mi sbronzi e mi faccia la mia chiave in una di quelle
stanze appartate. Ma io non sono mai stato uno di questi tipi; se
sono venuto in questo posto deprimente è solo
perché non mi andava
di rimanere solo a casa di venerdì sera. E, in
realtà, non mi piace
molto nemmeno bere.
Il
barista deve aver capito di avermi messo in imbarazzo,
perché ora
sta rovistando in una piccola credenza alla ricerca di un succo di
frutta.
«
Ecco qui! » dice, vittorioso. « Non pensavo di
averne, non li
chiede mai nessuno. Magari saranno anche scaduti. »
Alla
mia espressione inorridita, fa marcia indietro. « Ehi,
scherzavo!
Qui è tutto di ottima qualità. Garantisce la
casa. Preferisci alla
carota o al pompelmo? »
Non
l'ho mai assaggiato al pompelmo.
«
Uhm... l'ultimo. »
Puckerman
-se questo è il suo nome- svita il tappo della bottiglietta
e lo
versa in un bicchiere, per poi metterci del ghiaccio e un ombrellino
con attaccato un limone.
«
Ecco. Così gli altri crederanno che è uno strano
tipo di drink e
non ti prenderanno per uno smidollato. »
Mi fa
un cenno e torna alle sue faccende. Smidollato? Solo perché
non
voglio ubriacarmi, rimorchiare e avrei preferito rimanere sul divano
a vedere un bel film con Meg Ryan?
Beh,
forse non ha tutti i torti. Bevo un sorso dal mio bicchiere per poi
riposarlo subito, con una smorfia disgustata in volto. Bleah. Troppo
amaro. Fisso depresso il mio succo e valuto l'idea di chiamare un
taxi e tornare a casa. Non penso che Sebastian si accorgerebbe della
mia assenza.
«
Non pensavo ci fosse ancora qualcuno che tenesse al proprio fegato.
»
Quella
voce mi prende alla sprovvista e sussulto involontariamente, prima di
girarmi verso la fonte. Accanto a me, in piedi, c'è un bel
ragazzo
alto e snello dai capelli castani acconciati con cura e la schiena
diritta.
«
Cosa? »
Sorride. « Dicevo che in questo posto sono in pochi a
preferire un buon
succo a un superalcolico spacca-fegato »
Sembra
gentile, ma non posso trattenere l'impressione di stare facendo la
figura dell'idiota seduto qui, col mio succo che non ho intenzione di
toccare mai più.
«
Beh si, io... non reggo molto l'alcol. »
«
Neanch'io » mi sorride di nuovo. Ha un sorriso dolcissimo.
«
Posso? » chiede, indicando lo sgabello accanto al mio.
«
C...certo. »
Rimaniamo
un po' in silenzio. Probabilmente si aspetta che io dica qualcosa, ma
in questo momento il mio cervello è in panne e non trovo
nulla di
interessante con cui intrattenerlo. Non sono mai stato bravo nel
rapportarmi con i ragazzi.
Fortunatamente
lui sembra accorgersene e mi viene in aiuto.
«
Comunque sono Kurt. » dice, tendendomi una mano liscia dalle
bianche
dita affusolate. Sono un idiota. Perché non mi sono
presentato io
per primo? Questa era facile.
«
Blaine » rispondo, stringendogli la mano. Lui sorride,
gentile.
«
Piacere, Blaine. ». Il suo sguardo cade sul mio bicchiere
ancora
pieno. Cielo, mi verrebbe da svuotarlo nel gabinetto.
«
Pompelmo, vero? »
Annuisco. « Si, ma penso rimarrà lì in
eterno. Oltre a farmi fare la figura
dello studentello astemio, è anche disgustoso. »
Incredibilmente
Kurt ride. Già mi piace; non sono proprio un tipo
divertente, e la
sua risata mi mette a mio agio.
«
Si, non piace molto neanche a me. Perché non lo prendi alla
carota?
