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Autore: bacinaru    14/08/2012    3 recensioni
"Tentò un’altra volta di avvicinare il bordo affilato alla propria pelle martoriata, ma la mano che lo aveva fermato reggeva ancora il suo polso e lo teneva lontano dalla sua schiena. Solo allora si accorse, tra il fischio acuto che gli faceva sanguinare le orecchie, della voce di un uomo, che per tutto il tempo non aveva smesso di chiamarlo.
“Per favore…” pregò in un rantolo, continuando a provare, ma la presa era troppo forte.
“Smettila, Cass. Finirai per ucciderti!”.
“Fa male, fa male, Dean!"
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Titolo: Contro la mia ingenua umanità.
Fandom: Supernatural
Personaggio: Castiel, Dean
Rating: Arancione.
Avvertimenti: Oneshot, autolesionismo (?)
Set/Prompt: Armi - Vetro
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: Il titolo è preso dal testo della canzone "Veleno" dei Subsonica, che mi aveva fatto venire in mente tutt'altra storia, molto hot a dire il vero, ma poi si è scritta questa e chi sono io per comandare il mio cervello e la mia ispirazione? XD La storia si svolge in un futuro imprecisato, con Castiel che lentamente e dolorosamente diventa umano. Mi sento tanto cattiva per scrivere certe cose. Quando finisco, dovrò scrivere una tonnellata di fluff per farmi perdonare U.U
Spero vi piaccia, buona lettura! =)

Tabella:
Qui



Contro la mia ingenua umanità.