E' ottimo, e fa anche bene alla pelle. »
«
Per caso allora sei un coniglio travestito? »
Kurt
mi guarda educatamente perplesso. Evidentemente il mio patetico
tentativo di battuta non è stato colto.
«
Intendo, i conigli mangiano carote, le carote fanno bene alla pelle e
la tua è così... levigata... »
Ok,
voglio sprofondare. Perché finisco sempre col mettermi in
ridicolo?
Kurt,
che ha finalmente capito il sottinteso, emette uno strano suono che
sembra una risata repressa.
«
Beh, grazie. Anche se espresso in un modo un po' strano, era un
complimento no? »
Borbotto
qualcosa e Kurt ride, stavolta apertamente.
«
Sei tutto rosso! Adorabile. Di solito in questi posti sono tutti
così
disinibiti, mentre tu sei una piacevole novità. »
Mi
trova adorabile e non noioso? O vuole solo portarmi a letto a forza
di complimenti, o è il mio principe azzurro.
« E
tu? » chiedo, per sviare l'attenzione da me prima che vada in
escandescenza, « come mai sei qui? »
« In
realtà ero venuto per svagarmi. » intercetta il
mio sguardo e si
affretta a giustificarsi. « Non mi giudicare, non sono solito
a
queste cose, ma ho anche io i miei bisogni. »
«
Non c'è bisogno di scusarsi, è perfettamente
normale » dico,
sorridendo. « Capita anche a me, ma se posso evito. Mi
piacciono le
storie d'amore, non le avventure, e trovo questi posti solo
deprimenti e le trovate che inventano semplicemente squallide.
»
Il mio
tono è un po' amareggiato, e ne ho davvero motivo. Senza
sapere bene
il perché, e prima di potermene pentire, rigurgito la mia
frustrazione su questo povero malcapitato che ho appena incontrato.
« Ho ventitrè anni e non ho mai avuto una storia
d'amore degna di
questo nome, fatta di sorrisi e complicità, fiducia e amore,
e non
solo di sesso occasionale. A volte penso che nel mondo non ci sia
più
spazio per un idiota romantico come me. »
Kurt
mi guarda con una strana espressione, e comincia a scivolare sul
bordo dello sgabello, pronto ad andarsene. Ah, che idiota che sono.
Lo agguanto per un braccio prima che scappi.
«
Scusa, scusa! Lo so che posso risultare pesante. Ricominciamo,
d'accordo? Farò finta di essere un playboy pronto a
rimorchiarti »
e detto questo gli faccio un occhiolino e mi passo la lingua sulle
labbra, cercando di sembrare provocante.
Inutile
dire che finisco col risultare solo patetico.
Kurt
trattiene un sorriso, ma è ancora combattuto. Se Sebastian
scoprisse
come faccio scappare i ragazzi, mi prenderebbe in giro a vita.
Alla
fine Kurt si siede di nuovo, non del tutto convinto. Io cerco di
cambiare argomento.
«
Allora, come mai non sei col tuo complementare? »
«
Non ho ancora trovato il mio lucchetto. Ma non è importante,
preferisco parlare con te. Sembri un tipo interessante. ». Mi
sorride di nuovo.
Questo
ragazzo è la gentilezza fatta persona. Oltre a essere
davvero bello,
non vuole mollarmi qua come un fesso ed è disposto a
sacrificare la
sua sana scopata per rimanere a conversare con uno sfigato dal
livello di sex appeal che va sotto lo zero.
Sto
per dirgli che non è obbligato a rimanere con me, quando lo
sguardo
mi cade sulla chiave che porta al collo, e sul numero inciso sopra.
666.
Le
guance, se prima erano rosse, ora mi vanno in fiamme.
«
Tutto ok? »
«
Si... ecco... » faccio un respiro e ripesco dalla tasca il
mio
lucchetto, per poi mostrargli il numero. Lui sgrana gli occhi.
«
Abbiamo scoperto perché non trovi il tuo complementare.
»
Kurt
ridacchia, incredulo. Io gli sorrido a mo' di scusa.
«
Non preoccuparti » mi dice, e sembra sincero. «
Invece di un
incontro con uno sconosciuto ho trovato un bel ragazzo assolutamente
tenerissimo e diverso dagli altri. Direi che mi è andata
bene lo
stesso. » Mi fa l'occhiolino, complice. Sento che lo adoro
già.
« Ma
io ho preso il lucchetto e così ti sto privando della
possibilità
di svagarti con qualcuno di davvero interessato... » Mi
interrompo
per guardarlo, un po' preoccupato.
«
Oddio. Forse ti aspetti che io vada con te in una camera...? »
Non
che l'idea mi dispiaccia troppo, considerando che tipo è
Kurt, ma
morirei dall'imbarazzo.
«
Blaine » lui interrompe i miei pensieri, sorridendo,
« davvero,
non preoccuparti. Non ti costringerei mai a fare qualcosa che non ti
mette a tuo agio. Possiamo benissimo rimanere a parlare qui, che ne
dici? »
Ho già
detto che lo adoro?
Improvvisamente
Kurt si irrigidisce. Abbassa lo sguardo sulla tasca dei pantaloni e
ne estrae un cellulare, per poi farmi cenno di scusarlo. Deve aver
avuto la vibrazione, con questo fracasso la suoneria non si sarebbe
sentita. Gli dico di non preoccuparsi e lui si allontana, accettando
la chiamata.
Mi
giro a contemplare il mio succo al pompelmo, per lasciargli un po' di
privacy, ma la sua voce mi arriva lo stesso, anche se flebile e
confusa.
«
Stavo giusto per chiamarti » sta dicendo Kurt, duro.
« Per stasera
passo, ti dispiace? »
Mi
impressiona come il suo tono di voce sia cambiato; è
prepotente e
autoritario, privo della gentilezza che aveva quando parlava con me.
«
Non ho trovato nessuno » continua a dire, deciso. Segue un
silenzio,
durante il quale posso vedere il volto già chiaro di Kurt
sbiancare
un po'. Getta un'occhiata fugace verso di me, apparentemente
preoccupato, e io mi affretto a distogliere lo sguardo per non fargli
capire che sto origliando.
«
No, questo... lui non va bene. Ho detto di no. No! Domani, d'accordo?
Oppure posso trovare qualcun altro da... »
Di
nuovo silenzio. Per un attimo Kurt sembra spaventato, poi la sua
espressione torna impenetrabile e tutto quello che riesco a scorgere
è un pizzico di amarezza.
« Va
bene, hai vinto tu. Si, lo farò. A dopo » Detto
questo chiude la
chiamata e rimane un momento fermo, in piedi, con gli occhi chiusi.
Sembra si stia preparando per qualcosa.
Torno
al mio succo, decidendo che non sono fatti miei. Deve aver avuto
qualche problema o altro. Dopo poco sento che lo sgabello accanto al
mio si muove e lui è lì, vicino a me. Sul suo
volto non c'è
traccia di nessun tipo di disagio, o comunque nulla che lasci
trasparire che abbia una qualche difficoltà. Sorride amabile
come
sempre.
La
strana telefonata viene cancellata dai miei pensieri e rimango a
concentrarmi a quanto io sia fortunato ad avere l'occasione di
conoscere un ragazzo così bello e gentile. Per quanto
imbranato io
sia, non devo lasciarmela sfuggire.
«
Tutto ok? » gli chiedo, per riprendere la conversazione.
«
Tutto ok. Era solo uno che chiedeva se potevamo vederci... ma io ho
cose più importanti da fare ora » e mi sorride
eloquente. Sento il
sangue salirmi alle guance. Sta anche flirtando. Cosa ho fatto per
meritarmi una fortuna del genere?
Devo
passare all'attacco.
«
Posso offrirti qualcosa da bere? » chiedo, ostentando
sicurezza.