C’era del vetro sparso per terra.
Quasi non si vedeva, ma era difficile non notare lo strano luccichio che ricopriva il pavimento, sotto i freddi raggi della luna che vanitosa si rispecchiava in superficie, nei frammenti di un’anima che con calma e dolore cresceva nel suo corpo.
Castiel si trovava in ginocchio, lì dove i pantaloni erano strappati e permettevano un facile accesso alla pelle, come se questa avesse ancora qualche angolo disponibile per delle nuove cicatrici.
Il suo trench, ormai logoro a causa dell’incuria del tempo, giaceva in un mucchio lì vicino, abbandonato. Nella fretta di toglierselo di dosso, Castiel lo aveva strappato in più punti e dubitava che avrebbe avuto anche solo il tempo per rattopparlo, per rimetterlo insieme.
Questa, tuttavia, non era che una preoccupazione passeggera, tanto sottile da dissolversi presto nell’aria, tra tutte le preghiere inascoltate e i gemiti sofferti e il sangue che colava tra le dita. Il dolore che portava sulle spalle era troppo, anche solo per notare il taglio profondo inciso nel palmo della mano destra, con la quale Castiel stringeva un pezzo di vetro così forte da lacerare la pelle.
Quel taglio, però, non era nulla in confronto ai tanti che ricoprivano le sue spalle, come una sorta di macabra decorazione che spiccava lucida nel pallore delle sue carni.
Con un grido di disperazione, ormai rauco per lo sforzo, Castiel si gettò in avanti, piegandosi su se stesso e allungando il braccio verso la schiena, graffiando la pelle più e più volte, fino a quando non giunse una mano a fermarlo.
“Figlio di una cagna! Che cazzo stai facendo?!”
Castiel respirava a fatica. Il mondo attorno a lui era tutto confuso e non riusciva a capire se ciò era dovuto alla perdita di sangue o al dolore lacerante che gli annebbiava la mente. Le spalle gli parevano in fiamme, respirare stava diventando sempre più difficile e lui aveva bisogno di cadere, perché restare sospeso nel vuoto stava diventando insopportabile.
Tentò un’altra volta di avvicinare il bordo affilato alla propria pelle martoriata, ma la mano che lo aveva fermato reggeva ancora il suo polso e lo teneva lontano dalla sua schiena. Solo allora si accorse, tra il fischio acuto che gli faceva sanguinare le orecchie, della voce di un uomo, che per tutto il tempo non aveva smesso di chiamarlo.
“Per favore…” pregò in un rantolo, continuando a provare, ma la presa era troppo forte.
“Smettila, Cass. Finirai per ucciderti!”.
“Fa male, fa male, Dean!” Gridò con disperazione. Il mondo divenne nero per un attimo e poi esplose in un caleidoscopio di luci, mentre un’altra fitta lo fece urlare a pieni polmoni.
La forza venne a mancargli e si inclinò in avanti. Quasi si aspettava di cadere sul pavimento, ma inaspettatamente la sua fronte incontrò qualcosa di morbido, qualcosa di caldo.
Dean lo strinse tra le sue braccia, una mano tra i capelli e l’altra che reggeva ancora il polso colpevole.
“Manca poco, presto finirà tutto, te lo prometto”.
Castiel si sentiva stanco. Aveva aspettato così a lungo, aveva resistito con tutte le sue forze. Aveva finto, aveva lottato, ma la sua anima cresceva dentro di lui giorno dopo giorno, facendo forza nel suo cuore per insinuarsi lì dove un posto non c’era, lì dove risiedeva la sua grazia, lì dove le sue ali continuavano a spezzarsi, ossa per ossa. Castiel stava cadendo, ma a discapito delle sue speranza, il tutto si stava rivelando lento e doloroso. Aveva combattuto quella debolezza perché non era pronto, perché la sua stessa essenza gli stava scivolando tra le dita e lui vi era rimasto ancora con tutte le sue forze, fino a quando non vi era stato più niente a cui aggrapparsi. Tutto ciò che restava, ora, erano le sue ali, ormai morte, che premevano sulle sue spalle come un doloroso macigno del suo passato. Prima o poi sarebbero scomparse anche loro, ma per il momento Castiel poteva sentire tutto, come le ossa si spezzavano e cadevano, pezzo per pezzo. Voleva solo che finisse, voleva solo smettere di provare dolore, smettere di sentirsi così, sospeso tra cielo e terra, con la sua ingenua umanità che continuava a crescere e a ferirsi da sé.
“Per favore!” continuò a pregare, nascondendo il viso contro il petto del cacciatore, aggrappandosi a tutto ciò che gli era rimasto, in un mondo che gli era estraneo e inospitale.
“Shh… andrà tutto bene, vedrai. Andrà tutto bene.”
Dean lo strinse più forte contro di sé, la mano che iniziò ad accarezzargli i capelli corti e scuri, mentre le sue labbra affondavano in loro. Avrebbe tanto voluto aiutare, avrebbe tanto voluto fermare tutto quello, avrebbe tanto voluto prendere e spezzare quelle ali una volta per tutte, così da permettere a Castiel di cadere tra le sue braccia e rimetterlo di nuovo insieme. Eppure sapeva che, come per quei cocci di vetro sparsi per terra, mettere i pezzi insieme non sarebbe bastato, perché le cicatrici non ti abbandonano e ti rendono sempre più fragile. E l’anima di Cass, appena nata, ne aveva già così tante.
“Dean! Tagliale, tagliale via!”
“Non posso.”
Lo strinse a sé ancora più forte, mentre il corpo dell’amico si inarcava dal dolore e Castiel urlò, urlò così tanto da lacerargli il petto, urlò fino a perdere la voce, urlò fino a perdere i sensi. Se solo avesse potuto salvarlo, se solo avesse potuto spezzare quelle ali, ma come poteva farlo, se non riusciva neanche a vederle?
“Non posso, Cass. Non posso.” Continuò a sussurrarglielo tra i capelli, rifiutandosi di lasciarlo andare, rifiutandosi di farlo cadere a terra, di lasciarlo da solo tra le fiamme del suo inferno. Non poteva salvarlo, ma questo non gli avrebbe impedito di provarci, fino e oltre la fine del loro tempo.
  
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