«
Sicuro. Prendo un succo alla carota » ridacchia piano, e io
lo
imito. « Prendine uno anche per te, fa benissimo »
Annuisco
e do l'ordine al barista, Puckerman, che sorride divertito.
«
Dovrò rifornirmi di succhi, a quanto pare »
borbotta, per poi
servirci. Faccio per pagarlo, ma Kurt mi blocca. « Posso?
»
chiede, sorridendo appena. Prima che io possa ribattere ha allungato
delle banconote al barista. Con uno sguardo stupito, vedo che sono
troppi soldi per due semplici succhi. Puckerman li guarda con la mia
stessa aria allibita, ma poi lancia un'occhiata d'intesa a Kurt e se
ne va. Non prima di averne lanciata una di compassione a me.
«
Ops! » mormora Kurt, distraendomi. Mi giro e noto che il suo
cellulare è caduto per terra, scivolando dietro il mio
sgabello.
«
Lascia, faccio io » dico, premuroso. Kurt mormora un
“grazie”
appena accennato, mentre mi chino per prendere il telefono. Quando mi
rialzo avverto, più che vedere, una mano allungarsi e un
movimento
concitato sul bancone, ma quando torno seduto non noto niente di
strano.
Lascio
correre -dopotutto sono qui, con un ragazzo bellissimo che mi fa la
corte e non ho voglia di pensare ad altro- e alzo il bicchiere per un
brindisi.
« Ai
non-alcolici nei bordelli » brindo, facendo tintinnare il
vetro
contro il suo bicchiere. Lui fa un sorriso un po' tirato, per poi
portare il bicchiere alle labbra, senza bere. L'atmosfera, dopo
quella telefonata, si è fatta un po' pesante e comincio a
sentirmi
un po' a disagio, ma decido di non farci caso e mi calo buona
metà
del succo alla carota.
Ha un
sapore un po' strano, in realtà, e non sa esattamente di
carota. O
meglio, sì, ma il gusto è come soffocato da
qualcos'altro. Poso il
bicchiere e torno a concentrarmi su Kurt, che si è accorto
di essere
rimasto immobile a osservarmi e si è affrettato a posare il
bicchiere ancora pieno sul bancone.
Voglio
giocarmela bene. Kurt sembra avere tutto ciò che ho sempre
cercato
in un ragazzo, e sono sicuro che conoscendolo meglio avrò
modo di
apprezzarlo ancora di più.
«
Allora... che cosa fai nella vita? Oltre il modello di professione
»
chiedo civettuolo ammiccando, accavallando le gambe e cercando di
perdere almeno un po' la mia aria da scolaretto ingenuo.
Ho già
detto quanto fare questo genere di cose mi faccia sembrare patetico?
Bene, lo ripeto, perché sembro non averlo capito nemmeno io
dato che
continuo a provarci. Kurt deve aver pensato che avessi un tic
all'occhio o qualcosa del genere, perché mi fissa come se
aspettasse
qualcosa, un'espressione dispiaciuta in volto. Probabilmente sta
cercando di capire se possiedo ancora un qualche senso del pudore.
«
Scusa » dico, abbandonando le mie aspirazioni da star da bar
gay. Ho
la bocca un po' impastata e un saporaccio che mi sale dallo stomaco.
Prendo un altro sorso di succo fino a quasi svuotare il bicchiere.
«
Rinuncio definitivamente a cercare di flirtare con te. Ormai avrai
intuito che non sono un asso nel rimorchiare »
Kurt
sorride, un po' triste, gli occhi fissi sul mio bicchiere semi-vuoto
e ora sento davvero che qualcosa non va. Andava tutto alla grande
fino a poco prima, no? Perché ora mi guarda come se stessi
per
andare al patibolo?
«
Non devi scusarti » dice, alzando lo sguardo su di me. Sembra
davvero dispiaciuto per qualcosa. « Sei la persona
più adorabile
che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Adoro come
arrossisci per ogni cosa e il fatto che tu sia uno dei pochi uomini
romantici rimasti è un aspetto bellissimo di te. E anche tu
sei
davvero bello. Mi sarebbe piaciuto poterti frequentare, in
circostanze normali. »
Perché
mi parla come se stessi su un letto d'ospedale in punto di morto? Mi
agito sullo sgabello. Non sono più molto a mio agio con
questo
tizio.
«
Senti, devo andare » dico, cercando con gli occhi Sebastian.
Noto
che però non riesco a focalizzare l'attenzione su quello che
mi sta
attorno. Mi si chiudono gli occhi. Fisso lo sguardo su Kurt, che
sembra davvero dispiaciuto. E in colpa.
Qualcosa
non quadra.
«
Cosa mi hai fatto? » esclamo, alzando la voce. Corro il
rischio di
sembrare paranoico, ma con mia sorpresa noto che lui non risponde ed
evita il mio sguardo, colpevole. Si tradisce quando lo fissa
involontariamente sul mio bicchiere vuoto.
Ho
molto sonno, ma riesco a fare due più due. La telefonata. Lo
strano
cambiamento di atmosfera. Il cellulare che ha fatto cadere e lo
strano movimento sopra il bancone.
« Mi
hai drogato? »
Kurt
ora fissa di nuovo me. Ha gli occhi azzurri, noto per la prima volta.
Sono bellissimi, anche se così tristi. Gli occhi di un
angelo che
soffre.
« Mi
dispiace » sussurra con la sua voce melodiosa, e sembra
davvero
sincero. « Non volevo fossi tu. Sei un bravo ragazzo. Ma
capisci,
devo eseguire gli ordini... io non ho scelta... »
Il
panico prende il sopravvento. Chi è davvero questo tizio?
Cerco di
guardarmi attorno in cerca di aiuto, ma la sala non è molto
piena
-saranno tutti nelle camere a darci dentro- e i pochi rimasti sono
avvinghiati tra di loro e non prestano attenzione a noi. Anche il
barista non si vede più. D'un tratto mi ricordo delle
banconote che
Kurt gli ha allungato; deve averlo pagato per farsi gli affari suoi.
Era
tutto programmato.
Ho un
groppo alla gola, vorrei urlare, ma sono così stanco e la
sala mi
gira attorno. Chiudo gli occhi per non fare esplodere il cervello, e
scopro di avere anche tanto sonno.
Ma non
posso cedere. Cerco di ribellarmi, andarmene, ma Kurt mi trattiene
senza sforzo. Sono debole e indifeso. Vulnerabile.
«
Non preoccuparti » mormora nel mio orecchio. « Non
sentirai
dolore. Mi premurerò che tu non soffra più del
necessario. »
Lo
guardo un'ultima volta, aggrappandomi a lui. Non riesco a reggermi in
piedi, ma riesco a domandare con un filo di voce: «
Perché? »
Kurt
sembra non farcela più. E' straziato. « Mi
dispiace, Blaine. Mi
piacevi davvero »
Dopodiché,
senza che io possa fare nulla, sfiora le mie labbra con le sue.
Questo gesto offusca completamente i miei sensi e mi confonde ancora
di più, ma non riesco a non pensare a quanto siano morbide
le sue
labbra.
Eppure
tutti i miei sensi sono allerta, il cervello cerca di avvertirmi del
pericolo, ma io non ho più forze. Il buio mi avvolge e
svengo tra le
braccia di quell'angelo che di angelico ha solo il volto.
Buonasera a tutti.
Questa è una mini-long un po' diversa da ciò che
sono solita
scrivere, ma spero apprezziate. Andrà dai 3 ai 5 capitoli
max, con
un aggiornamento a settimana. Due, se riesco.
E' anche la prima fic
che scrivo in prima persona e al presente, visto che di solito uso la terza e il passato remoto, ma conto di
migliorare con un po' di pratica. Se avete qualche consiglio o
commento, sarò felicissima di leggerlo.
A presto!